Cassazione, cambia l’interpretazione dell’agevolazione fiscale: la giusta causa non rileva più.
, a prescindere dalle ragioni ostative che hanno impedito il rispetto del termine: in buona sostanza non rileveranno più le ipotesi di “giusta causa” che, sino ad oggi hanno evitato di perdere lo sconto fiscale perché non dipendenti dalla volontà del contribuente (si pensi al caso delle sopravvenute infiltrazioni di acqua).
Sicché, se non verranno rispettati i 18 mesi (ultimo treno per non perdere il bonus prima casa), pur in presenza di forza maggiore, bisognerà restituire le somme allo Stato. È questo la nuova interpretazione fornita ieri dalla Cassazione [1]: una decisione importantissima perché stravolge quello che, in passato, era stato un orientamento tanto solido da essere ritenuto ormai “come legge”. Ma facciamo un passo indietro.
L’agevolazione prima casa: come funziona
L’agevolazione fiscale per l’acquisto della prima casa di residenza (anche detta “bonus prima casa”) consente un notevole risparmio d’imposta; in particolare:
– se la casa viene acquistata da soggetto IVA, come un’impresa o il costruttore: l’IVA ammonta solo al 4% (piuttosto che al 22%);
– se la casa viene acquistata da un privato, l’imposta di registro ammonta a 200 euro (piuttosto che al 9%).
Per ottenere l’agevolazione prima casa è però necessario rispondere a determinati requisiti:
– l’immobile non deve essere accatastato di lusso (A1, A8, A9); quindi deve risultare accatastato come A/2, A/3, A/4, A/5, A/6, A/7, A/11;
– il contribuente non deve essere proprietario di altri immobili all’interno del medesimo Comune ove è situato l’immobile “beneficiato”;
– il contribuente non deve essere proprietario, in tutta Italia, di altri immobili acquistati con il bonus prima casa. Se, invece, ne ha la proprietà, è tenuto a venderlo. La vendita può essere compiuta entro un anno dall’acquisto della nuova casa;
– il contribuente deve trasferire la propria residenza nel Comune ove si trova l’immobile beneficiato. Lo può fare anche in un momento successivo, ma non oltre 18 mesi.
Bonus prima casa: il termine di 18 mesi
Come detto, l’agevolazione per l’acquisto della “prima casa” consente al contribuente che non abbia residenza nel Comune ove è ubicata l’abitazione oggetto di acquisto agevolato di trasferire la sua residenza entro 18 mesi dalla data in cui stipula il contratto di acquisto. L’infruttuoso decorso del diciottesimo mese genera recupero dell’imposta ordinaria e applicazione della sanzione pari al 30% della differenza tra l’imposta ordinaria e l’imposta agevolata [2].
In passato, secondo la Cassazione, non perdeva il bonus il contribuente che avesse dimostrato che il mancato trasferimento della residenza entro 18 mesi era avvenuto per cause non prevedibili al momento del rogito e non dipendenti dalla sua volontà.
Per esempio: nel caso del terremoto in Umbria l’amministrazione riconobbe la ricorrenza della “forza maggiore” per il fatto che il contribuente non riuscì a trasferire la propria residenza nel Comune terremotato a causa del lesionamento di una grande quantità di edifici [3].
Altre cause di forza maggiore sono state individuate, per esempio, nella morte o malattia del contribuente, malattia del figlio, infiltrazioni d’acqua, ritardo del Comune nel rilascio delle autorizzazioni e dell’abitabilità, ritardo del Comune nel rilascio del certificato di residenza, vizi di costruzione scoperti dopo l’acquisto, ritrovamento di reperti archeologici, smottamento nel sedime del fabbricato. Contrasti giurisprudenziali si sono registrati, invece, riguardo all’occupazione abusiva dell’inquilino che non vuole lasciare l’immobile, costringendo il nuovo proprietario all’esecuzione forzata.
Invece, con la sentenza di ieri, la Cassazione ha messo definitivamente una pietra su ogni possibile giustificazione, qualunque essa sia, che possa motivare il mancato rispetto del termine. Insomma, la “forza maggiore” non viene più riconosciuta e giustificata per conservare il bonus prima casa. Pertanto, qualora l’acquirente domandi l’agevolazione “prima casa”, impegnandosi a stabilire la propria residenza nel territorio del Comune dove si trova l’immobile acquistato nei 18 mesi successivi all’acquisto, il trasferimento è obbligatorio e va esercitato nel predetto termine a pena di decadenza; sul decorso di tale termine non rileva alcun elemento impeditivo per l’acquirente.
In altre parole, la Cassazione sostiene che se il legislatore avesse voluto dar rilievo a eventi di interruzione o di sospensione del termine di 18 mesi, l’avrebbe espressamente sancito.
Note
[1] Cass. sent. n. 2616 del 10.02.2016.
[2] Ag. Entrate, risoluzione n. 105/E del 2011; Cass. sent. n. 10807/2012, n. 18378/2012, n. 15959/2013.
[3] Ag. Entrate risoluzione n. 35/E del 2002.
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