sabato 28 ottobre 2017

Acquisti casa? Ecco 3 rischi che non devi correre!


I miei studenti conoscono a memoria un consiglio che spesso mi piace dare loro durante i miei corsi: “Andate a caccia di problemi quando dovete acquistare casa per investimento”.

I migliori affari nel mio settore si trovano proprio quando le proprietà hanno problemi da risolvere. È proprio l’abilità nel problem solving che fa la differenza tra un ottimo investitore immobiliare e uno “mediocre”.

Esistono problemi e problemi, e un investitore immobiliare non deve essere certo un “kamikaze” e buttarsi contro un muro, sperando sempre di superarlo!

L’esperienza mi ha insegnato che esistono “falsi problemi” che devi analizzare bene e quelli reali, per i quali dovrai fermarti un attimo e pensare che a volte “ un non investimento è comunque un buon investimento”.

I falsi problemi

Quando visiti un immobile, prima di acquistare, ci sono cose che potrebbero farti desistere e che invece dopo alcune riflessioni in fondo sono risolvibili con investimenti mirati.

  • La presenza di muffa, per esempio, potrebbe essere uno di questi. Se non è collegata a un’infiltrazione d’acqua potresti riparare il danno agevolmente con prodotti appositi, una ritinteggiata e l’inserimento di una bocchetta per l’aria.
  • Una cattiva organizzazione degli spazi. Una casa, apparentemente brutta, può trasformarsi nell’esatto contrario, magari abbattendo un muro, stringendo una stanza troppo grande o inserendo una cabina armadio. Un investimento di poche migliaia di euro che potrebbe garantirti anche un apprezzamento di 15mila euro.
  • Il problema dei cattivi odori che, in caso non si tratti di un guasto alle fognature, è risolvibile con poco, una pulizia di vetri e finestre, la sostituzione del parquet e lavare con acqua e candeggina ogni superficie. Questi sono solo alcuni dei “falsi” problemi, per conoscere gli altri puoi leggere il nono capitolo del mio libro.
3 problemi reali che puoi trovare sulla casa che vuoi acquistare

Se i “falsi problemi” sono risolvibili con piccoli investimenti come ti ho appena raccontato, ne esistono altri che mi hanno sempre fatto desistere dall’investire.

L’esperienza mi ha insegnato che quando ti trovi di fronte a uno di questi ostacoli, devi gettare la spugna, potresti farti molto male.

Pensa ad una casa bellissima, la migliore che tu possa mai comprare. Tutto è perfetto: dalle utenze, ai vani (a sufficienza per una famiglia media), fino alla presenza del posto auto, eppure l’immobile è posizionato in un quartiere davvero brutto (la localizzazione è fondamentale).

  1. Un quartiere problematico diventa un problema grosso (permettimi il gioco di parole). Questo perché potrebbe spinger i tuoi inquilini ad andare via in poco tempo e avresti periodi di sfitto troppo lunghi, con danni che puoi bene immaginare sui ritorni del tuo investimento. Questo non significa che devi investire solo nei quartieri “alti”. Prima di fare una scelta considera tutti i fattori: come tasso di criminalità, di disoccupazione, sono alcuni degli elementi che dovrai tenere in considerazione.
  2. Altro problema molto delicato è quello dello stato delle fondamenta, soprattutto per quegli immobili che hanno cantine o solai. In quel caso i danni possono essere di entità importante e risolverli può essere davvero problematico e costoso, anche perché potrebbero nascondere altri problemi.
  3. Ultimo, ma non meno importante, è la presenza di un vialetto di casa condiviso con il vicino. Per esperienza personale ti racconto che mi è capitato troppo spesso di dover vendere un immobile perché il vicino di casa, incurante delle regole della buona educazione, riempiva la sua parte di vialetto con qualsiasi cosa, dalla spazzatura agli stendini con i vestiti. Puoi solo immaginare l’imbarazzo del mio inquilino soprattutto quando aveva ospiti a casa e si trovava a utilizzare quel passaggio.

Legge di Stabilità 2018, ecco quali sono i bonus casa


Notizie immobiliari|Redazione


Nella nuova legge di Bilancio trovano spazio i bonus casa. Vediamo quali sono le agevolazioni che cambiano e quelle che restano.

Ecobonus 65% – Confermato per tutto il 2018 l’ecobonus al 65% per le spese di efficientamento energetico in casa. Ma cambia il perimetro degli interventi incentivati: la posa in opera di infissi, di schermature solari e le caldaie a condensazione e a biomasse passano dal 65% al 50%; resta invariato a quota 65% il bonus per pannelli solari per l’acqua calda, pompe di calore e altri interventi sull'involucro edilizio.

Bonus 50% per le ristrutturazioni – Diventa possibile utilizzare il bonus del 50% per le ristrutturazioni per le spese sostenute fino al 31 dicembre del 2018, entro un ammontare complessivo di spesa non superiore a 96.000 euro.

Bonus verde – Dal 1° gennaio del 2018 diventa detraibile una cifra pari al 36% delle spese documentate relative al verde, fino a un massimo di 5.000 euro per ogni unità immobiliare. Il nuovo sconto sarà dedicato alla sistemazione a verde “di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni”.

Sismabonus e bonus condomini – Sul fronte degli ecobonus condominiali rimangono gli sconti del 70 e 75% che vengono confermati fino al 31 dicembre del 2021. Arriverà fino al 2021 il sismabonus, con percentuali variabili tra il 75% e l’85%.

Ecobonus e sismabonus per gli ex Iacp – Gli istituti autonomi case popolari (ex Iacp) potranno usufruire dell’ecobonus per interventi di efficienza energetica realizzati su immobili di loro proprietà, come era già in passato, ma anche su immobili gestiti per conto dei Comuni. Gli ex Iacp potranno accedere al sismabonus fino a una percentuale massima dell'85%.

Fondo di garanzia – Nasce il fondo nazionale per la concessione di garanzie sui prestiti finalizzati alle operazioni di riqualificazione energetica con una dotazione di 50 milioni all’anno tra il 2018 e il 2020, ripartiti tra Ministero dell’Ambiente e Mise. Le famiglie a basso reddito potranno così accedere più facilmente ai prestiti bancari: con questi 50 milioni annui sarà possibile stimolare, in base alle stime del governo, circa 600 milioni di investimenti.

Cessione dei crediti anche per i singoli appartamenti – Diventa possibile trasferire le detrazioni anche per le operazioni effettuate sulla singola unità immobiliare, al di fuori degli interventi condominiali. Chi incamera il bonus potrà, poi, anche trasferirlo nuovamente. Finora la possibilità di trasferire le detrazioni era limitata al solo caso degli interventi sulle parti condominiali.

Requisiti tecnici e massimali – Vengono aggiornati i requisiti tecnici minimi che gli interventi di efficientamento devono rispettare per rientrare nel perimetro dell’ecobonus. Ad occuparsene sarà un decreto del Ministero dello Sviluppo economico. Nel testo andranno anche rivisti i massimali di costo specifici per ogni tipologia di intervento, oltre alle procedure di esecuzione dei controlli a campione eseguiti dall’Enea.

Accatastamento fabbricati rurali, i chiarimenti del Fisco


Notizie immobiliari|Redazione


In un incontro tra l'Uncem (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani) e l'Agenzia delle Entrate sono state chiarite le caratteristiche che devono possedere gli immobili rurali per i quali esiste l'obbligo di accatastamento.

Rientrano nell'obbligo di accatastamento gli obblighi dotati di autonomia funzionale e reddituale, non ancora censiti al catasto edilizio urbano. In tal caso, è obbligatorio procedere all'accatastamento dell'immobile con l'aiuto di un tecnico abilitato.

L'obbligo di accatastamento è scaduto il 30 novembre 2012, ma è possibile mettersi in regola presentando all'ufficio competente l'atto di aggiornamento con il contestuale pagamento della sanzione ridotta, in virtù del ravvedimento operoso.

Nel caso in cui si perdano i requisiti di ruralità è comunque necessario presentare un atto di aggiornamento. L'obbligo di accatastamento sussiste in ogni caso per quegli immobili che passano da soggetti esenti a creditori d'imposta.

Nel decreto Ministeriale del 29 febbario 1998 sono invece elencati gli immobili che non rientrano nell'obbligo di dichiarazione.

  • fabbricati o loro porzioni in corso di costruzione
  • lastrici solari e aree urbane
  • manufatti con superficie coperta inferiore a 8 mq
  • serre adibite alla coltivazione e protezione delle piante sul suolo naturale
  • vasche per l'acquacolutura o di accumulo per l'irrigazione dei terreni
  • manufatti isolati privi di copertura
  • tettoie, porcili, pollai, casotti, concimaie, pozzi e simili, di altezza utile inferiore a 1,80 me, purché di volumetria inferiore

Sospensione mutuo: come funziona


Sospensione mutuo: come funziona

L’AUTORE: Massimo Coppin

Massimo Coppin


Se non ce la fai più a pagare le rate del mutuo puoi sospenderle. Vediamo come

Le rate del tuo mutuo – che all’inizio riuscivi a pagare con relativa comodità – sono improvvisamente diventate insostenibili a causa di eventi imprevisti che hanno peggiorato la tua situazione economica?

Niente paura. Esistono almeno due rimedi che ti permetteranno, per un certo tempo, di sospendere il pagamento e dunque di avere una boccata d’ossigeno in attesa di tempi migliori.

Il fondo di solidarietà del Mef

Il fondo di solidarietà per i mutui contratti ai fini dell’acquisto della prima casa, creato nel 2007, è istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze (Mef) ed è gestito dalla Concessionaria servizi assicurativi pubblici (Consap) [1].

Per accedere al beneficio della sospensione è necessario:

  • che l’indicatore della situazione economica equivalente (Isee) del richiedente non superi € 30.000
  • che il mutuo sia stato contratto per l’acquisto della prima casa
  • che l’abitazione acquistata grazie al mutuo concesso dalla banca non sia di lusso, cioè non rientri nelle categorie catastali A1, A8 e A9
  • la somma data a mutuo non superi € 250.000.

Condizione per l’accoglimento della domanda di sospensione è che colui che ha ottenuto il mutuo – o uno di essi, se i mutuatari sono più di uno – abbia subito uno dei seguenti eventi:

  • perdita del posto di lavoro dipendente (a meno che la persona interessata non si sia dimessa, non sia stata licenziata per giusta causa, non sia andata in pensione o non benefici del contributo di disoccupazione)
  • morte
  • handicap oppure invalidità civile non inferiore all’80%.

Tali eventi devono essersi verificati dopo la stipula del contratto di mutuo ed entro i tre anni precedenti la presentazione della domanda di sospensione.

La sospensione non può essere superiore a 18 mesi.

Nei seguenti casi, invece, il beneficio non può essere concesso:

  • quando a richiederlo è un professionista o un dipendente in regime di cassa integrazione
  • quando l’appartamento oggetto di una procedura esecutiva
  • quando il ritardo nel pagamento dura da più di 90 giorni
  • quando colui che ha richiesto la sospensione ha stipulato una polizza assicurativa che lo copre da uno degli eventi che giustificano la domanda di accesso al beneficio
  • se il mutuo è già oggetto di agevolazioni pubbliche
  • se per lo stesso mutuo sono state già concesse una o più sospensioni per un periodo complessivamente superiore a 18 mesi.

La domanda di sospensione delle rate del mutuo va presentata alla banca che lo ha erogato utilizzando il modello che può essere scaricato dal sito internet della Consap o del Mef oppure fornito dallo stesso istituto che ha erogato il mutuo.

I documenti da allegare alla richiesta sono:

  • documento di riconoscimento
  • certificazione Isee
  • documento che dimostri che il rapporto di lavoro è terminato
  • certificato Asl che attesti l’handicap o lo stato di invalidità.

Una volta presentata la domanda, nell’arco dei successivi 30 giorni la banca mutuante trasmette la richiesta di sospensione alla Consap, quest’ultima a sua volta autorizza l’istituto di credito a sospendere le rate del mutuo e la stessa banca comunica al richiedente l’avvenuta sospensione.

La durata del contratto sarà prorogata per un tempo uguale a quello di durata della sospensione.

La moratoria sui mutui per il periodo 2015-2017

La moratoria nasce da un accordo del 31.3.2015 tra l’Abi (Associazione bancaria italiana) e le associazioni rappresentative dei diritti dei consumatori. Il quale prevede che l’istanza di sospensione possa essere rivolta alle sole banche che aderiscono all’accordo (mentre il fondo di solidarietà del Mef ha applicazione generale) da parte di chi è stato sospeso dal lavoro o ha subìto una riduzione di orario per un minimo di 30 giorni.

La sospensione riguarda soltanto la quota capitale e non gli interessi, che dunque continuano a essere dovuti anche durante la moratoria.

Il termine ultimo per la presentazione della domanda è il 31.12.2017 e la richiesta può essere presentata una sola volta, per non più di 12 mesi.

giovedì 26 ottobre 2017

Legge di stabilità 2018, le quattro misure per la casa al vaglio dei tecnici di Camera e Senato

Gtres 

Si lavora al Ddl di Bilancio. In vista della discussione in Parlamento, il provvedimento è all’esame dei tecnici di Camera e Senato. In particolare, sono quattro gli interventi allo studio sul fronte del bonus casa.

Come sottolineato dal Sole 24 Ore, il presidente della commissione Ambiente della Camera, Ermete Realacci, si è detto soddisfatto di una delle grandi novità della manovra: il bonus verde. In merito, ha sottolineato che “saranno decisive le norme applicative, che sono state già importanti per il sismabonus”. E ha spiegato: “In quella sede andremo a definire quali sono gli interventi da portare in detrazione. Bisogna guardare al verde per terrazzi, balconi, giardini condominiali e non ad altro”.

Ci sono poi alcune cose da migliorare, tra queste l’ecobonus. A tal proposito, Realacci ha detto: “Ci sarà sicuramente l’estensione dell’ecobonus al 65% a tutti gli interventi di bonifica dall’amianto. Accanto a questo, penso a interventi che possano semplificare ulteriormente la cessione dei crediti. E’ un meccanismo essenziale, perché oggi le imprese di costruzioni, vista la situazione di crisi, non possono fare da banche per i cittadini”.

La commissione Ambiente proporrà poi un emendamento sul tema delle certificazioni statiche. Il presidente della commissione Ambiente della Camera ha spiegato: “Una diagnosi seria di un edificio costa e, per questo, è giusto consentire di recuperare questi costi tramite le detrazioni. Oggi, infatti, chi non effettua i lavori non ha accesso allo sconto fiscale sulla diagnosi. Dobbiamo evitare che queste certificazioni vengano trattate come quelle energetiche e, in qualche caso, vendute a prezzi di saldo”.

C’è infine il tema della messa in sicurezza in chiave antisismica dei capannoni. Ad oggi agli immobili produttivi per il sismabonus si applica lo stesso tetto di spesa degli appartamenti, ossia 96.000 euro. L’idea è quella di alzare questo limite, agganciandolo alla metratura dei capannoni.

Ma il Ddl di Bilancio prevede anche dell’altro, tra cui il doppio sconto per chi assicura la casa contro le calamità naturali. Si pensa a riconoscere una detrazione Irpef del 19% sul prezzo delle polizze sottoscritte dal prossimo 1° gennaio per assicurare la casa contro i danni da terremoti, alluvioni e altre calamità. Viene inoltre cancellata, sempre per le future polizze contro le calamità naturali, la tassa del 22,25% corrisposta sul premio del ramo danni.

E ancora, la possibilità di ricorrere a Piani di investimento a lungo termine (Pir) viene esteso alle società immobiliari. Per accelerare lo smaltimento degli Npl, poi, vengono modificate le regole sulla cartolarizzazione, puntando alla neutralizzazione fiscale dell’intervento della società veicolo d’appoggio, anche ai fini delle imposte indirette, nella monetizzazione dei crediti cartolarizzati.

Articolo visto su
Bonus casa, in Parlamento novità per capannoni e diagnosi statiche (Il sole 24 ore)

domenica 22 ottobre 2017

Acquistare o affittare una casa. Occhio alle sanguisughe che si spacciano per benefattori


Comunicato di Vincenzo Donvito

12 ottobre 2017 12:50

 

Acquistare o affittare una casa e’ un’operazione importante e che, per tutti piu’ o meno, e’ un momento decisivo nella propria vita. Il mercato italiano e’ articolato, ma -a nostro avviso- risente ancora di una chiusura che fino a qualche anno fa aveva praticamente fatto sparire le offerte. Chiusura che ha lasciato come strascico una serie di sanguisughe che cercano di approfittare della necessita’ di chi si appresta ad usare questo mercato. Spesso si sente dire che queste sanguisughe siano le agenzie immobiliari di per se’, perche’ il loro lavoro di mediazione e’ decisamente sovrastrutturale e, alla fin dei conti, non indispensabile…. Noi crediamo che cosi’ non sia!, anche se non possiamo non riconoscere che sul campo ci sono anche diversi disonesti e approssimati… ma crediamo che sia anche un fatto endemico legato a qualunque attivita’ professionale, soprattutto, come nello specifico, quando si ha a che fare con beni di prima necessita’. L’agente immobiliare e’ una professione, regolamentata e che puo’ essere utile a far da tramite tra il mercato e il consumatore finale: conoscenze, mediazioni, consigli… sostanzialmente un aiuto a far meglio utilizzando meno tempo.
Il mercato italiano -come abbiamo accennato- continua ad avere ancora problemi in virtu’ del fatto che la sua liberalizzazione e’ solo recente. E in questo si sono inserite una serie di sanguisughe che, spacciandosi per benefattori, cercano di ingannare i consumatori. Si tratta di coloro che, facendo finta di essere agenzie nel momento in cui fanno pubblicita’ alle loro offerte, si esplicitano solo al momento in cui stabiliscono il contatto con il probabile consumatore e dicono: non siamo un’agenzia immobiliare, ma un servizio che mette in contatto le due parti interessate, quindi se vuole avere un numero di telefono o visitare l’immobile che le interessa, si deve associare a noi (mediamente 200 euro per sei mesi). La sorpresa e l’incertezza di chi si sente coinvolto in questo meccanismo, secondo questi “non-agenti”, dovrebbe giocare a loro vantaggio; il ragionamento che ne potrebbe scaturire e’ il seguente: quell’appartamento mi interessa veramente, quasi quasi…. Ma -diciamo noi- sia per affitto che per acquisto le variabili da considerare sono tante e individuali, per cui e’ altamente probabile che un costo del genere sia solo inutile. Anche perche’ sul mercato ci sono tante offerte (dirette o tramite agenzia) che non giustificano questo costo di mera informazione. Per capire: chi sarebbe disposto a pagare 200 euro per una rivista di annunci immobiliari che e’ molto probabile riporti solo un numero di telefono di un proprietario che, nel frattempo, potrebbe anche non essere piu’ interessato alla transazione?
Quindi: occhio alle sanguisughe! E se si vuole assolvere ad un dovere civico, quando ci sono gli estremi per cui si e’ stati vittima di una publbicita’ ingannevole, e’ bene procedere con una denuncia alla specifica Autorita’ Antitrust

sabato 21 ottobre 2017

Ecobonus 2018: arrivano gli incentivi statali per il verde privato



Buone notizie per chi è in possesso di un giardino o di un terrazzo e desidera intervenire su queste aree: il Consiglio dei Ministri ha infatti appena approvato l’Ecobonus 2018, l’incentivo statale dedicato a chi effettuerà interventi sul verde privato.

Il Bonus Verde è una novità nel panorama degli incentivi statali e punta principalmente a due obiettivi: da una parte sostenere la diffusione del verde nelle aree cittadine e dall’altra combattere lo smog che spesso soffoca le zone urbane. Il bonus, inoltre, darà respiro al settore florovivaistico che, come ha ricordato il presidente della Commissione Finanze della Camera, Maurizio Bernardo, muove nel nostro Paese un fatturato di 2.5 miliardi di euro, per un totale di 30 mila aziende e 180 mila lavoratori. Questo senza considerare quanto preziosi e rari siano oggi gli spazi verdi: è stato stimato che ogni cittadino ne abbia mediamente a disposizione solo 31 mq.

Chi potrà usufruire del bonus?

Secondo la Legge di Bilancio 2018, potrà richiedere di usufruire del bonus chi deciderà di intervenire su aree scoperte di pertinenza di un’unità immobiliare privata, di qualunque tipologia essa sia, avviando operazioni di “sistemazione a verde”. In pratica, rientreranno nel bonus gli interventi su giardini, anche condominiali o terrazzi. Varranno per richiedere lo sgravio, ad esempio, le opere di creazione di impianti di irrigazione, di copertura a verde, di creazione di giardini pensili o di recupero di quelli storici. La detrazione prevista dal Bonus verde è importante: i cittadini potranno dedurre il 36% del costo dei lavori, per spese fino a 5 mila euro.

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Mutui: aumentano gli importi richiesti



È stato pubblicato negli scorsi giorni il consueto Barometro Crif sul mercato dei mutui in Italia, basato sul sistema di informazioni creditizie del Crif che monitora l’andamento dei mutui e delle surroghe. I dati, contrariamente ad altri osservatori, si basano sull’effettiva considerazione delle istruttorie aperte per le pratiche di finanziamento, e non solo su richieste o manifestazioni di interesse.

A settembre 2017, rispetto allo stesso mese del 2016, si è registrato un calo dei mutui del 13,8%. Questo dato va interpretato tenendo presente l’effettiva diminuzione di interesse verso le surroghe, che negli scorsi tempi stavano gonfiando le performance del settore. Guardando ai primi nove mesi del 2017 il calo si riduce al -8,2% rispetto allo stesso periodo del 2016.

Aumentando l’incidenza dei mutui prima casa e calando quella delle surroghe, cresce di conseguenza l’importo medio richiesto che, nel terzo trimestre dell’anno, è salito dell’1,6% arrivando a 125.449 euro. Si riduce l’aumento di settembre rispetto allo stesso mese del 2016: in questo caso si segnala un +0,5% con una cifra media richiesta di 123.657 euro.

Quanto si richiede e chi accende un mutuo in Italia

La fascia più popolare per le cifre medie richieste per acquistare casa rimane quella fra i 100.001 e i 150.000 euro, che riguarda il 29,4% delle istruttorie aperte. Cresce però il ricorso a fasce più alte e quella superiore a 150.000 euro ha segnato un +1,1%. La durata dei mutui preferita è sempre quella che va dai 16 ai 20 anni, scelta nel 24,4% dei casi, mentre il 22% ha optato per durate maggiori tra i 26 e i 30 anni.
Chi decide di accendere un mutuo in Italia? Il 35,2% dei richiedenti ha fra i 35 e i 44 anni; mentre il 26,7% ne ha meno di 35.

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Esenzione tassa rifiuti per casa vuota


Esenzione tassa rifiuti per casa vuota

L’AUTORE: Noemi Secci

Noemi Secci


Se l’immobile è disabitato il proprietario può evitare di pagare la tassa sui rifiuti?

Il presupposto della Tari, cioè della tassa sui rifiuti, come previsto dalla normativa [1], è il possesso o la detenzione di locali o aree scoperte, adibiti a qualsiasi utilizzo, suscettibili di produrre rifiuti urbani: non è rilevante, dunque, la produzione effettiva di rifiuti, ma la possibilità di produrli utilizzando l’immobile.

La normativa, però, pur non basando la Tari esclusivamente sui rifiuti realmente prodotti, prevede almeno che una parte del tributo sia collegata alla quantità di rifiuti prodotti: a tal proposito, la normativa prevede la sua proporzionalità al numero dei componenti del nucleo familiare che abita nella casa e dà la possibilità al contribuente di usufruire di esenzioni e riduzioni in determinati casi, come l’occupazione dell’immobile per una sola parte dell’anno, il riciclo in proprio di materiali, il compostaggio degli scarti organici, l’indisponibilità dei locali a causa di una ristrutturazione

Esenzione dalla tassa sui rifiuti per l’immobile inutilizzabile

La normativa sulla Tari, nel dettaglio,  esclude totalmente dalla tassa i locali e le aree inutilizzabili, poiché, dato che non possono essere fruiti in alcun modo, non possono nemmeno produrre rifiuti.

Perché un locale risulti inutilizzabile ai fini Tari, però, non basta che sia disabitato, ma l’inutilizzabilità dell’immobile deve essere verificabile oggettivamente: ad esempio, un locale senza collegamenti alla rete elettrica, idrica e fognaria, oppure inagibile o inabitabile, sarà esente dall’imposta, mentre un locale in cui sussistono gli allacciamenti è tassabile, anche se di fatto risulta senza occupanti, totalmente o per la maggior parte dell’anno.

Immobili esclusi dalla tassa sui rifiuti

La normativa sulla Tari esclude in modo esplicito, poi, i seguenti immobili, aree e locali dal pagamento dell’imposta:

  • locali e aree condominiali, cioè le parti del condominio che non sono utilizzate in via esclusiva (come l’androne e le scale di un palazzo);
  • aree e locali non suscettibili di produrre spazzatura in modo autonomo, come cantine, sottotetti, terrazze e balconi;
  • locali non suscettibili di produrre rifiuti per la sussistenza di situazioni particolari;
  • aree scoperte che risultino pertinenze di locali soggetti al tributo, o accessorie a tali locali (ad eccezione delle aree scoperte operative)

I casi di esenzione e di riduzione, ad ogni modo, non sono previsti soltanto dalla normativa sulla Tari, ma sono integrati dalle disposizioni dei regolamenti dei singoli comuni.

Alcuni regolamenti comunali, ad esempio, consentono di non applicare l’imposta:

  • sulle aree verdi;
  • sui locali e le aree in cui sono prodotti rifiuti speciali che vengono smaltiti dai proprietari a proprie spese, in maniera conforme alle specifiche normative vigenti;
  • sugli immobili in ristrutturazione, per il periodo nel quale non sono abitati o occupati;
  • sulle abitazioni che si trovano interamente in ristrutturazione, per un periodo di almeno 2 mesi;
  • sulle centrali termiche ed i locali riservati a impianti e macchinari, come il vano ascensore o la cabina elettrica;
  • sui locali appartenenti a strutture sanitarie o mediche, sia pubbliche che private;
  • sulle aree ed i locali destinati a impianti ginnici e sportivi, scuole di danza, ma solo per gli spazi adibiti in modo esclusivo all’esercizio dell’attività sportiva.

Agevolazioni e sconti sulla tassa sui rifiuti

In altri casi il contribuente, pur non essendo esentato dalla Tari, può aver diritto a fruire di agevolazioni e sconti: ad esempio, può beneficiare di riduzioni chi ricicla l’organico in proprio, chi conferisce i rifiuti ai punti di riciclo comunali, chi si trova lontano dal punto di raccolta…Ancora, riduzioni e sconti possono essere fruiti in caso di gravi inadempienze nello svolgimento del servizio di raccolta, in caso di abitazioni occupate da una sola persona, di abitazioni soggette ad un utilizzo discontinuo, limitato o stagionale…

Tassa sui rifiuti per l’appartamento vuoto

Ma veniamo ora al caso di chi possiede un appartamento vuoto: a tal proposito, bisogna innanzitutto vedere che cosa dispone il regolamento comunale sulla Tari in caso di immobili a disposizione non abitati.

Il regolamento del comune di Milano, ad esempio, stabilisce che la presenza di arredi oppure l’attivazione anche di una sola utenza (acqua, elettricità, gas, telefono, internet…) costituisce una presunzione semplice dell’occupazione o affitto dell’immobile e della conseguente attitudine alla produzione di rifiuti.  Nel regolamento è stabilito anche che la mancata utilizzazione del servizio di gestione dei rifiuti urbani e assimilati o l’interruzione temporanea dello stesso non comportano esonero o riduzione della Tari.

Secondo il regolamento, l’esclusione di un immobile disabitato è possibile soltanto se privo di mobili e suppellettili e non allacciato ad alcuna utenza.

Non basta, comunque, per non pagare la Tari, l’obiettiva condizione di inutilizzabilità, in quanto deve essere inviata al Comune una dichiarazione di cessazione, entro 90 giorni dalla variazione della residenza.

La dichiarazione di cessazione non può essere effettuata se l’immobile è tenuto a disposizione con utenze attive. In questo caso, resta comunque l’obbligo di pagamento della Tari, anche se il tributo può essere ridotto del 30% dichiarando che l’abitazione è tenuta a disposizione per uso stagionale od altro uso limitato e discontinuo, non superiore a 183 giorni nell’anno.

venerdì 20 ottobre 2017

Mutuo senza interessi


Mutuo senza interessi


Gratis il mutuo se il consulente del giudice dice che il tasso è superiore all’usura.

Ti piacerebbe avere un mutuo gratis, ossia un mutuo senza interessi? Stando alle ultime sentenze della Cassazione e dei giudici di merito è tutt’altro che difficile quando un consulente accerta che è stato applicato un tasso di interessi superiore all’usura. E ciò vale sia che l’usura riguardi gli «interessi moratori» (quelli che scattano in caso di ritardato pagamento) che gli «interessi corrispettivi» (quelli cioè addizionati alla normale rata del mutuo). In presenza di una clausola illegittima (come ad esempio quella che prevede l’anatocismo o l’usura), il contratto di mutuo non è nullo, ma gli interessi non sono più dovuti. Risultato: un prestito senza interessi è per definizione «gratuito». Ma procediamo con ordine e vediamo come trasformare il proprio finanziamento in un mutuo senza interessi.

Come calcolare l’usura

La prima cosa da fare è affidare, a un tecnico del settore, il contratto e gli estratti conto del proprio prestito affinché valuti se il tasso di interesse applicato dalla banca è superiore all’usura. Sono «usurari» gli interessi che superano del 50% il tasso medio, determinato con decreto del Ministero del Tesoro ogni tre mesi. Su questo aspetto più tecnico rinviamo all’articolo Prestito: quando gli interessi sono superiori all’usura?

Quale strategia contro la banca?

A questo punto bisognerà scegliere la strategia: attaccare o difendersi? In altre parole conviene attendere che sia la banca a fare la prima mossa e a notificare un atto di precetto al debitore oppure si vuole agire per primi con un’azione volta alla dichiarazione della nullità della clausola sugli interessi? La scelta può essere rimessa al debitore il quale, in entrambe le situazioni, dovrà anticipare le spese dell’accertamento (consulenza tecnica).

Come fa il giudice a capire che c’è stata usura?

Giova segnalare una sentenza del Tribunale di Padova [1] secondo cui il giudice può condannare la banca per gli interessi usurari sul conto corrente o sul finanziamento semplicemente riportandosi alla consulenza tecnica d’ufficio eseguita dal consulente del giudice. Ciò basta per far scattare la restituzione delle somme versate dal cliente sino a quel momento a titolo di interessi e la segnalazione alla Procura della Repubblica per il reato di usura [2] ai danni dei vertici della banca. Il giudice che aderisce alla Ctu, infatti, non deve spiegare, in modo specifico, le ragioni del suo convincimento: gli basta indicare le motivazioni della perizia.

Mutui gratis se la mora supera il tasso usura

Un’ordinanza della Cassazione di qualche giorno [3] fa ha stabilito che, in presenza di interessi moratori superiori all’usura, il cliente deve restituire soltanto il capitale senza alcun tipo di interessi. Se in un contratto di mutuo il tasso moratorio (quello previsto per il ritardato pagamento delle rate) è sopra la soglia d’usura, ma gli interessi corrispettivi (cioè quelli “normali” dovuti alla banca) sono inferiori alla predetta soglia, la banca deve restituire tutti gli interessi (sia moratori sia corrispettivi) pagati dal cliente e il mutuo diventa gratuito: pertanto il cliente è tenuto a restituire solo il capitale. Un bel vantaggio che va a colpire soprattutto i mutui di lunga durata, sui quali la voce «interessi» pesa particolarmente.

Questo principio appena affermato dalla Cassazione è tuttavia in contrasto con numerose altre sentenze precedenti secondo le quali, in presenza di interessi moratori usurari, l’istituto di credito è tenuto a restituire soltanto quelli moratori, mentre il cliente resta obbligato a versare quelli corrispettivi (sotto la soglia dell’usura).

Dunque, secondo l’ultima posizione assunta dalla Suprema Corte, in caso di usura, anche se ad essere sopra la soglia è soltanto il tasso moratorio, scatta la gratuità completa del mutuo. Per cui non bisogna pagare né gli interessi moratori, né quelli corrispettivi; e, se già corrisposti, questi vanno restituiti al mutuatario







Lo sai che? Mutuo tasso fisso o variabile: cosa conviene?


Mutuo tasso fisso o variabile: cosa conviene?

L’AUTORE: Carlos Arija Garcia

Carlos Arija Garcia 

Quello fisso è adatto a chi non vuole sorprese sull’importo della rata, ma ad oggi costa di più. Quello variabile è più economico ma è soggetto all’instabilità.

Rischio o non rischio? Faccio un mutuo a tasso fisso o variabile? Cosa conviene in un momento in cui è vero che il costo del denaro e i tassi di interesse sono molto più bassi rispetto al passato, ma è altrettanto vero che le oscillazioni del mercato sono sempre in agguato con le crisi internazionali in atto?

Entrambe le soluzioni hanno vantaggi e svantaggi. Il mutuo a tasso fisso ci dà la certezza che, succeda quel che succeda, quella percentuale resterà per sempre, fino all’ultima rata. Ma può essere che il tasso resti sempre al di sopra di quello che le banche chiedono per altre soluzioni.

Viceversa, il mutuo a tasso variabile oggi ci fa partire con un interesse più basso e, quindi, ci consente di risparmiare sulla rata. Ma che succederà domani? Pensiamo, soprattutto, che un mutuo non dura tre, quattro anni. Tra 10, 20 o 30 anni il tasso di interesse sarà lo stesso o subirà un’impennata?

Vediamo allora le caratteristiche di queste due opzioni, per capire cosa conviene: mutuo a tasso fisso o variabile?

Come funziona il mutuo a tasso fisso

Si chiama mutuo a tasso fisso proprio perché, succeda quel che succeda nei mercati, l’importo della rata sarà sempre quello fino alla fine. Il vantaggio che ha, quindi, è la certezza di non avere degli imprevisti e di poter programmare la spesa mensile per la restituzione del finanziamento. Lo svantaggio, invece, è che se il mercato consente di applicare un tasso di interesse più basso, non sarà possibile beneficiare di questa opportunità.

Quindi, se da una parte il mutuo a tasso fisso consente di «blindare» la rata mensile, dall’altra comporta il rischio di pagare un tasso più alto rispetto a quello che si potrebbe pagare con un tasso variabile.

Il mutuo a tasso fisso si aggancia all’Eurirs, cioè al tasso medio swap che si registra nell’Eurozona ad una data di scadenza predefinita. Ad esempio, chi volesse fare un mutuo di 20 anni a tasso fisso oggi troverebbe l’Eurirs all’1,44%. Poco male.

Come funziona il mutuo a tasso variabile

Anche il mutuo a tasso variabile, come abbiamo già anticipato, può avere i suoi vantaggi. Ad oggi, i tassi di interesse sono molto bassi quindi consente un notevole risparmio sulla rata mensile da pagare. C’è da considerare, inoltre, che per i primi anni si pagano soprattutto gli interessi mentre verso la fine si restituisce il capitale. Pertanto, nel momento in cui gli interessi sono bassi la convenienza è maggiore.

C’è, comunque, un rischio, in quanto il mutuo a tasso variabile è soggetto all’instabilità dei mercati. Instabilità che, al momento attuale, è relativa: gli esperti, infatti, non ritengono plausibile un notevole aumento dei tassi di interesse nei prossimi anni anche se, ovviamente, tutto può succedere.

A differenza del mutuo a tasso fisso, quello a tasso variabile si aggancia all’Euribor, cioè il tasso di riferimento delle transazioni finanziarie tra i Paesi dell’area euro, calcolato giornalmente. Oggi, ad esempio, l’Euribor su 12 mesi è addirittura in negativo.

Ad ogni modo, sia il mutuo a tasso fisso sia quello a tasso variabile sono rinegoziabili con la banca.

martedì 17 ottobre 2017

Sfratti per morosità in calo, ma il fenomeno è ancora grave. Come proteggersi?

by Andrea Saporetti


Migliora negli ultimi due anni l'incidenza degli sfratti rispetto alle famiglie residenti nel nostro paese

La morosità rimane un grave problema, per il locatore è di fondamentale importanza garantire l'affitto per non avere brutte sorprese

Si passa da 1 sfratto ogni 334 famiglie nel 2014, annus horribilis per gli sfratti, a 1 ogni 419 nel 2016.

L’aumento dei provvedimenti di sfratto per morosità emessi ogni anno pare finalmente aver trovato il suo culmine.
Iniziata nel 2007, con l’arrivo della crisi economica nel nostro paese, l’ondata di sfratti che hanno coinvolto decine di migliaia di inquilini che non riescono a pagare il canone di affitto sembra finalmente in ritirata.
La diminuzione degli sfratti emessi nel 2016, che fa seguito ad un analogo (ma meno generalizzato) trend registrato l’anno precedente, è un ottimo segnale per un mercato, quello dell’affitto, che gode di ottima salute negli ultimi anni, eccezion fatta proprio per il dilagante fenomeno degli sfratti per morosità.

Un calo di oltre 15 mila sfratti emessi nel giro di due anni: crisi alle spalle?

Dire che non sia più un problema attuale, quello degli sfratti, sarebbe travisare in maniera clamorosa il dato del Ministero dell’Interno, ripreso in una approfondita analisi dalla rete specializzata nella locazione Solo Affitti.

I provvedimenti di rilascio che ogni anno i tribunali hanno emesso a carico degli inquilini sono passati dai 77.526 del 2014, anno di picco massimo per gli sfratti nel nostro paese, ai “soli” 61.718 dello scorso anno. Un calo consistente, di oltre 15.000 unità in due anni, nell’ordine del -20% rispetto all’«annus horribilis» degli sfratti.
Calo che, ragionevolmente, può ricondursi al miglioramento della situazione economica del nostro paese, con il conseguente ridimensionamento del numero di inquilini che non riescono a far fronte alle proprie obbligazioni contrattuali.

Meno sfratti emessi, ma più richieste di esecuzione. E la quota di sfratti emessi a causa di morosità rimane elevata

Il calo, evidente e significativo, appare un primo significativo passo nella direzione di un miglioramento sul fronte del disagio abitativo che ha colpito il nostro paese.
Rimane comunque notevole l’entità del fenomeno sfratti, se si pensa che i provvedimenti emessi lo scorso anno rimangono comunque oltre il 40% in più rispetto a quelli pre-crisi: se si considera il 2007 i provvedimenti al tempo emessi erano meno di 44.000.
E, non da meno, tra i provvedimenti di sfratto emessi resta elevatissima la quota di quelli riferibili a morosità dell’inquilino: l’89% dei provvedimenti di sfratto complessivamente emessi, rispetto al 77% dei livelli pre-crisi. Segno che è proprio la difficoltà di molti inquilini a pagare il canone d’affitto che spinge i proprietari a ricorrere ad un giudice per rientrare in possesso della propria abitazione.

Infine, va rilevato che, sebbene gli sfratti emessi lo scorso anno siano calati di numero, sono invece cresciute le richieste di esecuzione di rilascio avanzate ai tribunali a seguito del mancato rilascio dell’immobile da parte dell’inquilino sfrattato. Nel 2016 si sono attestate, nello specifico, a quota 158.720.
Un dato impressionante, se si pensa che nel 2007, consueto anno di confronto, ci si fermava a meo di 110.000 richieste da parte dei locatori non rientrati nella disponibilità dell’abitazione oggetto di sfratto.
L’aumento del ricorso all’Ufficiale Giudiziario, a seguito del mancato rilascio dell’immobile da parte dell’inquilino sfrattato, indica quanto sia grave la situazione per coloro che hanno subito uno sfratto negli ultimi anni.
Pur trattandosi di strascichi di situazioni di difficoltà abitativa già emerse in precedenza, questo proseguimento della crescita dei provvedimenti esecutivi indica quanto sia grave la situazione per coloro che sono incorsi o stanno incorrendo in uno sfratto.

Un miglioramento generalizzato, con qualche eccezione. Vediamo dove

88 le province analizzate da Solo Affitti, ovvero tutte quelle con dati completi sia nel 2014 che nel 2016 nei report diffusi dal Ministero degli Interni.
Solo una ventina le province mancanti nella statistica, pur essendo piuttosto “pesanti” le assenze: Roma, Napoli, Bari, Bologna, Catania, Padova, Trieste e Venezia, solo per menzionare le province più popolose in cui il Ministero non è in grado di fornire dati completi.
Ad ogni modo, delle 88 province prese in considerazione, solamente in 14 il rapporto tra nuovi sfratti emessi e numero di famiglie residenti risulta peggiorato dal 2014 al 2016. Segnale di un diffuso ridimensionamento della gravità del fenomeno sfratti.
Interessante il confronto fra la graduatoria dell’incidenza degli sfratti emessi lo scorso anno rispetto all’analoga classifica dell’anno di boom degli sfratti. Vediamo chi ha guadagnato più posizioni e chi ne ha perse di più rispetto alle altre province.

Sfratti morosità inquilino affitto img

Chi migliora di più: Brindisi, Terni, Pisa, Vercelli e Trapani

Scala più posizioni in questa particolare “classifica dell’incidenza degli sfratti” le province di Brindisi (che scavalca 32 province, giungendo al 64° posto su 88 tra le province con la maggiore incidenza sfratti).
Notevole miglioramento anche a Terni (+27 posizioni, si attesta al 53° posto in classifica) e a Pisa (+16 posizioni, 35° posto).
Importante il salto in avanti fatto anche a Vercelli (+14 posizioni, 32° posto in classifica) e Trapani (stesso balzo in avanti, ma in una posizione nella classifica di incidenza sfratti più tranquilla: 71° posto).

Chi peggiora di più: Oristano, Massa Carrara, Viterbo, Ancona e La Spezia

Sono poche le province in cui si registra un peggioramento rispetto al 2014: una stretta minoranza, fortunatamente. Tuttavia, a macchia di leopardo, si registrano situazioni di aggravamento del fenomeno sfratti.
È a Oristano che la situazione risulta essere diventata decisamente più critica: pur partendo da una situazione tra le più tranquille del nostro paese, le ben -28 posizioni perse dalla provincia sarda la fanno ora attestare al 55° posto nella classifica dell’incidenza sfratti. Un livello di criticità inferiore rispetto alla media nazionale, ma i locatori della zona non possono più stare tranquilli quanto prima.
Passo indietro di -24 posizioni sia per Viterbo (ora al 39° posto, allineata alla media nazionale) e Massa Carrara (che parte però da un livello di criticità più intenso e si assesta ora al 25° posto in questa classifica).
Sono -22 i posti persi da Ancona, che si va a collocare al 18° posto in classifica, e -19 le posizioni perse da La Spezia, ora al 22° posto.

La top ten delle province con maggiore diffusione degli sfratti. Ma il problema è generalizzato: serve proteggersi

Come evidenzia la mappa, è Modena ad aggiudicarsi il triste primato della più elevata incidenza degli sfratti rispetto alle famiglie residenti: 1 provvedimento emesso dal giudice lo scorso anno per ogni 172 famiglie.
Una situazione di elevatissima criticità, peggiorata rispetto a due anni fa e che le fa raggiungere il primo posto in classifica, scavalcando la provincia di Barletta Andria-Trani, che ora si assesta al secondo posto grazie al leggero miglioramento sopraggiunto (da 1 sfratto ogni 133 famiglie del 2014 a 1 ogni 181 dello scorso anno).
Nella “top ten” delle province con una situazione più diffusa di provvedimenti di sfratto emessi troviamo al 3° posto Pescara (1/219), tra le poche province ad aver subito un (pur ridotto) peggioramento negli ultimi due anni.
Al 4° posto Imperia (1/234), a seguire Prato (1/237), Torino (1/241), Cosenza (1/251), Rimini (1/276), Monza e Brianza (1/286) e Avellino (1/291). Questo, ovviamente, solo per enunciare le 10 province con l’incidenza di sfratti emessi rispetto alle famiglie residenti lo scorso anno.

Morosità, un fenomeno sempre più diffuso. Proteggersi è fondamentale per ogni proprietario che affitta casa, ecco come fare

Certo, le statistiche ci possono dire dove è più probabile per un proprietario trovarsi di fronte ad un inquilino che non paga l’affitto.
Ma mai nessuna statistica potrà dirci chi sarà, tra gli inquilini interessati al nostro appartamento, quello che ad un certo punto smetterà di pagare il canone e ci renderà necessario procedere nei suoi confronti, tramite avvocato, perché venga sfrattato.

Alcuni falsi miti a cui si appellano i padroni di casa quando stipulano un contratto di affitto. Sfatiamoli:
• “l’importante è che abbia una buona busta paga e un lavoro fisso”. No, caro proprietario: il tipo di lavoro che fa l’inquilino, per quanto sicuro e remunerativo possa sembrarti, non per forza ti garantisce che duri per sempre. Quante aziende, all’apparenza solidissime, hanno negli ultimi anni tagliato posti di lavoro, o sono chiuse in maniera del tutto inattesa?
• “l’importante è che mi sembri una persona onesta”. E anche stavolta devo dirti che no, caro proprietario, l’immagine di affidabilità non è sinonimo di reale onestà della persona che hai di fronte. Lo saprai solo al momento della risoluzione del contratto se l’inquilino sarà stato puntuale nei pagamenti.

Potrai fare (o farti fare dall’agente immobiliare, per essere più tranquillo) tutte le ricerche sulle referenze dell’inquilino che desideri, caro proprietario, ma il futuro nessuno è in grado di prevederlo.
L’unica sicurezza che hai, al momento della firma del contratto di locazione, è che non hai altra sicurezza se non quella di poter ricorrere ad un giudice se l’inquilino ad un certo punto – volente o nolente – smetterà di pagare il canone. E, certo, quella di poterti rifare sul deposito cauzionale per le eventuali mensilità non pagate (certo, sperando che siano solo due o tre al massimo e che, nel frattempo, il deposito cauzionale non ti serva a coprire le spese per riparare gli eventuali danni lasciati dal conduttore).

sabato 14 ottobre 2017

Lo sai che? Quale mutuo scegliere?


Quale mutuo scegliere?


Per stabilire qual è il mutuo più conveniente bisogna tenere in considerazione il Taeg più basso. Ma attenzione al tranello.

Stai per comprare casa e hai bisogno di un finanziamento. Nella scelta della banca e delle migliori condizioni per ottenere il mutuo, la tua valutazione si è soffermata, in particolare, su alcune proposte. Il foglio informativo che ti è stato consegnato allo sportello contiene tante parole di cui non comprendi il significato: Euribor, Tan, Taeg, tassi fissi e tassi variabili. Alla fine, però, tra tante definizioni, a te interessa sapere solo qual è il mutuo più conveniente. Così hai fatto una ricerca online per scoprire quale banca offre le condizioni più vantaggiose, quella cioè che presta i soldi a un tasso di interesse più basso (perché, in definitiva, a te interessa solo pagare il minimo possibile di interessi e, quindi, di rata). Ed anche su internet fioccano le offerte pubblicitarie, ciascuna che tira acqua al proprio mulino. In questo mare di tecnicismi e di concorrenza,  ti senti spaesato e senza una direzione. Quale mutuo scegliere? In questo articolo cercheremo di darti alcune utili indicazioni per comprendere come vanno letti i depliant forniti dagli istituti di credito e come orientarti nell’individuazione delle offerte migliori.

Indice

Per scegliere un mutuo devo considerare solo il tasso di interesse?

Prima di spiegare quale mutuo scegliere è però necessario andare a fare chiarezza su un aspetto che, spesso, non viene considerato dal correntista. Nella scelta del mutuo non ci si deve preoccupare solo del tasso di interesse. Sono svariati i costi che gravano sul mutuatario e, a volte, pur a fronte di un tassi di interesse basso, il costo complessivo dell’operazione è tutt’altro che vantaggioso. Difatti, oltre agli interessi, il cittadino paga una serie di servizi che incidono negativamente sul suo portafogli quali:

spese bancarie di istruttoria della pratica, cioè le commissioni che debbono essere  pagate  per le pratica di concessione del mutuo (tali spese variano da banca a banca e possono essere determinate a cifra fissa o anche in termini percentuali da calcolare sull’ammontare del mutuo);

spese per certificazioni, quali, ad esempio, il certificato di residenza o lo stato di famiglia e per i lavoratori autonomi il certificato di iscrizione alla Camera di Commercio;

  • spese di perizia necessaria per la valutazione preliminare dell’immobile: il costo varia da professionista a professionista, sebbene si attesti in genere tra € 200 e € 300, a cui va aggiunta l’IVA al 22% e il contributo cassa previdenza dal 2% al 4%;
  • spese notarili, rappresentate dalla parcella del notaio per la redazione contratto di compravendita e tutte le altre spese accessorie, quali ad esempio le visure catastali e ipotecarie,
  • spese di assicurazione che la banca può esigere a copertura dei rischi sull’immobile (ad esempio la polizza incendi) o anche sulla vita (ad esempio la polizza vita). In ogni caso la banca non può obbligare il cliente a scegliere la propria assicurazione ma deve lasciarlo libero di trovare soluzioni alternative e più economiche sul mercato;
  • spese di commissione per la gestione della pratica, quali le spese per l’incasso della rata e le spese per l’invio delle comunicazioni periodiche ai clienti;
  • interessi di mora, nel caso in cui la rata venga pagata in ritardo con una conseguente maggiorazione della somma da pagare che si aggira grossomodo tra l’1% e il 4% rispetto al tasso d’interesse concordato per il finanziamento (gli interessi di mora scattano a partire dal giorno della scadenza della rata sino al pagamento).

Cosa sono il Tan, il Taeg, lo spread e l’Euribor?

A questo punto dobbiamo fare luce sui termini del linguaggio bancario e sui significati che hanno le sigle usate sui contratti. Comprenderemo, qui di seguito cos’è il Tan, cos’è il Taeg, cosa significa Euribor e la parola spread. Di tanto abbiamo già parlato in Scegliere il mutuo migliore.

Che significa Tan?

Cerchiamo di capire innanzitutto cos’è il Tan. Questo acronimo sta per Tasso annuale nominale, ossia il tasso di interesse applicato ad un prestito e che deve essere pagato alla banca insieme alla rata del mutuo che restituisce una parte del capitale. È insomma l’interesse puro che viene applicato sul capitale ottenuto in prestito.

Il Tan viene espresso in termini percentuali ed è costituito da due elementi: il tasso di riferimento e lo spread. La somma tra tasso di riferimento e spread costituisce appunto il Tan.

Per quanto riguarda il tasso di riferimento, si considera di solito il tasso di interesse europeo ossia l’Euribor (anche detto in gergo Tasso Bce o costo del denaro). Questo per i mutui a tasso variabile. Per i mutui a tasso fisso, invece, il riferimento è l’Euris (detto anche Irs). Per i mutui a tasso misto invece il riferimento è ad entrambi in misura differente a seconda del periodo in cui ci si trova al momento del rimborso.

Lo spread, invece, è il guadagno della banca. O per meglio dire una maggiorazione, in punti percentuali, che le banche applicano al tasso di interesse. Si tratta di un valore fisso che non varia al variare del tasso di interesse e generalmente non varia neanche nel corso della durata del mutuo.

Cos’è il Taeg

La parola Taeg significa Tasso annuo effettivo globale ed è il dato più importante da tenere in considerazione. Il Taeg infatti indica il costo totale del mutuo su base annua, espresso in termini percentuali sul finanziamento ottenuto dalla banca. Perché il Taeg è il dato più importante? Perché esso racchiude in sé e somma tutti i costi del mutuo, dagli interessi alle spese accessorie e, con un solo numero, ci rappresenta la convenienza o meno del finanziamento.

In pratica il Taeg racchiude in sé il tasso d’interesse oltre a tutte le altre voci di spesa collegate al mutuo. Nel Taeg ci sono tutti i costi mentre nel Tan soltanto gli interessi.  Le voci di spesa che devono essere comprese nel Taeg sono tutte quelle spese obbligatorie collegate alla pratica di concessione del mutuo tra cui ricordiamo: le spese d’istruttoria, le spese di revisione del finanziamento, le spese di apertura e chiusura della pratica, le spese di riscossione dei rimborsi e d’incasso delle rate, le spese di assicurazione, le spese di mediazione per la concessione del mutuo, l’eventuale costo dell’attività di mediazione e ogni altra spesa connessa con l’operazione di finanziamento, purché prevista nel contratto. Non sono invece comprese le spese notarili. Il cliente può dunque conoscere attraverso il Taeg il reale costo del mutuo, poiché tale valore comprende tutti gli elementi che influiscono sul costo effettivo del finanziamento. Il Taeg è pertanto uno strumento molto utile per scegliere il mutuo migliore per le proprie tasche, perché esprime un valore che consente di fare un confronto tra le offerte di finanziamento messe a disposizione dalle banche.

Cos’è il Loan to value

Il Loan to value indica la percentuale del costo della casa che la banca è disposta a finanziare. Di solito, gli spread e di conseguenza il Tan (dato dalla somma tra spread ed Euribor per il variabile e tra spread ed Eurirs per il fisso) più bassi sono riservati ai mutui con “loan to value” non superiori al 50%. Questo perché un mutuatario che paga di tasca propria metà del valore della casa è considerato più affidabile rispetto a chi mette sul piatto il 20% e chiede alla banca il rimanente 80%.

Qual è il mutuo più conveniente

Sulla base di quanto detto possiamo già orientarci per capire quale mutuo scegliere e qual è il più conveniente. Quando si contrae un prestito (sia esso personale sia un mutuo ipotecario) vince di base il Taeg più basso.

Una delle regole del “mutuatario perfetto” è pertanto quella di preferire il Taeg al Tan nella valutazione dell’offerta migliore.

Ma attenzione: potrebbe avvenire che il Taeg non dica tutto e non sia sufficiente a comprendere qual è il mutuo più vantaggioso. Ciò capita solo nei mutui a tasso variabile. Su questa tipologia di mutui le banche adottano due diversi sistemi:

  • sommare l’Euribor allo spread per ricavare il tasso finale da applicare al cliente; se l’Euribor è negativo andrà quindi sottratto;
  • oppure indicare un “floor” sotto il quale l’Euribor non può scendere nel conteggio: per cui, se è negativo, questo non viene sottratto e il Taeg non scende oltre una determinata soglia anche se l’Euribor è negativo.

La Banca d’Italia ha ritenuto che la prima via sia quella più corretta, invitando le banche a non adottare l’altra. Invece molti istituti di credito continuano a preferire la seconda via, cioè non sottraggono l’Euribor (se negativo) allo spread. Ciò avviene inserendo nel contratto clausole come: «Ai fini del calcolo del tasso di interesse del mutuo, detto valore (Euribor) non potrà comunque essere inferiore a una soglia dello 0,01%». Oppure: «Qualora al momento della rilevazione la quotazione del parametro di riferimento (Euribor) sia pari a 0,00 (zero) o negativa, il tasso applicato sarà pari allo spread contrattualmente previsto». E così via.

La conseguenza è che se l’Euribor è negativo, il mutuatario non dovrà più verificare solo il Taeg ma anche lo spread per comprendere se il finanziamento è effettivamente conveniente.

Lo sai che? Mutuo: detrazioni fiscali


Mutuo: detrazioni fiscali

A quanto ammontano e come si calcolano le detrazioni sugli interessi passivi sul mutuo prima casa e sulle altre abitazioni e fabbricati.

Stai pagando alla banca le rate del mutuo e, come ben sai, queste si compongono, per una parte, di una quota del capitale prestato e, per un’altra parte, degli interessi corrisposti su tale capitale. Sono i cosiddetti «interessi corrispettivi» che costituiscono il «prezzo», la controprestazione dovuta all’istituto di credito per il finanziamento [1]. Ora stai compilando la tua annuale dichiarazione dei redditi e ti chiedi se, per i costi che stai sostenendo per l’acquisto della casa, sono previsti dei benefici fiscali. È proprio così: la legge prevede delle detrazioni fiscali sul mutuo. Di tanto parleremo in questo articolo spiegando come sfruttare gli sconti sulle tasse da pagare.


Quali benefici fiscali sul mutuo ipotecario?

La legge prevede delle detrazioni Irpef per i mutui ipotecari, quelli cioè concessi dalla banca dietro ipoteca sull’immobile acquistato dal mutuatario. In particolare la detrazione viene calcolata sugli interessi passivi e su tutti gli oneri accessori derivanti dal mutuo. Tali benefici variano a seconda del tipo di fabbricato (se prima casa, seconda casa o altri fabbricati non abitativi) e dell’anno di stipula del contratto di mutuo.

La detrazione è un meccanismo che consente di sottrarre, dalle imposte da versare annualmente allo Stato, una percentuale della spesa sostenuta. Vedremo a breve in che modo.

Detrazioni fiscali sul mutuo prima casa

A quanto ammonta la detrazione fiscale sugli interessi del mutuo prima casa?

Per l’acquisto dell’abitazione principale (la cosiddetta prima casa) è riconosciuta una detrazione fiscale del 19%, con un tetto massimo di 4.000 euro di spesa annuale, per un totale di non oltre 760 euro. Per cui, se la spesa, nello stesso periodo di imposta, supera 4,000 euro, la detrazione resta legata sempre a tale importo. Facciamo qualche esempio. Se nel medesimo periodo di imposta, il contribuente versa alla banca 2.000 euro a titolo di interessi può scontare dalle tasse 380 euro; se invece il contribuente versa 5.000 euro a titolo di interessi, può scontare massimo 760 euro (ossia il 19% di 4.000 che, come detto, è il limite massimo).

Su quali immobili spetta la detrazione fiscale sugli interessi del mutuo prima casa?

La detrazione spetta se il mutuo è finalizzato all’acquisto, da parte del mutuatario, di un immobile da destinare ad abitazione principale del contribuente mutuatario stesso o di un suo familiare entro un anno dall’acquisto. L’immobile può essere sia di nuova o di vecchia costruzione.

Chi può ottenere la detrazione fiscale sugli interessi del mutuo prima casa?

Può ottenere la detrazione l’acquirente dell’abitazione che è nello stesso tempo intestatario del mutuo. La detrazione spetta anche in caso di mutuo cointestato a più persone o nel caso di più acquirenti con mutuo intestato solo a uno.

Se entrambi i coniugi sono intestatari del mutuo ma uno solo è acquirente dell’immobile, la detrazione spetta solo a quest’ultimo e comunque in proporzione alla sua quota.

Se invece l’intestatario del mutuo è uno solo dei coniugi, mentre l’abitazione è intestata a entrambi, la detrazione spetta all’intestatario del mutuo in relazione a tutti gli interessi pagati e non solo al 50%.

Quali sono le condizioni per avere la detrazione sul mutuo prima casa?

Per aver diritto alle detrazioni fiscali sugli interessi pagati alla banca sul mutuo prima casa è necessario che sussistano le seguenti condizioni:

  • stipula di un contratto di mutuo per l’acquisto della prima casa di residenza;
  • la banca deve aver acceso un’ipoteca a garanzia del corretto e puntuale pagamento del mutuo; ogni altra garanzia, come ad esempio, la fideiussione non è sufficiente. L’ipoteca può gravare anche su immobili diversi da quello acquistato;
  • la banca deve avere sede in Italia;
  • sul documento attestante il pagamento degli interessi deve essere riportata l’annotazione degli estremi dell’atto di acquisto dell’immobile.
Cosa si intende con abitazione principale?

Per abitazione principale si intende una casa accatastata nelle categorie da A/1 ad A/11escluse quelle in A/10 (uffici e studi privati). In tale abitazione il contribuente o un suo familiare deve avere dimorare abituale (è compreso il coniuge separato ma non divorziato). Tale situazione deve risultare dai registri anagrafici o da apposita autocertificazione (quest’ultima può attestare che la dimora abituale si trova in luogo diverso da quello indicato nei registri anagrafici).

Non vi rientrano le pertinenze come box auto e cantine.

La destinazione ad abitazione principale può avvenire entro 1 anno dall’acquisto dell’immobile. Inoltre l’acquisto della casa deve avvenire nei 12 mesi successivi o anteriori alla stipula del mutuo. Quindi il contribuente può:

  • o acquistare la casa ed entro 1 anno stipulare il mutuo
  • oppure stipulare il mutuo ed entro 1 anno firmare il rogito per l’acquisto della casa.
Che succede se dentro la casa c’è un inquilino che non vuol andare via?

Per usufruire della detrazione fiscale è necessario che entro 3 mesi dall’acquisto sia stato notificato all’inquilino lo sfratto e che entro 1 anno dal rilascio (anche se questo avviene prima della naturale scadenza del contratto) l’unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale.

Su quali spese spetta la detrazione?

La detrazione spetta sugli interessi passivi del mutuo e sugli oneri accessori. Gli oneri accessori sono:

  • l’onorario del notaio per la stipula del contratto di mutuo (non quello relativo alla compravendita);
  • la commissione dovuta agli istituti di credito per la loro attività di intermediazione;
  • le spese che il notaio sostiene per conto dei clienti (es. iscrizione e cancellazione ipoteca);
  • la penalità per anticipata estinzione del mutuo;
  • le spese di istruttoria, di perizia, ecc.

La detrazione spetta anche sulle quote di rivalutazione per via della presenza di clausole di indicizzazione.

Che succede in caso di separazione o divorzio?

Se i coniugi decidono di procedere alla separazione, il titolare del mutuo può continuare ad ottenere la detrazione solo se nell’immobile ha la dimora abituale un familiare del coniuge separato, ad esempio il figlio o l’altro coniuge separato finché non interviene il divorzio.

Detrazioni fiscali sul mutuo seconda casa

Per l’acquisto della seconda casa e di altre abitazioni secondarie, a partire dal 1° gennaio 1993 non spetta alcuna detrazione fiscale.

Per i mutui anteriori a tale data spetta una detrazione del 19% su un importo massimo di 2.065,83 euro (pari cioè a 392,51 euro per ciascun intestatario). Tale limite, però, comprende anche gli eventuali interessi passivi detratti per l’abitazione principale; pertanto

  • se questi ultimi sono di importo superiore a 2.065,83 euro la detrazione non spetta perché interamente assorbita dal mutuo prima casa;
  • se invece sono di importo inferiore la detrazione spetta solo per la differenza (es.: interessi passivi per abitazione principale euro 1.500; la detrazione spettante per abitazione secondaria si può calcolare solo su un importo massimo di euro 565,83).

Detrazioni fiscali per altri fabbricati

Per l’acquisto di altri fabbricati a uso abitativo, a partire dal 1° gennaio 1993 non spetta alcuna detrazione fiscale.

Per i mutui anteriori a tale data spetta una detrazione del 19% su un importo massimo di 2.065,83 euro (pari cioè a 392,51 euro per ciascun intestatario).

Detrazioni fiscali per la costruzione della prima casa

Se il contribuente non acquista ma costruisce da sé la prima casa, ha diritto, a partire dal 1° gennaio 1998, a una detrazione fiscale pari al 19% della spesa per un importo massimo di 2.582,28 euro. Pertanto il risparmio fiscale che si può ottenere non supera 490,63 euro nello stesso anno.

Detrazioni fiscali per la costruzione di altri fabbricati

Solo per i mutui concessi fino 31 dicembre 1990 è riconosciuta una detrazione del 19% con un tetto massimo di spesa di 2.065,83. Pertanto il beneficio fiscale non può superare 392,51 euro a intestatario.

note

[1] Si distinguono così dagli «interessi moratori» o «di mora» che sono quelli che, invece, scattano nel momento in cui il mutuatario è in ritardo nel pagamento delle rate.

Mutui: continua la flessione della domanda, -8,2% nei primi nove mesi dell'anno

Crif


Nel mese di settembre continua la flessione delle richieste di mutui, con una variazione del 13,8% rispetto al 2016. Un dato da ricondurre, secondo il nuovo report di Crif, a una progressiva perdita di interesse da parte delle famiglie verso la rottamazione dei vecchi finanziamenti. Continua a crescere, invece, l'importo richiesto.

Il mese di settembre evidenzia una nuova forte contrazione rispetto al corrispondente periodo 2016, con una variazione del -13,8% riconducibile prevalentemente alla progressiva perdita di interesse da parte delle famiglie verso la rottamazione dei vecchi mutui. Se consideriamo i primi 9 mesi dell’anno nel loro complesso, la flessione risulta pari a -8,2%.

Al contempo, però, il III trimestre dell’anno mostra una crescita complessiva dell’importo medio richiesto, che si attesta a 125.449 Euro (+1,6% rispetto al medesimo periodo 2016).
Di seguito sono riportate in tabella e in forma grafica le variazioni percentuali mensili in valori ponderati, cioè al netto dell’effetto prodotto dal differente numero di giorni lavorativi, in base ai dati del SIC Eurisc, che raccoglie le informazioni relative a oltre 85 milioni di posizioni creditizie.

Nei primi nove mesi del 2017 rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti si registra un calo del numero di richieste rispetto ai primi 9 mesi del 2016, che si era dimostrato particolarmente vivace, ma allargando il raggio di analisi agli anni precedenti si osserva il costante recupero dopo il crollo registrato nel biennio 2010/2011.

L'importo dei mutui richiesti

Dopo le crescite registrate nei primi mesi dell’anno, a settembre il valore medio dei mutui richiesti dalle famiglie risulta pari a 123.567 Euro, in leggera crescita (+0,5%) rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Va evidenziato, però, che rispetto agli altri mesi dell’anno in corso, tra agosto e settembre si è assistito a una riduzione del valore medio che ha assorbito parte degli aumenti registrati nei primi 7 mesi.
Complessivamente nel III trimestre dell’anno in corso la performance risulta comunque positiva, con l’importo medio richiesto che si attesta a 125.449 Euro (+1,6% rispetto al dato del corrispondente periodo del 2016).

Relativamente alla distribuzione delle richieste per fasce di importo, nei primi 9 mesi dell’anno in corso la classe compresa tra 100.001 e 150.000 euro si conferma essere la preferita dagli italiani, con una quota pari al 29,4% del totale.
Rispetto ai dati rilevati nello stesso periodo del 2016, in generale, le fasce di importo maggiore continuano a guadagnare peso (+1,1 punti percentuali per le classi di importo superiore ai 150.000 Euro).

La classe di durata dei mutui richiesti

Anche per quanto riguarda la distribuzione delle richieste di nuovi mutui e surroghe per durata, le preferenze delle famiglie italiane sembrano confermate: nella classe compresa tra i 16 e i 20 anni si concentra, infatti, la quota maggiore di richieste, con il 24,4% del totale (+0,2 punti percentuali rispetto all’intervallo gennaio-settembre 2016), seguita dalla fascia tra i 26 e i 30 anni, con il 22,0%.

Rispetto allo scorso anno si osserva una crescita complessiva delle richieste di mutuo con piani di rimborso più lunghi (+3,0 punti percentuali per le classi di durata superiore ai 15 anni). Va considerata in questo senso la maggiore incidenza delle richieste di nuovi mutui rispetto alle surroghe, che per loro natura hanno una durata inferiore.

La distribuzione delle richieste di mutuo per fasce d'età

Per quanto riguarda la distribuzione delle interrogazioni in relazione all’età del richiedente, la fascia compresa tra i 35 e i 44 anni rimane maggioritaria, con una quota pari al 35,2% del totale, seppur in calo di -0,8 punti percentuali rispetto al dato del 2016. La quota degli under 35, invece, assorbe il 26,7% delle richieste.
Le altre classi rimangono pressoché stabili, eccetto quella compresa tra i 45 e i 54 anni che registra l’aumento più rilevante con +0,4 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

”Le rilevazioni relative al III trimestre del 2017 hanno evidenziato un calo delle richieste di mutui, portando in negativo il saldo su base annua. Alla forte diminuzione del fenomeno delle surroghe registrato negli ultimi mesi, cui va ascritta la performance negativa, si sta però contrapponendo il consolidamento della ripresa dei nuovi mutui richiesti a sostegno delle maggiori compravendite che stanno caratterizzando il mercato immobiliare – commenta Simone Capecchi, Executive Director di CRIF.

"Un’offerta a condizioni ancora estremamente appetibile continuerà a sostenere il comparto del credito immobiliare anche se gli operatori di settore si trovano a fare i conti con pressioni normative che, ad esempio, pongono sempre di più l’accento sulle garanzie reali sottostanti il finanziamento, con un focus particolare sull’accuratezza delle valutazioni degli immobili.”


venerdì 13 ottobre 2017

IMMOBILIARE: È IL MOMENTO DI COMPRARE

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Il 2017 conferma un mercato immobiliare in via di rinascita. Lo indicano i dati pubblicati dall’OMI (Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate) che anche nel secondo trimestre del 2017 indicano un rialzo nelle compravendite, con oltre 5.000 abitazioni in più rispetto allo stesso trimestre del 2016. Dinamiche giustificate anche dai prezzi al momento ancora contenuti, tassi ancora bassi e dall’assenza di tasse sulla prima casa.
Mutui mai così vantaggiosi
Il 2017 ha visto anche un aumento considerevole nella richiesta di mutui ipotecari. Questo grazie alla particolare congiuntura che, specie negli ultimi mesi del 2017, ha permesso alle famiglie di ottenere condizioni vantaggiose, con tassi che secondo l'ultimo Outlook di ABI (Associazione Bancaria Italiana), risultano in discesa rispetto ai mesi precedenti.

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sabato 7 ottobre 2017

Istat, prezzi delle case in lieve calo (-0,1%) nel II trim. Dal 2010 discesa del 14,7%


Secondo le prime stime dell'Istat, nel II trimestre dell'anno in corso i prezzi delle abitazioni hanno registrato una lieve discesa dello 0,1% rispetto allo stesso periodo del 2016. Se si considera invece il trimestre precedente, i valori aumentano dello 0,3%. Dal 2010, l'indice dell'istituto nazionale di statistica ha registrato una discesa del 14,7%.

Su base trimestrale, i prezzi registrano un aumento dello 0,3% rispetto al trimestre precedente  il rialzo congiunturale dei prezzi interessa sia le abitazioni nuove (+0,3%) sia le abitazioni esistenti (+0,2%).  Su base annua si registra un lieve calo dei prezzi (-0,1%), in attenuazione dal -0,2% del trimestre precedente. I prezzi delle abitazioni esistenti (-0,3%), riprendono a scendere dopo essere risultati stabili nel trimestre precedente, mentre quelli delle abitazioni nuove registrano un aumento, seppur lieve, dello 0,1% (invertendo la tendenza da -0,6% del trimestre precedente).

Rispetto alla media del 2010, primo anno per il quale è disponibile la serie storica dell’IPAB, nel secondo trimestre 2017 i prezzi delle abitazioni sono diminuiti del 14,7% (-2,5% le abitazioni nuove; -19,7% le esistenti). Sebbene appaia ormai terminata la fase di discesa iniziata nel 2012, i prezzi delle abitazioni continuano a segnare il passo.

Il lieve calo dei prezzi delle abitazioni si manifesta contestualmente alla crescita dei volumi di compravendita per il settore residenziale, la cui ampiezza si riduce però per il quarto trimestre consecutivo; infatti, in base ai dati rilasciati dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate, nel secondo trimestre 2017 il numero di unità immobiliari residenziali scambiate aumenta del 3,8% rispetto allo stesso trimestre del 2016, registrando così il tasso di crescita tendenziale più contenuto dal secondo trimestre 2015 e dopo il picco del secondo trimestre del 2016 quando fu pari a +23,2%

Detrazioni fiscali ristrutturazioni, nel 2018 potrebbe arrivare la proroga pluriennale



Gtres 

Dopo l'annuncio dell'intenzione di prorogare l'ecobonus anche per il 2018 e di legarlo agli obiettivi di efficientamento energetico, è arrivata nei giorni scorsi anche una buona notizia per quanto riguarda le detrazioni per le ristrutturazioni edilizie.

Secondo il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, infatti, nella prossima legge di bilancio troverà spazio la proroga delle detrazion fiscali per gli interventi di ristrutturazione edilizia degli edifici, una proroga che con ogni probabilità sarà "pluriennale".

Il bonus edilizia consente di avere una detrazione Irpef del 50% sugli interventi di ristrutturazione degli edifici, con una massimale di spesa di 96mila euro. Accanto al bonus edilizia, il ministro ha confermato anche la proroga per il bonus mobili per il 2018.(legato anch'esso ai lavori di ristrutturazione). Non si sa ancora se si tratterà di una proroga pluriennale.

domenica 1 ottobre 2017

Come sospendere per dodici mesi le rate di finanziamenti: domande entro il 31 dicembre 2017.

 

La famiglie in difficoltà che non riescono a pagare le rate del finanziamento possono presentare, per una sola volta, domanda di sospensione delle rate per un periodo non superiore a 12 mesi.

Questa possibilità è prevista da un accordo siglato tra Abi e le associazioni di consumatori [1] in data 31 maggio 2015 e avente validità fino al 31 dicembre 2017. Gli interessati alla sospensione delle rate del finanziamento devono dunque presentare la relativa domanda entro e non oltre il 31 dicembre 2017.

Vediamo come funziona la sospensione dei finanziamenti e quali sono i requisiti per accedervi.

Chi può chiedere la sospensione delle rate del finanziamento

Possono accedere a questa agevolazione i consumatori titolari di finanziamenti di medio-lungo termine, con durata superiore a 24 mesi.

Qualora si tratti di mutuo avente ad oggetto immobile, la sospensione è possibile soltanto se si tratta di abitazione principale (non è invece ammessa per la seconda casa).

Requisiti sospensione rate finanziamento

La sospensione può essere richiesta al verificarsi di almeno uno dei seguenti eventi, riferiti all’intestatario (o, in caso di cointestazione, ad uno degli intestatari), successivi alla data di stipula del contratto di finanziamento e verificatisi nei 24 mesi antecedenti alla richiesta di ammissione al beneficio:

  • cessazione del rapporto di lavoro subordinato, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di risoluzione per limiti di età con diritto a pensione di vecchiaia, di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, di dimissioni del lavoratore non per giusta causa;
  • cessazione dei rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretizzino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale,  di licenziamento per giusta causa o dimissioni volontarie del richiedente non per giusta causa;
  • sospensione dal lavoro o riduzione dell’orario di lavoro per un periodo di almeno 30 giorni, anche in attesa dell’emanazione dei provvedimenti di autorizzazione dei trattamenti di sostegno del reddito (CIG; CIGS; c.d. ammortizzatori sociali in deroga, contratti di solidarietà; altre misure di sostegno del reddito);
  • morte o insorgenza di condizioni di non autosufficienza.

Chi non può accedere alla sospensione del finanziamento

Sono esclusi dalla sospensione i finanziamenti:

  • con ritardo nei pagamenti superiore a 90 giorni consecutivi (3 rate mensili, due trimestrali) al momento della presentazione della domanda o per i quali sia intervenuta la decadenza dal beneficio del termine o la risoluzione del contratto, anche tramite notifica dell’atto di precetto, o per i quali sia stata avviata da terzi una procedura esecutiva sull’immobile ipotecato;
  • che fruiscono di agevolazioni pubbliche (contributi in conto interessi/capitale e provvista agevolata);
  • a tasso variabile, rata fissa, durata variabile;
  • per i quali sia stata stipulata un’assicurazione a copertura del rischio che si verifichino gli eventi previsti, purché tale assicurazione copra almeno gli importi delle rate oggetto della sospensione e sia efficace nel periodo di sospensione stesso;
  • il cui intestatario abbia già usufruito – per lo stesso finanziamento – di meccanismi di sospensione per 12 mesi offerti dalla propria Banca o per una delle misure pubbliche esistenti (nazionali/locali);
  • assistiti dalla cessione del quinto dello stipendio o della pensione (in quanto finanziamenti assistiti da copertura assicurativa obbligatoria) e i finanziamenti nella forma di carte di credito revolving o di aperture di credito (in quanto non presentano un piano di ammortamento predefinito).

Domanda sospensione rate finanziamento

La domanda di sospensione delle rate del finanziamento deve essere presentata entro il 31 dicembre 2017 alla propria banca utilizzando il fac simile messo a disposizione da Abi o la diversa/ulteriore modulistica richiesta dalla banca destinataria.

note

[1] Accordo in attuazione della Legge di Stabilità 2015 (art 1 comma 246, L. n. 190/2014).