giovedì 21 febbraio 2019

Il condomino che si distacca legittimamente dall’impianto di riscaldamento centralizzato è tenuto al pagamento dei c.d. consumi involontari.

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Premessa: impianto centralizzato come bene comune.Il locale caldaia e l'impianto di riscaldamento costituiscono beni e servizi comuni. In particolare, sono comuni la caldaia e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini (art. 1117 n. 3 c.c.).

Dal punto di diramazione, invece, la tubatura appartiene in proprietà esclusiva ai titolari delle singole unità abitative (Cass. 9940/1998).



Distacco dall'impianto centralizzato (art. 1118 c. 4 c.c.). Il distacco dall'impianto centralizzato rappresenta, da sempre, un punctumdolens della vita condominiale. Il legislatore, con la riforma, del condominio, ha inteso porvi rimedio con un'esplicita disposizione di legge.

Trattasi dell'art. 1118 c. 4 c.c. con il quale si statuisce il diritto del condomino a rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, purché dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini (Cass. 9526/2014).

Non si considerano "squilibri termici" - impeditivi del distacco - le diminuzioni di temperatura negli appartamenti vicini a quello distaccato, provocate dal non uso del riscaldamento [1] (Cass. 11857/2011).


Nullità della delibera che vieta il distacco in presenza delle condizioni di legge. Il condomino che decida di staccarsi deve munirsi di un'apposita perizia, redatta da un tecnico abilitato, che attesti la fattibilità del distacco, senza comportare un aggravio di costi né di squilibri di funzionamento. Il documento va consegnato all'amministratore.

Infatti, ai sensi dell'art. 1122 c.c., nell'unità immobiliare di sua proprietà o nelle parti comuni, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti condominiali e, in ogni caso, è tenuto a darne preventiva notizia all'amministratore che ne riferisce all'assemblea.La delibera assembleare che respinga la legittima richiesta del proprietario di staccarsi dall'impianto centralizzato è nulla (Cass. 19893/2011).

Il consesso condominiale, infatti, non ha titolo per comprimere ed incidere sui diritti individuali sui beni comuni o sulla proprietà esclusiva di ciascuno dei condomini(Cass. 3586/2013).

In buona sostanza, il condomino «[…] può legittimamente rinunziare all'uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall'impianto termico comune, senza necessità di autorizzazione od approvazione degli altri condomini» (Cass. 5331/2012)


Regolamento condominiale e diritto al distacco. Come ricordato, l'art. 1118 c. 4 c.c. è stato introdotto recentemente, si pone dunque il problema di valutare la portata del divieto di distacco contenuto in un regolamento condominiale di natura contrattuale.

È pur vero che il citato articolo non rientra tra le norme inderogabili menzionate nell'art. 1138 c.c. tuttavia, secondo la Suprema Corte,«[…] il regolamento di condominio, anche se contrattuale, è un contratto atipico meritevole di tutela solo in presenza di un interesse generale dell'ordinamento»(Cass. ord. 11970/2017).

Il regolamento, quindi, non può comprimere né menomare i diritti che spettano per legge ai condomini (Cass. 19893/2011).

Recentemente, una pronuncia di merito ha affermato che il distacco sia sempre ammissibile, purché non si arrechi pregiudizio alla gestione comune e all'erogazione del riscaldamento; pertanto si considerano invalide e inapplicabili le clausole dei regolamenti contrattuali che vietino il distacco (Trib. Torino ord. 20 febbraio 2014).

Per precisione, si segnala una corrente ormai minoritaria secondo la quale un divieto in tal senso, posto dal regolamento, sia più che legittimo (Cass. 6923/2001; Trib.

Napoli 20 gennaio 2010).In virtù di questo orientamento,il regolamento condominiale contrattuale può prevedere il divieto dal distacco «non essendo detto divieto in contrasto con la disciplina dell'uso della cosa comune».


Spese di manutenzione e di gestione dell'impianto: la posizione della Cassazione. La norma dispone che il condomino distaccato debba contribuire unicamente alle spese di manutenzione straordinariadell'impianto, per la sua conservazione e messa a norma. (Cass. 5331/2012).

La ratio è ravvisabile nel fatto che il condomino rinuncia all'uso non già alla comproprietà del bene comune; in futuro, infatti, ben potrebbe decidere di riallacciarsi all'impianto.

Tuttavia l'art. 1118 c. 4 c.c. non impone la corresponsione degli oneri relativi alla fruizione del servizio. Quid iuris nel caso in cui il regolamento contrattuale presenti un obbligo di pagamento delle spese di gestione da parte del condomino distaccato? Recentemente la Cassazione ha affermato che una clausola siffatta sia affetta da nullità poiché la previsione che obblighi il condomino al pagamento delle spese di gestione malgrado il distacco, impedisce«il prodursi di quello che è il principale ed auspicato beneficio che il condomino intende trarre dalla decisione di distaccarsi dall'impianto comune» (Cass. ord. 11970/2017).

In buona sostanza, è nulla la clausola del regolamento contrattuale che imponga al proprietario distaccato dall'impianto di contribuire alle spese di gestione.

Pertanto, egli non può essere tenuto a contribuire al pagamento del combustibile (Cass. 1420/2004).

Parimenti, è nulla la statuizione che imponga oneri eccessivi a chi decida di staccarsi (Cass. 24209/2014).


Spese di gestione: il distacco non sempre le esclude. Il distacco garantisce l'esenzione dal pagamento delle spese di gestione solo allorché siano avverate le condizioni di cui all'art. 1118 c. 4 c.c.

In difetto, legittimamente il condomino - seppur distaccato - sarà chiamato a contribuire insieme agli altri, pur non fruendo del servizio.

Secondo la Cassazione, infatti, egli è tenuto a partecipare ai contributi di gestione, allorché il distacco non si risolva«in una diminuzione degli oneri del servizio di cui continuano a godere gli altri condomini» (Cass. 5331/2012).

L'orientamento della giurisprudenza è nel senso di considerare «obbligati a partecipare alle spese di consumo del carburante o di esercizio se e nella misura in cui il distacco non ha comportato una diminuzione degli oneri del servizio a carico degli altri condomini, perché se il costo di esercizio dell'impianto (rappresentato anche dall'acquisto di carburante necessario per l'esercizio dell'impianto) dopo il distacco non è diminuito e se la quota non fosse posta a carico del condomino distaccante, gli altri condomini sarebbero aggravati nella loro posizione dovendo farsi carico anche della quota spettante al condomino distaccato» (Cass. 9526/2014).

In ogni caso, è fatta salva la possibilità di esonero dal pagamento delle spese di cui sopra, con il consenso unanime di tutti i condomini.

Legislazione regionale e distacco dall'impianto. Il diritto del condomino a staccarsi dall'impianto centralizzato è stato sancito dalla legislazione nazionale (legge 220/2012), pertanto, secondo un orientamento, non sarebbe legittimo imporre divieti o limiti a tale diritto a livello regionale (Trib.

Torino 20 gennaio 2014). [2] Preme ricordare che la Costituzione attribuisce alla competenza regionale concorrente la materia dell'energia (art. 117 c. 3 Cost.), tuttavia nel caso esaminato dal giudice piemontese si è ritenuto che non fosse legittima una deroga all'art. 1118 c. 4 c.c. da parte della legge regionale, giacché si controverte sui diritti del singolo condomino.

Tribunale di Roma nella sentenza nr. 8/2019, pubblicata il 2 gennaio 2019

Conclusioni. In definitiva, secondo l'art. 1118 c. 4 c.c.:

  • è diritto del condomino staccarsi dall'impianto centralizzato, purché non arrechi aggravi di spesa agli altri condomini né provochi gravi squilibri di funzionamento;
  • Se tali condizioni sono presenti, il regolamento condominiale, seppur contrattuale, non può comprimere il diritto soggettivo del singolo;
  • nulla la clausola che imponga il pagamento delle spese di gestione in capo al condomino distaccato.

    Egli è tenuto unicamente a contribuire alle spese di manutenzione straordinaria e di messa a norma dell'impianto.

lunedì 18 febbraio 2019

Regole per mutuo ristrutturazione e detraibilita’ interessi


Mutuo ristrutturazione prima casa 2019

Si possono detrarre sia le spese per l'acquisto sia quelle per la ristrutturazione di un immobile: paletti temporali e documentazione nel chiarimento Agenzia Entrate.

9 Gennaio 2019 La detrazione IRPEF del 19% sugli interessi passivi del mutuo spetta sia per l’acquisto sia per la ristrutturazione dell’immobile, purché siano rispettate una serie di condizioni.

Lo chiarisce l’Agenzia delle Entrate rispondendo a specifico quesito di un contribuente (risposta numero 38 del 12 febbraio 2019). Le regole sono fissate dal decreto ministeriale 311/1999 e il documento di prassi di riferimento è la circolare delle Entrate del 28 aprile 2018.


Ecco quali sono i requisiti per utilizzare la detrazione:

  • l’unità immobiliare che si costruisce o ristruttura deve essere quella nella quale il contribuente o i suoi familiari intendono dimorare abitualmente;
  • il mutuo deve essere stipulato entro sei mesi antecedenti o diciotto mesi successivi alla data di inizio dei lavori di costruzione: vista l’importanza della data di inizio lavori, il Fisco specifica che la detrazione non è consentita se l’abilitazione amministrativa risulta ancora essere intestata all’impresa costruttrice che ha ceduto l’immobile, e il contribuente non ha presentato alcuna richiesta al comune per la voltura dell’abilitazione amministrativa. Quindi, è anche necessario che il contribuente abbia provveduto a volturare la concessione edilizia entro il termine di inizio lavori.
  • l’immobile deve essere adibito ad abitazione principale entro sei mesi dalla fine dei lavori;
  • il contratto di mutuo deve essere stipulato dal soggetto che avrà il possesso dell’unità immobiliare a titolo di proprietà o altro diritto reale.

Il Fisco ricorda che il beneficio in questione deve essere rapportato al costo effettivo sostenuto dal contribuente per la costruzione dell’immobile: la detrazione spetta limitatamente agli interessi relativi all’ammontare del mutuo effettivamente utilizzato, e quindi gli importi devono essere rapportati alle spese documentate e sostenute, mentre non spetta sugli interessi che si riferiscono alla parte di mutuo eccedente l’ammontare delle spese documentate.

Nel caso in cui per questi interessi sia stata utilizzata la detrazione negli anni precedenti, bisogna applicare tassazione separata.

Il contribuente deve conservare le quietanze di pagamento degli interessi passivi relativi al mutuo, la copia del contratto di mutuo dal quale risulti che lo stesso è stato stipulato per realizzare gli interventi di costruzione/ristrutturazione, la copia della documentazione comprovante l’effettivo sostenimento delle spese di realizzazione degli interventi.

Infine, il cumulo fra la detrazione per la ristrutturazione (o la costruzione) di un immobile e quella per l’acquisto è ammesso solo per il periodo di durata dei lavori e per i sei mesi successivi. Inoltre, bisogna considerare il rispetto anche dei termini previsti per il mutuo sull’acquisto. Quindi, nel caso di un mutuo misto (per acquisto e ristrutturazione), l’immobile deve essere adibito ad abitazione principale entro sei mesi dalla conclusione dei lavori, solo se non sono ancora trascorsi due anni dall’acquisto.

Ne conseguono i seguenti paletti:

  • se l’immobile è adibito ad abitazione principale oltre sei mesi dalla conclusione dei lavori ma, comunque, entro due anni dall’acquisto, spetterà solo la detrazione degli interessi relativi al mutuo per l’acquisto;
    se l’immobile è adibito ad abitazione principale oltre due anni dall’acquisto, ma entro sei mesi dalla conclusione dei lavori, spetterà solo la detrazione degli interessi relativi al mutuo per la ristrutturazione;
  • se l’immobile è adibito ad abitazione principale oltre due anni dall’acquisto e oltre sei mesi dalla chiusura dei lavori le detrazioni non
    spettano.

Infine, nel caso in cui alla fine dei lavori di ristrutturazione effettuati vengano create due diverse unità immobiliari, l detrazione spetta solo per la parte di mutuo che si riferisce all’immobile che diventa abitazione principale.


Esempio: acquisto di un immobile di 200 metri quadrati che, a seguito di ristrutturazione, viene diviso in due abitazioni de 150 e 50 metri quadrati. Se il contribuente adibisce a dimora abituale la casa di 150 metri quadrati, potrà detrarre gli interessi passivi relativi al mutuo per un importo proporzionale, ossia, per stare all’esempio, pari a tre quarti del valore del mutuo.

Per i dettagli: risposta n.38/2019 Agenzia Entrate

domenica 17 febbraio 2019

Comunicazione Enea ristrutturazioni, termine prorogato al 21 febbraio 2019


Gtres 

Proroga per il termine di invio della comunicazione all’Enea dei dati sugli interventi di ristrutturazione legati al risparmio energetico conclusi tra il 1° gennaio e il 21 novembre 2018. La scadenza è ora il 21 febbraio 2019.

I numerosi accessi hanno causato un disservizio di 48 ore al sito dell’Enea, che ha quindi comunicato: “Gentili utenti, sul sito Enea ristrutturazioni2018.enea.it per l’invio della documentazione relativa alle detrazioni del 50% (bonus casa) si è verificato un disservizio. Nello scusarci per il disagio, vi assicuriamo che stiamo lavorando per ripristinare la sezione quanto prima possibile. Precisiamo che le scadenze previste saranno prorogate tenendo conto del numero di giorni di interruzione del servizio; confermiamo inoltre che il sito finanziaria2018.enea.it/index.asp per le detrazioni relative all’ecobonus è attivo e funzionante”.

Si ricorda che la comunicazione Enea dei lavori di ristrutturazione è obbligatoria per gli interventi che comportano un risparmio energetico, sia per le ristrutturazioni che per l’acquisto di elettrodomestici. E’ bene dunque sottolineare che l’obbligo non riguarda tutti i lavori effettuati, ma solo le tipologie comprese tra quelle che comportano un risparmio energetico, ma che non fanno parte delle spese ammesse in detrazione con l’ecobonus.

Per quanto riguarda le strutture edilizie, gli interventi riguardano:

  • la riduzione della trasmittanza delle pareti verticali che delimitano gli ambienti riscaldati dall’esterno, dai vani freddi e dal terreno;
  • la riduzione delle trasmittanze delle strutture opache orizzontali e inclinate (coperture) che delimitano gli ambienti riscaldati dall’esterno e dai vani freddi;
  • la riduzione della trasmittanza termica dei Pavimenti che delimitano gli ambienti riscaldati dall’esterno, dai vani freddi e dal terreno.

Per quanto riguarda gli infissi, gli interventi riguardano:

  • la riduzione della trasmittanza dei serramenti comprensivi di infissi che delimitano gli ambienti riscaldati dall’esterno e dai vani freddi.

Per quanto riguarda gli impianti tecnologici, gli interventi riguardano:

  • l’installazione di collettori solari (solare termico) per la produzione di acqua calda sanitaria e/o il riscaldamento degli ambienti;
  • la sostituzione di generatori di calore con caldaie a condensazione per il riscaldamento degli ambienti (con o senza produzione di acqua calda sanitaria) o per la sola produzione di acqua calda per una pluralità di utenze ed eventuale adeguamento dell’impianto;
  • la sostituzione di generatori con generatori di calore ad aria a condensazione ed eventuale adeguamento dell’impianto;
  • le pompe di calore per climatizzazione degli ambienti ed eventuale adeguamento dell’impianto; i sistemi ibridi (caldaia a condensazione e pompa di calore) ed eventuale adeguamento dell’impianto;
  • i microcogeneratori (Pe<50kWe);
  • lo scaldacqua a pompa di calore; i generatori di calore a biomassa;
  • l’installazione di sistemi di contabilizzazione del calore negli impianti centralizzati per una pluralità di utenze;
  • l’installazione di sistemi di termoregolazione e building automation;
  • l’installazione di impianti fotovoltaici.

In merito infine agli elettrodomestici (solo se collegati ad un intervento di recupero del patrimonio edilizio iniziato a decorrere dal 1° gennaio 2017), si parla di:

  • forni;
  • frigoriferi;
  • lavastoviglie;
  • piani cottura elettrici;
  • lavasciuga;
  • lavatrici.

Fonte idelaista

Agenzia delle Entrate, la guida 2019 per il risparmio energetico


GtresFonte idealista

L'Agenzia delle Entrate ha aggiornato la guida 2019 per il risparmio energetico. La legge di Bilancio ha infatti prorogato anche per l'anno in corso l'ecobonus, ovvero le detrazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica degli immobili e delle parti comuni degli edifici condominiali

L’agevolazione fiscale consiste in detrazioni dall’Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche) o dall’Ires (Imposta sul reddito delle società) per interventi che aumentano il livello di efficienza energetica degli edifici esistenti.

In particolare, le detrazioni sono riconosciute se le spese sono state sostenute per:

  • la riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento
  • il miglioramento termico dell’edificio (coibentazioni - pavimenti - finestre, comprensive di infissi)
  • l’installazione di pannelli solari
  • la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale.

Per le spese sostenute dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2019, l’agevolazione è prevista anche per l’acquisto e la posa in opera:

  • delle schermature solari fino a un valore massimo della detrazione di 60.000 euro
  • di impianti di climatizzazione invernale dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili, fino a un valore massimo della detrazione di 30.000 euro.

Inoltre, la detrazione è stata estesa anche alle spese effettuate, tra il 1° gennaio 2016 e il 31 dicembre 2019, per

  • l’acquisto, l’installazione e la messa in opera di dispositivi multimediali per il controllo a distanza degli impianti di riscaldamento, produzione di acqua calda o climatizzazione delle unità abitative, finalizzati ad aumentare la consapevolezza dei consumi energetici da parte degli utenti e a garantire un funzionamento più efficiente degli impianti.

Infine, per gli anni 2018 e 2019 è prevista anche:

  • per l’acquisto e la posa in opera di micro-cogeneratori, in sostituzione di impianti esistenti
  • per la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di apparecchi ibridi
  • per l’acquisto e la posa in opera di generatori d’aria calda a condensazione.
PDF icon guida_agevolazioni_risparmio_energetico2019.pdf

giovedì 7 febbraio 2019

Mutui : fondo garanzia giovani a rischio


Risultati immagini per mutui


Stanno per esaurirsi le risorse del Fondo di Garanzia PMI, poi le garanzie verranno concesse con il contagocce: l'allarme Consap.

Boom di richieste per i mutui prima casa assistiti dal Fondo di garanzia tanto che, secondo l’allarme lanciato dalla Consap,concessionaria del ministero dell’Economia e delle Finanze che gestisce le erogazioni, le risorse finiranno a fine febbraio. Si parla di oltre 5.100 richieste di accesso pervenute nel solo mese di dicembre ma, poiché la Legge di Bilancio 2019 non ha rifinanziato il Fondo rotativo istituito con la legge di Stabilità 2014 (articolo 48, comma 1, legge 147/2013), le risorse finiranno a breve, la concessionaria fa sapere che dovrebbe riuscire ad allungare la vita del fondo per altri 50 giorni, ma non di più.


Fondo garanzia prima casa

Il Fondo, lo ricordiamo, prevede il rilascio di una garanzia a prima richiesta, pari al 50% dell’importo di mutui erogati per un ammontare inferiore a 250.000 euro, ed è controgarantito dallo Stato. L’accesso al Fondo è possibile in relazione ai mutui ipotecari per l’acquisto, o l’acquisto e la ristrutturazione ai fini di migliorare l’efficienza energetica, di un immobile non di lusso da destinare ad abitazione principale del mutuatario.

Il futuro del Fondo

Nella manovra (articolo 1, comma 658-659 della Legge 145/2018) è stata introdotta la possibilità di un intervento della Cassa depositi e prestiti Spa per incrementare la misura massima della garanzia. Un incremento che però non avverrà nell’immediato visto che ancora non è stato neanche definito il suo ammontare, da stabilirsi in base alle politiche di investimento della Cdp. In più la Cdp potrà aggiungere un contributo alla garanzia di base, che però dovrà essere comunque coperta con risorse statali.


A chiedere un rifinanziamento del Fondo sono non solo le famiglie in difficoltà economica, soprattutto under 35, che grazie ad esso hanno potuto acquistare e ristrutturare la prima abitazione accedendo al mutuo ipotecario fino al 100% del valore dell’immobile. , ma anche gli stessi istituti bancari che sempre più numerosi hanno aderito all’iniziativa lanciata nel 2015. Oggi sono più di 180 sull’intero territorio nazionale gli istituti aderenti, che hanno peraltro fornito un importante contributo a promuovere un’informazione capillare presso gli sportelli.

Una volta finite le risorse il Fondo resterà in vita, in quanto rotativo, grazie ai rientri e ai pagamenti dei mutuatari, ma le risorse saranno messe a disposizione con il contagocce, fanno sapere da Consap.