Nel contratto di compravendita di un immobile l'inosservanza del termine essenziale per l'adempimento di un'obbligazione legittima la parte adempiente ad esercitare il diritto di recesso e, se è stata versata una caparra, a trattenere il doppio della stessa.
L'acquirente di un immobile cita in giudizio la parte venditrice, per sentire dichiarare la legittimità del proprio recesso dal contratto preliminare di compravendita a fronte dell'inadempimento della venditrice dell'obbligo di consegnare l'immobile entro la data pattuita poiché risultante privo del certificato di abitabilità. In primo grado il Tribunale accoglie le richieste dell'acquirente con la condanna di parte venditrice alla restituzione del doppio della caparra versata.
La venditrice impugna tale pronuncia dinanzi alla Corte d'appello ribadendo l'illegittimità della sentenza di primo grado poiché: parte attrice dopo aver intimato diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c., non avrebbe potuto richiedere la dichiarazione della legittimità dell'esercizio del recesso, e che la stessa parte non avrebbe potuto esercitare il diritto di recesso per essere ormai intervenuta l'avvenuta risoluzione del contratto per inadempimento.
Per quanto riguarda quest'ultimo motivo di censura, la Corte di appello ha stabilito la sua infondatezza alla luce di quella che è la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui “La risoluzione del contratto di diritto per inosservanza del termine essenziale (art. 1457 cod. civ.) non preclude alla parte adempiente, nel caso in cui sia stata contrattualmente prevista una caparra confirmatoria, l'esercizio della facoltà di recesso ai sensi dell'art. 1385 cod. civ. per ottenere, invece del risarcimento del danno, la ritenzione della caparra o la restituzione del suo doppio, poiché dette domande hanno una minore ampiezza rispetto a quella di risoluzione e possono essere proposte anche nel caso in cui si sia verificata di diritto la risoluzione stessa; in tal caso, però, si può considerare legittimo il recesso solo quando l'inadempimento dell'altra parte non sia di scarsa importanza avuto riguardo all'interesse del recedente” (Cass. n. 21838/2010; Cass. n. 23315/2007)
Per quanto concerne invece la mancanza di prova in merito alla gravità dell'inadempimento di parte venditrice la Corte d'appello, nel respingere anche tale motivo di censura, ha ribadito che non sussistono i presupposti per escludere la gravità dell'inadempimento di parte venditrice, dato che nel primo grado di giudizio l'attore ( acquirente) aveva opportunamente ed ampliamente dimostrato i seguenti fatti:
·la mancata consegna dell'immobile entro la data fissata dal preliminare;
·la mancata stipula del contratto definitivo entro la data fissata sempre dal preliminare;
·la violazione della garanzia della libertà da iscrizioni e prescrizioni pregiudizievoli, dato che risultava trascritta una domanda giudiziale avente ad oggetto alcune parti comuni dell'immobile.
In base a tali motivazioni, quindi, la Corte abruzzese ha confermato la sentenza di primo grado ribadendo adeguatamente motivata tale pronuncia:
a) sia riguardo alla gravità dell'inadempimento di parte venditrice che non aveva consegnato l'immobile alla data pattuita;
b)non si era premurato di ottenere entro tale data il certificato di abitabilità, e di conseguenza non aveva potuto attivarsi per la stipula del contratto definitivo entro la data fissata dal contratto preliminare.
Mentre in merito alla gravità dell'inadempimento di controparte, la stessa sentenza di primo grado aveva correttamente stabilito che l'acquirente aveva legittimamente esercitato il suo diritto di recesso dato che i fatti di causa hanno dimostrato che l'inadempimento della controparte non era di scarsa importanza.
In conclusione, quindi, a fronte del grave inadempimento di parte venditrice, l'acquirente adempiente ha non solo la facoltà di esercitare il diritto di recesso, ma anche il diritto di ottenere dalla controparte la restituzione del doppio della caparra versata.