sabato 31 ottobre 2015

Come si accetta l’eredità

 

Come si accetta eredita

Accettazione tacita ed espressa: effetti, prescrizione.

Non si diventa automaticamente eredi nel momento in cui muore il soggetto alla cui eredità si è chiamati per legge (successione legittima) o per testamento (successione testamentaria), ma è necessario che il chiamato alla successione dichiari di volerla accettare oppure ponga in essere un comportamento che implichi una tacita volontà di accettare l’eredità. Ecco perché si suole dire che l’accettazione dell’eredità può essere espressa oppure tacita.

BENEFICIO DI INVENTARIO

L’accettazione espressa può essere:

– “pura e semplice”,

– oppure con beneficio d’inventario. Con quest’ultima, l’erede risponde dei debiti del defunto nei limiti del valore dell’attivo da lui acquisito con l’eredità. Per esempio, se un soggetto lascia debiti per 100mila euro e beni, all’unico erede, per 20mila, quest’ultimo, attraverso l’accettazione con beneficio di inventario, sarà tenuto a pagare i creditori entro il limite massimo di 20mila euro. In questo modo, chi abbia dubbi in merito alle consistenze degli averi del defunto, può limitare il rischio. Infatti poiché l’accettazione dell’eredità comporta che l’erede risponde dei debiti del soggetto deceduto, può essere che, essendo le passività ereditate superiori all’attivo, egli debba ripianare i debiti del defunto utilizzando il proprio patrimonio. Con il beneficio d’inventario tale pericolo è evitato.

PRESCRIZIONE

Il diritto di accettare l’eredità si prescrive in dieci anni, che decorrono dal giorno dell’apertura della successione (e, in caso d’istituzione condizionale, dal giorno in cui si verifica la condizione). Questo vuol dire che il potenziale erede ha 10 anni per decidere se:

– accettare l’eredità

– accettarla con beneficio d’inventario

– non accettarla.

Se però altri soggetti hanno fretta di definire chi sia erede e chi no, possono presentare un ricorso al giudice del luogo ove si è aperta la successione affinché fissi un termine entro il quale il chiamato dichiari se accetta o rinuncia all’eredità. Trascorso questo termine senza che abbia fatto la dichiarazione, il chiamato decade dal diritto di accettare.

ACCETTAZIONE ESPRESSA

Solo a seguito dell’intervenuta accettazione l’eredità può dirsi effettivamente acquisita dall’erede.

L’accettazione dell’eredità è un atto irrevocabile e non può essere sottoposta ad una condizione o ad un termine. Infine, deve essere totale per l’intera eredità, non essendo ammessa un’accettazione parziale per alcuni beni soltanto.

Come detto, l’accettazione espressa può essere pure e semplice oppure con beneficio d’inventario.

L’accettazione espressa può essere effettuata per atto pubblico o per scrittura privata.

Se l’accettazione di eredità comprende diritti reali immobiliari deve essere trascritta nei registri immobiliari: pertanto è necessario che sia fatta per atto pubblico (ossia davanti al notaio) o scrittura privata autenticata, in modo da essere presentata al conservatore in copia autentica, assieme al certificati di morte, alla copia autentica o estratto autentico del testamento (in caso di successione testamentaria) con la nota di trascrizione in doppio originale.

I minori, gli interdetti, gli inabilitati e gli enti possono accettare solo per mezzo dei loro rappresentanti, i quali accettano obbligatoriamente con beneficio di inventario.

LA DICHIARAZIONE DI SUCCESSIONE

Per legge è obbligatorio presentare una dichiarazione di successione, anche se l’accettazione non è ancora formalmente avvenuta.

La dichiarazione di successione va effettuata entro 12 mesi dalla morte del defunto. Essa va presentata all’Agenzia delle Entrate competente.

Non è necessaria tale dichiarazione quando l’eredità è devoluta al coniuge e ai parenti in linea retta e l’attivo ereditano ha un valore non superiore a 25.823 euro e non comprende beni immobili o diritti reali immobiliari.

ACCETTAZIONE TACITA

L’accettazione tacita si verifica quando il chiamato all’eredità compie un atto (il cosiddetto comportamento concludente) che presuppone la sua volontà di accettare, e che sarebbe altrimenti incompatibile con la volontà di non accettare l’eredità (per esempio, il prelievo dal conto corrente dei soldi del defunto).

La legge ha indicato alcuni atti che comportano l’accettazione tacita. Eccoli:

– l’erede che si trova a qualsiasi titolo nel possesso dei beni ereditari e che non predisponga l’inventario dei beni entro tre mesi dall’apertura della successione: egli viene considerato erede puro e semplice, come se avesse accettato. Si pensi ai figli che continuano a vivere nell’appartamento del padre defunto;

– la donazione, la vendita o la cessione dei beni che il chiamato all’eredità fa in favore di terzi o di altri chiamati all’eredità: anche tale comportamento si considera accettazione dell’eredità. Si pensi al contratto preliminare di vendita di un immobile dell’eredità;

– la rinunzia ai diritti di successione, qualora sia fatta verso corrispettivo o a favore di alcuni soltanto dei chiamati.

Altri esempi di accettazione tacita sono stati individuati dai giudici. Per esempio:

– la riscossione di un assegno rilasciato al defunto;

– la concessione di un’ipoteca sui beni ereditati;

– il pagamento dei creditori del defunto con denaro prelevato dall’eredità;

– la richiesta di voltura catastale o di voltura di una concessione edilizia;

– impugnazione di disposizioni testamentarie;

– riassunzione del processo da parte di soggetto che si qualifichi come erede.

Non è considerata accettazione tacita:

– la presentazione della denuncia di successione e del pagamento della relativa imposta di successione trattandosi di adempimenti diretti ad evitare l’applicazione di sanzioni;

– l’immissione nel possesso di beni ereditari con scopo conservativo;

– il pagamento delle spese funerarie del defunto.

Note

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Bonus mobili 2016, sconto doppio per le coppie giovani

 

divano-Ritorna il bonus mobili agevolazioni fiscali per gli acquisti

Bonus del 50% su acquisto arredi ed elettrodomestici: proroga e raddoppio per le coppie under 35.

Nessun addio o riduzione del bonus ristrutturazioni, arredi ed efficienza energetica, anzi: la Legge di Stabilità 2016, tra gli interventi a favore della casa, prevede un nuovo bonus mobili per le giovani coppie con non più di 35 anni.

Il bonus, per la prima volta, sarà slegato dalla ristrutturazione dell’immobile: difatti, sarà concesso alle coppie under 35 in relazione all’acquisto della prima casa, spostando gli incentivi dal settore edilizio a quello immobiliare.

Gli arredi finanziabili comprendono anche gli elettrodomestici di classe A+, ed i forni di classe A, nonché le apparecchiature elettriche dotate di etichetta indicante l’efficienza energetica, mentre non sono comprese le pavimentazioni (se si tratta di pavimentazioni isolanti o radianti, possono essere però ricomprese negli interventi di efficientamento energetico, negli altri casi possono essere incluse nella categoria delle ristrutturazioni). Sono coperti dall’agevolazione anche i costi di trasporto e montaggio, purchè saldati nella stessa modalità prevista per gli arredi.

Non solo: il tetto massimo di spesa agevolabile, per il bonus mobili giovani coppie, passa da 10.000 a 20.000 Euro, raddoppiano così la detrazione d’imposta da 5.000 a 10.000 Euro (essendo la detrazione stessa pari al 50% dei costi sostenuti); l’incentivo resta, comunque, distribuito in 10 anni.

I pagamenti devono sempre essere effettuati con un bonifico bancario o postale “parlante”, che contenga, cioè, la causale del versamento, il codice fiscale del beneficiario della detrazione e il codice fiscale o la partita Iva dell’impresa: senza questi elementi, non è possibile fruire di alcun bonus, né per gli arredi, né per le ristrutturazioni o gli interventi volti alla riqualificazione energetica.

Proroga bonus mobili, ristrutturazioni ed efficientamento energetico

Tutti i bonus già previsti dalle precedenti normative non sono stati confermati, purtroppo, indefinitamente, ma prorogati di un solo anno, sino al 31 dicembre 2016: potranno essere dunque finanziati gli interventi realizzati entro tale data.

Ricordiamo che la misura dell’incentivo consiste in una detrazione dalle imposte dei costi sostenuti, pari al:

50%, per le ristrutturazioni e gli arredi;

65%, per gli interventi volti a migliorare l’efficienza energetica dell’edificio, ivi comprese le parti condominiali; sono inclusi negli interventi di efficienza energetica infissi, caldaie e schermature solari.

Prorogata di un anno, infine, anche la detrazione per gli interventi antisismici e la messa in sicurezza degli edifici, pari al 65%: tuttavia, perché possa fruirsi dello sgravio, l’edificio deve essere collocato in zona a rischio sismico 1 o 2.

Canoni di locazione non percepiti ai fini IRPEF

 

Affitto accertamento fiscale solo al comproprietario che firma il contratto

Fisco e affitto: il trattamento in dichiarazione dei redditi dei canoni in caso di inquilino-conduttore moroso.

Nel caso in cui, in presenza di contratti di locazione di immobili che non sono giunti alla loro naturale scadenza o non sono stati risolti, il locatore non abbia percepito il quantum contrattualmente stabilito per morosità del conduttore, ai fini dell’eventuale valenza reddituale dei canoni non percepiti, è necessario operare una netta distinzione tra il caso degli immobili ad uso abitativo e quello rappresentato dagli immobili ad uso non abitativo.

Secondo le norme attualmente vigenti [1], i redditi derivanti dalla locazione di immobili ad uso abitativo, nel caso in cui non siano stati percepiti dal locatore, non vengono sottoposti a tassazione a partire dal momento in cui giunge a conclusione il procedimento giurisdizionale di convalida dello sfratto per morosità del conduttore. La disposizione si riferisce al procedimento previsto dal Codice di procedura civile per la convalida dello sfratto [2] procedimento che consente di ottenere che vengano presi provvedimenti atti a realizzare in via anticipata effetti esecutivi analoghi a quelli che sarebbero presi al termine di un ordinario giudizio di cognizione. In altre parole il procedimento citato, che è meramente facoltativo ed alternativo rispetto a quello ordinario, consente di conseguire rapidamente un titolo esecutivo, ovvero l’ordinanza di convalida dello sfratto, di efficacia pari a quella di una sentenza di condanna al rilascio dell’immobile locato [3] e, in caso di opposizione, un provvedimento provvisorio, che comunque è sufficiente ad ottenere il rilascio dell’immobile stesso, qual è l’ordinanza provvisoria di rilascio. La non imponibilità dei canoni di locazione, sino alla concorrenza dell’ammontare di essi accertato dal giudice come non riscosso, decorre dal momento della conclusione del procedimento anzi detto che si realizza [4], se l’intimato (ovvero il conduttore moroso):

– non compare;

– pur comparendo non si oppone;

– ovvero presenta opposizione [5]. In quest’ultima ipotesi, ancorché si avvii il procedimento ordinario, quello a carattere sommario – cui la norma fa riferimento – può ritenersi concluso.

Al verificarsi di queste condizioni, il giudice può procedere alla convalida dello sfratto e disporre con ordinanza, in calce alla citazione, l’apposizione su di essa della formula esecutiva [6].

In proposito alla quantificazione dei canoni non riscossi per i quali non opera l’imponibilità ai fini delle imposte sui redditi è da ricordare che la Cassazione [7] ha poi affermato che, in caso di morosità del conduttore, i dati desumibili dal contratto di locazione fornirebbero solo un’indicazione di carattere presuntivo, che ammette prova contraria. Nel caso in cui il giudice confermi la morosità dell’affittuario anche per periodi precedenti, per i quali sono già state versate le relative imposte, a fronte delle stesse è riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare che può essere utilizzato nella prima dichiarazione dei redditi successiva alla conclusione del procedimento giurisdizionale e comunque non oltre il termine ordinario di prescrizione decennale [8].

Resta fermo in ogni caso l’obbligo di assoggettare a tassazione le suddette unità immobiliari sulla base della rendita catastale. Tale obbligo discende anche dalla circostanza che il legislatore ha ritenuto definire non imponibili esclusivamente i canoni di locazione non percepiti e non il reddito dei fabbricati, intendendo assoggettare a tassazione in ogni caso la rendita catastale quale reddito figurativo dell’immobile. Infatti, per i redditi domenicali dei terreni e per quelli dei fabbricati il presupposto dell’imposta è costituito dal possesso a titolo di proprietà, e altro diritto reale, e non dalla detenzione dell’immobile. Per determinare il credito d’imposta spettante, è necessario riliquidare la dichiarazione dei redditi di ciascuno degli anni per i quali sono state pagate maggiori imposte per effetto dei canoni non riscossi. Ciò avviene sostituendo all’importo dei canoni non riscossi la rendita catastale, nonché tenendo conto di eventuali rettifiche ed accertamenti operati dagli uffici. Il credito può essere utilizzato senza limiti in uno dei seguenti modi:

– scomputandolo dall’lRPEF (o dall’lRES) dovuta in base alla medesima dichiarazione, compresi gli acconti. L’eventuale eccedenza può, inoltre, essere utilizzata in compensazione con il Mod. F24 ovvero può essere chiesta a rimborso;

– presentando agli uffici finanziari competenti, entro i termini di prescrizione sopra indicati, apposita istanza di rimborso per l’intero ammontare.

L’eventuale successiva riscossione totale o parziale dei canoni per i quali si è usufruito del credito d’imposta comporta l’obbligo di dichiarare tra i redditi soggetti a tassazione separata (salvo opzione per l’ordinaria) il maggior reddito imponibile rideterminato.

Infine, per gli immobili locati non abitativi, nonché in assenza di un procedimento giurisdizionale concluso, il canone di locazione va comunque sempre dichiarato così come risultante dal contratto di locazione, ancorché non percepito, rilevando in tal caso il momento formativo del reddito e non quello percettivo [9].

Note

[1] Ai sensi dell’articolo 26, comma l, secondo e terzo periodo del TUIR: “I redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore. Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell’ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità è riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare”.

[2] Si vedano gli articoli da 657 a 669 del Codice di procedura civile

[3] Si veda in proposito la sentenza n. 2280/05 della Suprema Corte di Cassazione

[4] Si veda in proposito l’articolo 663 del Codice di procedura civile, secondo cui: “Se l’intimato non comparisce o comparendo non si oppone, il giudice convalida la licenza o lo sfratto e dispone con ordinanza in calce alla citazione l’apposizione su di essa della formula esecutiva; ma il giudice deve ordinare che sia rinnovata la citazione, se risulta o appare probabile che l’intimato non abbia avuto conoscenza della citazione stessa o non sia potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore. Nel caso che l’intimato non sia comparso, la formula esecutiva ha effetto dopo trenta giorni dalla data dell’apposizione. Se lo sfratto è stato intimato per mancato pagamento del canone, la convalida è subordinata all’attestazione in giudizio del locatore o del suo procuratore che la morosità persiste. In tale caso il giudice può ordinare al locatore di prestare una cauzione”.

[5] Si veda l’art. 665 cod. proc. civ. secondo cui: “Se l’intimato comparisce e oppone eccezioni non fondate su prova scritta, il giudice, su istanza del locatore, se non sussistano gravi motivi in contrario, pronuncia ordinanza non impugnabile di rilascio, con riserva delle eccezioni del convenuto. L’ordinanza è immediatamente esecutiva, ma può essere subordinata alla prestazione di una cauzione per i danni e le spese”.

[6] Circolare del 7 luglio 1999 n. 150 – Ministero delle Finanze – Dipartimento Entrate – Affari Giuridici – Servizio III “Redditi dei fabbricati. Agevolazioni fiscali stabilite dalla nuova disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo. Articolo 8 della legge 9 dicembre 1998, n. 431 – Deduzione per l’abitazione principale per il periodo d’imposta 1999. Articolo 18 della legge 13 maggio 1999, n. 133”.

[7] Si veda la sentenza 7 maggio 2003, n. 6911

[8] Si veda in proposito la Circolare del 7 luglio 1999 n. 150 – Ministero delle Finanze – Dipartimento Entrate – Affari Giuridici – Servizio III “Redditi dei fabbricati. Agevolazioni fiscali stabilite dalla nuova disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo. Articolo 8 della legge 9 dicembre 1998, n. 431 – Deduzione per l’abitazione principale per il periodo d’imposta 1999. Articolo 18 della legge 13 maggio 1999, n. 133”, secondo cui “sulla   base di quanto disposto dal secondo periodo aggiunto al comma 1 del medesimo articolo 23 del Tuir, nel caso in cui il giudice confermi la morosità dell’affittuario anche per periodi precedenti l’atto giurisdizionale, viene riconosciuto un credito d’imposta di ammontare pari alle imposte   pagate per effetto della concorrenza alla formazione del reddito complessivo dei canoni non riscossi”.

Detrazioni fiscali per acquisto di gradi elettrodomestici

 

Detrazioni fiscali per acquisto di gradi elettrodomestici

Bonus fiscale per acquisto mobili ed elettrodomestici: tetto di spesa, soggetti, presupposti per la detrazione, manutenzione.

Il meccanismo che prevede la possibilità di detrarre, in 10 rate di pari importo, il 50% della spesa effettuata per interventi di manutenzione ordinaria (solo per gli edifici a prevalente destinazione residenziale costituiti in condominio), manutenzione straordinaria, ristrutturazione edilizia, recupero e restauro conservativo [1], è stato esteso dal Legislatore [2], anche all’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici destinati all’arredo di appartamenti sui quali è in corso una detrazione per ristrutturazione per lavori avviati tra il 26 giugno 2012 e (in un primo tempo) il 31 dicembre 2013, ossia per i lavori per i quali il legislatore aveva innalzato l’aliquota della detrazione fiscale dal 36% al 50% (“Per quanto concerne la data entro la quale devono essere sostenute le spese per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici, rileva la circostanza, in precedenza evidenziata, della stretta connessione tra la fruizione della detrazione per gli interventi di ristrutturazione e la fruizione della detrazione in esame, da cui consegue che il 31 dicembre 2013 è la data ultima entro cui devono essere sostenute le spese per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici per poter fruire della detrazione”).

Articolo 16 comma 2 Decreto Legge 4 giugno 2013 n. 63
“Ai contribuenti che fruiscono della detrazione di cui al comma 1 è altresì riconosciuta una detrazione dall’imposta lorda, fino a concorrenza del suo ammontare, nella misura del 50% delle ulteriori spese documentate e sostenute dalla data di entrata in vigore del presente decreto per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+, nonché A per i forni, finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione”

Tetto di spesa massima

Per quanto riguarda la spesa veniva previsto un tetto massimo di 10.000 euro, in aggiunta ai 96.000 euro stabiliti come tetto massimo per la detrazione per gli interventi di ristrutturazione. Con la Legge di Stabilità 2014, approvata il 23 dicembre 2013, l’agevolazione è stata confermata per “le spese sostenute dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2014 ed è calcolata su un ammontare complessivo non superiore a 10.000 euro”. Tuttavia veniva anche chiarito che “Le spese di cui al presente comma non possono essere superiori a quelle sostenute per i lavori di ristrutturazione di cui al comma 1”. Tale disposizione ha avuto un iter alquanto travagliato, essendo stata prima rettificata [3] sopprimendo la limitazione relativa alle spese per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici che non avrebbero potuto essere superiori a quella relativa alle spese propriamente “edili”, e poi confermata dalla mancata conversione in legge del Decreto che dava queste indicazioni.

Il limite di spesa

Dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2015 alla luce della Legge di Stabilità 2015: Euro 10.000 qualsiasi sia la spesa sostenuta per la ristrutturazione

La norma limitativa pareva poi essere stata eliminata definitivamente con il cosiddetto “DL Casa”, nella cui bozza era stata inserita una disposizione di principio in base alla quale le detrazioni per i mobili e i grandi elettrodomestici sarebbero spettate sulla base di una spesa massima complessiva di 10.000 euro, anche se superiore a quelle sostenute per i lavori di recupero edilizio. Tale disposizione però non era presente nella versione definitiva del Decreto Legge “Casa” pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 28 marzo 2014. A questa tormentata vicenda ha posto fine la conversione in legge del citato decreto operata dalla Legge 23 maggio 2014 n. 80 [4]. Analogamente la Legge di Stabilità 2015 ha prorogato l’agevolazione in parola senza apportare nessuna modifica all’impianto normativo preesistente e confermando che la detrazione di imposta relativa agli acquisti di elettrodomestici e mobilia è slegata dall’ammontare economico dei lavori edili relativi all’intervento di recupero edilizio presupposto della possibilità di adire al provvedimento agevolativo. In sostanza, la disposizione attualmente in vigore prevede che la possibilità di operare la detrazione IRPEF in riferimento alle spese finalizzate all’acquisto dei mobili sia prorogata di un anno, sino al 31 dicembre 2015, e che l’importo pagato per tali acquisti è indipendente da quello delle spese relative ai lavori edili. Ad esempio in caso di spese di recupero pari a 4.000 euro, il limite massimo delle spese per i mobili può anche essere di 5.000 euro (somma che rappresenta il massimo detraibile: 50% di 10.000 euro).

Quali mobili possono essere acquistati con l’agevolazione

Il bonus mobili può essere richiesto da qualunque contribuente stia eseguendo dei lavori di ristrutturazione rientranti tra quelli che sono ammessi a godere della detrazione del 50%, ma non è necessario che sussista una correlazione tra gli interventi di recupero effettuati ed i mobili acquistati. È sufficiente che sia in corso l’agevolazione. In sostanza, ha precisato l’Agenzia delle Entrate con la Circolare 18 settembre 2013 n. 29, il collegamento richiesto dalla norma tra acquisto di mobili o di grandi elettrodomestici e arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione deve sussistere tenendo conto dell’immobile nel suo complesso e non del singolo ambiente dell’immobile stesso.

I soggetti interessati

La Legge di Stabilità 2014 ha stabilito che la detrazione IRPEF al 50% per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici è fruibile solo dai proprietari o titolari di un diritto reale sull’abitazione, ovvero chi gode del diritto di usufrutto, uso, abitazione e superficie sull’unità immobiliare su cui si applicano gli interventi di restauro, risanamento e ristrutturazione.

Quindi l’acquisto è agevolabile anche se i beni sono destinati all’arredo di un ambiente diverso da quelli oggetto di interventi edilizi, purché l’immobile sia comunque oggetto degli interventi che danno diritto all’agevolazione (“Il collegamento richiesto dalla norma tra acquisto di mobili o di grandi elettrodomestici e arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione deve sussistere tenendo conto dell’immobile nel suo complesso e non del singolo ambiente dell’immobile stesso. In altri termini, l’acquisto di mobili o di grandi elettrodomestici è agevolabile anche se detti beni siano destinati all’arredo di un ambiente diverso da quelli oggetto di interventi edilizi, purché l’immobile sia comunque oggetto degli interventi edilizi”).

I presupposti per la detrazione

Per avere la detrazione è indispensabile realizzare un intervento di manutenzione ordinaria (solo sulle parti comuni di condomini), manutenzione straordinaria, ristrutturazione edilizia, recupero o restauro conservativo sia su singole unità immobiliari residenziali sia su parti comuni di edifici residenziali. Occorre, inoltre, che le spese per questi interventi di recupero edilizio siano sostenute a partire dal 26 giugno 2012

In questo ambito [5] possono essere agevolabili gli acquisti di letti, armadi, cassettiere, librerie, scrivanie, tavoli, sedie, comodini, divani, poltrone, credenze, nonché i materassi e gli apparecchi di illuminazione che costituiscono un necessario completamento dell’arredo dell’immobile oggetto dell’intervento di ristrutturazione. Non sono agevolabili, invece, gli acquisti di porte, di pavimentazioni (ad esempio, il parquet), di tende e tendaggi, nonché degli altri complementi di arredo (“Rientrano tra i “mobili” agevolabili, a titolo esemplificativo, letti, armadi, cassettiere, librerie, scrivanie, tavoli, sedie, comodini, divani, poltrone, credenze, nonché i materassi e gli apparecchi di illuminazione che costituiscono un necessario completamento dell’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione. Non sono agevolabili, invece, gli acquisti di porte, di pavimentazioni (ad esempio, il parquet), di tende e tendaggi, nonché di altri complementi di arredo”).

Quali sono gli elettrodomestici agevolabili

Così come precisato dall’Agenzia delle Entrate, per quanto riguarda l’individuazione dei grandi elettrodomestici [6] rientrano nei grandi elettrodomestici, a titolo esemplificativo: frigoriferi, congelatori, lavatrici, asciugatrici, lavastoviglie, apparecchi di cottura, stufe elettriche, piastre riscaldanti elettriche, forni a microonde, apparecchi elettrici di riscaldamento, radiatori elettrici, ventilatori elettrici, apparecchi per il condizionamento. Inoltre, la disposizione limita il beneficio all’acquisto delle tipologie dotate di etichetta energetica di classe A+ o superiore, A o superiore per i forni, se per quelle tipologie è obbligatoria l’etichetta energetica. L’acquisto di grandi elettrodomestici sprovvisti di etichetta energetica è agevolabile solo se per quella tipologia non sia ancora previsto l’obbligo di etichetta energetica. In tutti i casi l’acquisto deve essere preceduto dall’avvio dei lavori di ristrutturazioni ma, come chiarito dalla circolare, le spese per i mobili possono essere sostenute anche prima di quelle per la ristrutturazione. In altri termini fa testo solo la data di inizio dei lavori che deve essere anteriore a quella di pagamento degli arredi e che va attestata con le abilitazioni amministrative o comunicazioni necessarie per la tipologia di interventi da effettuare, oppure, in caso di lavori per i quali non siano necessarie, con un’autocertificazione.

Quali sono i beni agevolabili

La detrazione compete per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2015 per l’acquisto di mobili quali letti, armadi, cassettiere, librerie, scrivanie, tavoli, sedie, comodini, divani, poltrone e credenze, materassi, apparecchi di illuminazione che costituiscono un necessario completamento dell’arredo dell’immobile oggetto dei lavori di recupero.

Va poi precisato che, sebbene la disposizione in esame non lo preveda espressamente, possono essere agevolate solo le spese sostenute per gli acquisti di mobili o grandi elettrodomestici nuovi. Tale requisito deve ritenersi come implicito nella ratio della disposizione, diretta a stimolare il settore produttivo di riferimento, effetto non ottenibile se fossero agevolate le spese sostenute per gli acquisti di mobili o grandi elettrodomestici usati. Lo stesso, peraltro, per i mobili. Sono ammesse all’agevolazione anche le spese di trasporto e montaggio, anche se pagate a parte, purché il pagamento sia effettuato con le modalità previste che, data la natura dei beni agevolati ed il frequente utilizzo di metodi di pagamenti alternativi al contante ma non bancari, non comprendono più solo il bonifico. Per usufruire del bonus in parola, infatti, l’Agenzia riconosce la possibilità di ottenere l’agevolazione non solo per i pagamenti effettuati con bonifico ma anche in caso di pagamenti effettuati con carte di credito o bancomat, a fronte, ovviamente, di regolare fattura. Nel caso il contribuente decida di servirsi comunque del bonifico bancario è possibile utilizzare il modello standard previsto per le ristrutturazioni, anche per quel che riguarda l’indicazione dei riferimenti di legge.

I beni agevolabili

Grandi elettrodomestici di classe A+ o superiore, A o superiore per i forni ossia:

– frigoriferi, congelatori, lavatrici, asciugatrici, lavastoviglie, apparecchi di cottura

– stufe elettriche, piastre riscaldanti elettriche

– forni a microonde

– apparecchi elettrici di riscaldamento, radiatori elettrici,ventilatori elettrici e apparecchi per il condizionamento

Quali sono i lavori di ristrutturazione che danno diritto allo sconto d’imposta

I lavori di recupero edilizio (manutenzione ordinaria – solo sulle parti comuni degli immobili residenziali costituiti in condominio – manutenzione straordinaria, ristrutturazione edilizia, recupero e restauro conservativo) che danno diritto alle agevolazioni fiscali [7] sono i seguenti:

In estrema sintesi sono interventi agevolabili quelli che rientrano nelle seguenti categorie:

manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia sulle singole unità immobiliari.

manutenzione straordinaria (ad esempio ristrutturazione del bagno, sostituzione di infissi esterni e serramenti o persiane con serrande e con modifica di materiale o tipologia di infisso, realizzazione di recinzioni esterne);

restauro e risanamento conservativo effettuati sulle singole unità immobiliari residenziali (ad esempio l’adeguamento delle altezze del solaio);

ristrutturazione edilizia sulle singole unità immobiliari (ad esempio apertura di nuove porte o finestre oppure la realizzazione di una mansarda o di un balcone oppure la trasformazione della soffitta in mansarda o del balcone in veranda);

– interventi necessari alla ricostruzione o al ripristino dell’immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi, sempre che sia stato dichiarato lo stato d’emergenza;

– interventi di restauro e di risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie, che provvedano entro sei mesi dal termine dei lavori alla successiva alienazione o assegnazione dell’immobile. Ne consegue che, ad esempio, una giovane coppia che compra un appartamento ristrutturato da una cooperativa può usufruire del bonus mobili per l’arredamento del medesimo.

Gli adempimenti a carico del beneficiario

Il bonus mobili è ancorato agli interventi per il recupero del patrimonio edilizio e pertanto valgono le stesse regole ossia è necessario eseguire i pagamenti con bonifico bancario o postale che deve contenere:

– la causale

– il Codice Fiscale del beneficiario

– il codice fiscale del soggetto a cui è indirizzato il bonifico

È consentito effettuare il pagamento degli acquisti di mobili o di grandi elettrodomestici anche mediante carte di credito o carte di debito

CASI PRATICI

Su quale arco temporale è valida l’agevolazione fiscale del “Bonus Mobili”?

Le spese per grandi elettrodomestici (attenzione che nel caso dei frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie affinché l’acquisto sia agevolabile devono collocarsi in categoria energetica A+ mentre per i forni è sufficiente la categoria energetica A) arredi, apparecchi di illuminazione, materassi, armadi, cassettiere, librerie, scrivanie, tavoli, sedie, comodini, eccetera devono essere sostenute nel periodo compreso tra il 6 giugno 2013 ed il 31 dicembre 2015. Non sono agevolabili, invece, gli acquisti di porte, di pavimentazioni, di tende e tendaggi, nonché di altri complementi di arredo

In quale periodo devono essere stati effettuati i lavori di recupero del patrimonio edilizio necessari per poter fruire dell’agevolazione del “Bonus Mobili”?

L’agevolazione è entrata in vigore a partire dal 6 giugno 2013 ed ha validità sino al 31 dicembre 2015. Va tenuto conto che il provvedimento agevolativo in materia di grandi elettrodomestici e mobili è collegato a quello relativo alle agevolazioni per gli interventi di recupero del patrimonio immobiliare residenziale esistente (nel senso che è necessario avere effettuato interventi di recupero agevolati per poter usufruire della detrazione per l’acquisto di elettrodomestici e mobili). La data a partire dalla quale devono essere stata posti in essere i lavori di recupero che autorizzano la detrazione per l’acquisto di mobili è il 26 giugno 2012. Per ottenere il bonus è tuttavia necessario che la data dell’inizio dei lavori di ristrutturazione preceda quella in cui si acquistano i beni. Non è fondamentale, invece, che le spese di ristrutturazione siano sostenute prima di quelle per l’arredo dell’immobile. Per quanto riguarda l’individuazione del momento di effettuazione dei pagamenti relativi all’acquisto dei mobili è importante tenere presente che per il provvedimento in parola vige il principio di cassa ovvero quello in cui viene effettivamente effettuato il pagamento che deve ricadere all’interno della data del 31 dicembre 2015 a prescindere dal momento della consegna dei beni acquistati.

La data di inizio dei lavori di recupero del patrimonio edilizio deve essere antecedente quella di acquisto degli arredi?

Sì. La stessa Agenzia delle Entrate è intervenuta in materia sottolineando che per ottenere il bonus è necessario che la data dell’inizio dei lavori di ristrutturazione preceda quella in cui si acquistano i beni. Non è fondamentale, invece, che le spese di ristrutturazione siano sostenute prima di quelle per l’arredo dell’immobile. La data di avvio dei lavori può essere dimostrata da eventuali abilitazioni amministrative, dalla comunicazione preventiva all’Asl, se è obbligatoria. Per gli interventi che non necessitano di comunicazioni o titoli abilitativi, è sufficiente una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.

Quali sono i beni che possono godere dell’agevolazione “Bonus Mobili”?

Può godere dell’agevolazione in parola (consistente nella detraibilità dall’IRPEF dovuta dal contribuente del 50% di quanto speso calcolato su di un monte massimo di 10.000 euro e spalmata in dieci rate annue di pari importo) l’acquisto di mobili nuovi di tutte le tipologie, quali a titolo esemplificativo letti, armadi, cassettiere, librerie, scrivanie, tavoli, sedie, comodini, divani, poltrone, credenze, cucine, mobili per bagno, arredi per esterno etc…sono inoltre agevolabili gli acquisti di apparecchi per illuminazione (a titolo di esempio, lampade, lampadari, appliques…) e di materassi. Rientrano nelle possibilità di agevolazione anche gli acquisti di grandi elettrodomestici nuovi di classe non inferiore alla A+, nonché A per i forni.

I mobili su misura godono dell’agevolazione “Bonus Mobili”?

Sì. rientrano nelle possibilità di agevolazione anche i mobili realizzati su misura nonché quelli acquistati all’estero ed attraverso vendite a distanza (ad esempio se acquistati su Internet) è sufficiente che il pagamento avvenga mediante una delle metodologie accetta dall’Agenzia delle Entrate ovvero assegno bancario o postale “parlante” (deve riportare l’indicazione della norma di legge di riferimento che istituisce l’agevolazione, il codice fiscale di chi lo emette e del beneficiario – normalmente le banche si sono dotate di moduli appositi) oppure con carta di credito o di debito (bancomat o carte prepagate).

I mobili usati o di antiquariato godono dell’agevolazione “Bonus Mobili”?

No, i mobili usati o di antiquariato non sono agevolabili. L’agevolazione cita chiaramente la necessità di acquistare mobili nuovi.

La sostituzione di una parte usurata di un mobile autorizza ad usufruire del “Bonus Mobili”?

No, l’intervento non è agevolabile. L’agevolazione spetta solo nel caso di acquisto di mobili o elettrodomestici nuovi. Non viene agevolato nemmeno l’acquisto di mobili, ancorché nuovi, da soggetti privati essendo richieste, tra la documentazione da conservare ed esibire a fronte di eventuale attività di verifica e controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate, le fatture di acquisto.

Quali beni sono esclusi dal Bonus Mobili?

Non consentono di usufruire dell’agevolazione per l’acquisto di elettrodomestici e mobilia gli acquisti di porte, di pavimentazioni, di tende e tendaggi, nonché di altri complementi di arredo (tappeti, tessili per la casa, cornici, oggettistica etc…). Sono esclusi dall’agevolabilità anche gli acquisti di televisori, stereo ed accessori nonché di computer. Ovviamente sono esclusi anche i grandi elettrodomestici, di classe energetica inferiore alla A+ nonché A per i forni.

Il trasporto ed il montaggio di arredi ed elettrodomestici è agevolabile dal Bonus Mobili?

Sì, nell’importo delle spese sostenute per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici possono essere considerate anche le spese di trasporto e di montaggio dei beni acquistati. Ciò che conta è che anche tali spese siano sostenute con le stesse modalità di pagamento previste per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici.

L’acquisto di arredi o elettrodomestici all’estero è agevolabile?

Le spese sostenute per l’acquisto di elettrodomestici e mobilia all’estero è certamente agevolabile. Le spese dovranno essere comunque certificate attraverso opportuna documentazione attestante l’effettivo pagamento (ricevute dei bonifici, ricevute di avvenuta transazione, di pagamento tramite carta di credito o bancomat, documentazione di addebito su conto corrente), così come le fatture di acquisto dei beni con la usuale specificazione della natura, qualità e quantità dei beni e servizi acquisiti. Se il destinatario del bonifico è un soggetto non residente e non dispone di un conto corrente italiano, il pagamento dovrà essere eseguito attraverso un ordinario bonifico internazionale (bancario o postale) e dovrà riportare il codice fiscale del beneficiario del Bonus Mobili, la causale del versamento e il codice identificativo del fornitore, eventualmente attribuito dal paese estero. La ricevuta del bonifico dovrà essere conservata unitamente agli altri documenti richiesti, per essere esibita in sede di controllo.

Come devo essere pagati gli arredi affinché sia possibile riconoscere il “Bonus Mobili”?

Con il bonifico “parlante” oppure, come da recente chiarimento dell’Agenzia delle Entrate, saranno accettati anche pagamenti effettuati con Carta di Credito o Bancomat. Il bonifico è detto “parlante” quando evidenzia la normativa di riferimento quale causale del versamento, il codice fiscale del beneficiario della detrazione, il codice fiscale o il numero di partita iva del fornitore.

È possibile pagare almeno in parte con assegni oppure in contanti?

No, gli acquisti pagati in questo modo non potranno godere dell’agevolazione “Bonus Mobili”.

Sono stati acquistati arredi il cui pagamento sta avvenendo a rate. Sussiste il diritto al “Bonus Mobili”?

Se la finanziaria paga interamente con bonifico il venditore, riportando gli elementi obbligatori del bonifico parlante, è possibile godere dell’agevolazione anche del “Bonus Mobili” così come delle agevolazioni per le ristrutturazioni nel caso in cui il contribuente si sia finanziato attraverso un mutuo. L’Agenzia delle Entrate conferma tale possibilità, specificando che il contribuente potrà godere dell’incentivo “Bonus Mobili” nel momento in cui la finanziaria che ha concesso il finanziamento, paghi il corrispettivo al fornitore degli arredi con un bonifico bancario o postale recante tutti i dati previsti dalle disposizioni di riferimento (bonifico cosiddetto “parlante”) in modo da consentire alle banche o a Poste Italiane di operare la ritenuta dell’8% prevista dalla legge.
Il contribuente dovrà avere copia di tale bonifico, a riprova dell’avvenuto pagamento.

Nel caso di pagamento con carta di credito o bancomat, quali documenti sono necessari per ottenere il “Bonus Mobili”?

In caso di pagamento con carta di credito o bancomat, occorre farsi rilasciare scontrino fiscale riportante l’indicazione della natura, qualità e quantità del bene acquistato e, preferibilmente, il codice fiscale dell’acquirente. Saranno comunque considerati validi ai fini dell’ottenimento del “Bonus Mobili” anche gli scontrini fiscali senza il codice fiscale dell’acquirente, purché riportanti i dati dell’esercente e natura qualità e quantità dei beni acquistati.

Acquistando arredi per una casa di nuova costruzione, si matura il diritto ad usufruire del “Bonus Mobili”?

No, in quanto non viene rispettata la condizione fondamentale manca il rispetto del vincolo fonda mentale costituito dalla ristrutturazione edilizia.

Facendo eseguire lavori in casa per il miglioramento delle prestazione energetiche (detrazione fiscale del 65%) si ha diritto ad usufruire del Bonus Mobili?

No, con questo tipo di agevolazione non è consentito accedere al “Bonus Mobili”. Anche se l’Agenzia delle Entrate considera assimilabili ad interventi di manutenzione straordinaria anche gli interventi di carattere innovativo “di natura edilizia od impiantistica finalizzati a mantenere in efficienza ed adeguare all’uso corrente l’edificio e le singole unità immobiliari resta in ogni caso inteso che gli interventi finalizzati al risparmio energetico, che beneficiano della maggiore detrazione del 65%, non possono costituire presupposto per fruire della detrazione per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici”

Se si installano sistemi finalizzati all’incremento della sicurezza domestica, come allarmi, porte blindate, grate alle finestre, spioncini alla porta di ingresso, sensori di movimento, di vetri anti-infortunio, corrimani etc…): si ha diritto a godere del “Bonus Mobili”?

No. Alla luce delle restrittive indicazioni emanate dall’Agenzia delle Entrate tali interventi non rientrano in quelli agevolabili.

Ritinteggiato le pareti di casa si ha diritto al “Bonus Mobili”?

No, gli interventi di ritinteggiatura delle pareti interne dell’alloggio costituiscono lavori di ordinaria manutenzione e quindi non rientrano tra quelli che danno diritto al Bonus Mobili per godere del quale devono essere effettuati almeno interventi di manutenzione straordinaria (peraltro i lavori di ritinteggiatura delle pareti interne dell’immobile di proprietà non danno nemmeno diritto ad usufruire del bonus IRPEF per i lavori di recupero edilizio)

19) Se si provvede alla sostituzione dei sanitari si ha diritto ad usufruire del “Bonus Mobili”?

No, se l’intervento è consistito nella mera sostituzione di sanitari usati con sanitari nuovi in quanto l’intervento concretizza il caso di manutenzione straordinaria. Sì, se la sostituzione è stata effettuata nell’ambito di interventi consistenti anche nel rifacimento degli impianti.

Sono stati rifatto i pavimenti dell’alloggio. Si ha diritto al “Bonus Mobili”?

No, se è trattato di una mera sostituzione di pavimenti usati con pavimenti nuovi in quanto tali lavori configurato una mera manutenzione ordinaria. Sì, se la sostituzione è stata effettuata nell’ambito di un più ampio intervento di ristrutturazione comprendente anche il rifacimento degli impianti elettrico, idrico, di riscaldamento o del gas (peraltro la semplice sostituzione dei pavimenti non permette nemmeno di usufruire delle agevolazioni per gli interventi di recupero edilizio)

Si sono sostituiti gli infissi esterni, i serramenti o le persiane con altri aventi caratteristiche migliorative: si ha diritto al “Bonus Mobili”?

Sì, tali interventi rientrano tra quelli agevolabili in quanto costituiscono manutenzione straordinaria se la sostituzione avviene con altri del medesimo tipo o ristrutturazione edilizia se i serramenti in sostituzione sono di tipologia diversa rispetto a quelli che sono stati sostituiti.

Realizzando un box pertinenziale ad un immobile residenziale si ha diritto al Bonus Mobili?

No, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che tale intervento non rientra tra quelli in conseguenza dei quali si può godere delle agevolazioni in quanto la fruizione delle stesse è condizionata alla realizzazione di interventi di manutenzione ordinaria (esclusivamente nel caso di interventi sulle parti comuni di edifici prevalentemente residenziali), manutenzione straordinaria (su ogni tipo di immobile ad uso (prevalentemente se si tratta di condomini) residenziale, ristrutturazione edilizia, recupero e restauro conservativo. La realizzazione di un garage pertinenziale realizza un intervento di nuova costruzione e pertanto, pur essendo di per sé agevolato ai fini IRPEF non consente di anche dell’agevolazione per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici.

Un condominio ha eseguito lavori di recupero delle parti comuni, che sono stati pagati pro-quota secondo i millesimi da tutti i condomini: il singolo condomino ha diritto al “Bonus Mobili” per gli arredi acquistati per la propria unità immobiliare?

No, le spese per manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia eseguiti su parti comuni danno diritto all’agevolazione, pro-quota, ai singoli proprietari solo per i mobili destinati all’arredo di tali parti comuni, quali – a mero titolo di esempio – arredo dell’alloggio del portiere, illuminazione degli spazi comuni, arredi di sale condominiali, arredi per i locali lavanderia.

Un condominio ha eseguito interventi di manutenzione ordinaria delle parti comuni, che sono stati pagati pro-quota millesimale da tutti i condomini. Lo stesso condominio deve ora provvedere all’acquisto di arredi o apparecchi di illuminazione per le parti comuni (sale condominiali, locali lavanderie, alloggio del portiere, illuminazione scale etc…). I condomini hanno diritto al “Bonus Mobili”?

Sì, nel caso di lavori di ordinaria manutenzione effettuati sulle parti comuni del condominio è possibile godere dell’agevolazione per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici. L’agevolazione, del controvalore di 10.000 euro da detrarsi dalle dichiarazione dei redditi dei condomini sarà ripartita pro-quota millesimale su ciascuna unità immobiliare facente parte del condominio a patto che le spese siano effettivamente state finalizzate per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici installati nelle parti comuni del condominio anche se non sono state quelle direttamente oggetto dei lavori di manutenzione. In considerazione del fatto che l’alloggio del portiere viene considerato parte comune anche i mobili ivi collocati potranno godere dell’agevolazione. Valgono per la fattispecie in esame le medesime altre condizioni che devono essere rispettate nel caso dei mobili da collocare all’interno di singoli alloggi oggetto di interventi di manutenzione straordinaria, ristrutturazione edilizia, recupero o restauro conservativo, ovvero devono essere state sostenute con mezzi tracciabili (bonifici bancari o postali parlanti), cui, nel caso di specie si aggiungono anche carte di credito e di debito e devono essere contabilizzate con il criterio di cassa (la detrazione sarà usufruita a partire dalla dichiarazione dei redditi dell’anno in cui sono stati eseguiti i bonifici o i pagamenti).

Un contribuente che ha già usufruito delle detrazioni IRPEF previste per gli interventi di recupero di immobili residenziali può utilizzare le detrazioni previste per agevolare l’acquisto di mobili?

La risposta al quesito è affermativa. Le agevolazioni per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici sono state confermato, per un altro anno. In proposito, tuttavia, facendo riferimento a quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate, è opportuno sottolineare come solo alcuni lavori siano ricompresi nel perimetro di applicazione del beneficio e precisamente:

– interventi di manutenzione ordinaria/straordinaria,

– interventi di restauro e risanamento conservativo,

– interventi di ristrutturazione edilizia

– interventi di ricostruzione o ripristino dell’immobile a seguito di eventi calamitosi.

Da quanto sopra esposto deriva che qualunque intervento che non rientri in questa ristretta classificazione, pur avendo diritto di per sé alla detrazione ai fini IRPEF del 50% sulle spese di realizzazione, non dà comunque diritto all’ulteriore sconto sull’arredo. Per il resto, tornando la quesito posto, sono confermate tutte le precedenti condizioni. Il bonus ha quindi un importo complessivo di 10.000 euro per immobile oggetto degli interventi di cui sopra e può essere riconosciuto, a prescindere dall’importo dei costi sostenuti per l’esecuzione dei lavori di recupero, a tutti coloro che godono della detrazione per ristrutturazione.

Note

[1] Così come definiti dall’articolo 3, comma 1, lettere a), b) c), d) del DPR 380/2001 (TU Edilizia)

[2] Decreto Legge n. 63/2013, convertito in Legge 90/2013

[3] Dall’articolo 1, comma 2, del Decreto Legge 30 dicembre 2013, n. 151 (“Disposizioni di carattere finanziario urgenti”, pubblicato nella G.U. n. 304 del 30 dicembre 2013)

[4] Che all’articolo 7, comma 2-ter stabiliva testualmente che “Per il periodo dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2014 le spese per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di cui all’articolo 16, comma 2, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, sono computate, ai fini della fruizione della detrazione di imposta, indipendentemente dall’importo delle spese sostenute per i lavori di ristrutturazione che fruiscono delle detrazioni di cui all’articolo 16, comma 1, del medesimo decreto-legge n. 63 del 2013”.

[5] Così come precisa la Circolare 29/2013 dell’Agenzia delle Entrate

[6] In assenza di diverse indicazioni nella disposizione agevolativa, costituisce utile riferimento l’elenco di cui all’allegato 1B del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151

[7] In base a quanto stabilito nel Decreto Legge 63/2013, convertito con modificazioni dalla Legge n. 90/2013

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Ecobonus 2016: l’agevolazione sul risparmio energetico

 

Ecobonus 2016-agevolazione sul risparmio energetico

Bonus fiscale sull’efficientamento e riqualificazione energetica al 65% anche per il 2016: infissi, caldaie, tende solari agevolate.

La legge di Stabilità per il 2016 conferma quello che è stato soprannominato “ecobonus” ossia la detrazione fiscale del 65% per tutte le spese di efficientamento energetico sull’appartamento di proprietà del contribuente. Tutti gli immobili che saranno interessati da opere rivolte al miglioramento della prestazione energetica potranno ottenere il beneficio fiscale in commento. In particolare, si tratta delle spese per l’acquisto di infissi, caldaie, cappotti termici, pannelli solari per l’acqua calda. Dunque, così come era già stato per il 2015, anche per tutto il 2016 la maxidetrazione per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici resterà al 65%. A partire dal 2017, salvo ulteriori proroghe dell’attuale sconto, l’ecobonus passerà solo al 36%. Si tratta, dunque, di un’occasione importante da sfruttare per i prossimi 365 giorni.
La legge di Stabilità non modifica la tipologia di interventi ammessi al beneficio, né i tetti di spesa che restano quelli attualmente in vigore.

Chi può usufruire della detrazione sul risparmio energetico?

Possono fruire dell’agevolazione sia i soggetti IRPEF diversi dagli imprenditori (persone fisiche, artisti e professionisti, società semplici e associazioni tra professionisti, enti pubblici e privati che non svolgono attività commerciali), sia gli imprenditori individuali (ossia i titolari di reddito d’impresa).

Le spese per l’esecuzione degli interventi agevolati devono rimanere effettivamente a carico del beneficiario che le detrae.

La detenzione può aversi in base a: proprietà, nuda proprietà, un diritto reale, o anche solo per locazione (anche finanziaria) o per comodato.

Quanto ai familiari, il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo possono fruire della detrazione, sempreché la spesa sostenuta sia rimasta effettivamente a loro carico, a condizione che convivano stabilmente con il possessore o detentore dell’immobile su cui si realizza l’intervento agevolato fin dal momento in cui iniziano i lavori.

Su quali immobili è possibile la detrazione fiscale?

L’agevolazione interessa i fabbricati (interi edifici, loro parti o singole unità immobiliari), anche strumentali, appartenenti a qualsiasi categoria catastale, purché già esistenti.

Quali opere possono godere della detrazione fiscale?
– le opere di riqualificazione energetica globale;
– gli interventi sugli involucri (che comprendono gli infissi);
– la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale;
– l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda;
– l’installazione di scaldacqua a pompa di calore per acqua calda sanitaria.
– l’acquisto e la posa in opera di schermature solari, per un ammontare massimo di detrazione usufruibile pari a € 60.000 (spesa agevolabile massima pari a € 92.307,69);

– l’acquisto e la posa in opera di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili, per un ammontare massimo di detrazione usufruibile pari a € 30.000 (spesa agevolabile massima pari a € 46.153,84).

Le società
La detrazione del 65% può essere fatta valere anche dall’Ires, per gli immobili strumentali. Resta il dubbio sugli immobili locati: le Entrate sono contrarie, ma spesso i giudici tributari danno ragione ai contribuenti.

Come ottenere la detrazione fiscale sul risparmio energetico?

È necessario documentare la spesa sostenute per la realizzazione degli interventi agevolati.

In generale, le spese devono essere pagate mediante bonifico bancario o postale.

Quanto al contenuto del bonifico, devono risultare la causale del versamento con riferimenti normativi (art. 16 bis DPR 917/86), il codice fiscale del soggetto che beneficia della detrazione (solitamente chi paga) e il codice fiscale o numero di partita IVA del beneficiario del pagamento.

Per gli interventi realizzati su parti comuni di edifici residenziali il bonifico deve recare il codice fiscale dell’amministratore del condominio o di uno qualunque dei condomini che provvede al pagamento (con c/c proprio o intestato al condominio), nonché quello del condominio.

Se nel bonifico non sono stati riportati i riferimenti normativi, non si può usufruire della detrazione; il contribuente ha tuttavia la possibilità di ripetere il pagamento in maniera corretta, usufruendo della detrazione con riferimento all’anno in cui è effettuato.

In presenza di più soggetti che sostengono la spesa e tutti intendono fruire della detrazione, il bonifico deve riportare il numero di codice fiscale delle persone interessate al beneficio fiscale. Tuttavia, se è stato indicato solo il codice fiscale di un soggetto, gli altri non perdono il diritto alla detrazione, purché espongano nella dichiarazione dei redditi, nello spazio predisposto nella sezione relativa agli oneri detraibili, il codice fiscale già riportato sul bonifico stesso.

Chi ordina il bonifico può essere un soggetto diverso da chi vi risulta indicato come beneficiario della detrazione.

Imprenditori

Sono esclusi dall’obbligo di pagamento mediante bonifico gli imprenditori per i quali rileva, anziché la data di pagamento, il momento di imputazione dei costi (per i servizi: data di ultimazione delle prestazioni, per i beni mobili: data di consegna o spedizione, salvo che sia diversa o successiva la data in cui si verifica l’effetto traslativo).

Per i soggetti diversi dagli imprenditori vale sempre l’imputazione in base al principio di cassa. Pertanto, le spese sostenute e rimaste a carico in un determinato anno devono essere detratte nell’anno in cui avviene il relativo pagamento.

Come viene ripartita negli anni la detrazione fiscale?

La detrazione, la cui percentuale è pari, per il 2015, al 65%, deve essere ripartita, in generale, in 10 quote annuali di pari importo.

La detrazione spettante nel 2010 e nel 2009 andava ripartita in 5 rate e la misura della detrazione spettante era pari al 55% per le spese sostenute fino al 5 giugno 2013.

Adempimenti

I soggetti che intendono beneficiare della detrazione devono adempiere ai seguenti obblighi indicati. La mancata acquisizione o presentazione all’Agenzia delle Entrate della documentazione richiesta comporta la decadenza dal beneficio:

– Acquisire l’asseverazione del tecnico abilitato (in alcuni casi, alternativa ad altri documenti);

– Pagare le spese mediante bonifico bancario o postale (per i soggetti diversi dai titolari di reddito d’impresa);

– Inviare all’ENEA la documentazione indicata;

– Conservare ed esibire, su richiesta degli Uffici, la documentazione indicata.

Resta obbligatoria la asseverazione degli interventi. Essa deve attestare la rispondenza degli interventi ai requisiti tecnici richiesti per ognuno di essi, per cui il suo contenuto dev’essere quello espressamente previsto dalla normativa attuativa. L’asseverazione può essere sostituita dall’asseverazione resa dal direttore lavori sulla conformità al progetto delle opere realizzate oppure esplicitata nella relazione che attesta la rispondenza alle prescrizioni sul contenimento del consumo di energia degli edifici e relativi impianti termici, che il proprietario dell’edificio, o chi ne ha titolo, deve depositare, in doppia copia, presso le Amministrazioni competenti assieme alla denuncia dell’inizio dei lavori.

Cumulo

La detrazione non può essere cumulata con altre eventuali agevolazioni previste dalla normativa nazionale per i medesimi interventi come nel caso di

– detrazioni previste per manutenzione e restauro di beni vincolati e per le ristrutturazioni edilizie;

– erogazione della tariffa incentivante per la produzione di energia da fonti rinnovabili e, per la persona fisica, l’applicazione dell’incentivo legato al c.d. “conto termico“.

La detrazione, inoltre, non è cumulabile con ulteriori contributi comunitari, regionali o locali, riconosciuti per gli stessi interventi, comprese le erogazioni da parte della UE e/o dei predetti enti di somme di ogni natura, in forma diretta o a copertura di una quota parte del capitale e/o degli interessi.

Occorre quindi scegliere se applicare la detrazione oppure beneficiare di eventuali contributi comunitari, regionali o locali.

Quali case non pagano più la TASI e l’IMU?

 

Animali in casa il regolamento condominiale puo impedire di tenerli

Legge di stabilità 2016: abitazione principale, appartamenti, pertinenze, inquilino; chi non paga l’imposta sulla prima casa.

A partire dal 2016 non pagheranno più né la Tasi né l’Imu i proprietari di case utilizzate come abitazione principale. Contrariamente a quanto dichiarato inizialmente, continueranno invece a pagare gli immobili “di lusso”, ossia classificati nelle categorie catastali A/1 (dimore signorili), A/8 (ville) e A/9 (castelli e palazzi di pregio). I proprietari di quella che comunemente viene quindi detta “prima casa” (in realtà, il concetto di “abitazione principale” è parzialmente diverso) sono esonerati dal pagamento dell’imposta sulla casa.

Cosa si intende per abitazione principale?

Si tratta dell’immobile nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Se i componenti del nucleo familiare risiedono in case diverse nel territorio dello stesso Comune, solo una può avere l’esenzione; se , invece, le case si trovano in Comuni diversi, posso usufruire tutte dell’agevolazione.

Se la casa viene data in affitto?

Se il proprietario dell’immobile decide di non abitare la casa ma di darla in affitto, questa non potrà essere considerata “abitazione principale” e, pertanto, dovrà pagare l’imposta sulla casa (IMU ed, eventualmente, TASI). La nozione di abitazione principale ai fini dell’esenzione dall’Imu riguarda infatti solo l’unica unità immobiliare adibita a residenza anagrafica e dimora abituale da parte del possessore.

Il locatore potrà, tutt’al più, sfruttare la deduzione del 20% (fino a un massimo di 60mila euro da dividere in otto anni per massimo 7.500 euro all’anno) prevista per chi compra casa per poi darla in locazione.

Il padrone di casa non può opporsi a ché l’inquilino trasferisca, nell’immobile preso in affitto, la propria residenza principale, ma non può egli fare altrettanto.

Se la casa è composta da più appartamenti

Per poter usufruire dell’esenzione dal pagamento IMU e TASI, la casa deve essere iscritta o iscrivibile in catasto come in unica unità immobiliare: di conseguenza, chi occupa due appartamenti, per esentarli entrambi deve fonderli o farli risultare come “unità unite in via di fatto” sotto il profilo catastale.

Le pertinenze

Insieme alla casa non pagano IMU e TASI anche le seguenti pertinenze: box auto (categoria catastale C/6), tettoie (C/7) e magazzini, locali di sgombero e cantine (C/2), sempre entro il tetto massimo di un’unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, e con l’obbligo di considerare anche le unità iscritte in catasto insieme alla casa. Per cui, se il proprietario della casa possiede due box auto, per uno dei due dovrà pagare l’IMU per la tipologia “altri fabbricati”, ed eventualmente la Tasi se prevista dal Comune. Lo stesso vale per le case che hanno soffitta e cantina (entrambe iscritte in C/2).

L’inquilino deve pagare?

La legge di stabilità cancella anche la quota di TASI che, l’anno scorso, hanno dovuto pagare l’inquilino e il comodatario nella misura stabilita dal Comune tra il 10 e il 30% del totale dell’imposta pagata dal proprietario (se il regolamento comunale ometteva di indicare detta quota, l’utilizzatore doveva pagare il 10% fisso).

Dunque dal 2016, l’inquilino non pagherà nulla a condizione però che l’unità immobiliare venga destinata ad abitazione principale dall’inquilino e dal suo nucleo familiare. Pertanto, tanto per fare un esempio, nel caso di immobile locato come ufficio, studio, casa vacanze o per uso commerciale l’inquilino sarà tenuto a pagare la TASI nella percentuale indicata dal Comune.

Nulla cambia per i titolari di leasing: per loro la “quota occupante” rimane.

Cosa cambia per le case popolari?

La legge di Stabilità 2016 riconferma la detrazione Imu per gli alloggi destinati ad abitazione principale regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (Iacp) e dagli altri enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati: andranno sempre scalati, fino a concorrenza dell’ammontare, 200 euro.

venerdì 30 ottobre 2015

Cosa è e chi può chiedere un mutuo Inpdap

 

Chi può chiedere un mutuo Inpdap
I mutui Inpdap sono dei prestiti ipotecari che possono richiedere i dipendenti e pensionati della pubblica amministrazione, ma che è possibile estendere anche ai parenti. Vediamo quindi quali sono i requisiti necessari per poter accedere a questo finanziamento agevolato e quali mutui si possono sottoscrivere.

Requisiti necessari per accedere al mutuo

Bisogna intanto sottolineare che le tipologie di mutui che possono essere approvati sono molteplici: prima casa, seconda casa, ristrutturazione o surroga (solo se questa è destinata all’abitazione principale). Le abitazioni devono poi ovviamente trovarsi sul suolo nazionale e non appartenere alle categorie catastali di lusso.

I requisiti necessari per accedere ad un mutuo Inpdap sono:

  • l’iscrizione presso la Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali, sia per coloro che ancora prestano attività sia per i pensionati da almeno tre anni;
  • coloro che sono in attività devono al momento della domanda avere un contratto di lavoro a tempo indeterminato;
  • il mutuo Inpdap viene concesso se l’iscritto e nessun altro componente familiare sono già proprietari di un’altra abitazione. Almeno che questi non siano:
    • proprietari in misura pari o inferiore al 50% di un’abitazione  ricevuta in successione mortis causa o donazione inter vivos e non sia fruibile, perché gravata da diritti reali di godimento (usufrutto, uso, abitazione);
    • l’interessato o i componenti del nucleo familiare siano proprietari di abitazioni in misura pari o inferiore al 33%, anche se non gravate da diritti reali di godimento;
    • l’iscritto pur convivendo con i genitori proprietari dell’immobile in cui risiede intenda acquistare un’abitazione per costituire un proprio nucleo familiare;
    • l’iscritto titolare di un’immobile ne sia rimasto privo a causa di una separazione o assegnazione ;
    • l’iscritto sia comproprietario di un appartamento, per l’acquisto delle residue quote di proprietà da soggetti estranei al proprio nucleo familiare.

Erogazione del mutuo Inpdap

Per l’acquisto della casa si può richiedere un finanziamento fino a 300 mila euro (o comunque il 100% del valore dell’immobile secondo la perizia effettuata), con rate mensili per un periodo di 10-15-20-25-30 anni. Ovviamente la richiesta per il finanziamento agevolato deve essere compilata e inviata online dall’1 al 10 settembre, o dall’1 al 10 gennaio, oppure dall’1 al 10 maggio di ogni anno.

I tassi di interesse

I mutui a tasso fisso hanno un tasso di interesse del 3,75 % per l’intera durata del mutuo, mentre i mutui a tasso variabile hanno un tasso del 3,50% per il primo anno e, con decorrenza dalla terza rata, tasso variabile pari all’Euribor a 6 mesi, calcolato su 360 giorni, maggiorato di 90 punti base, rilevato il 30 giugno o il 31 dicembre del semestre precedente ed applicato sul debito residuo a tale data.

Nuovo finanziamento

L’iscritto che ha già beneficiato di un mutuo ipotecario Inpdap, per sé o per il coniuge, può fruire di un nuovo finanziamento solo se sono trascorsi almeno quattro anni dalla precedente erogazione e abbia provveduto alla totale estinzione del precedente mutuo. Esiste però una deroga a questa disposizione, nel caso di divorzio e di assegnazione all’ex coniuge dell’immobile, precedentemente acquistato. Fermo restando però che deve esserci l’acquisizione di una nuova residenza da almeno un anno rispetto alla data della domanda. Questo termine è ridotto a due anni solo per il personale trasferito d’ufficio ad una sede di lavoro ubicata in un’ altra provincia.

Stipula del mutuo Inpdap

Infine analizziamo la stipula del mutuo Inpdap e la sottoscrizione del contratto, che deve avvenire nelle sedi opportune e alla presenza di figure qualificate. “Il contratto di mutuo è sottoscritto dal Dirigente dell’Ufficio Provinciale o Territoriale competente, oppure dal suo sostituto o da altro funzionario ai quali siano stati delegati i poteri di stipula degli atti di mutuo ipotecario edilizio”.

L’atto di compravendita deve essere poi sottoscritto nei locali dell’Ufficio Provinciale o Territoriale INPDAP contestualmente alla stipula del contratto del mutuo.  All’atto di compravendita deve assistere il Dirigente dell’Ufficio Provinciale o Territoriale competente, oppure il suo sostituto o altro funzionario delegato,  ”al fine di verificare che i dati identificativi dell’unità abitativa e delle parti contraenti siano corretti e che il prezzo corrisposto per la compravendita non sia inferiore all’importo del mutuo, al netto dell’eventuale importo per le spese ai sensi dell’art. 6, comma 4″.

Agevolazioni prima casa: valide anche con l’acquisto a titolo gratuito

 

Agevolazioni prima casa valide anche con l’acquisto a titolo gratuito
Coloro che acquistano la prima casa possono usufruire di una serie di agevolazioni, che però determinano una serie di vincoli da dover rispettare. Se fino ad ora coloro che cedevano l’immobile prima dei cinque anni previsti non perdevano i benefici solamente se acquistavano un’altra casa a titolo oneroso entro un anno, ora questo vale anche se l’acquisto è a titolo gratuito.

Risoluzione 49/E/2015: permanenza agevolazione

Come viene ricordato nel testo della risoluzione 49/E/2015 “In caso di … trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché una sovrattassa pari al 30 per cento delle stesse imposte”. Tuttavia la disposizione prevede che “le predette disposizioni non si applicano nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”.

E’ stato però stabilito con diversi documenti di prassi (v. circolare n. 6 del 26 gennaio 2001, risoluzione n.125/E del 3 aprile 2008 e circolare n. 18 del 29 maggio 2013 ) che la decadenza dal beneficio è impedita solo dall’acquisto “a titolo oneroso” di un’altra abitazione entro un anno dalla cessione dell’immobile acquistato con le agevolazioni.

Con l’ordinanza del 29 luglio 2014, n. 17151, si è affermato però che per impedire la decadenza dell’agevolazione sul primo acquisto occorre effettivamente stipulare entro un anno un nuovo acquisto e non semplicemente dar corso ad un contratto preliminare. Chiarendo così “che l’acquisto rilevante ai fini dell’ultima parte del quarto comma della nota II bis all’articolo 1 della Parte Prima della Tariffa allegata al T. U. Registro può anche essere a titolo gratuito (sent. n. 16077/13) (…); ma non è dubitabile che per <<acquisto>> si deve intendere l’acquisizione del diritto di proprietà, e non la mera insorgenza del diritto di concludere un contratto di compravendita”.

Per cui si va a stabilire che la perdita dei benefici non avviene qualora l’acquisto non sia a titolo oneroso.

Prima casa: condizioni necessarie per i benefici

  • L’immobile non deve far parte delle categorie catastali A1, A8 e A9;
  • l’immobile deve essere ubicato nel territorio del Comune in cui l’acquirente ha la propria residenza, oppure dove questo svolge la propria attività;
  • qualora si trovi all’estero per motivi di lavoro, può usufruire delle agevolazioni nel territorio del Comune dove si trova la propria attività;
  • qualora il cittadino italiano sia un emigrato all’estero, purché l’immobile sia acquistato come prima casa. La documentazione necessaria per attestare ciò può essere fornita attraverso il certificato di iscrizione all’AIRE;
  • per le Forze armate invece non è richiesta la residenza nel Comune di ubicazione dell’immobile acquistato come prima casa.

Le agevolazioni fiscali

Le agevolazioni fiscali differiscono in base all’acquisto operato da privato o da costruttore:

  • se l’acquisto avviene da privato l’imposta di registro è al 2% e le imposte catastali sono fisse nella misura di 50 Euro;
  • se l’acquisto avviene da titolare di partita Iva (costruttore), invece, l’Iva è al 4% e le imposte catastali sono fisse nella misura di 200 Euro.

Quando si perdono i benefici fiscali?

Esistono però dei casi in cui i benefici fiscali per l’acquisto prima casa possono comunque decadere, andando ormai ad escludere quello della vendita anticipata prima dei cinque anni, e il successivo acquisto di un immobile a titolo gratuito.

  • Se le dichiarazioni emesse sono false;
  • quando l’abitazione viene venduta o donata prima di cinque anni dalla data di acquisto, almeno che nel giro di un anno non si acquisti un’altra casa adibita come abitazione principale;
  • quando non viene trasferita la residenza nel Comune dove è situato l’immobile, entro 18 mesi.

Quando si perdono i benefici fiscali possono essere persi gli interessi e viene applicata una sanzione del 30% dell’imposta stessa.

Per evitare che tutti i benefici siano persi, l’acquirente però ha uno strumento, chiamato ravvedimento, che gli permette di rimediare entro termini precisi dalle violazioni commesse. Questo però può avvenire solamente  se:

  • la violazione non sia già stata contestata dall’ufficio;
  • non siano iniziate ispezioni e verifiche;
  • non siano iniziate attività amministrative di cui già il proprietario era a conoscenza.

mercoledì 28 ottobre 2015

Infiltrazioni, il proprietario dell'immobile deve dimostrare chi è il responsabile

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

27/10/2015 – Quando un appartamento viene affittato, spetta al proprietario dimostrare che eventuali danni sono stati causati dall’inquilino. Questo l’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza 19209/2015.   Nel caso preso in esame, in un appartamento si erano verificate delle infiltrazioni d’acqua che avevano provocato dei danni a carico dell’inquilino.   L’affittuario aveva quindi chiesto il risarcimento dei danni al proprietario sostenendo che i problemi erano stati provocati da guasti alle tubazioni.   Il proprietario aveva obiettato che i danni dipendevano invece dalla condotta dell’inquilino.   I giudici hanno spiegato che il proprietario dell’immobile è tenuto alla manutenzione per mantenere l’immobile locato in buono stato. In caso di inadempimento l’inquilino può chiedere il risarcimento dei danni.  

Facciate: pagano la ristrutturazione anche i condomini che non utilizzano le parti interessate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

28/10/2015 – Le spese per la ristrutturazione della facciata di un edificio, pur valorizzando solo alcuni balconi interessati dalle operazioni di manutenzione, devono essere ripartite tra tutti i condomini in proporzione ai millesimi.   Questo ciò che ha stabilito la Cassazione nella sentenza 21028/2015.   Ristrutturazione condominiale: il caso Il caso è nato dal ricorso di un proprietario contro la delibera condominale che prevedeva la ripartizione tra tutti i condomini delle spese per i lavori di manutenzione di una facciata dello stabile su cui si affacciavano alcuni balconi.   Secondo il proprietario nella ripartizione delle spese non era stato preso in considerazione il rapporto di pertinenza e di destinazione che avrebbe legato solo alcuni dei condomini ai balconi interessati dalle operazioni di manutenzione, in virtù dell’esclusiva utilità che questi ultimi ne avrebbero tratto, con conseguente esclusione degli altri..

Agevolazioni mutuo prima casa anche per gli studi professionali

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

29/10/2015 – Il professionista che acquista un immobile da adibire all’esercizio della professione in un comune diverso da quello di residenza, ha diritto alle agevolazioni fiscali sul mutuo previste per la prima casa. Si è pronunciata in questi termini la Commissione regionale tributaria di Roma con la sentenza 3460/2015.   Nel caso preso in esame, l’Agenzia delle Entrate aveva negato l’agevolazione ad un professionista che aveva acquistato uno studio in un comune diverso da quello in cui risiedeva. La Commissione provinciale tributaria aveva invece dato ragione al professionista, perché a suo avviso bastava lavorare nel comune in questione, ma l’Agenzia delle Entrate aveva affermato che per ottenere l’agevolazione era necessario dichiarare nel rogito l’intenzione di destinare l’immobile come prima casa.  

Basta chiedere la residenza per non decadere dai benefici prima casa

 

Decadenza benefici sull’acquisto della prima casa: è sufficiente aver inoltrato al Comune la richiesta di trasferimento della residenza.

Così ha stabilito la Commissione Tributaria Regionale di Brescia     (CTR Brescia, sent. n. 2485/67/15 dell’8.06.2015.)

Non decade dai benefici fiscali previsti per l’acquisto della prima casa il contribuente che– come richiesto dalla legge – abbia trasferito la propria residenza nel nuovo immobile entro 18 mesi dall’atto notarile; tuttavia, ciò che conta per non incorrere in sanzioni, non è il materiale trasferimento nell’abitazione, ma la data di presentazione al Comune dell’istanza di cambio residenza.

La norma non richiede il trasferimento fisico nel fabbricato acquistato entro 18 mesi dall’atto, ma dispone solo che, entro tale termine, venga presentata al Comune la domanda di trasferimento della residenza.

Se poi la procedura amministrativa di completamento della pratica prende le lunghe e l’ente fa scadere il termine dei 18 mesi, al contribuente non si può attribuire alcuna colpa.

Non rileva il completamento della procedura, ma l’avvio della stessa.

Di parere opposto pare essere stata la Suprema Corte, pochi mesi prima:   (Ordinanza Cassazione  n. 4662 del 27 febbraio 2014)

Come si può vedere infatti nell’articolo di Domoforum   “Agevolazioni “prima casa”: necessario il trasferimento”   : “E’ irrinunciabile il trasferimento – da parte del contribuente – nel comune in cui è situato l’immobile entro un anno (oggi, 18 mesi) dalla data del contratto di acquisto. (ndr: si noti, nel Comune in cui si trova l’abitazione …)”

In realtà, a ben vedere le due sentenze non si discostano molto. Infatti nel caso portato all’attenzione dei Giudici Capitolini, la mancanza di abitabilità era stata addotta come motivo per non avere potuto trasferire la residenza, con evidenti intenti elusivi.

Ricordiamo che per usufruire dei benefici fiscali all’atto dell’acquisto della cd “prima casa”  (imposta di registro al 2% o, se acquistato da impresa di costruzione, Iva al 4%; imposta ipotecaria e catastale pari a 100 €), è necessario che si verifichino le seguenti condizioni:

– l’immobile acquistato deve avere  destinazione abitativa e non deve essere di lusso;

– si può godere dell’agevolazione solo per una  abitazione; può goderne anche chi sia già in possesso di altra abitazione, purché precedentemente non acquistata con i benefici prima casa e purché essa non sia in piena proprietà e non sia situata nel medesimo Comune;

– l’acquirente deve avere la propria residenza anagrafica nel Comune in cui è situato l’immobile oppure deve impegnarsi al momento della stipula dell’atto, a trasferire la propria residenza entro 18 mesi dall’acquisto  nel Comune in cui è situato l’immobile, (si badi, non propriamente nell’immobile), a pena di decadenza dal beneficio.

Sembra il solito pasticcio Borbonico:  tuttavia una ragione, anche se non così facile da percepire, ad esempio per l’apparente stranezza dell’agevolazione “prima casa” senza uno specifico obbligo di porre la propria dimora abituale nell’immobile acquistato, ma nel Comune, c’è.

La legge istitutiva della agevolazione per l’acquisto cd “prima casa” intendeva favorire il primo accesso alla proprietà di un immobile abitativo e non la residenza in un immobile proprio (art. 1 della legge 22 aprile 1982, n. 168)

Nulla c’entra con le successive agevolazioni nelle imposte dirette ed indirette concesse per la dimora abituale.  In effetti le due cose sono distinte.

Si può godere delle agevolazioni “a regime” per la propria prima casa (IMU, Irpef ecc) anche se non si è acquistata con l’agevolazione cd prima casa (Successione, donazione, costruzione o addirittura acquisto come “seconda casa”) e viceversa si può aver acquistato con le agevolazioni “prima casa”  e non godere delle agevolazioni legate alla dimora abituale.

Molto interessante per chi voglia approfondire l’argomento è la lettura dell’articolo del Notaio Bellini su “I quaderni del Notariato” :

Se l’immobile è abusivo il contratto di locazione è nullo

 

Se l’immobile è abusivo il contratto di locazione è nullo (Trib.Taranto – Sezione 2 – Sent. 27 gennaio 2015 n. n. 298 )

Se l’immobile è abusivo il contratto di locazione è nullo per illiceità della causa.

Lo ha stabilito il Tribunale di Taranto, con la sentenza del 27 gennaio 2015 n. 298 , respingendo la domanda del proprietario di una villetta, il quale, nel chiedere la risoluzione della compravendita per mancato pagamento del prezzo,  voleva che l’acquirente lo risarcisse del reddito perso durante il periodo di detenzione del bene da parte sua.

Il tribunale, disposta la CTU per stabilire il  dovuto per la detenzione, venne a conoscenza che il comune di Taranto, aveva rigettato la domanda di sanatoria presentata dall’attore, sicché l’intero immobile era da considerarsi abusivo in quanto privo di concessione edilizia e della licenza di abitabilità.

La motivazione.

Il Tribunale afferma che «il contratto di locazione con la connessa obbligazione di pagamento del canone ai sensi degli artt. 1571 e 1575 c.c. integra una utilizzazione del corpo del reato, identificato nell’immobile abusivo, al fine di trarne profitto, identificabile ex articolo 240 del codice penale nel canone di locazione retraibile che non è in concreto confiscabile, unitamente all’immobile realizzato abusivamente, soltanto per la prevalenza delle attribuzioni devolute all’autorità amministrativa che determinano l’acquisizione dei predetti beni al patrimonio del Comune, mentre l’applicazione degli istituti generali di diritto penale e processuale penale produrrebbe l’acquisizione al patrimonio dello Stato, ovverosia di un diverso soggetto giuridico».

Ne consegue che il contratto di locazione «ha causa illecita e, di conseguenza, è nullo ex art. 1418 codice civile, in quanto diretto ad assicurare il profitto del reato mediante l’utilizzazione della cosa madre, costituente il corpo del reato, per la produzione di frutti civili».

In tal modo, «si consolida ed aggrava l’offesa all’interesse protetto dalla norma penale incriminatrice, pur se in un momento successivo al completamento dell’antigiuridicità della condotta penalmente rilevante, conclusasi con la realizzazione dell’immobile abusivo».

L’illiceità della causa è legata alla configurazione del negozio locativo delineato  dall’articolo 1571 del codice civile secondo cui «la locazione è il contratto col quale una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo verso un determinato corrispettivo».

Infatti,  le utilità che il conduttore potrà acquisire mediante il suo diritto personale di godimento «deriveranno da una cosa costituente corpo del reato, mentre il corrispettivo di tale godimento, di per sé illecito, sarà costituito dai canoni di locazione riconducibili nel novero del “profitto del reato” soggetto a confisca facoltativa»

domenica 25 ottobre 2015

Case in comodato: in convivenza le migliorie vanno rimborsate?

 

case-in-comodato-e-migliorie
Il caso che andiamo a prendere in esame oggi vi propone la possibile problematica che può nascere quando un genitore concede al proprio figlio una casa in comodato, per iniziare una convivenza. Nel momento in cui la coppia decide di separarsi le migliorie per la ristrutturazione dell’immobile devono essere rimborsate? In base ad una sentenza della Corte di Cassazione non deve avvenire nessun indennizzo. Vediamo quindi quali sono le motivazioni.

Il caso

Un uomo aveva concesso alla propria figlia un appartamento di sua proprietà in comodato, per permetterle di convivere con il proprio compagno. Terminata poi la relazione, il convivente pretendeva dall’uomo un indennizzo per le spese sostenute durante la convivenza, per apportare miglioramenti alla casa.

Il comodante non è ritenuto a rimborsare il comodatario

La Corte di Cassazione ha “rilevato che le spese sostenute non risultavano indispensabili per la fruizione dell’immobile, ma costituivano migliorie utili al miglior godimento dello stesso da parte dei conviventi”. Per cui ha escluso “la possibilità di applicare per analogia le norme sulla locazione (risultando pertanto superflua ogni indagine sull’avvenuto consenso agli interventi)”. In quanto, le migliorie sono sicuramente da ritenersi diverse dalle possibile spese ordinarie o straordinarie di manutenzione.

Inoltre i lavori che erano stati fatti sull’immobile, secondo la Corte avevano trovato “motivo e fondamento in una prospettiva di matrimonio o quanto meno di duratura convivenza con la figlia del comodante” per cui “venuta meno in breve tempo la condizione dell’utilità comune, a causa della rottura della relazione sentimentale” era venuta meno anche “la causa dell’elargizione economica e quindi dell’impoverimento del M., nei limiti dell’effettivo arricchimento del B.”

La Cassazione rifacendosi anche ad una sentenza del 2002 ha così ribadito che “il comodatario che, al fine di utilizzare la cosa, debba affrontare spese di manutenzione può liberamente scegliere se provvedervi o meno, ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non può, conseguentemente, pretenderne il rimborso dal comodante”. Per cui, se un genitore decide di dare un immobile in comodato non è obbligato alla restituzione delle spese, sostenute dai conviventi.

Comodato d’uso: come funziona

Il comodatario è titolare di un diritto personale di godimento di un immobile, ma non detiene il diritto di proprietà.

  • Il contratto di comodato d’uso è disciplinato  dagli art. 1803 e successivi del codice civile e si realizza solitamente all’interno dell’ambito familiare;
  • colui che ha ricevuto in consegna il bene non può cedere il diritto di usufruirne a terzi, senza il consenso del proprietario, che può in qualsiasi momento richiedere la restituzione dell’immobile, qualora si verifichi il fatto;
  • custodire e conservare il bene con la diligenza del buon padre di famiglia;
  • il comodatario deve restituire il bene immediatamente dopo la richiesta;
  • la morte del comodatario non estingue automaticamente il rapporto, in quanto il comodante può richiedere agli eredi la restituzione dell’immobile. In caso di morte del comodante si estingue invece il comodato precario, ma non quello a termine;
  • il comodatario non deve pagare le imposte municipali/statali sulla proprietà;
  • la Tasi per contratti superiori ai sei mesi va ripartita tra il comodatario e il proprietario. L’occupante versa la tassa nella misura in cui è stata stabilita dal comune ed è solitamente compresa il 10% e il 30% dell’ammontare complessivo.  Può avere anche un’aliquota agevolata, nel caso si tratti di prima casa. Se il comune poi non dovesse deliberare nessuna divisione tra proprietario e inquilino quest’ultimo dovrà pagare il 10%.

Per quanto riguarda il contratto di comodato redatto in forma scritta, occorre effettuare in primis una distinzione, a seconda che il contratto abbia ad oggetto:

• beni immobili;
• beni mobili.

Il contratto di comodato di beni immobili redatto in forma scritta deve avere l’applicazione dell’imposta in misura fissa di euro 168,00, indipendentemente dal fatto che sia stato redatto con atto pubblico o con scrittura privata autenticata. Mentre il contratto di comodato redatto verbalmente non è soggetto all’obbligo di registrazione. Ad eccezione del caso in cui questo sia citato in altri contratti scritti.

Ecobonus condominio, le novità per il 2016

 

Ecobonus-condominio
Per il 2016 il governo è intenzionato a riconfermare l’ecobonus per i lavori di riqualificazione energetica, ma a quanto pare saranno introdotte delle importanti novità. L’obiettivo principale è infatti quello di promuovere maggiormente la ripresa dell’edilizia italiana, come pilastro della crescita economica. E ciò a cui si punta è la possibilità di sfruttare il ruolo dell’ESCO (Energy Saving Company), per consentire la ristrutturazione ambientale e qualitativa dei condomini, senza far pesare i costi sulle spalle dei condomini.

Come operano le ESCO

Secondo quanto affermato nei giorni scorsi dal Ministro delle Infrastrutture e trasporti Graziano Delrio si cercherà di spingere i condomini ad effettuare opere di riqualificazione energetica non limitandosi alla singola unità immobiliare, ma all’intero edificio, basandosi proprio sul modello seguito dalle ESCO ( Energy Saving Company). Queste società riescono ad eliminare le spese per i condomini, relative agli interventi migliorativi, facendosi carico nell’investimento iniziale e incamerando poi i risparmi nella bolletta e negli  incentivi nazionali previsti, attraverso un regolare contratto.

In questo modo l’evidente aspetto positivo è che tutti i condomini non dovranno far fronte a nessun costo, beneficiando anche di una riduzione del costo della bolletta. Questo beneficio però potrà essere visto dopo qualche anno, in quanto la bolletta dovrà essere pagata con l’importo che aveva prima della realizzazione dell’efficientamento energetico. Poiché  il risparmio, insieme all’incentivo fiscale, rappresentano come già detto, il guadagno reale della società. Il processo continua quindi sino al termine previsto dal contratto tra società e condominio, per poi poter effettivamente pagare la riduzione concreta del costo.

Obiettivo 2016: crescita per gli investimenti sulle costruzioni

Dalle parole di Matteo Renzi emerge chiaramente che l’obiettivo per il 2016 sarà quello di portare gli investimenti sulle costruzioni ad una crescita dello 0,9% tendenziale e all’1,4% programmatico. Ovvero, per effetto delle politiche che si metteranno in campo con la legge di Stabilità. Ecco perché è confermato che per l’anno che verrà sarà appoggiato nuovamente l’Ecobonus del 65% per gli interventi finalizzati al risparmio energetico. Anche se ancora non è del tutto chiaro se il rinnovo avverrà anche per la detrazione del 50% sulle ristrutturazioni abitative semplici.

Ecobonus fino al 31 dicembre 2015

Ad oggi e fino alla fine del 2015 è possibile, grazie alla Legge di Stabilità, usufruire dell’Ecobonus e delle detrazioni per le ristrutturazioni edilizie. Vediamo quindi nello specifico quali sono i requisiti richiesti per poterne usufruire fino a dicembre, e a chi si rivolge.

  • detrazione IRPEF del 50% per i lavori relativi al recupero edilizio delle parti comuni condominiali, fino al limite massimo di 96.000 euro (per unità immobiliare), per spese sostenute fino 31 dicembre 2015 (dal 1 gennaio 2015). Dal prossimo anno invece, quindi dal 1 gennaio 2016, l’agevolazione prevista sarà pari al 36%;
  • detrazione IRPEF del 50% per la spesa, per mobili ed elettrodomestici dotati di etichetta energetica, di classe non inferiore alla A+ (A per i forni) da destinare alle abitazioni ristrutturate, come la portineria o altre parti comuni abitative, fino ad un massimo di spesa pari a 10.000 euro;
  • detrazione IRPEF/IRES del 65% per la riqualificazione energetica degli edifici esistenti per le spese sostenute sulle parti comuni condominiali nel periodo suddetto. Il bonus è esteso anche ad ulteriori interventi agevolabili per:

- l’acquisto e posa in opera di schermature solari, per una detrazione massima di 60.000 euro;

- l’acquisto e posa in opera di impianti di climatizzazione invernale con generatori di calore alimentati da biomasse combustibili, per una detrazione massima di 30.000 euro;

  • detrazione del 65%, fino ad un massimo di 96.000 euro di spesa, sostenuta nel periodo 1 gennaio-31 dicembre, per la messa in sicurezza statica delle abitazioni principali e di tutti quegli immobili a destinazione produttiva, ubicati nelle zone sismiche ad alta pericolosità.

La detrazione spetta poi a tutti i contribuenti privati residenti e non residenti e contribuenti titolari di impresa, che possiedono a qualsiasi titolo l’immobile oggetto di interventi di risparmio energetico. Mentre la detrazione Irpef Ecobonus per le spese di risparmio energetico possono essere fruite anche dai familiari o conviventi del soggetto che detiene o possiede l’immobile.