sabato 26 settembre 2015

Tabelle di ripartizione delle spese secondo i criteri previsti dalla legge e tra proprietario ed inquilino

 

Ripartire le spese tra tutti i condomini è operazione che spetta all'amministratore: millesimi di proprietà, d'uso, suddivisione in parti uguali, ecc. Le modalità di ripartizione sono quelle indicate dagli articoli 1123, 1124, 1126, 1130-bis c.c. , se le parti (ossia tutti i condomini) non si sono messe d'accordo in modo differente. Poche scarne indicazioni, quelle contenute negli articoli citati. La legge detta criteri di ripartizione molto generali: si parla di spese di conservazione,. ...

Tabelle di ripartizione delle spese secondo i criteri previsti dalla legge e tra proprietario ed inquilino
info@condominioweb.com
Thu, 10 Sep 2015 14:53:02 GMT

Utenza idrica: il locatore non risponde dei debiti contrati dal conduttore

 

Il proprietario di un immobile concesso in locazione non è tenuto a rispondere del debbio accumulato dal conduttore con la società che somministra l'acqua Nei contratti di somministrazione dell'acqua a rispondere dell'obbligazione contrattale è solo il conduttore, in quanto intestatario dell'utenza e parte del rapporto contrattuale intessuto con il fornitore. ...

Utenza idrica: il locatore non risponde dei debiti contrati dal conduttore
info@condominioweb.com
Wed, 09 Sep 2015 10:00:03 GMT

Affitti, fondi anti-morosità poco utilizzati

 

Trasferiti ai Comuni solo 12 milioni sugli 83,4 disponibili. Boom degli sfratti (+48% dal 2008)...

morosità poco utilizzati
Dario Aquaro
Thu, 24 Sep 2015 14:42:11 GMT

Docce grandi per un maxi benessere

 

La zona wellness raddoppia nei bagni dalle misure generose grazie a cabine doccia di dimensioni maxi. I box con un piatto doccia della misura di 140 x 90 cm offrono già un confortevole spazio anche per due persone, ma vi sono cabine doccia larghe anche 170, 180 cm e più. L’altezza è invece quella consueta per tutte le cabine doccia tra i 195 e i 200 cm. In ogni caso è possibile far realizzare modelli di misure speciali in base a specifiche esigenze. Le cabine doccia per due possono essere attrezzate con due soffioni e due colonne doccia. Per potervi accedere facilmente, ma soprattutto per un’estetica minimale e pulita questi modelli hanno nella maggior parte dei casi ante con apertura scorrevole e piatto a filo pavimento. Alcune cabine doccia di grandi dimensioni sono dotate di funzioni speciali, come per esempio il bagno turco: in questo caso dispongono della potenza sufficiente per raggiungere la temperatura ideale e la quantità di vapore necessarie in poco tempo, come in un vero hammam. Vi sono anche modelli composti in modo tale da ricavare uno spazio laterale in aggiunta alla cabina doccia vera e propria, attrezzato con mensole portaoggetti. Le pareti delle cabine doccia sono realizzate in vetro temperato trasparente, nella maggior parte dei casi con uno spessore di 8 mm. Proprio perché la superficie del vetro è molto ampia, le pareti sono trattate in modo che le gocce d’acqua scivolino più rapidamente e i vetri restino più brillanti e puliti a lungo, facilitando così anche la pulizia.

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1arcom-nagori-doccemaxi 2hafro-side2-doccemaxi 3ideagroup-like-doccemaxi 4burlington-cabinaadangolo-doccemaxi 5idealstandard--magnum-doccemaxi 6inda-walkin-doccemaxi 7arblu-perseo-doccemaxi 8teuco-lightXXL-doccemaxi 9samo-pixel-doccemaxi

Ha vetri temprati con spessore di 8 mm la cabina doccia Nagori di Arcom dotata di profili in alluminio Brill. I bracci di sostegno sono in ottone cromato. Misura L 150 x P 90 x H 200 cm. Prezzo, Iva esclusa, 1.395 euro. www.arcombagno.com

Ha vetri temprati con spessore di 8 mm la cabina doccia Nagori di Arcom dotata di profili in alluminio Brill. I bracci di sostegno sono in ottone cromato. Misura L 150 x P 90 x H 200 cm. Prezzo, Iva esclusa, 1.395 euro. www.arcombagno.com

È in cristallo trasparente con profili in alluminio e finitura brillantato lucido il box doccia Side 2 di Hafro. Misura L 140 x P 90 x H 207 cm. Prezzo, Iva esclusa, del box doccia con piatto doccia a filo pavimento e colonna doccia con mensola portaoggetti 3.545 euro. www.hafro.it

È in cristallo trasparente con profili in alluminio e finitura brillantato lucido il box doccia Side 2 di Hafro. Misura L 140 x P 90 x H 207 cm. Prezzo, Iva esclusa, del box doccia con piatto doccia a filo pavimento e colonna doccia con mensola portaoggetti 3.545 euro. www.hafro.it

Ha ante scorrevoli in vetro da 6 mm di spessore il box doccia Like di Ideagroup in extrabrill trasparente. Misura L 140 x P 90 cm e ha un’apertura di 60 cm. Prezzo, Iva esclusa, 1.112 euro. www.ideagroupbathrooms.com

Ha ante scorrevoli in vetro da 6 mm di spessore il box doccia Like di Ideagroup in extrabrill trasparente. Misura L 140 x P 90 cm e ha un’apertura di 60 cm. Prezzo, Iva esclusa, 1.112 euro. www.ideagroupbathrooms.com

La cabina doccia ad angolo di gusto classico di Burlington è pensata per due persone. È realizzata con ante scorrevoli da 170 cm con pannelli a filo e pannello laterale di 80 cm. In vetro di spessore 8 mm, è alta 195 cm. Prezzo, Iva esclusa, 1.950 euro. www.regia.it

La cabina doccia ad angolo di gusto classico di Burlington è pensata per due persone. È realizzata con ante scorrevoli da 170 cm con pannelli a filo e pannello laterale di 80 cm. In vetro di spessore 8 mm, è alta 195 cm. Prezzo, Iva esclusa, 1.950 euro. www.regia.it

È realizzato in vetro temperato di sicurezza da 8 mm il box doccia Magnum di Ideal Standard con struttura senza telaio. L’apertura è laterale e la porta scorre su ruote regolabili. Misura L 180 x P 90 x H 200 cm. Prezzo del solo box doccia, piatto doccia escluso, 2.148,42 euro. www.idealstandard.it

È realizzato in vetro temperato di sicurezza da 8 mm il box doccia Magnum di Ideal Standard con struttura senza telaio. L’apertura è laterale e la porta scorre su ruote regolabili. Misura L 180 x P 90 x H 200 cm. Prezzo del solo box doccia, piatto doccia escluso, 2.148,42 euro. www.idealstandard.it

Ha profili convessi la cabina doccia Walk In della collezione Oscar Collection di Inda. È realizzata in vetro temprato trasparente di spessore 6 mm. La composizione in foto è formata da una parete di 136-138 cm, una di 30 cm, la terza di 76-78 cm e la quarta di 96-98 cm. Prezzo, Iva esclusa, delle sole pareti 1.242 euro. www.inda.net

Ha profili convessi la cabina doccia Walk In della collezione Oscar Collection di Inda. È realizzata in vetro temprato trasparente di spessore 6 mm. La composizione in foto è formata da una parete di 136-138 cm, una di 30 cm, la terza di 76-78 cm e la quarta di 96-98 cm. Prezzo, Iva esclusa, delle sole pareti 1.242 euro. www.inda.net

Ha profilo bianco seta e lastra trasparente, la cabina doccia a parete Perseo di Arblu con due ante saloon centrali di 140 cm. Dotata di due lati aggiuntivi per il piatto doccia di 90 cm, è alta 200 cm. Prezzo 2.178 euro. www.arblu.it

Ha profilo bianco seta e lastra trasparente, la cabina doccia a parete Perseo di Arblu con due ante saloon centrali di 140 cm. Dotata di due lati aggiuntivi per il piatto doccia di 90 cm, è alta 200 cm. Prezzo 2.178 euro. www.arblu.it

Può essere usato anche in compagnia il box doccia con bagno turco Light XXL di Teuco. Realizzato in cristallo trattato Clean Glass, ha porta con spessore di 8 mm, mentre i fianchi sono spessi 10 mm. Il tetto non disperde il calore e trattiene il vapore. La potenza è di 6,5 kW. Misura L 190 x P 130 cm. Prezzo su richiesta. www.teuco.com

Può essere usato anche in compagnia il box doccia con bagno turco Light XXL di Teuco. Realizzato in cristallo trattato Clean Glass, ha porta con spessore di 8 mm, mentre i fianchi sono spessi 10 mm. Il tetto non disperde il calore e trattiene il vapore. La potenza è di 6,5 kW. Misura L 190 x P 130 cm. Prezzo su richiesta. www.teuco.com

È dotata di porta scorrevole a quattro ante la cabina doccia Pixel di Samo con apertura centrale a porte scorrevoli, di cui due sono fisse con spessore di 6 mm e due apribili spesse 8 mm. In vetro temperato trasparente, ha profili in alluminio brillantato cromo lucido. L’estensibilità è di 187/201 cm, con un’apertura di 77 cm. Prezzo, Iva esclusa, della porta a quattro ante e della parete fissa laterale 1.884 euro. www.samo.it

È dotata di porta scorrevole a quattro ante la cabina doccia Pixel di Samo con apertura centrale a porte scorrevoli, di cui due sono fisse con spessore di 6 mm e due apribili spesse 8 mm. In vetro temperato trasparente, ha profili in alluminio brillantato cromo lucido. L’estensibilità è di 187/201 cm, con un’apertura di 77 cm. Prezzo, Iva esclusa, della porta a quattro ante e della parete fissa laterale 1.884 euro. www.samo.it

Bagno lungo: sfruttare lo spazio e riproporzionarlo

 

Quando il bagno è troppo lungo, specie nelle piccole case, la conseguenza è spesso quella di sprecare inutilmente spazio. La soluzione più frequentemente adottata è allora quella di utilizzare la prima parte del locale come antibagno da dotare magari di un secondo lavabo, con ovvio ma grande vantaggio quando nell’appartamento vivono due persone, oppure di un’armadiatura da usare come ripostiglio o mini lavanderia. Questo permette di riproporzionare l’ambiente e di ottimizzare i centimetri utili. Ecco a titolo di esempio la risposta del nostro architetto per il nostro lettore Massimo.

L’intervento prevede minime opere in muratura, come l’inserimento di un tramezzo a 160 cm dall’accesso al bagno, e la formazione di un antibagno dove poter alloggiare la lavatrice, una piccola armadiatura e un lavabo di cortesia. Nella restante parte del locale di servizio si ridefinisce il posizionamento dei sanitari lungo un’unica parete, in continuità con l’antibagno, per ridurre al minimo gli oneri dovuti allo spostamento degli impianti; in fondo si è previsto un confortevole box doccia. Per  i rivestimenti, il consiglio è di rivestire in ceramica o eventualmente in pietra l’unica parte del bagno dove alloggiano i sanitari e di mantenere bianca l’altra parete con un finitura a gesso tinteggiata a smalto, questa soluzione migliorerebbe l’illuminazione della stanza e consentirebbe sempre una facile gestione delle pulizie.

Progetto dello studio di architettura MODOURBANO, www.modourbano.it

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Stato di Fatto demolizioni e costruzioni Progetto Vista dall'alto

Elettrodomestici: quale detrazione fiscale per l’acquisto

 

Il bonus mobili, collegato agli incentivi per le ristrutturazioni, consiste in una detrazione fiscale del 50% per l’acquisto dell’arredamento e dei grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+ (A per i forni), destinati all’abitazione che è stata rinnovata. Si tratta, quindi, di uno sconto fiscale Irpef del 50% che, indipendentemente dall’importo delle spese sostenute per i lavori edilizi, è applicabile a una spesa massima di 10.000 euro ed è recuperabile anch’esso in 10 rate annuali di pari importo.
Tra gli elettrodomestici sono detraibili: frigoriferi, congelatori, lavatrici, asciugatrici, lavastoviglie, apparecchi di cottura, piastre riscaldanti elettriche, stufe elettriche, apparecchi elettrici di riscaldamento, radiatori elettrici, apparecchi per il condizionamento e ventilatori elettrici. Tra i mobili: cucine, armadi, librerie, scrivanie, letti, materassi, tavoli , sedie, divani, poltrone, lampade, credenze, madie e cassettiere.
Sono scontati anche gli elettrodomestici privi di etichetta energetica se non è obbligatoria per quella tipologia. Si possono scontare dalle tasse anche il trasporto e il montaggio.

Per sapere per quali lavori in casa si può godere del bonus mobili, clicca qui.

Come pagare

Come per le ristrutturazioni, i pagamenti possono essere effettuati tramite bonifico bancario o postale “parlante”, in cui vengono riportati: ● causale del versamento; ● codice fiscale del soggetto che paga; ● codice fiscale o numero di partita Iva del beneficiario del pagamento. Dal 1° gennaio 2015, quando si effettua il bonifico, banche e poste trattengono una quota pari all’8% (la ritenuta prima dell’entrata in vigore della legge di stabilità 2015 era al 4%), come acconto dell’imposta dovuta dall’impresa che ha realizzato i lavori. Solo per il bonus mobili, invece, si può pagare anche con carta di credito o di addebito. Non è consentito, invece, effettuare il pagamento mediante assegni bancari, contanti o altri mezzi di pagamento.

Condizioni per usufruirne

La detrazione si ottiene indicando le spese sostenute nella Dichiarazione dei redditi (Modello 730 o Modello Unico persone fisiche).
● È necessario che la data dell’inizio dei lavori di ristrutturazione (che gode del relativo bonus) preceda quella in cui si acquistano i beni, anche se non sono state ancora pagate le spese. Non è fondamentale, quindi, che le spese di ristrutturazione siano sostenute prima di quelle per l’arredo dell’immobile.
● Come dimostrare la data di avvio dei lavori? Si possono utilizzare eventuali abilitazioni amministrative, dalla comunicazione preventiva all’Asl, se è obbligatoria. Per gli interventi che non necessitano invece di comunicazioni o titoli abilitativi, è sufficiente una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.
● I costi per gli interventi di ristrutturazione devono essere stati sostenuti a partire dal 26 giugno 2012. L’acquisto dei mobili deve essere effettuato nel periodo compreso tra il 6 giugno 2013 e il 31 dicembre 2015.

DOCUMENTI DA CONSERVARE La ricevuta del bonifico e quella di avvenuta transazione (per i pagamenti con carta di credito o di debito), la documentazione di addebito sul conto corrente, nonché le fatture di acquisto dei beni, riportanti la natura, la qualità e la quantità dei beni e dei servizi.

Consumi: stop a caldaie e scaldabagni tradizionali dal 26 settembre

 

Ecorivoluzione dal 26 settembre per caldaie e scaldabagni. Dopo i frigoriferi e i televisori, l’Unione Europea manda in pensione i tradizionali scaldabagni e caldaie che consumano di più, lasciando il posto a impianti efficienti e moderni in grado di garantire le stesse prestazioni ma con consumi notevolmente ridotti.

Obiettivo dell’UE è sostituire in maniera graduale tutte le vecchie apparecchiature con pompe di calore, sistemi ibridi e moderne caldaie a condensazione. Uno stop però graduale visto che sarà ancora consentita la vendita di apparecchiature tradizionali, quindi fino all’esaurimento delle scorte presenti nei magazzini. Viene vietata così la produzione di nuove caldaie che non rispondono ai requisiti di efficienza energetica comunitari. Inoltre al fine di garantire una corretta informazione agli acquirenti, sulle etichette degli apparecchi dovranno essere riportati obbligatoriamente i consumi.

Il tutto si traduce in notevoli risparmi per i consumatori che acquistando una caldaia più efficiente avranno un risparmio sulla bolletta fino al 25-30% rispetto agli impianti tradizionali. Inoltre si ricorda che già ora possono contare sulle detrazioni fiscali del 65% fino al 31 dicembre 2015 (anche se è stata annunciata una proroga al 2016) per sostituire gli impianti obsoleti con pompe di calore o caldaie a condensazione.

Clicca sulle immagini Viessmann per vedere full screen le caldaie a condensazione Vitodens

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Valvole termostatiche: obblighi di legge e installazione

 

L’obbligo di installazione delle valvole termostatiche, previsto dal decreto di recepimento della direttiva 2012/27/Ue sull’efficienza energetica, scatterà a fine 2016 e riguarderà i condomini con riscaldamento centralizzato. L’obiettivo è quello di contenere la spesa energetica delle abitazioni, in linea con il Protocollo 20-20-20 che prevede di diminuire del 20% le emissioni di Co2 e la conversione della stessa percentuale in fonti rinnovabili entro il 2020.

Un anno di tempo per adeguarsi

Il termine del 31 dicembre 2016, fissato per l’adeguamento dell’impianto di ricaldamento, sembra lontano e così la maggior parte dei condomini non ha ancora provveduto all’installazione delle valvole termostatiche. In realtà, le reali tempistiche a disposizione per completare l’installazione sono abbastanza ristrette. «L’installazione delle valvole termostatiche, per non causare disagi agli utenti, deve avvenire quando gli impianti sono spenti, ovvero tra aprile e ottobre» spiega Manuel Castoldi, presidente di Rete Irene, il primo network di imprese lombarde specializzato in riqualificazione energetica. Un lasso di tempo da cui vanno stornati i mesi di vacanza degli italiani. In sintesi, sono appena dodici i mesi reali ancora disponibili per l’adeguamento. Ad oggi la confusione regna sovrana e sono ancora molti i cittadini che ignorano del tutto la necessità di rispettare tale obbligo e l’esistenza di sanzioni per chi trasgredisce (tra i 500 e i 3000 euro per ciascuna unità immobiliare, a seconda delle disposizioni adottate dalle singole Regioni).

Le norme regionali e gli esentati

In due regioni, Piemonte e Lombardia, i termini per l’installazione sono già scaduti (rispettivamente a settembre e ad agosto 2014) anche se al momento non sono previste sanzioni per chi non è in regola (in entrambi i casi, è stata concessa una sospensione fino al 31 dicembre 2016 con sanzioni a decorrere dal 1 gennaio 2017 ma solamente per le violazioni rilevate a partire da tale data). Per tutte le altre regioni, vale il termine ultimo del 31 dicembre 2016. Oltre che per gli impianti autonomi, l’obbligo dell’installazione delle valvole termostatiche e dei contabilizzatori di calore non scatta nel caso ci siano “impedimenti di natura tecnica”. È il caso, ad esempio, di termosifoni molto vecchi e pannelli radianti obsoleti, e più in generale in tutti i casi in cui adeguare l’impianto sarebbe troppo oneroso.

Il risparmio in bolletta

Quando si parla di installazione delle valvole termostatiche la percezione iniziale è quella di un ulteriore esborso di denaro. In realtà la possibilità di avere calore solo dove e quando serve permette di utilizzarne meno e di ridurre il consumo di combustibile necessario a produrlo. Questo comporta prima di tutto un notevole risparmio energetico, che si traduce, ovviamente, in un risparmio anche economico: più efficienza energetica, meno consumo, meno spese. Basti solo pensare che, grazie alle valvole, abbassando di appena un grado la temperatura di casa, si ottiene un risparmio del 7% sulla bolletta e che, oltre al portafogli, anche l’ambiente ne beneficia: l’istallazione dei dispositivi per la termoregolazione e ripartizione del calore apporta infatti una riduzione significativa delle emissioni di CO2 fino al 50%. Adeguarsi alla normativa significa, in concreto, vantaggi in termini di risparmio, maggior comfort, tutela dell’ambiente, investimento economico, detrazione fiscale della spesa (pari al 55%), IVA agevolata e una migliore efficienza energetica.

10 regole per ridurre i consumi e usare bene le valvole

  1. Non esagerare con le temperature. Le valvole termostatiche sono dotate di una manopola che serve per graduare l’emissione di calore dei radiatori, in modo da adeguarlo alla stagione agli inverni sempre più miti. Così, se a gennaio e febbraio si può anche metterla al massimo, nei mesi di ottobre, marzo e aprile è bene tenere i caloriferi al minimo.
  2. Ogni stanza deve avere la sua temperatura. Bassa dove non serve, più alta nelle stanze più frequentate: 20 °C nel soggiorno e 18 °C nelle camere è più che ragionevole. Ogni grado di temperatura in più comporta un aumento dei consumi di circa il 7%. Ciò significa che passando da 20 a 23 gradi il consumo aumenta del 20%.
  3. Non coprire i caloriferi. Se si vuole che le valvole abbiano realmente il loro effetto, evitare di “soffocare” i radiatori con tendaggi pesanti, mensole, copricaloriferi o indumenti bagnati, che alterano la misurazione del calore da parte del sensore.
  4. Arieggiare spesso e per poco. Per ricambiare l’aria sono sufficienti 5 minuti con le finestre bene aperte: tutto il tempo in più farà solo raffreddare l’ambiente con un conseguente aumento dei consumi necessari a riportare il livello di temperatura a quello desiderato.
  5. In caso di assenze da casa per qualche ora, non chiudere la valvola per poi portarla in posizione massima al rientro. Il consumo di energia sarà superiore all’energia che si sarebbe consumata mantenendo l’ambiente a temperatura costante.
  6. Non spegnere i caloriferi. Anche in caso di assenze prolungate da casa (ad esempio, per la settimana bianca), regolare la temperatura dei caloriferi al minimo, in modo da non doverla scongelare al rientro con un eccessivo dispiego di calore.
  7. Se il termosifone è freddo o appena tiepido, soprattutto nella parte inferiore, non significa che è rotto, ma che la temperatura ambiente desiderata è stata raggiunta.
  8. Quando ad aprile il riscaldamento viene spento, è bene aprire al massimo (posizione 5) il comando della valvola termostatica, per evitare che il dispositivo interno possa essere otturato da impurità presenti nel circuito
  9. Condividere con gli altri condomini le informazioni sul corretto utilizzo delle valvole e gli effettivi benefici sulla riduzione dei consumi. Ne gioverà la bolletta di tutti.
  10. Attenzione alla professionalità di chi le installa. Meglio affidarsi a un’azienda qualificata per la corretta progettazione e installazione dell’impianto, che deve offrire assistenza diretta all’utente sul corretto utilizzo.

Realizzato unicamente da tubi quadrati, lo scaldasalviete T.o.T Q di Deltacalor abbina design e prestazioni termiche. www.deltacalor.com

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Valvole termostatiche: obblighi di legge e installazione
redattore
Sun, 27 Sep 2015 05:00:45 GMT

Nuove Linee guida Abi per la valutazione degli immobili

 

nuove-linee-guida-abi-valutazione-immobili
È stata pubblicata alcuni giorni fa la bozza inerente le “Nuove linee guida per la valutazione degli immobili”, al fine di permette agli operatori del mercato nazionale di inviare proposte entro il 27 settembre 2015. Il tutto per assicurare la massima trasparenza nella valutazione degli immobili, dati in garanzia nel mercato ipotecario, e come ulteriore aggiornamento, in base alle revisioni delle normative internazionali avvenute negli ultimi anni.

Consultazione sulle linee guida

In merito a quanto si legge sul sito dell’Abi le parti firmatarie del Protocollo d’intesa per lo sviluppo del mercato delle valutazioni immobiliari, sottoscritto a Roma il 20 novembre 2010, hanno condiviso le “Linee guida per la valutazione degli immobili in garanzia delle esposizioni creditizie” finalizzate a:

  • perseguire gli obiettivi di trasparenza ed efficienza del mercato mediante l’adozione di principi e standard internazionalmente riconosciuti;
  • rispondere ai principi introdotti dalle disposizioni di vigilanza prudenziale nelle Istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia con circolare del 27 dicembre 2006, n. 263, Titolo II, Capitolo I, Sezione IV (che ha recepito la Direttiva europea sulla vigilanza bancaria 2006/48 – Capital requirement directive) nonché del Regolamento Ue n. 575/2013 del 26 giugno 2013 relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi.

A fronte però delle revisioni delle normative e dei regolamenti, in riferimento agli standard internazionali ed europei, è stato richiesto l’aggiornamento delle Linee guida e la possibilità di inviare osservazioni o commenti al testo della bozza, da parte di tutti i soggetti interessati, entro il 27 settembre.

Trasparenza e modernizzazione nella valutazione degli immobili

“Le Linee guida per la valutazione degli immobili in garanzia delle esposizioni creditizie” sono state elaborate al fine di:

  • assicurare la massima trasparenza nella valutazione degli immobili dati in garanzia nel mercato ipotecario;
  • rispondere alle disposizioni di vigilanza dettate dalla Circolare della Banca d’Italia n. 263/2006;
  • garantire anche all’Italia, come avviene negli altri paesi europei, specifiche linee guida per il comparto.

Tali Linee guida è bene sottolineare che sono state condivise tra tutti gli ordini professionali dei periti, le principali società di valutazioni immobiliare e Tecnoborsa (società della Camera di commercio di Roma specializzata nel mercato immobiliare).

“La trasparenza e la corretta valutazione degli immobili rappresenta infatti un elemento essenziale per garantire la stabilità dell’industria bancaria” si legge nel testo di bozza  “sia nelle operazioni di erogazione dei crediti che nelle emissioni/acquisizioni di titoli rivenienti da operazioni di cartolarizzazione e di obbligazioni bancarie garantite”. L’obiettivo che si intende perseguire è “di introdurre principi che consentano di eseguire valutazioni degli immobili a garanzia dei crediti secondo parametri di certezza del prezzo e trasparenza nei confronti di tutti gli stakeholder sia privati (clienti mutuatari, agenzie dirating, ecc.) che Istituzionali (Banca d’Italia, Agenzia delle Entrate già Agenzia delTerritorio, ecc.), nell’ottica di concorrere a modernizzare il mercato delle valutazioni immobiliari, rendendolo più efficiente, dinamico ed integrato a livello europeo”.

Valutazione immobiliare: i punti chiave della bozza

Vediamo quindi nello specifico quali sono i cardini  su cui si  farà leva per l’aggiornamento del testo:

  • preliminare alla valutazione immobiliare;
  • i principi e i concetti generali per svolgere una valutazione immobiliare;
  • i requisiti e il contenuto del rapporto di valutazione (il metodo del confronto di mercato, il metodo finanziario e il metodo dei costi);
  • la modalità di valutazione degli immobili in sviluppo, compreso il calcolo dello stato di avanzamento dei lavori e le modalità di misurazione di un immobile;
  • il riesame della valutazione svolta dal perito ad opera di un altro perito, che esercita un giudizio imparziale;
  • le definizioni dei valori diversi dal valore di mercato utilizzati per altri fini;
  • le definizioni per gli operatori del mercato ( principi, standard, regole e procedure per la corretta valutazione in base alle disposizioni normative e regolamentari vigenti aggiornando, rispetto alla precedente versione, i riferimenti delle fonti e la terminologia utilizzata nel rispetto, peraltro, delle metodologie e prassi di valutazione riconosciute a livello internazionale e nazionale).

Ci tengono però a precisare dall’Abi che “il lavoro non è da ritenersi esaustivo di tutte le svariate problematiche operative ma è volto a rappresentare un quadro aggiornato e completo di norme basilari finalizzate alla redazione del rapporto di valutazione per i soggetti finanziatori”.

Tasse abolite sulla prima casa: la promessa di Renzi

 

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Un tweet di Renzi di qualche giorno fa ha annunciato che a dicembre saranno abolite le tasse sulla prima casa. Per cercare di ripartire in uno dei settori che in questi ultimi anni ha effettivamente subito dei collassi, ma che è anche stato in grado di rialzarsi. Vediamo allora quali potrebbero essere effettivamente i tagli apportati e quali sono le promesse esposte dal premier nell’ultimo periodo, attraverso cui potrebbero beneficiare di sgravi molte famiglie italiane.

16 dicembre: ultimo giorno di tassa

“Il 16 dicembre sarà l’ultimo giorno in cui si pagherà la tassa sulla prima casa, poi tornerà ad essere esente dalle tasse” . E’ questo quanto garantito dal premier Renzi, che prevede come prima tappa del 2016 proprio l’abolizione della Tasi. “Ci dicono che favoriamo i ricchi” – ha ammesso il presidente del Consiglio, durante un’ intervista a ‘Porta Porta’ – “chi è stato 30 anni a lavorare e a spezzarsi la schiena è giusto non paghi niente, chi ha la seconda, la terza, la quarta, è giusto che paghi le tasse”. Scegliere così di impiegare le risorse per il taglio alle tasse sulla prima casa, sarà un “messaggio chiaro di serenità che aiuterà gli italiani a far ripartire i consumi e soprattutto aiuterà l’edilizia”.

L’economia infatti, a quanto dichiara Matteo Renzi sta dando messaggi di equilibrio: “stiamo ripartendo, dopo tre anni di segno meno è tornato il segno più del Pil”.

Il rimborso ai Comuni

Per quanto riguarda i Comuni, il presidente del Consiglio ha assicurato: “daremo ai sindaci un assegno corrispondente al taglio dell’Imu e della Tasi” in quanto quello che “togliamo ai comuni lo restituiamo paro paro, non è che poi aumentiamo le tasse. Su questo mi impegno assolutamente”. Perché effettivamente la tassazione in Italia è “esagerata” – continua Renzi – “ e bisogna abbassare le imposte. Ma per farlo non basta un anno. Credo sia giusto che sulla prima casa non si paghino le tasse”.

La paura di molti infatti è che tagliando l’Imu e la Tasi poi nascano degli oneri da parte dei Comuni. In precedenza infatti sia il presidente dell’Anci, che Piero Fassini avevano dichiarato che i comuni sono favorevoli all’eliminazione delle tasse, a patto che questo però non influisca negativamente. Poiché ad oggi solo queste sono il “principale tributo sulla base del quale i Comuni erogano i servizi”.

Abolizione Imu e Tasi? Un’occasione da non perdere

Il Presidente Ance, Claudio De Albertis ha commentato con entusiasmo le parole di Renzi dichiarando che  “è un’occasione che non possiamo perdere e le parole del Premier mi pare vadano in questa direzione. Dobbiamo agganciare la ripresa facendo diventare più forti e competitive le nostre imprese che possono e anzi devono giocare un ruolo di primo piano per la riqualificazione dei nostri centri urbani”.

Tanto che l’auspicio è quello di concentrarsi “sulla riqualificazione delle nostre città avviando un grande processo di rottamazione e sostituzione di tutti gli edifici inquinanti, energivori e poco sicuri che non rispondono alle esigenze dei cittadini di oggi e né tanto meno a quelli di domani”. Un obiettivo facile e possibile? A quanto pare sì, secondo Claudio De Albertis che dichiara che questo potrà realizzarsi  “coinvolgendo tutta la filiera delle costruzioni che deve essere protagonista del processo di rigenerazione urbana, vero e proprio driver di crescita e sviluppo per il Paese.”

“Gli strumenti economico-fiscali per rendere possibile tutto questo ci sono e come Ance abbiamo elaborato un pacchetto di proposte che mirano a favorire l’acquisto e l’affitto di alloggi ad alta efficienza energetica che ci auguriamo vengano messi presto in campo” ha concluso De Albertis .

Risparmio di oltre 200 euro l’anno

Se quanto promesso da Matteo Renzi si verificherà nel 2016 gli italiani avranno un risparmio consistente durante l’anno. Sette famiglie su dieci beneficerebbero di uno sgravio di circa 204 euro annui che, sommati agli 80 euro al mese di bonus Irpef, diventerebbero 1.164 euro all’anno. Il presidente del Consiglio ha anche ribadito che per il 2017 penserà  all’Ires e nel 2018 all’Irpef. Rafforzando così le promesse fatte dal governo.

Parole di elogio per la proposta dell’abolizione Imu e Tasi anche dal dott. Alberto Zanni, presidente di Confabitare: “Ben venga quindi l’abbattimento delle imposte sugli immobili, perché non sfugge a nessuno che il crollo delle compravendite registrato in questi ultimi anni è dovuto anche, se non principalmente, all’intollerabile peso fiscale che grava tuttora sui proprietari di casa”.

Immobile pignorato: sempre dovute le spese condominiali

 

Se ho presentato richiesta di rateazione Equitalia puo iscrivere ipoteca sulla casa

Le spese condominiali sono dovute anche se l’immobile è pignorato e in ogni caso il condomino non può sollevare vizi della decisione assembleare sulle spese nell’opposizione a decreto ingiuntivo se non ha impugnato tempestivamente la delibera.

Il condomino è tenuto a pagare le spese condominiali anche se il proprio appartamento è soggetto a pignoramento immobiliare. Difatti, fino a quando un nuovo soggetto non subentra nella proprietà dell’immobile, resta immutato l’obbligo di contribuzione alle spese di condominio, a prescindere dal fatto che il proprietario non abbia di fatto la disponibilità del bene perché pignorato. È quanto ha precisato il Giudice di Pace di Palermo con una recente sentenza [1], richiamando la giurisprudenza della Cassazione in materia [2].

Le obbligazioni di pagamento delle spese di condominio seguono il diritto di proprietà dell’immobile. Ne deriva che il condomino che è ancora proprietario dell’immobile non può esimersi dal versamento delle rate dovute adducendo come giustificazione il fatto che il suo appartamento sia stato pignorato.

Il pignoramento immobiliare infatti non comporta la perdita di proprietà del bene fino a quando non si procede alla vendita forzata o all’aggiudicazione.

Il trasferimento della proprietà e quindi dell’obbligo di pagamento delle spese di condominio avviene solo a seguito del subentro di un nuovo soggetto nella proprietà dell’immobile, cioè nuovo acquirente o aggiudicatario.

Più precisamente la legge [3] prevede che chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidalmente con questo, al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso ed a quello precedente. Per le spese ancora anteriori è tenuto esclusivamente il precedente proprietario.

In sintesi, fino a quando non si procede alla vendita forzata o all’aggiudicazione dell’immobile pignorato, il proprietario resta tale e deve adempiere a tutti gli obblighi connessi alla propria posizione. È dunque legittimo il decreto ingiuntivo azionato dal condominio per ottenere gli importi non pagati dal condomino.

La sentenza in questione definisce anche un altro aspetto molto rilevante dal punto di vista processuale in tema di delibere condominiali. Queste ultime, devono essere impugnate secondo il regime stabilito dal codice civile [4] e cioè nel termine perentorio di trenta giorni, decorrenti dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti.

Decorso inutilmente tale termine, l’efficacia della delibera assembleare diventa incontestabile per tutti, per effetto del principio di maggioranza [5].

Tale è il regime applicabile nelle ipotesi di annullabilità delle delibere assembleari, ferma restando l’impugnabilità in qualsiasi tempo e da chiunque vi abbia interesse delle delibere nulle o inesistenti.

Ebbene il condomino che vuole denunciare vizi formali o sostanziali della delibera assembleare che ha statuito in ordine al pagamento delle spese condominiali, deve agire entro il termine di trenta giorni altrimenti la delibera non è più contestabile. Ciò vuol dire che se non impugna la delibera entro tale termine, non può poi denunciare i presunti vizi nell’opposizione al decreto ingiuntivo con il quale gli viene intimato il pagamento delle spese condominiali.

Il giudice precisa infatti che il codice civile non ammette una diversa forma di invalidazione individuale della delibera assembleare, “non essendo consentito al singolo, una volta intervenuta l’approvazione da parte del condominio, rimettere in discussione i provvedimenti adottati a maggioranza, se non nella forma della impugnazione della delibera”.

Note

[1] GdP di Palermo, sent. del 26.6.15.

[2] Cass. sent. n. 6323/2003; n. 23291/2006.

[3] Art. 63, c. 2, disp. att. cod. civ.

[4] Art. 1137 cod. civ.

[5] Cass. sent. n. 9787/1997.

Autore immagine: 123r

Come sospendere le rate del mutuo ipotecario

 

Adeguamento Istat - Soldi

Ho contratto un mutuo ipotecario per l’acquisto della prima casa: al momento sono in difficoltà economiche e con un reddito di 800 euro al mese: posso chiedere la sospensione delle rate future?

Sebbene l’intenzione iniziale del legislatore fosse quella di concedere la sospensione delle rate dei finanziamenti per ben 3 anni, senza necessità, per il cittadino, di addurre alcuna motivazione o di dimostrare sopravvenute esigenze di natura economica, le intese successivamente raggiunte con le banche sono state di diverso contenuto. In particolare l’accordo tra Abi e associazioni dei consumatori concede una sospensione delle rate del mutuo per massimo un anno e per non più di una volta soltanto nel triennio 2015–2017. L’intesa scade, peraltro, proprio nel 2017.

In ogni caso, la sospensione delle rate del mutuo viene concessa non a chiunque ne faccia richiesta, ma solo in presenza di determinate condizioni. Eccole.

Quali sono i soggetti che possono presentare la domanda?

Possono presentare la domanda di sospensione solo coloro che si trovino in condizioni di difficoltà economica determinata da:

a- cessazione del rapporto di lavoro subordinato, a esclusione del caso in cui la cessazione sia dovuta a dimissioni volontarie, risoluzione per limiti di età pensionabile, licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo;

b- cessazione del rapporto di lavoro parasubordinato (agenzia, rappresentanza commerciale, contratti di collaborazione continuativa e a progetto), esclusi i casi in cui la cessazione sia dovuta a risoluzione consensuale, recesso datoriale per giusta causa, recesso del lavoratore non per giusta causa;

c- sospensione del rapporto di lavoro o riduzione dell’orario di lavoro per un periodo di almeno di 30 giorni, anche in attesa dell’emanazione dei provvedimenti di autorizzazione dei trattamenti a sostegno del reddito (cassa integrazione, ammortizzatori sociali in deroga, fondi di solidarietà);

d- morte o insorgenza di condizioni di non autosufficienza.

Queste situazioni devono coinvolgere il soggetto intestatario (o uno dei cointestatari) del mutuo o del finanziamento ed essersi verificate entro 2 anni dalla presentazione della richiesta.

Per quali tipi di prestiti è consentita la sospensione?

I termini dell’Accordo per mutui e finanziamenti comprendono le seguenti tipologie di prestiti bancari:
– i mutui garantiti da ipoteche su immobili destinati ad abitazione principale;
– il credito al consumo di durata superiore a 24 mesi con piano di ammortamento “alla francese”;
erogati a persone fisiche.

Per quanto riguarda i crediti al consumo, il prestito deve essere di almeno 24 mesi, con un piano di rientro a rate costanti (tecnicamente, alla francese), rivolto a persone fisiche, indipendentemente dal tasso applicato.

Cosa viene sospeso con la presentazione della domanda?

La sospensione riguarda unicamente la quota capitale del mutuo, e non già la quota di interessi. Dunque, il mutuatario dovrà continuare, durante l’anno di sospensione delle rate, a pagare comunque gli interessi che matureranno sul capitale “bloccato”. Peraltro l’ammontare degli interessi va calcolato sull’intero debito residuo. Questa condizione potrebbe rendere poco vantaggioso il beneficio in commento;

Chi non può ottenere la sospensione della rata del mutuo?
Innanzitutto sono esclusi dal beneficio coloro che abbiano maturato un debito eccessivo con la banca: in pratica, non devono esservi rate scadute e non pagate per un periodo superiore a 90 giorni.
Sono inoltre esclusi:

– i finanziamenti che hanno già fruito di misure di sospensione per un periodo di 12 mesi;

– i finanziamenti che fruiscono di agevolazioni pubbliche (nella forma di garanzia, contributi in conto capitale o in conto interessi, provvista agevolata);

– i finanziamenti per i quali sia stata stipulata un’assicurazione a copertura del rischio d ’insolvenza, purch é l’assicurazione sia attiva nel periodo della sospensione;

– i finanziamenti assistiti dalla cessione del quinto dello stipendio o della pensione;

– i finanziamenti strutturati con carta di credito revolving o come aperture di credito.

Come si presenta la domanda?

La domanda va presentata direttamente alla banca, che si impegna a fornire un parere positivo o negativo che sia entro 20 giorni lavorativi.

Il richiedente può presentare la domanda, attraverso dichiarazione sostitutiva delle proprie personali condizioni, al soggetto erogatore del prestito (le banche e le società di finanziamento che hanno aderito all’Accordo).

La sospensione è operativa entro 30 giorni dall’accoglimento della richiesta da parte del soggetto gestore. Il termine è di 45 giorni nel caso di finanziamenti cartolarizzati da obbligazioni bancarie.

Il cliente può, in qualsiasi momento, chiedere il riavvio del piano di ammortamento.

Che succede dopo il periodo di sospensione?

Al termine del periodo di sospensione, riprende l’applicazione dell’ammortamento, con il conseguente allungamento del piano di ammortamento per una durata pari al periodo della sospensione.

Alla luce di quanto sopra, se il cliente della banca, che ha contratto mutuo ipotecario per l’acquisto della prima casa, non è moroso da più di 90 giorni e si trovi, per esempio, in stato di disoccupazione sopravvenuta (non determinata da una sua condotta), ha diritto ad ottenere la sospensione del pagamento della quota capitale della rata del mutuo, per un periodo che non può superare i 12 mesi.
Tuttavia, come risulta dall’accordo siglato da Abi e Consumatori è facoltà di ogni singola banca concedere tale sospensione a condizioni migliorative.

domenica 20 settembre 2015

Per le polizze sui mutui serve più chiarezza

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Polizze assicurative a protezione del finanziamento più chiare, meglio profilate sul cliente e in molti casi (ma non sempre) più economiche. Sono le novità a cui dovrebbe trovarsi di...

Per le polizze sui mutui serve più chiarezza
Adriano Lovera
Thu, 17 Sep 2015 12:24:18 GMT

Ecobonus: la mini guida sulla detrazione per risparmio energetico

 

Fino al 31 dicembre 2015 (anche se si parla già di una riconferma nel 2016) per chi effettua lavori di risparmio energetico sulla propria abitazione si potrà fruire dell’ecobonus, la detrazione dall’Irpef nella misura del 65%. Ecco una mini guida con tutte le informazioni più importanti. Innanzitutto c’è da dire che l’ecobonus  è un’agevolazione fiscale consistente in detrazioni dall’Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche) o dall’Ires (Imposta sul reddito delle società) ed è concessa quando si eseguono interventi che aumentano il livello di efficienza energetica degli edifici. In particolare lo sconto fiscale è  riconosciuto se le spese sono state sostenute per:

  • la riqualificazione energetica di edifici esistenti  (per questi interventi il valore massimo della detrazione fiscale è di 100.000 euro. Rientrano in questa tipologia i lavori che permettono il raggiungimento di un indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale non superiore ai valori definiti dal decreto del Ministro dello Sviluppo economico dell’11 marzo 2008 – Allegato A)
  • gli interventi sull’involucro degli edifici (per tali interventi il valore massimo della detrazione fiscale è di 60.000 euro. Si tratta degli interventi su edifici esistenti, parti di edifici esistenti o unità immobiliari esistenti, riguardanti strutture opache orizzontali (coperture, pavimenti), verticali (pareti generalmente esterne), finestre comprensive di infissi, delimitanti il volume riscaldato, verso l’esterno o verso vani non riscaldati, che rispettano i requisiti di trasmittanza “ U ” (dispersione di calore), espressa in W/m 2K, definiti dal decreto del Ministro dello Sviluppo economico dell’11 marzo 2008 e successivamente modificati dal decreto 26 gennaio 2010)
  • l’installazione di pannelli solari ( il valore massimo della detrazione fiscale ammesso per tali interventi è di 60.000 euro. Per interventi di installazione di pannelli solari si intende l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda per usi domestici o industriali e per la copertura del fabbisogno di acqua calda in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e università)
  • la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale (per tali interventi il valore massimo della detrazione fiscale è di 30.000 euro. Per lavori di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale si intende la sostituzione, integrale o parziale, di impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione).

Dal 1 gennaio 2015 inoltre sono ammessi all’agevolazione anche altre due tipologie di interventi:

  • l’acquisto e la posa in opera delle schermature solari indicate nell’allegato M del decreto legislativo n. 311/2006, fino a un valore massimo della detrazione di 60.000 euro
  • l’acquisto e la posa in opera di impianti di climatizzazione invernale dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili, fino a un valore massimo della detrazione di 30.000 euro.

La detrazione deve essere ripartita in dieci rate annuali di pari importo e il limite massimo di risparmio ottenibile con la detrazione (100.000, 60.000 e 30.000 euro, a seconda della tipologia di intervento realizzato) va riferito all’unità immobiliare oggetto dell’intervento stesso. Pertanto, va suddiviso tra i soggetti detentori o possessori dell’immobile che partecipano alla spesa, in ragione dell’onere effettivamente sostenuto da ciascuno.
Per quanto riguarda proprio le spese queste devono essere pagate mediante bonifico bancario o postale in cui vanno indicati:

  • la causale del versamento
  • il codice fiscale del beneficiario della detrazione
  • il numero di partita Iva o il codice fiscale del soggetto a favore del quale è effettuato il bonifico (ditta o professionista che ha effettuato i lavori).

Sul bonifico, le banche e le Poste Italiane Spa devono operare una ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dall’impresa che effettua i lavori che dal 1 gennaio 2015 è pari all’8%.

Per poter beneficiare dell’agevolazione occorre acquisire specifici documenti che sono:

  • l’asseverazione di un tecnico abilitato che consente di dimostrare che l’intervento realizzato è conforme ai requisiti tecnici richiesti (in alcuni casi questo documento può essere sostituito da una certificazione dei produttori , per esempio, per interventi di sostituzione di finestre e infissi o per le caldaie a condensazione con potenza inferiore a 100 kW)
  • l’attestato di certificazione (o qualificazione) energetica, che comprende i dati relativi all’efficienza energetica propri dell’edificio che deve essere prodotta dopo l’esecuzione degli interventi, utilizzando procedure e metodologie approvate dalle singole Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano
  • la scheda informativa relativa agli interventi realizzati, redatta secondo lo schema riportato nell’allegato E del decreto attuativo o allegato F, se l’intervento riguarda la sostituzione di finestre comprensive di infissi in singole unità immobiliari o l’installazione di pannelli solari. Essa deve contenere i dati identificativi del soggetto che ha sostenuto le spese e dell’edificio su cui i lavori sono stati eseguiti, la tipologia di intervento eseguito e il risparmio di energia che ne è conseguito, nonché il relativo costo, specificando l’importo per le spese professionali e quello utilizzato per il calcolo della detrazione.

Ma oltre ai documenti da acquisire, per poter fruire dell’ecobonus altri vanno trasmessi. In particolare entro 90 giorni dalla fine dei lavori occorre trasmettere all’Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile la copia dell’attestato di certificazione o di qualificazione energetica (allegato A del decreto)  e la scheda informativa (allegato E o F del decreto), relativa agli interventi realizzati.

Attenzione: la data di fine lavori, dalla quale decorre il termine per l’invio della documentazione all’Enea, coincide con il giorno del cosiddetto “collaudo” (e non di effettuazione dei pagamenti). Se poi in base alla tipologia di intervento effettuato non è previsto il collaudo, il contribuente può provare a data di fine lavori con altra documentazione emessa da chi ha eseguito i lavori (o dal tecnico che compila la scheda informativa).

La trasmissione dei documenti sopra indicati ad Enea deve avvenire in via telematica, attraverso il sito internet  (www.acs.enea.it) oppure a mezzo raccomandata con ricevuta semplice, sempre entro il termine di 90 giorni dal termine dei lavori, solo ed esclusivamente quando la complessità dei lavori eseguiti non trova adeguata descrizione negli schemi resi disponibili dall’Enea all’indirizzo: ENEA – Dipartimento ambiente, cambiamenti globali e sviluppo sostenibile Via Anguillarese 301 – 00123 Santa Maria di Galeria (Roma).

Dall’anno scorso infine è stato eliminato l’obbligo di comunicare all’Agenzia delle Entrate gli interventi che proseguono oltre il periodo d’imposta.

Acquisto prima casa in leasing, detrazioni per under 35

 

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Attraverso un disegno di legge presentato dalla senatrice del PD Camilla Fabbri si sta discutendo al Senato la proposta di agevolazione, per gli under 35 che acquistano la prima casa tramite leasing. Vediamo allora cosa prevede questa proposta, quali sono i vantaggi di detrazione e soprattutto come funziona la locazione finanziaria.

Cos’è il leasing?

E’ una forma di finanziamento, attraverso cui, in cambio di un canone periodico, il soggetto ha la possibilità di ottenere l’utilizzo di un bene. Acquisendo poi, alla fine del termine di contratto, con l’aggiunta di una quota prefissata, la proprietà. Il vantaggio risiede proprio nella quota, che è inferiore al valore del bene sul mercato. Ed ecco che si parla di leasing.

Detrazione fiscale del 19%

In base al ddl presentato ad aprile,  si applicherebbe una detrazione fiscale del 19% fino ad un massimo di 15 mila euro annui, per tutti i giovani under 35, con un reddito fino a 55 mila euro, che decidano di ricorrere alla locazione finanziaria.

Inoltre, per favorire poi l’acquisto del bene, il ddl prevede che vi sia una detrazione del 19% del costo dell’acquisto dell’immobile, per un importo non superiore a 20 mila euro.

Detrazioni anche per gli over 35 e imprese di costruzione

Le agevolazioni si applicano anche agli over 35, ridotte al 50%, alla condizione che questi non abbiano una casa  e non superino i 55 mila euro annui, al momento della stipula del contratto.

Mentre per le imprese di costruzione, il disegno porta dei vantaggi e questi riguardano:

  • cessioni di immobili – anche da costruire- derivanti da contratti di leasing;
  • le imposte di registro – ipotecaria e catastale- sono dovute in misura fissa.

Mentre le imprese che realizzano interventi di ristrutturazione straordinaria di immobili di proprietà, potranno contare, in caso di conseguimento dei requisiti antisismici e di classificazione energetica A e B dell’immobile ristrutturato e delle unità abitative dell’immobile alla stipula dei contratti di leasing, su un credito d’imposta pari al 5% o al 2% delle spese sostenute per la ristrutturazione o per la ricostruzione.

Immobili ad alta prestazione energetica

Per favorire poi l’acquisto di abitazioni ad alta prestazione energetica ed immobili nuovi invenduti, il ddl riconosce al soggetto che eserciti l’opzione finale di acquisto, un credito di imposta del 5% del costo dell’acquisto dell’immobile, con classe energetica A, o del 20% del costo di acquisto dell’immobile con classe energetica B.

I fondi stanziati per il ddl

In base a quanto dichiarato il ddl stima uno stanziamento di 5 milioni di euro per l’anno 2015. Mentre si parla di 12,5 milioni di euro per l’anno 2016 e di 25 milioni di euro per l’anno 2017.

“Questo strumento -dichiara Camila Fabbri – può contribuire alla crescita del Paese, favorendo il settore dell’edilizia. Ma quello che dobbiamo sottolineare è il suo valore sociale: si tratta di un provvedimento rivolto ai giovani che incontrano difficoltà nel reperire un’abitazione, essendo complesso soprattutto l’accesso al mutuo”. Inoltre sottolinea la senatrice, che il provvedimento potrebbe rivolgersi ad un pubblico di giovani molto vasto.  “Stiamo infatti parlando, sulla base dei dati forniti dal Mef, di una platea potenziale di 151 mila giovani che potrebbero trarne beneficio”.

Mutui agevolati per giovani

Al momento le agevolazioni in vigore riguardano il Fondo di Garanzia governativo Mutui acquisto e ristrutturazione prima casa, introdotto dalla Legge di Stabilità 2014. Con priorità di accesso per i genitori single con figli a carico, giovani coppie sposate, coppie di fatto da almeno due anni e giovani sotto i 35 anni di età con contratto di lavoro atipico.

Ovviamente ci sono dei requisiti da rispettare e riguardano:

  • stipula di un mutuo prima casa il cui importo massimo sia di 250 mila euro;
  • l’immobile deve essere di classe energetica A, B o C;
  • il finanziamento è valido solo per l’acquisto prima casa o per ristrutturazione e riqualificazione energetica;
  • non si devono possedere altri immobili ad uso abitativo, ad esclusione di quelli derivati da successione a causa di morte.

Il Fondo varato dal governo è volto a dare un’ulteriore spinta allo sviluppo del mercato dei mutui che già nel 2014 ha dato segnali di forte ripresa (+32,5% rispetto al 2013 per un ammontare complessivo di circa 25,3 miliardi di euro). A febbraio 2015, primo mese di piena operatività del Fondo di garanzia per la casa, sono stati erogati 27,7 milioni di euro.

Caldaie e scaldabagni: regole di installazione dei nuovi impianti termici

 

Caldaie e scaldabagni regole di installazione dei nuovi impianti termici

Condominio: come installare negli edifici condominiali, nel rispetto delle norme di legge, scaldabagni e ogni altro impianto termico: vademecum per amministratori e comproprietari.

Sono sovente fonte di discussione le installazioni, in ambito condominiale, di nuovi impianti termici e, in particolare, di nuovi scaldabagni e/o di caldaie a gas.

Amministratori e condomini sono talora all’oscuro della regolamentazione, di recente introdotta, che richiede particolari cautele per poter installare per la prima volta o per sostituire impianti già esistenti. Ed allora occorre avere ben presenti le regole vigenti onde evitare che si possano addirittura gettar via ingenti quantità di danari spesi per installazioni che si rivelino, poi, non a norma.

Chiariamo anzitutto che la normativa oggi in vigore [1] stabilisce che tutti gli impianti termici (anche semplicemente quelli per produrre acqua calda) che siano stati installati a partire dal 31 di agosto del 2013 devono essere obbligatoriamente collegati a sistemi di evacuazione dei gas prodotti (canne fumarie ad esempio) che convoglino i residui della combustione necessariamente al di sopra del livello del tetto della costruzione.

Questa fondamentale regola, che impegna perciò anche il progettista dell’impianto a tenerne conto, può non essere applicata soltanto negli specifici casi anch’essi individuati dalla normativa vigente.

Le eccezioni alla regola dello sbocco dei fumi al di sopra del livello della sommità dell’edificio sono le seguenti:

– casi di riqualificazione energetica dell’impianto nel cui ambito si sostituiscano i generatori individuali di calore che siano stati installati prima del 31 agosto 2013 e che siano dotati di scarico a parete oppure di una canna collettiva;

– casi in cui la realizzazione dello scarico dei fumi al di sopra del tetto risulti non compatibile con eventuali norme (nazionali, regionali o locali) poste a tutela degli edifici sui quali l’intervento debba essere realizzato;

– casi in cui il progettista attesti essere tecnicamente impossibile la realizzazione dello scarico dei fumi al di sopra del livello del tetto della costruzione;

– casi in cui in edifici con più appartamenti vengano avviate ristrutturazioni di impianti termici già installati se essi, nella loro originaria conformazione, non siano dotati di canne fumarie, camini o sbocchi dei fumi di combustione al di sopra del tetto della costruzione e che possano essere adeguabili alla applicazione di apparecchi per la condensazione;

– casi in cui siano installati uno o anche più generatori ibridi (con almeno una caldaia a condensazione a gas ed una pompa di calore) che siano dotati di idonea certificazione.

Al di fuori, dunque, dei casi testé evidenziati, sarà obbligatorio progettare e, poi, installare impianti termici dotati di camini o altri sistemi di sbocco dei fumi fin sopra il livello del tetto dell’edificio condominiale.

Sarà perciò necessario che amministratori, condomini e progettisti siano al corrente delle regole e delle accennate eccezioni per evitare contestazioni successive all’installazione oltre che sanzioni da parte delle Autorità comunali preposte alla vigilanza.

Sanatoria per l’accertamento fiscale nullo senza ricorso nei 60 giorni

 

Sanatoria per accertamento fiscale nullo senza ricorso nei 60 giorni

Atti notificati dall’Agenzia delle Entrate: anche in presenza di vizi di nullità macroscopici, ci sono termini ristrettissimi per far accertare il vizio e annullare la pretesa fiscale.

Gli atti notificati dal fisco (in prima linea, l’Agenzia delle Entrate, ma nel mirino potrebbe finire anche Equitalia), anche se nulli, per poter essere definitivamente cancellati e non dar luogo ad alcun tipo di conseguenza, devono essere impugnati entro i termini di legge (di norma, 60 giorni): diversamente la nullità si sana, l’atto si consolida (ossia diventa definitivo) e il vizio non può più essere fatto valere in un successivo momento. Risultato: anche se oggetto di una pretesa esattoriale palesemente ingiusta, il contribuente non può più opporsi.

È questo il rivoluzionario principio espresso l’altro ieri dalla Cassazione [1]: un’interpretazione originale che inaugura uno nuovo orientamento, con ripercussioni anche nell’ambito degli atti firmati dai cosiddetti “dirigenti illegittimi”. Ma vediamo meglio di cosa si stratta.

La vicenda

Un contribuente si era opposto alla cartella esattoriale di Equitalia sostenendo che, alla base della stessa, vi fosse un avviso di accertamento nullo in quanto, su di esso, le firme di sottoscrizione erano illeggibili e prive di sigillo, timbro e dell’indicazione della qualifica del funzionario competente. Secondo il ricorrente, quindi, la conseguente cartella di pagamento era illegittima e da annullare.

La nullità fiscale si sana

La Cassazione non entra nel merito della nullità degli atti fiscali, limitandosi a rilevare solo la tardività del ricorso del contribuente: infatti, sostiene la Corte, contrariamente a quanto affermato dalla CTR di Milano, la nullità degli atti tributari non può essere rilevata dal giudice in ogni stato e grado del processo: al contrario, è necessaria la richiesta esplicita del contribuente (in termini tecnici si chiama “eccezione”) che va inserita già nel ricorso introduttivo proposto nei termini di legge.

Se questo non avviene e manca, quindi, un’impugnazione specifica, l’accertamento fiscale o qualsiasi altra pretesa impositiva, benché affetta da nullità, si sana e la pretesa del fisco diventa legittima.

Nullità e annullabilità

Nell’ambito del diritto civile si è soliti operare una distinzione netta tra nullità (vizi più gravi di un atto) e annullabilità (vizi meno gravi). Il vizio che comporta nullità può essere sollevato in qualsiasi momento, senza limiti di tempo, e da chiunque, finanche dallo stesso giudice (per esempio, una vendita immobiliare priva dell’atto pubblico, una donazione senza la presenza dei testimoni, ecc.). Viceversa, l’annullabilità per essere contestata entro stretti limiti di tempo e solo dal soggetto che l’ordinamento mira a tutelare (per es.: un contratto stipulato per errore può essere fatto annullare entro massimo 5 anni e solo dalla parte che lo ha sottoscritto).

Evidentemente, questa distinzione – del tutto naturale e scontata per il diritto civile – non vale più, a detta della Cassazione, nell’ambito del diritto tributario: per cui, nella sostanza, non vi sarebbe alcuna differenza tra atti nulli e atti annullabili, tra un vizio più grave e uno meno grave, tra un atto notificato in modo improprio e un altro, invece, privo degli elementi essenziali per poter essere riconosciuto tale (come ad esempio, l’indicazione del funzionario).

Il contribuente deve sempre rivolgersi a un giudice e fare causa

Ancora una volta, a prevalere è l’aspetto “burocratico”: la necessità, pur in presenza di vizi palesi e mastodontici, di intraprendere tutta la trafila del ricorso al giudice, eventualmente preceduto dal reclamo e mediazione (per gli atti fino a 20mila euro), pagare le tasse per l’iscrizione a ruolo, attendere la sentenza per anni (con la spada di Damocle di un’esecuzione forzata) e poi, all’esito, essere liberati dalla pretesa. Il contribuente che non si attiva e non impugna davanti alla Commissione Tributaria Provinciale l’accertamento o qualsiasi altro atto di natura fiscale non può poi contestare le successive cartelle di Equitalia o l’atto di riscossione forzata (un pignoramento o, ancor prima, un’ipoteca o un fermo) [2].

Un avvertimento per gli atti firmati dai dirigenti illegittimi?

Sembra già di leggere, nel provvedimento in commento, le motivazioni che potrebbe fornire la Cassazione sulla questione relativa ai dirigenti dell’Agenzia delle Entrate decaduti per via della recente sentenza della Corte Costituzionale. Un modo, insomma, per salvare il fisco senza stravolgere il principio secondo cui i funzionari privi di concorso, nominati ugualmente dirigenti, non potevano avere i poteri per emettere gli accertamenti.

Insomma, la Suprema Corte si apre il varco e inizia a preparare i contribuenti. Ma sulla legittimità di tale orientamento riserviamo alcuni dubbi. Rinviamo la trattazione di questo punto all’articolo: “Dirigenti illegittimi dell’Agenzia Entrate: la Cassazione a sentenza“.

Note

[1] Cass. sent. n. 18448 del 18.09.2015.

[2] Secondo la Cassazione, l’ordinamento tributario costituisce un sottosistema del diritto amministrativo, con il quale è in rapporto speciale: possono così trovare applicazione le norme generali soltanto nei limiti in cui non siano derogate o non risultino incompatibili con le norme speciali di diritto tributario.
Il legislatore ha incluso nella categoria della «nullità tributaria» tutti i vizi che inficiano la validità dell’atto, senza operare alcun distinguo. Ne consegue che l’invalidità/annullabilità deve essere eccepita dal contribuente mediante impugnazione, attraverso la proposizione cioè del ricorso nei modi e nei termini previsti. In difetto, il provvedimento tributario, pure se affetto da vizio di nullità, si consolida, divenendo definitivo e legittimando l’amministrazione alla riscossione coattiva dell’imposta.

Mutuo: niente penale per l’estinzione anticipata

 

Operazioni bancarie sospette segnalazione automatica all Uif

Finanziamenti e commissioni: per l’estinzione anticipata del mutuo erogato dalla banca non ci saranno penali, così come, invece, una direttiva comunitaria sembrerebbe voler introdurre.

Cosa prevede la nostra legge attuale

La cosiddetta Legge Bersani [1] stabilisce che nessuna penale è dovuta in caso di estinzione anticipata o parziale di mutui stipulati a decorrere dal 2 febbraio 2007, accesi da persone fisiche per l’acquisto o la ristrutturazione di unità immobiliari adibite ad abitazione o allo svolgimento della propria attività economica o professionale.

Per non penalizzare oltremodo i titolari di mutui sottoscritti in data anteriore al 2 febbraio 2007, l’Abi e le Associazioni dei consumatori hanno concordato delle penali ridotte che variano a seconda che si tratti di mutuo a tasso fisso o a tasso variabile, e a seconda del periodo in cui interviene l’estinzione.

La legge Bersani si applica non solo per i casi di estinzione totale del mutuo, ma anche per le estinzioni parziali. In questo caso, per valutare l’opportunità dell’operazione, sarà necessario comprendere come la banca andrà a far incidere sul mutuo in essere la nuova somma depositata, cioè in sostanza se la riduzione del mutuo vada a modificare, diminuendola, la rata dello stesso, mantenendo così invariata la sua durata complessiva, ovverosia se la rata rimanga costante e l’apporto economico vada a ridurre la durata del finanziamento.

Cosa prevede l’Unione Europea

Per una volta che è l’Italia a essere avanti di 10 anni sull’Europa, quest’ultima rischia di frenarci. La direttiva europea sui mutui ipotecari, inserita nella legge delega europea approvata dal Parlamento italiano il 2 luglio scorso, dovrà essere recepita dal nostro Paese entro marzo del 2016.

Le disposizioni europee sono più arretrate rispetto alle nostre liberalizzazioni, inserite nel Testo unico bancario dalla Legge Bersani.

Riguardo infatti alle commissioni di estinzione anticipata del mutuo, l’UE stabilisce che la banca ha diritto a un indennizzo equo, dove giustificato per i costi connessi al rimborso anticipato.

Insomma, si ritornerebbe indietro di quasi dieci anni.

Come si sta muovendo l’Italia

Nel nuovo disegno di legge di delegazione europea il Governo ha inserito una norma che esclude oneri per la chiusura del finanziamento. Insomma, l’intenzione è quella di lasciare tutto com’è, senza penali per il consumatore, checché ne dica la direttiva europea.

Il Ddl contiene un passaggio in neretto secondo cui, nel dare esecuzione alla direttiva, si deve “prevedere che il diritto del consumatore all’estinzione anticipata sia esercitabile senza applicazione di commissioni, indennità od oneri”.
Il Governo quindi prende posizione a favore del mantenimento della situazione attuale per la quale non è prevista penale per l’estinzione anticipata. Il testo del Ddl dovrà ora essere convertito in legge dalle Camere e quindi non è da escludere che le pressioni per cambiare la situazione si eserciteranno in quella sede.

Note

[1] Art. 7 della legge 40/2007.

domenica 13 settembre 2015

Crisi bancarie, i decreti sul salvataggio interno con prelievo anche dai CORRENTISTI

Approvati due decreti sulle crisi bancarie: dal 2016 scatta il salvataggio interno (bail-in) a carico dei soci e a seguire di obbligazionisti e correntisti oltre i 100mila euro.


banche
Il governo ha approvato in via preliminare due decreti legislativi in recepimento della direttiva europea 2014/59/UE, che modificano il Testo Unico Bancario (385/93) sulle crisi bancarie: dal 2016 ne risponderanno in primis i soci (azionisti) e poi gli obbligazionisti e i correntisti con depositi superiori a 100mila euro, in virtù del principio di bail-in (salvataggio interno); solo successivamente è prevista l’eventuale partecipazione dello Stato (bail-out), come invece è avvenuto durante la crisi finanziaria provocata dal crack di Lehman Brothers nel 2008. Obiettivo: limitare il più possibile gli effetti sistemici di tali eventi.


Bail-in

Prima dell’intervento dei soci, l’istituto in crisi deve utilizzare il proprio capitale e la Banca d’Italia dovrà mettere in atto tutte le misure per reperire risorse (ad esempio, vendendo gli asset). Quindi, scatta l’intervento dei privati, nel seguente ordine:
  1. soci,
  2. azionisti della banca,
  3. “creditori” (obbligazionisti che hanno acquistato bond della banca),
  4. correntisti se hanno depositi superiori a 100mila euro (conti correnti, conti deposito, assegni circolari, certificati di deposito), per la parte superiore a questa cifra.
Solo al termine di queste operazioni può intervenire anche il capitale pubblico, attraverso un apposito fondo istituito a livello nazionale (finanziato dal sistema bancario) e il fondo europeo SRF (Single Resolution Fund). I piccoli risparmi sono salvaguardati, così come i contenuti di cassette di sicurezzadeposito titoli.

Come compilare il bonifico per le detrazioni fiscali

 

bonifico-detrazioni
Coloro che vogliono usufruire delle detrazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie, o per il risparmio energetico devono pagare le spese tramite bonifico bancario o postale. Così per avere un quadro più chiaro, vi suggeriamo passo passo la corretta compilazione del bonifico, per evitare di incorrere in errori.

Chi paga il bonifico e codice fiscale

Colui che paga il bonifico deve essere la stessa persona a cui sono intestate le fatture di ristrutturazione. Se invece si tratta di una persona diversa da quella indicata per il pagamento, come beneficiario della detrazione, è quest’ultimo che può usufruire dell’agevolazione.

E’ necessario poi indicare il codice fiscale della persona che esegue i lavori e nel caso i soggetti che vogliono fruire della detrazione sono più di uno è importante che venga riportato il numero di codice fiscale di tutte le persone. Infine, se questi lavori di ristrutturazione hanno interessato il condominio è indispensabile che venga inserito anche il codice fiscale dell’amministratore o di un altro condomino che effettua il pagamento.

Compilazione della causale di pagamento

Questa parte del bonifico è molto importante e deve essere compilata in questo modo: “Bonifico relativo a lavori edilizi che danno diritto alla detrazione prevista dall’articolo 16-bis del Dpr 917/1986 – Pagamento fattura n. ___ del___ a favore di ___ partita Iva ___”.  Perché spesso può accadere che invece di fare riferimento alla normativa per la detrazione inerente la ristrutturazione edilizia si indichi quella per la riqualificazione energetica.

Ritenuta sui bonifici

Quando si effettuano bonifici bancari o postali si attua una ritenuta a titolo di acconto del 8%, dovuta all’impresa che effettua i lavori.

Ricordandovi anche quali sono le caratteristiche imprescindibile da possedere per poter usufruire di questi sgravi fiscali.

Chi può usufruire delle detrazioni fiscali?

Possono beneficiare delle detrazioni fiscali tutti coloro che sostengono delle spese di ristrutturazione edilizia. Per cui non solo proprietari o titolari dei diritti reali sugli immobili per i quali si effettuano i lavori e sostengono le spese, ma anche l’inquilino e il comodatario.

Infatti la detrazione spetta anche nel caso di interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia, riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie, che provvedano entro diciotto mesi dalla data di termine dei lavori alla successiva alienazione o assegnazione dell’immobile (il termine – in precedenza di 6 mesi – è stato ampliato dalla legge di Stabilità per il 2015).

La detrazione Irpef per tutte quelle spese effettuate dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2015 sono del 50%. Dal 2016 poi la detrazione, salvo ulteriori proroghe tornerà a regime con aliquota del 36%, fino ad un tetto massimo di spesa di 48.000 euro.

Ad oggi per poter usufruire di questo vantaggio è necessario che il tetto massimo di spesa non superi i 48.000 euro, che sale a 96.000 euro per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2015. La detrazione poi viene ripartita in dieci quote annuali.

Bonifico per bonus mobili e elettrodomestici

Anche per usufruire del bonus mobili ed elettrodomestici è necessario eseguire il pagamento tramite bonifico. Indicando sempre la causale del bonifico per il risparmio energetico; il codice fiscale del beneficiario; il codice fiscale della persona a favore del quale viene effettuato il bonifico.

E’ possibile però anche effettuare il pagamento attraverso carte di credito o carte di debito. In questo caso la data di pagamento è individuata nel giorno di utilizzo della carta, evidenziata nella ricevuta telematica  di avvenuta transazione e non nel giorno di addebito sul conto corrente del titolare stesso. Non è consentito  invece effettuare il pagamento tramite contanti o assegni.

Mobili ed elettrodomestici acquistati all’estero

La detrazione può essere fruita anche nel caso di mobili e grandi elettrodomestici acquistati all’estero. Se il pagamento avviene mediante bonifico bancario o postale, la ritenuta d’acconto deve essere operata anche sulle somme accreditate sui conti in Italia, di persone non residenti.

Se il destinatario del bonifico è un non residente e non ha un conto in Italia il pagamento dovrà essere eseguito mediante un bonifico internazionale e dovrà riportare il codice fiscale del beneficiario della detrazione e la causale del versamento. Per quanto riguarda invece il codice fiscale o la partita iva del soggetto a favore di colui a cui è stato fatto il bonifico, possono essere sostituiti dal codice identificativo attribuito al paese estero.

Bonus ristrutturazioni verso la conferma per il 2016

 

bonus-ristrutturazione-edilizia
Il bonus dei mobili e delle ristrutturazioni edilizie sta per essere riconfermato dal governo, subendo anche un ampliamento per il prossimo 2016. Il tutto è pensato al fine di aiutare le famiglie italiane, che stanno subendo in questi anni problematiche economiche, dovute alla crisi che ha attanagliato i mercati mondiali.  Per ora sembra quasi certa la riconferma sulla percentuale degli sgravi Irpef del 50% in caso di ristrutturazione edilizia e del 65% per il bonus mobili.

Ampliamento benefici

Ciò che si sta palesando negli ultimi tempi è l’idea di ampliare i benefici ad un pubblico più vasto che comprenda:

  • gli alloggi pubblici popolari;
  • coloro che andando in affitto acquistano degli arredi.

Tanto che il ministro delle infrastrutture Graziano Delrio ha in merito affermato: “Se la vediamo dalla parte del cittadino e in particolare di una giovane coppia che vuole mettere su casa e famiglia suona quasi come una beffa che possa utilizzare lo sconto solo chi è proprietario di un’abitazione perché nella gran parte dei casi un giovane che ha più bisogno di essere sostenuto comincerà il suo percorso andando in affitto”.

Bonus mobili

La riduzione di imposta si rivolge all’acquisto dei mobili e di grandi elettrodomestici  di classe non inferiore alla A+ (A per i forni)  e per le apparecchiature per le quali è  prevista l’etichetta energetica, che sono finalizzate all’arredo di un immobile che si trova in ristrutturazione. L’ammontare complessivo  degli acquisti deve però non superare i 10.000 euro e la detrazione viene poi ripartita in dieci quote annuali.

Come ci tengono a sottolineare dall’Agenzia delle Entrate: “Per l’esattezza, i contribuenti ammessi a beneficiare del bonus arredi sono gli stessi che fruiscono della detrazione con la maggiore aliquota e con il maggior limite di 96.000 euro di spese ammissibili; quindi, le ristrutturazioni edilizie con spese sostenute dal 26 giugno 2012.”

E’ bene anche evidenziare che non rientrano tra le agevolazioni gli acquisti di: porte, pavimentazioni, tende e tendaggi e altri complementi di arredo. Mentre tra i mobili su cui è possibile applicare la detrazione ci sono:  letti, armadi, cassettiere, librerie, scrivanie, tavoli, sedie, comodini, divani, poltrone, credenze, materassi e gli apparecchi di illuminazione, che costituiscono un necessario completamento dell’arredo.

Infine, tra le spese possono rientrare anche il trasporto e il montaggio, basta che queste siano state pagate con bonifico, carte di credito o debito.

Lavori di ristrutturazione edilizia

I lavori di ristrutturazione riguardano:

  • manutenzione ordinaria, effettuata sulle parti comuni di un edificio residenziale;
  • manutenzione straordinaria effettuata sulle parti comuni di un edificio residenziale e su singole unità immobiliari residenziali;
  • restauro e di risanamento conservativo, effettuati sulle parti comuni di un edificio residenziale e su singole unità immobiliari residenziali;
  • ristrutturazione edilizia, effettuata sulle parti comuni di un edificio residenziale e su singole unità immobiliari residenziali-

Inoltre si parla anche di tutti quei lavori necessari alla ricostruzione o al ripristino dell’immobile danneggiato a causa di eventi calamitosi, anche se non rientrano nelle categorie elencate nei punti precedenti. Mentre il restauro e il risanamento conservativo, e di ristrutturazione edilizia, riguardanti interi fabbricati, devono essere eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie, che devono provvedere entro 18 mesi dal termine dei lavori alla successiva alienazione o assegnazione dell’immobile.

Cosa deve fare il contribuente

Anche nel 2016 se non ci saranno cambiamenti in merito il contribuente per ricevere il beneficio fiscale dovrà eseguire i pagamenti tramite bonifico, indicando:

  • la causale del versamento;
  • il codice fiscale del beneficiario della detrazione;
  • il numero di partita iva o codice fiscale del soggetto a favore di cui si esegue il bonifico.

Importante è conservare:

  • la ricevuta di pagamento;
  • le fatture dell’acquisto di beni. Riportando la natura, la qualità, la quantità dei beni e dei servizi acquistati.

Acquisti fatti all’estero

La detrazione può essere fruita anche da coloro che hanno fatto acquisti all’estero. Se il pagamento avviene mediante bonifico bancario o postale, la ritenuta d’acconto deve essere operata anche sulle somme accreditate sui conti in Italia, di persone non residenti.

Se il destinatario del bonifico è un non residente e non ha un conto in Italia il pagamento dovrà essere eseguito mediante un bonifico internazionale e dovrà riportare il codice fiscale del beneficiario della detrazione e la causale del versamento. Per quanto riguarda invece il codice fiscale o la partita iva del soggetto a favore di colui a cui è stato fatto il bonifico, possono essere sostituiti dal codice identificativo attribuito al paese estero.

Casa in comodato e convivenza: le migliorie vanno rimborsate?

 

Comprare una casa ristrutturata da diritto a un risparmio di imposta

Alla cessazione della convivenza nessun rimborso o indennizzo può essere chiesto al comodante per le spese di ristrutturazione dell’immobile concesso in comodato.

Capita spesso che un genitore (o altro familiare) conceda ad un proprio figlio (o congiunto) un appartamento in comodato affinché vi abiti col proprio compagno/a, anche in vista del futuro matrimonio.

Altrettanto di frequente accade che i conviventi, o pure solo tra loro chi non è legato da parentela col comodante, sostengano delle spese di ristrutturazione dell’immobile al fine di renderlo maggiormente rispondente alle esigenze abitative della coppia. Potrebbe questi pretendere dal comodante il rimborso del denaro speso qualora il rapporto sentimentale si interrompa ed egli debba lasciare la casa?

Ha dato risposta a questa domanda la Cassazione in una recente pronuncia [1].

In particolare la Corte ha chiarito che chi riceve un immobile (o altro bene) in comodato (cosiddetto comodatario) non ha diritto ad ottenere dal comodante il rimborso delle spese sostenute per i miglioramenti su di esso apportati.

La legge [2], infatti, prevede espressamente che le spese sostenute per servirsi del bene siano ad esclusivo carico del comodatario; tra queste possono senz’altro annoverarsi tutte quelle effettuate allo scopo di rendere un immobile più confortevole e confacente ai bisogni di chi lo abita. Unica eccezione, espressamente prevista dalla legge, è rappresentata dal caso in cui si sia trattato di spese straordinarie, finalizzate alla conservazione del bene, sempre che esse abbiano avuto il carattere della necessità e dell’urgenza (si pensi al rifacimento di un bagno conseguente a perdite d’acqua dalle tubature). Per queste ultime, quindi, il comodatario potrà vantare un diritto al rimborso.

A riguardo, la Corte, richiamandosi ad una sua precedente pronuncia [3], ha ribadito che quando il comodatario, allo scopo di utilizzare al meglio il bene, affronti delle spese per la sua manutenzione, tale iniziativa fa parte di una libera scelta dettata da un suo esclusivo interesse e, pertanto, egli non ha il diritto di pretenderne il successivo rimborso dal comodante.

Le cose non cambiano, qualora l’immobile, concesso da un genitore in comodato alla coppia, divenga casa coniugale; in caso di separazione egli non sarà tenuto al rimborso delle spese per le migliorie sostenute, salvo il caso che esso siano state improcrastinabili e finalizzate alla conservazione del bene.

Secondo i Giudici supremi, dunque, la norma non lascia spazio a dubbi; il comodatario non può pretendere né rimborsi, né indennizzi sulle migliorie apportate al bene concessogli in comodato, neppure puntando sul fatto che esso abbia incrementato il proprio valore per effetto delle opere eseguite.

Il consiglio, dunque, è all’uso della prudenza prima di scegliere se affrontare o meno costose ristrutturazioni su una casa ottenuta in comodato.

La vicenda

Nel caso di specie, un uomo aveva concesso in comodato alla figlia un appartamento di sua proprietà affinché vi convivesse con il proprio compagno. Terminata la relazione, il convivente della giovane chiedeva all’uomo l’indennizzo per le spese sostenute durante la convivenza per apportare miglioramenti all’immobile.

Note

[1] Cass. sent. n 13339/15 del 30.06.15.

[2] Art 1808 cod. civ.

[3] Cass.sent.n.1216/12.

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Immobile abusivo: demolizione anche per acquirenti, eredi e donatari

 

Immobile abusivo demolizione anche per i acquirenti eredi e donatari

Abuso edilizio: la demolizione del fabbricato in violazione delle regole urbanistiche vale per tutti i soggetti successivi proprietari, che sono in qualsiasi rapporto con l’immobile, anche se non hanno commesso il reato.

Se hai acquistato o ereditato un immobile abusivo, il fatto di non essere stato il responsabile diretto dell’illecito urbanistico non ti pone al riparo da un eventuale ordine di demolizione: e questo perché – secondo una sentenza di ieri della Cassazione [1] – tale provvedimento vale anche nei confronti dell’erede del condannato o di chiunque altro lo abbia acquistato (con vendita, donazione, ecc.).

A fare le spese per l’abuso edilizio, dunque, sono innanzitutto i successori dell’autore dell’illecito penale. Secondo la Corte, l’ordine di demolizione di un immobile abusivo deve essere eseguito nei confronti di tutti i soggetti che “sono in rapporto col bene” e vantano su di esso un diritto reale (proprietà, usufrutto, ecc.) o personale di godimento (inquilino), anche se dunque del tutto estranei alla commissione del reato. L’ordine di demolizione del manufatto abusivo, disposto con la sentenza di condanna per reato edilizio, non è estinto dalla morte del reo sopravvenuta alla irrevocabilità della sentenza: la demolizione, infatti, non è una sanzione di carattere penale (nel qual caso, infatti, non si sarebbe trasmessa agli eredi), ma di tipo amministrativo accessoria.

L’ordine di demolizione vale, come anticipato, anche in caso di vendita dell’immobile a terzi, benché tale alienazione sia intervenuta prima all’ordine: infatti il fabbricato continua ad arrecare pregiudizio all’ambiente, a prescindere dalla titolarità dello stesso [2]. In questi casi prevale l’interesse paesaggistico o urbanistico, rispetto a quello del proprietario alla conservazione del manufatto.

All’acquirente non resta che rivalersi contro il venditore chiedendogli la restituzione del prezzo versato e l’eventuale risarcimento del danno [3].

Lo stesso discorso vale anche in caso di donazione [4] se successiva alla sentenza di condanna (il donatario, infatti, riceve il bene “nelle condizioni giuridiche in cui si trova” e, quindi, con tutti gli illeciti che l’immobile si porta dietro [5]) ed in caso di immobile in comproprietà tra più soggetti [6].

Note

[1] Cass. sent. n. 36383 del 9.09.2015.

[2] Cass. sent. n. 22853/2007.

[3] Cass. sent. n. 37120/2005.

[4] Cass. sent. n. 38941/2013.

[5] Cass. sent. n. 45301/2009.

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