domenica 24 settembre 2017

Non è ancora possibile parlare di ripresa del settore, ma solo di un mercato delle opportunità"

 

Dopo otto anni al fronte della FIAIP, Paolo Righi, nel corso del Congresso Nazionale che si sta svolgendo in questi giorni a Verona, lascerà l'incarico di presidente della Federazione italiana degli agenti immobiliari professionali. Una carica che per lui ha significato anni di dure battaglie e altrettante soddisfazioni per un maggiore riconoscimento e migliori condizioni nello svolgimento della professione di mediatore. Con idealista news Righi fa un bilancio di questi ultimi otto anni, illustrando i cambiamenti che hanno interessato il settore e la professione, e quali sono i temi ancora aperti che lascerà nelle mani del suo successore.

Un bilancio dei suoi anni come presidente della FIAIP

Sono stati anni intensi, in cui è successo di tutto, in cui a cambiare è stato tutto il modello economico e sociale di riferimento. E questo cambiamento, questo nuovo modo di fare business, ha modificato la FIAIP che ha risposto in maniera egregia alla crisi del 2008. Abbiamo attraversato indenni questi anni e ci siamo rafforzati. Le modalità di rapporto con i clienti si sono modificate. Come ha messo in evidenza l’ultima analisi di Tecnoborsa, la vendita attraverso le agenzie è passata dal 43% al 60%.

Com’è cambiata la figura dell’agente immobiliare in questi anni?

Fino al 2008 agli agenti veniva affidato un ruolo di secondo piano nella compravendita immobiliare: il loro compito era semplicemente quello di mettere sul mercato un bell’appartamento. Oggi il cliente cerca un professionista, una persona capace, attiva, a cui affidare la ricerca stessa di una casa.

Com’è cambiato il mercato immobiliare?

Per vari anni l’atteggiamento delle banche ha frenato l’acquisto, senza contare che nel 2011 il governo Monti ha innalzato la tassazione sulla casa, portandola da 9,5 a 25 miliardi. Con contraccolpi fortissimi sul mercato immobiliare. Oggi il numero delle compravendite è cresciuto, ma i prezzi sono ancora stabili, quindi non si può ancora parlare di una vera e propria ripresa. Quando le compravendite aumentano, ma i prezzi rimangono stabili si può parlare solo di mercato delle opportunità. La gente non si fida più delle banche, non compra più Bot, le altre forme di rendimento non danno più alti profitti quindi punta su un investimento prudenziale a medio-lungo termine come è quello sulla casa.

Come presidente Fiaip ha combattuto varie battaglie, di quali va maggiormente fiero?

Come Fiaip abbiamo combattuto le battaglie che ritenevamo giuste e non quelle che pensavamo di vincere, altrimenti sarebbe stato troppo facile. Una di quelle che sicuramente mi ha dato più soddisfazione, e che forse è stata percepita meno dagli agenti, è stata quella con Enasarco (Ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio, ndr) che voleva portare tutti gli agenti verso una nuova tassazione previdenziale che avrebbe comportato un aumento dai 3.000 ai 10.000 euro l'anno. Ma siamo arrivati in tempo e solo alcuni sono caduti nella trappola. Oggi siamo in ottimi rapporti con Enasarco, è una battaglia che abbiamo vinto.

Un’altra delle battaglie di cui vado fiero è stata quella per modificare la 39/89 e inasprire le sanzioni contro gli abusivi. Dopo aver ottenuto il consenso di tutta l’assemblea del Senato, la legge si è arenata alla Camera. Ma noi stiamo facendo pressione affinché questa norma venga approvata.

E quali invece le battaglie più recenti, come ad esempio quella per gli affitti brevi

Prima di tutto siamo riusciti a far avere una proroga importante per il pagamento della prima rata della cedolare secca, perché siamo riusciti a far capire che gli agenti immobiliari non potevano diventare in tre giorni sostituti d’imposta, facendo applicare lo statuto dei contribuenti. In caso contrario sarebbero già scattati i controlli e le relative sanzioni.

Adesso l’Agenzia delle Entrate ha assicurato che invierà a tutti gli agenti, indipendentemete dall’associazione a cui appartengono, dei tutorial/guida. Abbiamo anche avuto un incontro con il viceministro Casero, perché esiste una volontà politica di coinvolgere gli agenti immobiliari come se si trattasse di funzionari pubblici. La soluzione per noi sarebbe a questo punto quella propugnata da tempo anche da Confedilizia: estendere la cedolare secca a tutti i tipi di locazione, non solo quella abitativa.

Qual è l’eredità che vuol lasciare al suo successore?

Sicuramente in un mercato così problematico come quello degli ultimi otto anni sono stato un presidente di “guerra”. In eredità lascio le cose che ancora restano da fare. In primis, la battaglia contro l’ingresso delle banche nel mondo immobiliare. Non perché non vogliamo la concorrenza, ma per far capire che gli istituti di credito hanno uno specifico ruolo sociale, quello di finanziare le imprese, e nel momento in cui diventano loro stesse imprese rubano ricchezza alla società e alla classe media. Ognuno deve fare il proprio lavoro, se ognuno in Italia facesse bene il proprio lavoro non ci sarebbero problemi.

Cosa auspica per la professione?

Sicuramente che gli agenti escano dalle Camera di Commercio e che la mediazione diventi finalmente una professione intellettuale, con uno specifico percorso di studi. Il corso che si fa oggi presso le Camere di Commercio non copre neanche il 50% di ciò che comporta oggi essere un agente immobiliare, in alcuni di questi corsi non si tratta neanche l’antiriciclaggio.

Ma sicuramente è necessario che a cambiare sia la mentalità dell’agente immobiliare, con un’industrializzazione delle conoscenze, una maggiore professionalità, la creazione di reti a livello locale e regionale. Noi abbiamo messo a disposizione gli strumenti, però se non c’è una presa di coscienza da parte degli agenti, poco si potrà fare. Non sono gli strumenti a fare il mercato, ma gli operatori. Io auspico anche la creazione di un’associazione unica che rappresenti tutti gli agenti immobiliari e che sia espressione al 100% degli operatori di questo settore.

Di cosa si occuperà Paolo Righi dopo l'elezione di un nuovo presidente?

Dopo una meritata vacanza, sicuramente continuerò a lavorare in, e per, questo settore. Anche se sarò un past president molto defilato. Chi è stato presidente lo è tutta la vita, è una malattia. Come io ho prestato il mio operato a favore degli altri agenti di questa categoria, mi aspetto che facciano lo stesso anche per me.

Mutui: crescono le erogazioni diminuiscono prezzi tassi e sofferenze

 

Abi Abi

E' un panorama alquanto roseo quello dipinto dall'Abi nel suo ultimo outlook. Nei primi sette mesi dell'anno è proseguita la crescita del mercato dei mutui per l'acquisto di abitazioni, mentre continuano a diminuire le sofferenze e i tassi viaggiano ancora sui minimi storici.

Il recupero del mercato del credito, riflette, tra l’altro, il miglioramento del settore immobiliare registratesi negli ultimi mesi del 2016 e nel primo trimestre del 2017 e la fiducia delle imprese di costruzione che ha recuperato il calo di fine 2016, attestandosi su livelli ciclicamente elevati. 

Secondo i risultati dell'indagine congiunturale sul mercato delle abitazioni in Italia condotta dal 26 giugno al 21 luglio 2017 presso 1.300 agenzie immobiliari, nel secondo trimestre del 2017 è diminuita la quota di operatori che segnalano pressioni al ribasso sulle quotazioni immobiliari.

Nel confronto con la precedente rilevazione il quadro della domanda mostra segnali di stabilizzazione, con riferimento sia al numero di potenziali acquirenti sia ai margini di sconto sul prezzo inizialmente richiesto dal venditore; i tempi di vendita hanno registrato un lieve aumento.

I finanziamenti tramite mutui ipotecari hanno continuato a coprire una quota assai ampia delle compravendite, intorno all'80 per cento. Anche il rapporto fra prestito e valore dell'immobile è rimasto su valori ciclicamente elevati, superiori al 70 per cento.

Miglioramento delle sofferenze

Il comparto delle sofferenze ha registrato un forte miglioramento negli ultimi mesi. Le sofferenze nette sono ora ridotte a 65,8 miliardi. Secondo il presidente dell'Abi Antonio Patuelli, i crediti deteriorati delle banche sono scesi in sette mesi del 25%.

Buone notizie anche dai tassi di inteesse che continuano a viaggiare su livelli molto bassi. Il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni permane su livelli particolarmente bassi e si attesta al 2,16%, (2,07% a luglio 2017, 5,72% a fine 2007). Sul totale delle nuove erogazioni di mutui circa i due terzi sono mutui a tasso fisso. Il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese risulta pari a 1,59%, era 1,55% il mese precedente (5,48% a fine 2007)

domenica 17 settembre 2017

Termovalvole e contabilizzatori, i controlli e le sanzioni

 

 

Niente più giri di parole sui sistemi di termoregolazione e contabilizzazione di calore. Era necessario installarli sui propri termosifoni condominiali entro lo scorso 30 giugno. Dal 1° luglio 2017, dunque, è scattato l’obbligo. Vediamo cosa rischia chi non si è adeguato a quanto disposto.

Tra non molto prenderanno il via i controlli e chi non ha ottemperato tale obbligo rischia una multa da 500 a 2.500 euro per ogni unità immobiliare.

In un primo momento, la scadenza per l’installazione era stata fissata al 31 dicembre 2016, il decreto Milleproroghe ha poi previsto una proroga di altri 6 mesi arrivando alla data del 30 giugno 2017.

Il Movimento Difesa del Cittadino chiede però una nuova proroga. Il presidente nazionale del Movimento Difesa del Cittadino, Francesco Luongo, ha spiegato: “L’autunno è alle porte e molti edifici non si sono ancora adeguati ai nuovi obblighi soprattutto a causa della confusione sulla norma. Nonostante si tratti del recepimento di una direttiva europea, il nostro legislatore ha lasciato in sospeso fino a quest’estate diversi punti, come quello sul criterio di ripartizione delle spese comuni. Una questione ancora non risolta riguarda l’indicazione sulla delibera dei lavori da effettuare”.

E ha aggiunto: “Siamo ancora alle prese con le varie interpretazioni della norma e questo non potrà che portare al caos generalizzato. Anche perché le associazioni di categoria stimano che un 20-30% dei condomini italiani non abbiano ancora aggiornato il proprio impianto di riscaldamento. Magari l’assemblea condominiale ha approvato la delibera dei lavori, ma l’effettiva esecuzione è ancora da realizzare. E c’è chi paventa il rischio che, all’avvio della stagione invernale, siano proprio le ditte di manutenzione a chiedere la risoluzione dei contratti con i condomini fuori regola, rifiutando il ruolo di terzo responsabile, cioè di colui che, per conto della collettività dei condomini, risponde dell’impianto stesso davanti alla legge. Non vogliamo assistere a un’assurda emergenza freddo, con milioni di italiani lasciati senza riscaldamento per i mancati lavori o peggio per i ricatti di ditte senza scrupoli. Chiediamo al Ministero dello Sviluppo Economico di intervenire subito con una proroga per evitare situazioni grottesche”.

L’obbligo di installazione dei sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore negli edifici è stato introdotto dalla direttiva europea sull’efficienza energetica 2012/27/Ue, recepita dal decreto legislativo 102/2014.

Si ricorda che le termovalvole regolano automaticamente lo “spegnimento” del termosifone, quando questo ha raggiunto una temperatura desiderata, che va da 0 a 5; i contabilizzatori, applicati a ciascun calorifero, permettono, invece, di calcolare esattamente i propri consumi.

Aggiornamento Istat del canone di locazione di agosto 2017

 

Gtres Gtres

Per adeguare periodicamente il canone di locazione si utilizza l'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) reso noto mensilmente dall'Istat. Vediamo l'indice di agosto 2017 appena pubblicato dall'Istituto nazionale di statistica.

La maggior parte dei contratti prevede un adeguamento annuale dei canoni di locazione, ma ci sono anche dei casi in cui l'aggiornamento è mensile. Alcuni accordi prevedono inoltre che il calcolo si applichi al 75%, mentre altri al 100%.

L'ultima rilevazione dell'indice dei prezzial consumo dell'istat è la seguente:

Indice generale FOI*          101,04                                             
Variazione % rispetto al mese precedente    +0,4          
Variazione % rispetto allo stesso mese dell’anno precedente +1,2
Variazione % rispetto allo stesso mese di due anni precedenti  +1,1

Mutui, mercato a due velocità: diminuiscono le richieste e aumenta l'importo medio

 

Crif 

Sarà per il ridimensionamento del mercato delle surroghe o per la persistente fragilità del contesto economico, ma dopo il trend positivo registrato nel 2016, si assiste adesso a una brusca frenata nel numero delle richieste di nuovi finanziamenti per l'acquisto della casa. Secondo il barometro Crif, infatti, agosto si è chiuso con un -14,4%, mentre il bilancio dei primi otto mesi dell'anno parla di un calo del 7,4% rispetto allo scorso anno.

Dopo la forte crescita registrata lo scorso anno, grazie alla spinta delle surroghe, la contrazione del numero dei potenziali mutuatari interessati alla rottamazione del vecchio mutuo si sta riflettendo sui volumi di richieste. Di per contro, invece, si conferma la tendenza degli aspiranti mutuatari a richiedere importi sempre più elevati, con un valore medio che ad agosto ha registrato una crescita del 2,3%, attestandosi a quota 126.650 euro. Per quanto riguarda i piani di rimborso, c'e' una richiesta verso quelli superiori ai 15 anni, che rappresentano il 15% delle richieste. La classe compresa tra i 15 e i 20 anni raccogliere da sola il 24,4% del totale.

Secondo Simone Capecchi Executive Director di CRIF: "nonostante i tassi applicati risultino ancora allettanti e il mercato del credito al consumo europeo stia registrando le migliori performance degli ultimi 10 anni [...] il trend dei mutui sembra segnare il passo dopo le brillanti performance degli ultimi anni a causa del ridimensionamento delle surroghe. Conforta, però, la costante crescita degli importi medi richiesti per tutte e tre le forme tecniche considerate, indice di una maggiore capacità di spesa da parte delle famiglie. Di questo gli Istituti di credito dovranno tenere conto per sviluppare e ampliare la proposizione delle nuove offerte, rimanendo però attenti alla verifica della sostenibilità finanziaria dell’operazione in ottica credito responsabile.”

Agenzia delle Entrate: +5% al sud-0,9 nelle isole- 3,8% in media in italia-incremento compravendite di abitazioni nel II trim 2017 grazie ai prezzi in ribasso

 

 

In rialzo le compravendite di abitazioni nel II trimestre 2017. Secondo l'Osservatorio del mercato immobiliare (Omi) dell'Agenzia delle Entrate, tra aprile e giugno si sono vendute 145.529 case nel nostro Paese, con un aumento del 3,8% rispetto allo scorso anno. 

A presentare il tasso di variazione più elevato è stato il Sud, +5%, mentre nelle Isole la crescita è stata pari allo 0,9%. In linea alla media nazionale le aree del Nord Est e del Centro (+3,6%).

I comuni capoluogo e non capoluogo

Nei capoluoghi la crescita si è fermata sotto il 3% mentre nei comuni più piccoli si è registrato un maggior dinamismo. Questo divario dei tassi di crescita è particolarmente evidente nel Nord Est, dove il risultato per i capoluoghi è stato addirittura negativo, -2,1%, mentre i comuni minori sono cresciuti di oltre il 6%, il dato più elevato tra gli ambiti analizzati. Meno sensibili sono le differenze rilevate nelle altre aree e nelle Isole, in controtendenza, il mercato nei capoluoghi cresce più che nei comuni minori, +1,6% rispetto a +0,5%.

Le superfici medie delle abitazioni

In termini di superficie, nel II trimestre 2017, le oltre 145 mila abitazioni compravendute equivalgono a 15,3 milioni di m2  in crescita del 3,8% rispetto al II trimestre del 2016, esattamente in linea con il rialzo del NTN. La superficie media dell’abitazione compravenduta, pari a poco più di 105 m2 nel II trimestre 2017, si nota come questo sia immutato rispetto all’omologo trimestre dell’anno precedente. Le superfici medie più elevate delle abitazioni scambiate si osservano nel Nord Est dove gli immobili in media hanno superato i 112 m2 , mentre le abitazioni più piccole sono state quelle acquistate nel Nord Ovest, 101 m2 circa.

La maggior parte delle compravendite nel II trimestre 2017 ha riguardato le unità con superficie compresa tra 50 m 2 e 85 m 2 , oltre il 30% degli acquisti, e quelle nella classe di superficie tra 85 e 115 m2 , il 27,7% del totale. I tagli più grandi si sono divisi in parti uguali quasi un terzo degli scambi, rappresentando entrambi circa il 16% delle abitazioni compravendute. La quota di acquisti di unità di taglio più piccolo, fino a 50 m2 , è stata del 9% circa. 

Chi paga le spese dei balconi aggettanti?

 

 

Balconi aggettanti: cosa sono. Le spese di manutenzione sono a carico del proprietario, salvo eccezioni.

Esiste una norma che elenca i beni condominiali [1]. In base a questa legge sono beni comuni, ad esempio, la facciata del fabbricato, i muri maestri del palazzo, le scale di accesso alle singole proprietà private, ecc. Evidentemente, la manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, di questi beni comuni è a carico di tutti i condomini, in proporzione al valore delle singole proprietà, calcolato ai fini della suddivisione delle spese, sulla base della vigente tabella millesimale generale.

Vi sono, invece, alcuni beni sui quali la legge non fa chiarezza. La recente riformulazione della materia condominiale non è stata decisiva in questo senso ed allora è necessario rifarsi alla giurisprudenza per capire, se e in che termini, “alcuni elementi del condominio” sono o meno di proprietà comune. Si tratta di un chiarimento molto importante, poiché da esso dipende la divisione delle spese tra tutti i proprietari oppure soltanto a carico di alcuni. Ebbene tra i beni in questione, ci sono i cosiddetti “balconi aggettanti”: cosa sono e come dividere le spese di manutenzione sugli stessi? Scopriamo insieme le risposte.

Cosa sono i balconi aggettanti?

Il balcone è considerato aggettante quando sporge dalla facciata del fabbricato. Si tratta di un’ipotesi strutturale assai frequente nei nostri condomini. Essi si distinguono da quelli invece incassati. Questi, infatti, non sporgono dai muri perimetrali, essendo un tutt’uno con la facciata del fabbricato. Ebbene, quando il balcone è aggettante, cioè sporgente, esso viene pacificamente considerato un bene di proprietà privata, poiché serve alla proprietà privata ed è privo di una funzione strutturale per il condominio [2].

Chi paga le spese dei balconi aggettanti?

Esiste una norma di legge che sembrerebbe rispondere alla domanda in questione [3]. In base a tale disposizione, le spese di manutenzione dovrebbero essere così ripartite:

  • il pavimento del balcone sarebbe a carico del proprietario dell’immobile a cui serve;
  • la parte sottostante il balcone (cioè quella che fa da tetto all’appartamento inferiore) sarebbe invece di competenza del proprietario sottostante lo stesso.

Ebbene, la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione [4], nell’interpretare le norme in materia, ha ritenuto inapplicabile al caso in esame, la norma richiamata in nota [3]. Essa afferma che …i balconi aggettanti, i quali sporgono dalla facciata dell’edificio, costituiscono solo un prolungamento dell’appartamento dal quale protendono e, non svolgendo alcuna funzione di sostegno né di necessaria copertura dell’edificio – come, viceversa, accade per le terrazze a livello incassate nel corpo dell’edificio – non possono considerarsi a servizio dei piani sovrapposti e, quindi, di proprietà comune dei proprietari di tali piani e ad essi non può applicarsi il disposto dell’art. 1125 c.c…

Quindi, alla luce della citata interpretazione, sia la parte soprastante che quella sottostante del balcone aggettante, dovrebbero essere di proprietà e competenza, per le spese, del proprietario dell’appartamento cui esso serve. Tuttavia, anche a tal proposito, la Cassazione non ha fatto mancare la sua precisazione, evidenziando un’eccezione alla predetta regola. In particolare, essa ha affermato che …i balconi aggettanti, costituendo un “prolungamento” della corrispondente unità immobiliare, appartengono in via esclusiva al proprietario di questa, dovendosi considerare beni comuni a tutti soltanto rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore, quando si inseriscono nel prospetto dell’edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole (v. ex multis Cass. n. 6624/2012, n.15913/2007) Con la conseguenza che le opere di manutenzione dei medesimi competono al corrispondente proprietario….

Pertanto, se la parte sottostante presenta elementi decorativi, di caratteristiche simili a quelli cosiddetti frontali e che s’inseriscono nel contesto dell’estetica del fabbricato espressa dalla facciata del palazzo, essi saranno dei beni comuni e, in quanto tali, di competenza condominiale (cioè con le spese a “carico” di tutti i proprietari).

Prima casa: si perdono le agevolazioni in caso di separazione?

 

Il coniuge che trasferisce all’altro la casa coniugale in esecuzione degli accordi di separazione consensuale non perde le agevolazioni sulla prima casa

Il fenomeno della separazione è sempre più crescente e, assieme ad esso, anche le difficoltà economiche che nascono dalla scissione del nucleo familiare e la moltiplicazione delle spese.  Una delle preoccupazioni più frequenti, in caso di separazione, concerne il trasferimento della casa coniugale e, soprattutto se si tratta della prima casa, il problema della perdita di tutti i vantaggi fiscali ad essa correlati. La domanda, quindi, è: il coniuge che trasferisce all’altro la casa in esecuzione degli accordi di separazione consensuale perde le agevolazioni sulla prima casa?

Scopriamolo insieme. Prima però cerchiamo di chiarire alcuni aspetti utili per comprendere la questione.

Separazione consensuale e trasferimento della casa coniugale

In sede di separazione – quella consensuale – i coniugi si accordano su come regolamentare i loro rapporti sia personali che patrimoniali e, relativamente a questi ultimi, decidono anche in ordine al trasferimento di beni immobili. Questi accordi hanno una propria causa specifica: trattasi, infatti, di accordi o contratti stipulati a causa della crisi coniugale  e con i quali i coniugi possono costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici obbligatori tra loro. L’accordo concluso dai coniugi acquista efficacia con l’omologazione del Tribunale e si inserisce in un sistema in cui si uniscono elementi di natura privatistica e pubblicistica.

Da questa situazione derivano notevoli risvolti pratici ma soprattutto, per ciò che interessa questa sede, di carattere tributario.  In particolare si tratta di stabilire le sorti di eventuali benefici fiscali in caso di separazione dei coniugi. La domanda, quindi, è: l’immobile trasferito ad un coniuge in occasione della separazione perde i benefici della c.d. “prima casa“?

Prima casa: si perdono le agevolazioni in caso di separazione?

Sul punto, la Cassazione ha assunto due posizioni diametralmente opposte e contrastanti tra loro. Vediamole insieme.

Dapprima, la Cassazione ha affermato che l’accordo di separazione personale dei coniugi, fa decadere dai benefici di prima casa il coniuge che, trasferendo all’altro l’appartamento, non abbia, entro un anno, acquistato un’altra casa [1].

Solo pochi giorni dopo, però, la stessa Cassazione ha affermato l’opposto, stabilendo che: l’attribuzione al coniuge della proprietà della casa coniugale in adempimento di una condizione inserita nell’atto di separazione consensuale, non costituisce una forma di alienazione dell’immobile rilevante ai fini della decadenza dei benefici “prima casa”, ma solo una forma di utilizzazione dello stesso ai fini della migliore sistemazione dei rapporti fra i coniugi, sia pure in vista della cessazione della loro convivenza [2].

Ora, a distanza di qualche anno, la Corte è di recente tornata sull’argomento, confermando che la perdita delle  agevolazioni sulla prima casa non possono derivare dall’acquisto o dalla cessione della casa in sede di separazione consensuale tra i coniugi [3].

La giurisprudenza, quindi ha voluto “trattare” questi trasferimenti in modo più favorevole per coniugi anche in considerazione della legge [4] che prevede l’esenzione fiscale per tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio. Detta esenzione fiscale, però, è prevista in linea generale e non con specifico riferimento alla questione di cui stiamo parlando nel presente articolo.

Ed infatti, come molte volte accade, il legislatore ha affidato alla giurisprudenza il compito di fare luce su aspetti “poco chiari”, esponendo, però ed allo stesso tempo, i poveri contribuenti alle incertezze e alle lungaggini dei procedimenti giudiziari. Si auspica, pertanto, un intervento normativo idoneo a dirimere, una volta per tutte, la questione.

domenica 10 settembre 2017

Case: valori in forte calo ad agosto (-1,1%)

Gtres

Il prezzo delle case di seconda mano in Italia ha registrato un calo dell’1,1% ad agosto rispetto al mese precedente, a una media di 1.820 euro/m². È quanto emerge dall’indice immobiliare di idealista, che rileva tra l’altro il chiaro andamento negativo dei valori su base annuale, calati del 5,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (1.931 euro euro/m²).

In virtù di questa tendenza le svalutazioni si estendono alla maggior parte delle aree regionali e provinciali, mentre i principali centri si dividono quasi equamente tra città con prezzi in calo e città con prezzi in risalita.

Regioni

I valori sono aumentati ad agosto solo in 3 regioni su 20. Il rimbalzo maggiore è segnato dal Fruli Venezia Giulia (0,9%) seguito da Puglia (0,7%) e Sardegna (0,3%). Le variazioni negative più sensibili si trovano in Piemonte (-2,5%), Trentino Alto Adige (-1,4%) e Campania (-1,3%); quest’ultima accusa un calo della stessa entità di Lombardia e Marche.

Con una media di 2.636 euro al metro quadro, la Liguria è la regione più cara davanti a Valle d’Aosta (2.482 euro/m²) e Lazio (2.447 euro/ m²). Sul fondo del ranking la Calabria (914 euro/ m²) è la regione più economica davanti a Molise (1. 026 euro/m²) e Sicilia (1.171 euro/m²).

Province

Il 70% delle macroaree provinciali rilevate* ad agosto chiudono in saldo negativo: Torino guida il trend ribassista con un taglio pari al 3,7% rispetto al mese precedente, seguita da Ravenna (-3,5%) e Pavia (-3,2%). Tra il -2,9% di Cuneo e il -1,2% di Massa-Carrara ci sono 23 aree con cali sopra la media del periodo. Dal lato opposto della tendenza del mercato, i rimbalzi maggiori riguardano Belluno (6,6%), Vercelli (5,1%) e Rovigo (4,4%).

Il ranking delle province più care non registra particolari novità con Savona (3.446 euro/m²) che precede Bolzano (3.187 euro/m²) e Imperia (2.698 euro/m²). All’opposto della graduatoria troviamo sempre Biella come fanalino di coda con 654 euro al metro quadro.

*Questo rapporto fornisce i dati di tutte e 107 le province italiane.

Grandi città e capoluoghi

I principali mercati cittadini italiani - 110 capoluoghi, di cui 8 non rilevabili* - oscillano tra le variazioni significative di Belluno (7%) e di Torino (-5,2%), dove in questo momento si “svende” a 250 euro/m² in periferia.

Tra gli altri grandi mercati solo Napoli (-2,8%) ha evidenziato una discesa significativa dei prezzi ad agosto; Milano (-0,5%), Firenze (-0,3%), Palermo (-0,2%) e Roma (-0,1%) hanno registrato lievi ritocchi al ribasso; continua il graduale recupero dei valori a Bologna (0,5%) e questo mese si segnala anche la buona performance di Bari (0,5%) tra le grandi città del Meridione.

La graduatoria dei prezzi vede Venezia sempre in testa con i suoi 4.314 euro al metro quadro, davanti a Bolzano (3.465 euro/m²) e Milano (3.387 euro/m²). Subito dopo troviamo Firenze (3.381 euro/m²) e Roma (3.196 euro/m²).

Biella (736 euro/m²) è sempre la città più economica, seguita da Caltanissetta (787 euro/m²) e Agrigento (885 euro/m²).

*Andria, Cesena, Gorzia, Isernia, L’Aquila, Nuoro, Trani e Urbino non sono ancora rilevabili statisticamente.

venerdì 8 settembre 2017

Cos’è l’ipoteca-la sua parziale estinzione e cancellazione

 

Estinzione ipoteca

 

Come e quando chiedere la cancellazione dell’ipoteca per il mutuo sulla casa.

Sebbene la presenza di un’ipoteca sulla casa non sia sinonimo del rischio di perderla, chi ce l’ha vorrebbe poterla cancellare il prima possibile. È vero infatti che, nonostante l’ipoteca iscritta dalla banca, l’immobile resta di proprietà di colui che l’ha acquistata, ma è anche vero che solo una volta in cui tale vincolo sia stato cancellato si può vivere sonni tranquilli. Cerchiamo quindi di capire come e quando avviene l’estinzione dell’ipoteca.

Indice

Cos’è l’ipoteca e come funziona

Prima però di spiegare i casi in cui si estingue l’ipoteca, cerchiamo di capire cosa si intende e come funziona l’ipoteca. Ci sono mutui che durano 30 anni e altri molto più brevi. Tutti però hanno in comune la concessione di una garanzia alla banca, garanzia che ha lo scopo di tutelare il creditore nel caso in cui il prestito non venga restituito. Se il finanziamento viene erogato per comprare casa, detta garanzia consiste nella concessione dell’ipoteca sullo stesso immobile acquistato. Il mutuo, in tal caso, non può superare l’80% del valore del bene ipotecato, salvo che il mutuatario offra ulteriori garanzie (ad esempio un altro immobile intestato a lui o a qualche familiare o, eventualmente, una fideiussione). Che significa «ipoteca»? In termini pratici significa che, in caso di inadempimento del debitore, qualora la banca dovesse pignorare e mettere all’asta il bene ipotecato, il ricavato andrebbe prima assegnato all’istituto di credito in quanto creditore che per primo ha iscritto ipoteca (cosiddetta «ipoteca di primo grado»); l’eventuale residuo del prezzo di aggiudicazione verrebbe poi spartito tra gli altri creditori subentrati nel procedimento esecutivo sprovvisti di ipoteca. Ma l’ipoteca ha anche una seconda e importante funzione: se anche il mutuatario dovesse donare o vendere la casa ipotecata, la banca potrebbe ugualmente pignorarla nei confronti del nuovo titolare, benché questi non sia suo debitore. Insomma, chi acquista un bene ipotecato potrebbe perderlo se il precedente titolare non ha estinto il proprio debito.

Riduzione dell’ipoteca per pagamento parziale del mutuo

Se non si può cancellare completamente l’ipoteca, perché il debito non è stato ancora saldato completamente, la si può tuttavia ridurre in determinate ipotesi. In particolare quando il mutuatario ha pagato almeno un quinto del debito originario, ha diritto a ottenere:

  • una riduzione proporzionale della somma iscritta a garanzia (con conseguente diminuzione della soglia di responsabilità ipotecaria);
  • la parziale liberazione di uno o più immobili ipotecati se, dai documenti prodotti o dalle perizie, risulta che per le somme ancora dovute i rimanenti beni vincolati costituiscono una garanzia sufficiente.

Per valutare la procedibilità della richiesta di restrizione la banca generalmente stima la capienza degli immobili ipotecati al momento della richiesta stessa, senza fare riferimento quindi al valore immobiliare periziato al tempo della concessione del finanziamento.

Estinzione anticipata dell’ipoteca

L’ipoteca si estingue, di norma, con il pagamento dell’intero mutuo. Solo dopo di ciò può essere materialmente cancellata dai pubblici registri immobiliari dove è stata iscritta al momento della sua concessione.

È comunque facoltà del mutuatario estinguere anticipatamente il residuo del finanziamento o solo una parte di esso pagando alla banca esclusivamente un compenso onnicomprensivo per l’estinzione. La banca non può limitare tale diritto.

Le modalità di calcolo del compenso devono avvenire secondo i criteri stabiliti dal comitato interministeriale per il credito (Cicr).

Al pagamento dell’intero debito, il mutuatario ha diritto di ottenere la cancellazione automatica dell’ipoteca direttamente dalla banca secondo una procedura semplificata e senza bisogno di notaio; di questa ci occuperemo nei successivi paragrafi.

Cancellazione automatica dell’ipoteca per pagamento del mutuo

Quando il mutuatario ha pagato tutte le rate del mutuo e non residua alcun debito, ha diritto alla cancellazione automatica dell’ipoteca secondo una procedura a carico della banca che non richiede l’intervento del notaio.

La cancellazione automatica avviene anche per quelle ipoteche iscritte da oltre 20 anni e che, alla scadenza del ventennio, non siano state rinnovate. In questo modo, se anche l’istituto di credito non provvede alla cancellazione dell’ipoteca, la stessa viene meno dopo 20 anni dalla sua nascita.

Vediamo qual è la procedura di cancellazione automatica dell’ipoteca. Una volta che il debitore ha pagato interamente la somma prestatagli dalla banca, il mutuo si estingue e la banca avvia la procedura per la cancellazione automatica dell’ipoteca, salvo vi sia un giustificato motivo che giustifichi la permanenza di tale vincolo. In particolare la banca deve:

  • rilasciare al debitore la quietanza attestante la data di estinzione del mutuo;
  • entro 30 giorni da tale data trasmettere all’Agenzia delle Entrate-Ufficio del Territorio ove è iscritta l’ipoteca la comunicazione di estinzione del mutuo con le modalità specificate nel paragrafo successivo, avvisandone contemporaneamente il debitore;
  • nei 30 giorni successivi, il direttore dei registri immobiliari accertata la presenza della comunicazione di avvenuta estinzione del mutuo, provvede alla cancellazione dell’ipoteca entro il giorno successivo.
Che fare se la banca non cancella l’ipoteca una volta pagato il mutuo?

Se la banca non effettua la comunicazione, non è prevista alcuna sanzione specifica, ma il debitore la può citare in causa per ottenere il risarcimento di eventuali danni (tutti da provare, come ad esempio l’impossibilità di vendere la casa). Prima di avviare la causa è consigliabile inviare una diffida alla banca.

Altre cause di estinzione dell’ipoteca

Fuori dal caso appena visto di cancellazione automatica, il pagamento integrale del debito non comporta l’automatica estinzione dell’ipoteca la quale, al contrario, deve essere cancellata a seguito di un’attività delle parti. Vediamo dunque tutti i casi in cui si ha diritto all’estinzione dell’ipoteca:

  • pagamento integrale del debito;
  • rinuncia al proprio credito da parte del creditore (cosiddetta remissione del debito);
  • compensazione del debito con la banca con un credito vantato dal mutatario nei confronti della banca stessa;
  • prescrizione del debito che scatta dopo 10 anni (leggi Quando si prescrive il mutuo con la banca);
  • cancellazione volontaria dell’ipoteca;
  • mancata rinnovazione dell’iscrizione entro 20 anni dalla sua nascita;
  • distruzione dell’immobile su cui era presente l’ipoteca (ad esempio un incendio o un crollo per terremoto: in tal caso la banca non potrà trasferire l’ipoteca su un altro immobile del debitore);
  • provvedimento di esproprio per pubblica utilità della casa ipotecata;
  • rinuncia all’ipoteca da parte della banca: deve essere fatta con dichiarazione scritta del creditore a pena di nullità;
  • prescrizione dell’ipoteca (solo l’acquirente del bene ipotecato può far valere la prescrizione del diritto di ipoteca col decorso di 20 anni dalla data della trascrizione del titolo di acquisto, salve le cause di sospensione e di interruzione).

Come installare ascensore in condominio

 

Come installare ascensore in condominio

 

Vivi in un palazzo antico dove non c’è l’ascensore e raggiungere l’appartamento sta diventando sempre più difficile a causa delle scale vecchie e traballanti. La tua casa al mare è solo di tre piani ma il costruttore, per venderla a buon prezzo, non ha fatto installare l’ascensore. Tu e tua sorella avete ristrutturato una vecchia cascina di campagna avuta in eredità e a te è toccato il piano di sopra; ma ora il peso degli anni si sente e non riesci a salire le scale con le buste della spesa. Che fare in tutti questi casi se a volere l’ascensore sei solo tu e non gli altri condomini? Devi rassegnarti a vendere l’appartamento o c’è la possibilità di realizzare un impianto nuovo, magari esterno? Con una ordinanza di ieri la Cassazione spiega come installare un ascensore in condominio.

Quali maggioranze servono per installare un ascensore in condominio

Il primo dubbio da sciogliere è relativo a quale maggioranza serve per installare un ascensore.

L’installazione dell’ascensore, configurando un’innovazione diretta al superamento delle barriere architettoniche, può essere deliberata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea, in rappresentanza di almeno 500/1.000. Se un edificio è dotato di più scale e l’installazione dell’ascensore riguarda una soltanto di esse, la maggioranza in assemblea dev’essere calcolata considerando i soli proprietari delle unità immobiliari interessate dall’innovazione. L’installazione non è consentita se comporta alterazione del decoro architettonico dell’edificio o un sensibile deprezzamento dell’unità immobiliare anche di un solo condomino; in tali ipotesi, quindi, non è sufficiente la maggioranza di cui sopra, ma è necessaria l’unanimità [2]. Se però l’installazione avviene per favorire un disabile o un anziano, è consentita anche se comporta alterazione del decoro architettonico dell’edificio [3]. È vietata l’installazione dell’ascensore che crea un danno apprezzabile anche a un solo condomino [4].

Se manca la maggioranza

Se l’assemblea non si mette d’accordo e manca la maggioranza, l’installazione dell’ascensore può essere realizzata anche a cura e spese di uno o di taluni condomini soltanto. In tal caso l’ascensore può essere utilizzato solo da chi lo ha pagato. È comunque salvo il diritto degli altri partecipanti in qualunque momento di avvantaggiarsi dell’ascensore e utilizzarlo, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell’opera, rimborsando quanto pagato a chi ha effettuato la spesa.

Come si dividono le spese dell’ascensore

Le spese di installazione dell’ascensore (a differenza di quelle per la manutenzione) si ripartiscono per millesimi.

Per quanto riguarda le spese di manutenzione (riferite quindi ovviamente ad un ascensore già installato) sono accollate «per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l’altra metà esclusivamente in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano»; mentre le spese relative ad una nuova installazione sono ripartite in ragione dei millesimi di ciascun condomino.

note

[1] Cass. ord. n. 20713/17 del 4.08.2017.

[2] Cass. sent. n. 6109/94,

[3] Cass. sent. n. 18334/12

[4] Trib. Napoli sent. del 16.11.1991.

Pagamento della rata del mutuo in ritardo, cosa accade e che fare

Gtres 

Nel momento in cui si acquista una casa e si accende un mutuo bisogna poi pagare le rate con puntualità. In caso contrario, le conseguenze possono essere anche gravi. Vediamo, secondo quanto spiegato dalla guida della Banca d’Italia “Comprare casa – Il mutuo in parole semplici”, cosa accade se si effettua il pagamento in ritardo.

In caso di ritardato pagamento (totale o parziale) di una rata per oltre 30 giorni l’intermediario informa il cliente circa le conseguenze degli omessi pagamenti (ad esempio l’applicazione degli interessi di mora o la perdita del diritto di proprietà dell’immobile ipotecato) e le misure di sostegno eventualmente disponibili (ad esempio le misure pubbliche o quelle messe a punto in sede di autoregolamentazione).

Gli interessi di mora si aggiungono alle somme già dovute. Nei casi più gravi, l’intermediario può ottenere lo scioglimento del contratto.

Se l’intermediario è una banca, questa può sciogliere il contratto per:

  • mancato pagamento anche di una sola rata;
  • ritardo di oltre 180 giorni dalla scadenza nel pagamento anche di una sola rata;
  • ritardo (fra 30 e 180 giorni dalla scadenza) nel pagamento delle rate per più di sette volte.

Se la banca scioglie il contratto, il cliente deve restituire immediatamente il debito residuo. Se non può saldare il debito, l’intermediario può ottenere il pignoramento dell’immobile ipotecato e la sua vendita all’asta. Se c’è un fideiussore, anche lui è tenuto a rimborsare quanto dovuto.

Un’ulteriore conseguenza dei mancati o ritardati pagamenti è che ne rimane traccia nella Centrale dei Rischi gestita dalla Banca d’Italia e negli altri sistemi informativi sul credito gestiti da operatori privati (ad es. CRIF). Nei casi più gravi di inadempimento degli impegni contrattuali il cliente può essere, in tali sistemi informativi, classificato “a sofferenza”. Ciò può compromettere la possibilità di ottenere un nuovo finanziamento in futuro.

La banca e il cliente al momento della conclusione del contratto possono stabilire, con una specifica clausola – il cosiddetto Patto Marciano – che in caso di mancato pagamento di un ammontare equivalente a 18 rate mensili, la banca acquisisca l’immobile costituito in garanzia, oppure i proventi della vendita dello stesso, senza dover attivare le procedure esecutive giudiziarie. Il consumatore ha diritto di ricevere l’eventuale eccedenza tra il valore del bene (stimato - in caso di trasferimento al finanziatore - da un perito indipendente, scelto dalle parti di comune accordo) o i proventi della vendita del bene e l’importo residuo del debito.

Il trasferimento del bene immobile o del ricavato della vendita dello stesso comporta l’estinzione dell’intero debito a carico del consumatore, anche se il valore del bene immobile trasferito (o l’ammontare dei proventi della vendita) è inferiore al debito residuo.

Il finanziatore non può condizionare la conclusione del contratto alla sottoscrizione della clausola; se il contratto contiene la clausola, il cliente è assistito, a titolo gratuito, da un consulente al fine di valutare la convenienza del contratto contenente il patto.

Se il cliente non riesce a pagare sempre e con puntualità le rate del mutuo, è consigliabile che si rivolga prontamente all’intermediario per cercare insieme una soluzione. Le iniziative per venire incontro alle esigenze dei clienti in difficoltà possono prevedere:

  • il rifinanziamento totale o parziale del credito;
  • la modifica delle condizioni del contratto di credito, che possono includere: l’estensione della durata del contratto; la modifica della tipologia del credito (ad esempio un contratto che prevede il rimborso contestuale, con ciascuna rata, di capitale e interessi può essere modificato convenendo, per un arco temporale predefinito, il solo pagamento degli interessi);
  • il differimento totale o parziale del pagamento delle rate;
  • la rinegoziazione del tasso di interesse;
  • la sospensione temporanea del pagamento delle rate.

E’ possibile in qualunque momento trasferire il finanziamento presso un altro intermediario, senza alcuna spesa o penalità. E’ la cosiddetta portabilità, che consente di estinguere il mutuo utilizzando la somma concessa da un nuovo intermediario e mantenendo l’ipoteca originaria. La somma verrà rimborsata alle condizioni concordate con il nuovo intermediario. L’intermediario originario non può impedire o ostacolare il trasferimento del mutuo. Il cliente non deve sostenere alcun costo neanche indiretto (ad esempio commissioni, spese, oneri o penali), né per l’estinzione del mutuo con il vecchio intermediario né per la concessione del nuovo finanziamento.

In caso di difficoltà a pagare il mutuo, evitare di rivolgersi a operatori non iscritti negli albi previsti dalla legge. Nei casi stabiliti dalla legge, si può ricorrere ai fondi pubblici di sostegno quali:

  • Fondo di prevenzione dell’usura;
  • Fondo di solidarietà per le vittime dell’usura;
  • Fondo di solidarietà per la sospensione dei mutui.