martedì 24 settembre 2019

I prezzi delle case in Italia in un anno sono scesi del 2,9%: la mappa delle regioni

Risultati immagini per prezzi in calo


Autore: Flavio Di Stefano

29 agosto 2019, 9:48

Secondo i dati dell’ufficio studi di idealista, prosegue il calo dei prezzi delle case. Numeri in crescita solo in Toscana (+1,2%), la performance peggiore è in Sardegna (-14,8%).

La Toscana (2.234 euro al m2), infatti, è l’unica regione italiana a fare eccezione. Nel resto d’Italia, i dati regionali fanno registrare una diminuzione dei prezzi delle case sui dati di dodici mesi fa. Oltre al già evidenziato dato sulla Sardegna (1.522 euro/m2), a spiccare è anche il -8,9 % della Valle d’Aosta e il -7% del Lazio.

La Valle d’Aosta, però, nonostante il calo sostanziale è anche la regione italiana in cui vengono registrati i prezzi medi più alti: 2.396 euro/m2. A seguire, Liguria (2.513 euro/m2 e -4,2%), Trentino Alto-Adige (2.349 euro/mq e -1,9%) e Lazio (2.117 euro/m2 e -7%), dove però a trainare il mercato è Roma (2.293 euro/m2 contro gli 849 della meno cara della regione, Frosinone).

Discorso simile anche per la Lombardia (1.706 euro/m2 e -1,1% su base annua), dove Milano è per distacco la provincia più cara (2.352 euro/m2 e +5,4%) seguita da Sondrio (1.765 euro/mq), Como (1.752 euro/m2) e Brescia (1.705 euro/m2). Fanno da contraltare Mantova (1.037 euro/m2), Pavia (1.072 euro/m2) e Cremona (1.073 euro/m2).

Anche in Toscana, è proprio il capoluogo di regione a far registrare il prezzo più alto al m2: 2.816 € a Firenze. Ma superano i 2.000 euro/m2 anche Lucca (2.514), Grosseto (2.416), Massa-Carrara (2.201), Livorno (2.160) e Siena (2.022).

Discorso decisamente diverso per la Liguria (2.513 euro/m2 e -4,2% di media), dove il capoluogo Genova è la città meno cara (2.088 euro/m2), staccatissima dalla più cara in assoluto Savona (3.154 euro/m2). Seguono Imperia (2.645 euro/m2) e La Spezia (2.246 euro/m2).

Nel resto del Nord, in Veneto (1.444 euro/m2) Venezia è la città più cara (2.111 euro/mq). In Piemonte (1.262 euro/m2), Verbano-Cusio-Ossola (1.749 euro/m2) supera Torino (1.407 euro/m2). In Emilia-Romagna le più care sono Rimini (2.285 euro/m2) e Bologna (2.009 euro/m2), entrambe in crescita, rispettivamente del +1,3% e 0,9%.

Tra le regioni del Centro, oltre alle già citate Toscana e Lazio, si registrano anche le flessioni su base annuale di Marche (-5,6%) e Umbria (-4,7%). Nella prima, le case più costose si trovano a Pesaro Urbino (1.727 euro/m2 e -3,6%). Mentre per quanto riguarda la seconda, si registra un equilibrio sostanziale tra le due province: Perugia (1.143 euro/m2) e Terni (1.013 euro/m2).

Scendendo verso Sud, in Abruzzo la provincia più cara è Pescara (1.307 euro/m2). Costi decisamente contenuti in Molise, dove si registrano i 980 euro/m2 di Campobasso e i 796 di Isernia. Discorso simile per la Calabria (914 euro/m2 di media regionale), dove però la provincia più cara è Vibo Valentia con 1.170 euro/m2.

In Campania (1.618 euro/m2 di media), la provincia più cara è Napoli (2.007 euro/m2). In Basilicata (1.229 euro/m2), ci vogliono 1.382 euro/m2 per comprare casa a Matera. In Puglia (1.178 euro/m2 di media), la provincia più cara è il capoluogo Bari (1.455 euro/m2).

Per quanto riguarda le Isole, in Sardegna la provincia più costosa è Cagliari (1.715 euro/m2), seguita da Sassari (1.508 euro/m2). In Sicilia (1.087 euro/m2 e -5,3% su base annua), Palermo (1.218 euro/m2) precede Catania (1.195 euro

Mutui: tassi e spread hanno toccato il fondo?


mutuo casa 

Autore: floriana liuni


Fine estate interessante dal punto di vista dei tassi di interesse, che sembrano non toccare mai il fondo. Cosa succede per i mutui? Il parere degli esperti a idealista/news.

Tassi mutui, le previsioni per Eurirs ed Euribor

L’andamento dei tassi di interesse di prevede in continuo calo grazie alle politiche Bce. Tassi che, stando a quanto dichiarato dalla governatrice Bce entrante, “non hanno ancora toccato il fondo”. C’è quindi ancora spazio per una politica economica che renda più redditizio (o almeno meno dannoso) prestare denaro a tassi bassi (se non negativi) piuttosto che tesaurizzare.

Le previsioni sull’indice Eurirs , riferimento per i mutui a tasso fisso, mostrano che le varie scadenze restano negative: l’Eurirs a 10 anni che a inizio anno viaggiava sullo 0,7% ora va verso il -0,4%. Il che significa che tale tasso andrà sottratto, e non più sommato, allo spread bancario sui mutui. A inizio settembre si sono visti erogare i primi mutui a tasso fisso al di sotto dell’1%.

Stessa questione anche per l’Euribor, la cui scadenza a tre mesi è la base per il calcolo dei mutui a tasso variabile in Italia. Le previsioni dicono che, se oggi si trova circa al -0,43%, nei prossimi mesi potrebbe scivolare oltre il -0,6% e restare comunque in territorio negativo almeno fino al 2025 (una inversione di tendenza è prevista verso la fine del 2020 ma la risalita dei tassi sarà comunque assai lenta).

“Ad agosto i valori ai minimi dell’Irs hanno portato ad avere un quasi perfetto allineamento tra prodotti di mutuo a tasso fisso e quelli a tasso variabile, commenta Antonio Ferrara, Ad di Monety; -  in entrambi i casi si prevedono offerte sotto l’1% anche per durate a 20 anni, mentre su periodi più lunghi  è possibile trovare offerte di poco superiori all’1%. Il trend dovrebbe essere confermato anche nei prossimi mesi se consideriamo che in alcuni paesi dell’Europa si comincia a registrare mutui con tassi addirittura negativi".

Domanda di mutui in calo

L’occasione sembra quindi non essere passata per chi desideri stipulare un nuovo mutuo. Eppure nessuna fiammata ha interessato le nuove domande. “Il fatto che i tassi siano sempre più bassi, come ampiamente previsto e comunicato mesi fa, aiuta il mercato che già però si è ormai abituato da tempo a questi valori, - è la spiegazione di Riccardo Bernardi, chief development officer di 24Max. - Variazioni di qualche decimale sono positive ma non impattano in modo consistente in un trend ormai consolidato. Storicamente i mesi estivi comportano sempre un calo della domanda di mutui, bisognerà invece valutare l'impatto della crisi di governo che solitamente porta una leggera sfiducia e un clima di attesa per chi vuole acquistare un immobile ma non ha urgenza”.

Inoltre, nota Renato Landoni, presidente di Kiron Partners Spa, “la domanda è in fase calante perché le famiglie hanno incertezza sull’andamento economico e finanziario del nostro Paese. Pil con crescita zero, tasso di disoccupazione in crescita, consumi con spinta nulla”, secondo l’esperto frenerebbero la voglia di stringere nuovi contratti.

Mutui, tassi in calo. Nuova corsa alle surroghe?

Concordano tendenzialmente altri player del settore, i quali ravvisano però in questa situazione un possibile ritorno di interesse per i mutui surroga.

Secondo Antonio Ferrara, “Con le opportunità presenti sul mercato possiamo certamente affermare che i finanziamenti sottoscritti nel corso degli ultimi anni, a tassi che avremmo immaginato imbattibili all’epoca della sottoscrizione, sono quasi tutti da “rottamare”, ipotizzabile a breve quindi una nuova corsa verso le surroghe. Le opportunità sui tassi sono però una conseguenza di un’economia stagnante in tutta Europa, dato consolidato anche dal rallentamento del Pil registrato in Germania, segnali che preoccupano non solo i mercati ma anche le famiglie, l’instabilità politica nel nostro paese e la prossima complicata manovra economica hanno rallentato gli investimenti, per questo motivo pur avendo le migliori condizioni di sempre l’andamento della domanda è in calo rispetto allo scorso anno anche se sembra difficile resistere a lungo a queste opportunità”.

“Tra gli elementi che possono influire negativamente sulla richiesta di mutui vi sono spesso fattori di natura psicologica,-  fa eco Ivano Cresto, responsabile mutui di Facile.it. - Periodi di generale instabilità economica o politica o, ancora, un senso di incertezza verso il futuro, possono spingere i potenziali acquirenti ad adottare un atteggiamento più cauto nel momento in cui si chiede un finanziamento di lunga durata o, peggio, a rimandare l’acquisto. Se è vero che la domanda di mutui casa è diminuita negli ultimi mesi, nonostante i tassi ai minimi storici, sono certamente questi, insieme al calo fisiologico del peso delle surroghe, gli elementi principali a cui ricollegare il fenomeno. Va evidenziato, però, che contestualmente stiamo registrando un crescente interesse verso l’offerta online nell’ambito dei mutui e non è da escludere che, qualora i tassi dovessero rimanere a lungo così bassi, si possa assistere ad una nuova ondata di surroghe, un’opportunità che potrebbe ingolosire sia coloro che hanno acquistato casa negli ultimi 24 mesi, sia coloro che hanno già surrogato in passato ma che, grazie alle attuali condizioni di mercato, potrebbero ridurre ulteriormente la rata”. 

Mutui, tassi ai minimi. Quanto si risparmia?

Al momento sta di fatto che il mix di condizioni resta il più conveniente da anni per chi valuti l’acquisto di casa. “Numeri alla mano - calcola Cresto,  - rispetto ad un mutuo a tasso fisso erogato solo 12 mesi fa (taglio medio da 125.000 euro in 25 anni con LTV 70%), con i tassi di oggi si potrebbero risparmiare, in media, circa 30 euro al mese, vale a dire circa 9.000 euro in meno di interessi sulla durata del finanziamento”.

Aumento prezzo del petrolio, le conseguenze sui mutui


Aumento prezzo petrolio e mutui / Gtres 

Autore: floriana liuni


Il prezzo del petrolio può influire sull’andamento dei tassi dei mutui? idealista/news ne ha parlato con alcuni esperti.

Quale rapporto tra prezzo della benzina e tassi dei mutui?

Una recente analisi di Facile.it sostiene che, a causa dell’improvvisa impennata del prezzo del petrolio, i consumatori italiani potrebbero trovarsi a sperimentare rincari non solo nel prezzo della benzina e di altri beni e servizi influenzati dal trasporto su gomma, ma anche in settori distanti come quello dei mutui.

“Qualora il prezzo del petrolio rimanesse alto per molto tempo, - dice la nota di Facile.it e Mutui.it, - ciò potrebbe determinare un aumento del costo di produzione e movimentazione delle merci. Considerato che nel nostro Paese l’85% dei trasporti commerciali avviene ancora su gomma, l’impatto sul potere d’acquisto e capacità di risparmio delle famiglie sarebbe notevole. Avere meno risorse da destinare alla rata mensile o all’acquisto di un immobile sono elementi che ovviamente incidono negativamente sulla domanda di mutui”.

Non solo; ma, sempre secondo il portale, “Sebbene nel breve periodo siano da escludere eventuali cambiamenti, se a seguito del caro petrolio si verificasse un aumento dell’inflazione ritenuto positivo dalla BCE, ciò potrebbe spingere l’Istituto ad alleggerire le politiche adottate negli ultimi anni e far salire più rapidamente i tassi di interesse, che influenzano inevitabilmente IRS ed Euribor e quindi anche gli indici applicati ai mutui concessi alle famiglie per l’acquisto della casa”.

I tassi dei mutui sono in calo nonostante gli aumenti del petrolio

Riflettendo su quanto sopra, si possono fare alcune considerazioni. La prima: appare improbabile che il prezzo del petrolio possa avere riverberi sui tassi di interesse Bce e su quelli dei mutui, e questo per varie ragioni.

Innanzitutto, la recente impennata del prezzo del petrolio è stata una “fiammata” momentanea, dovuta all’attacco ai danni degli impianti petroliferi sauditi, non una situazione stabile creatasi in maniera strutturale. Tanto è vero che il prezzo del petrolio è già tornato quasi sui livelli pre-attacco, ripiegando dai quasi 70 dollari al barile del Brent a poco più di 64 (prima dell’attacco si era intorno a quota 60) e dai quasi 64 dollari al barile del Wti a poco più di 58 (contro i 55 pre-attacco).

Inoltre, guardando i grafici dei prezzi del petrolio a un anno sia del Wti che del Brent si nota che nei dodici mesi trascorsi i livelli dell’oro nero si sono collocati anche più in alto dei prezzi post-attacco ai sauditi. Il Wti per esempio viaggiava oltre quota 75 dollari al barile, e oltre i 65 intorno a maggio, mentre il Brent superava di molto gli 80 un anno fa e sfiorava i 75 tre mesi fa circa. Ciononostante questo non ha impedito nei mesi passati ai tassi di interesse, e a quelli dei mutui in particolare, di mantenersi straordinariamente bassi e in continua discesa.

Grafico annuale del prezzo del Brent / Bloomberg Grafico annuale del prezzo del Brent / Bloomberg

“Sicuramente una correlazione tra il prezzo del petrolio e l'inflazione esiste ed è sempre esistita, - commenta Riccardo Bernardi, Chief Development Officer 24MAX. - E' dal 2015 che il prezzo del petrolio oscilla tra minimi intorno ai 40 e massimi intorno ai 70 dollari al barile (il massimo storico ha toccato i 150 dollari al barile). Malgrado questi andamenti i tassi sono scesi costantemente e siamo ai minimi di sempre e la tendenza non sembra essere quella di una risalita a breve”.

Grafico annuale del prezzo del Wti / Bloomberg Grafico annuale del prezzo del Wti / Bloomberg

"Mi sembra una forzatura legare una eventuale riduzione della richiesta di mutui all’aumento del prezzo del greggio, - aggiunge Antonio Ferrara, Ad di Monety. - Nel 2018 ad esempio è stato spesso oltre i 70 dollari al barile e nonostante tutto abbiamo avuto il best in termini di erogato degli ultimi 8 anni. Peraltro nel 2019 con tassi ai minimi storici, valori delle case invariati (nonostante il continuo incremento delle compravendite) e inflazione vicina allo zero non hanno influenzato la richiesta che viceversa si è ridotta del 10%".

“Ora resta da capire – aggiunge Bernardi, - quanto questa fiammata, già parzialmente riassorbita, sia un trend che durerà o una momentanea speculazione che spesso accade sui mercati finanziari. Attualmente tenderemmo ad escludere una correlazione con i tassi di interesse dei mutui anche se monitorare i mercati e cercare di anticipare eventuali tendenze resta sempre tra le nostre priorità”.

Aumento del petrolio e politiche Bce

La seconda considerazione da fare è che, quand’anche il prezzo del petrolio avesse davvero un peso nelle decisioni BCE di modificare i tassi di interesse, i loro riverberi su Irs ed Euribor impiegherebbero diverso tempo ad invertire una tendenza che per ora è stabilmente al ribasso e saldamente in territorio negativo. Una inversione del trend dell’Euribor a tre mesi, ad esempio, è prevista solo per il 2021: al massimo si potrebbe verificare un anticipo di tale inversione di qualche mese, e comunque il ritorno dell’Euribor in territorio positivo – con conseguente rilevante peso sui prezzi dei mutui – impiegherebbe molto tempo a verificarsi.

Il Sole 24 Ore Il Sole 24 Ore

“Le attuali misure espansive della BCE si basano su condizioni economiche più ampie rispetto al solo prezzo del petrolio, - spiega inoltre Maurizio Mazziero, responsabile del centro studi Mazziero Research: - rallentamento globale, guerre commerciali, ritardo nell'adozione di riforme strutturali procrescita da parte dei governi sono i principali elementi. Certamente il prezzo del petrolio può incidere nel tasso di inflazione, che andrà comunque raffrontato con la condizione del cambio euro/dollaro, ma non può da solo determinare le politiche delle banche centrali. Di conseguenza, le attuali decisioni di Draghi sono improntate a un calo dei tassi per lungo tempo; anche ragionando per assurdo, un'inflazione al 2% in una condizione di economia stagnante non sarebbe sufficiente a invertire il percorso della BCE, in sintonia peraltro con le altre banche centrali”.

Secondo Facile.it, comunque, è parimenti possibile anche lo scenario totalmente opposto. “Se la BCE dovesse ritenere che l’inflazione abbia creato un peggioramento delle condizioni generali ed un impatto negativo sulla crescita europea, - si legge infatti nello studio, - potrebbe decidere di allungare le politiche di stimolo monetario adottate oggi, mantenendo ancora più a lungo le condizioni estremamente vantaggiose sul fronte dei tassi. Un’opzione, quest’ultima, che farebbe felici sia coloro che hanno già sottoscritto un mutuo a tasso variabile, sia coloro che sono intenzionati a comprare casa e potrebbero contare su tassi molto favorevoli".