Chi compra una casa e dentro c’è ancora il conduttore che sta facendo resistenza allo sfratto può chiedere la risoluzione del contratto di compravendita.
Uno dei principali ostacoli ad acquistare una casa con dentro già un inquilino è la paura che questi non se ne vada a contratto di locazione scaduto e che, quindi, il nuovo proprietario sia costretto a intraprendere un lungo e costoso procedimento di sfratto. Esiste, tuttavia, una soluzione volta a tutelare l’acquirente e questa è stata suggerita da una recente e interessante sentenza del Tribunale di Napoli [1]. Venditore e acquirente possono inserire, all’interno del contratto di compravendita o dello stesso preliminare (più comunemente detto “compromesso”), la clausola in cui si prevede che se il conduttore non abbandona “con le buone” l’appartamento, il contratto si scioglie in automatico, senza cioè bisogno di andare dal giudice, ma dietro semplice dichiarazione dell’acquirente di volersi valere di tale diritto.
Nella sentenza in commento, infatti, si legge che è valida la clausola che preveda l’immediata risoluzione del contratto di compravendita immobiliare qualora l’appartamento, contrariamente a quanto assicurato dal venditore, non venga rilasciato dal conduttore.
La questione su cui si è dibattuto in causa era se clausole di tale tipo – che facciano dipendere lo scioglimento del contratto da un comportamento di un terzo estraneo (l’inquilino) e non dall’inadempimento del venditore – possano essere ammissibili. E il giudice campano non ha avuto dubbi sulla loro legittimità.
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Il venditore e l’acquirente possono anche indicare, nell’atto di venduta, una data precisa entro cui l’inquilino ha preso l’impegno di abbandonare l’immobile; così come possono non prevedere alcunché e far riferimento alla scadenza naturale del contratto di affitto. Se, a tale data, non avviene l’abbandono spontaneo dell’immobile, si potranno avere diverse alternative:
– l’acquirente potrebbe optare di non avvalersi della “clausola risolutiva” del contratto e decidere di agire per le vie legali contro l’inquilino abusivo; in tal caso, egli non deve fare nulla poiché la vendita continuerà a sortire i suoi effetti ed egli continua a rimanere il nuovo proprietario del bene;
– l’acquirente potrebbe, invece, decidere di svincolarsi dal contratto e scioglierlo. Dunque, se le parti avevano stipulato solo un compromesso, non ci sarà più l’obbligo di firmare il contratto definitivo e il venditore dovrà restituire tutti gli acconti già ricevuti. Se, invece, era già avvenuta la firma del rogito, l’immobile deve tornare in capo al primo venditore con un nuovo passaggio di proprietà.
È chiaro che, in quest’ultima ipotesi, è necessaria la collaborazione del venditore. In mancanza, l’acquirente potrà far valere i propri diritti davanti al giudice.
La sentenza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI NAPOLI
SESTA SEZIONE CIVILE
Il Giudice Unico, dott.ssa Stefania Starace, ha pronuncialo la seguente SENTENZA
nella causa iscritta al n. RG 340/2008 avente ad oggetto: inadempimento, vertente tra lo
CA.IM. S.R.L., in persona del iuo legale rapp.te p.t., part. Iva (…), elett.te dom.ta in (…), presso lo studio dell’Avv. Sa.Bi., che la rappresenta e difende in virtù di procura a margine dell’atto di citazione
attrice contro
D.MA., codice fiscale (…), elett.te dom.to in (…), presso lo studio dell’Avv. Da.Ro., che lo rappresenta e difende in virtù di procura a margine della comparsa di costituzione e risposta con domanda riconvenzionale
convenuto
Motivi di fatto e di diritto della decisione
Con atto di citazione notificato il 28/12/2007, la Ca. s.r.l. esponeva: di aver stipulato in data 12.11.2002 con D. Ma. un contratto di compravendita immobiliare in cui era previsto che ove Fl.Ca., occupante abusivo dell’immobile, non avesse rilasciato l’immobile compravenduto entro il 12.02.2003 l’acquirente non avrebbe più versato il saldo prezzo di Euro 51.645,69 e che ove detto occupante, concretizzatasi la vendita, avesse accampato un diritto reale o personale di godimento sul bene compravenduto, il contratto si sarebbe risolto ipso iure con l’obbligo della venditrice di restituire all’acquirente la somma versata quale prezzo di vendita maggiorata di Euro 50.000,00 a titolo di risarcimento danni medio tempore subiti dal D.; che, avendo Fl. Ca. rifiutato la consegna dell’immobile, il D. non aveva corrisposto il saldo prezzo ed aveva convenuto in giudizio Fl. Ca. e la moglie Po.Fl. per sentirli condannare al rilascio dell’immobile previa declaratoria di occupazione sine titulo; che i convenuti, costituitisi, avevano impugnato la domanda ed avevano prodotto agli atti un contratto di locazione; che D. Ma. aveva chiamato in causa la Ca.; che quest’ultima, con atto stragiudiziale del 22.7.05, tenuto conto dell’instaurato giudizio, delle eccezioni dei convenuti e della propria chiamata in causa, aveva manifestato l’intenzione di avvalersi della clausola risolutiva a espressa prevista nel contratto; che il D. aveva comunicato all’odierna attrice che avrebbe potuto
avvalersi della clausola solo all’esito del giudizio incardinato nei confronti del Fl. e sempre che l’adito Tribunale avesse ritenuto valido ed efficace il contratto prodotto dal Fl.. Ciò premesso, conveniva in giudizio D. Ma. per sentire accogliere le seguenti conclusioni: “a) dichiarare la nullità e/o inefficacia della clausola risolutiva espressa contenuta nell’art. 4 e l’estensibilità della stessa all’intero contratto di compravendita stipidato a ministero notar Gi.Lu. in data 12/11/2002, rep. n. 5778, tra la Ca. s.r.l. e il sig. D. Ma., avente ad oggetto la vendita del quartino sito in (…), e, di conseguenza, disporre il trasferimento coattivo del diritto di proprietà del quartino di cui sopra alla società attrice, con contestuale restituzione a carico della stessa ed in favore del D. del prezzo di vendita riscosso; b) in via del tutto gradata e tenuto conto della richiesta dell’istante società di voler avvalersi della clausola di cui sopra, accertare se il contratto in questione è da intendersi risolto o meno ipso iure e, in caso affermativo, disporre il trasferimento coattivo del diritto di proprietà del quartino di cui sopra alla società attrice, con contestuale restituzione a carico della stessa ed in favore del D. del prezzo di vendita riscosso; c) in via – più gradata, dichiarata la nullità del patto risarcitorio, in quanto concluso in aperta violazione di legge, statuire che nulla l’attrice è tenuta a versare a tale titolo, ed in via estremamente più gradata, disporre a carico dell’istante il pagamento di un equo indennizzo da liquidare equitativamente, dopo aver valutato la condotta comportamentale delle rispettive parti; d) condannare il convenuto al pagamento delle spese, diritti ed onorario di giudizio con attribuzione al sottoscritto procuratore”.
Instauratosi il contraddittorio, si costituiva il convenuto rassegnando le seguenti conclusioni: “in via pregiudiziale:
1) dichiarare l’inammissibilità della presente azione per mancanza dei presupposti di cui all’art. 100 c.p.c., ovvero per essere l’attrice carente di interesse ad agire per tutte le ragioni innanzi spiegate; nel merito:
2) nella denegata ipotesi del mancato accoglimento delle richiesta di cui al punto n. 1), rigettare domanda attorea perché infondata in fatto ed in diritto per tutti i motivi ampiamente spiegati in narrativa; in via riconvenzionale:
3) solo nella denegatissima ipotesi in cui codesto On.le Tribunale, inopinatamente, dovesse dichiarare risolto il contratto di compravendila immobiliare in danno del compratore, condannare l’attrice alla restituzione in favore del Sig. D. della somma di Euro 149.772,50pagata come prezzo d’acquisto per l’immobile, oltre interessi dal 12/11/2002 e rivalutazione monetaria, nonché al pagamento dell’ulteriore somma di Euro 50.000,00 convenzionalmente pattuita a titolo di risarcimento del danno medio tempore pulito;
4) condannare in ogni caso l’attrice al risarcimento, in favore del convenuto, dei danni da lite temeraria, nella somma di Euro 10.000,00 o nella somma minore o maggiore che l’Ill.mo G.l. adito riterrà di giustizia; in ogni caso:
5) condannare l’attrice al pagamento delle spese, diritti ed onorari della presente procedura, oltre IVA e CPA come per legge”.
Depositate le memorie ex art. 183, sesto comma c.p.c., assegnata la causa in decisione e rimessa sul ruolo, veniva espletata la prova testimoniale dedotta dalle parti ed all’udienza del 21/11/2014, le parti rassegnavano le proprie conclusioni e la causa veniva introitata a sentenza, con i termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche.
Così brevemente riassunti i fatti di causa, va disattesa in quanto infondata l’eccezione pregiudiziale in rito di inammissibilità della domanda per difetto dell’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. sulla
base della esauriente motivazione dell’ordinanza del giudice dr. A. Quaranta del 16/22.09.2011 cui si fa rinvio e che questo giudice condivide e fa propria. Nel merito, la domanda è infondata e deve essere rigettata.
Dalla documentazione in atti risulta che in data 01.07.2012 veniva stipulato tra Dovere Paolo, nella qualità di rappresentante legale della CA. s.r.l,, nella qualità di promittente venditore, e D. Ma., nella qualità di promittente acquirente, il contratto preliminare di compravendita dell’appartamento sito al secondo piano del fabbricato in (…)) 15 (riportato nel n. C.E.U. del Comune di (…)), al cui art. 4 si prevedeva: “Il possesso legale e materiale passerà al momento della sottoscrizione dell’atto definitivo che avverrà a minisiterio del Notaio Dottor Gi.La. entro e non oltre il predetto termine del 31 ottobre 2002. A tal fine la parte venditrice precisa che l’immobile in oggetto è attualmente occupato a titolo precario dal Sig. Fl. Ca. e che sarà consegnato libero alla stipula del contratto di compravendita. Le parti espressamente convengono che se per la data della stipula l’immobile in oggetto non sarà consegnato libero e vuoto da persone e cose, scatterà una penale a carico della società venditrice di Euro 51,65 al giorno” (cfr. ali. 5 foliario della produzione di parte convenuta).
In data 15.10.2000 ed in data 23.10.2002 l’odierno convenuto, tramite il suo difensore, rispettivamente invitava e diffidava (cfr. ali. 9 e 10 foliario del convenuto) la Ca.Im. all’esatto adempimento del contratto, ossia alla consegna in data di stipula del definitivo delle chiavi dell’immobile libero da cose e persone.
In data 31.10.2002 (giorno previsto per la stipula del definitivo), la stipula veniva rinviata alla data del 32.11.2002 stante l’assenza del legale della promittente venditrice, avv. Re.Am.. Seguiva ulteriore invito inoltrato dal D. alla Ca. con telegramma del 9.11.2002 (cfr. allegato n. 12 del fascicolo di parte convenuta) a comparire al rogito con le chiavi dell’appartamento libero da cose e persone. ”
Il 12/11/2002 veniva stipulato l’atto definitivo di compravendita per Notar Gi. La. del 12/11/2002, Rep. 5778, Race. 3291 (dì. allegato n. 3 della produzione di parte convenuta) nel cui articolo 4 si stabiliva: “L ‘immobile oggetto del presente atto risulta attualmente occupato “sine titillo “da parte del Sig. Fl. Ca., e, pertanto, il possesso materiale passerà alla parte acquirente al momento della consegna delle chiavi dello stabile. All’uopo, si conviene espressamente che il termine Ma. previsto per il predetto rilascio è il 12/02/2003, impegnandosi ed obbligandosi la parte venditrice a trasferire, entro e non oltre questa data, il possesso legale e materiale dell’immobile all’acquirente, facendosi carico di tutto quanto necessario ad ottenere la liberazione, di modo da consegnare l’appartamento, entro tre mesi a partire da oggi, libero da persone e da cose. Si conviene espressamente tra le parti, che dichiarano di ben comprendere il contenuto del presente accordo, che, laddove il giorno 12/02/2003 l’immobile oggetto del presente atto risulti ancora occupato e, dunque, non libero da persone e da cose, con impossibilità di consegnarne le chiavi, lo stesso Sig. D. Ma. nulla più dovrà alla parte venditrice, con l’effetto di poter trattenere per sè la rimanente parte del prezzo ammontante ad Euro 51.645,69. Sul punto, difatti, si precisa che la venditrice rinuncia espressamente, nel caso di cui sopra, alla cifra da ultimo menzionata, dichiarando che, sempre nell’ipotesi considerata, essa non avrà più nulla a pretendere dall’acquirente in dipendenza della presente vendita per alcuna ragione o causa. Ciò è da intendersi nel senso che il prezzo complessivo della presente vendita, nell’ipotesi di mancata consegna dell’appartamento libero da persone e da cose entro il 12/02/2003, si considererà convenzionalmente ridotto da Euro 201.418,19 ad Euro 149.772,50, somma quest’ultima ad oggi già completamente versata alla venditrice. La venditrice dichiara e garantisce che nessun rapporto di locazione o comodato, o comunque nessun rapporto contrattuale né in fatto ne in diritto, esiste tra essa ed il Sig. Fl. Ca., occupante attualmente l’immobile col presente atto venduto, ne’ esiste con qualsiasi altra persona sempre relativamente all’immobile in oggetto. Sul punto, difatti, dichiara e garantisce altresì che la persona suindicata, od
altre terze persone non hanno alcun diritto reale o personale di godimento sull’immobile oggetto di vendita e che, quindi, costui occupa attualmente il medesimo sema averne titolo alcuno e del tulio illegittimamente. Laddove, avvenuta la presente stipula, il signor Fl. Ca. od altri dovessero accampare qualsivoglia diritto reale o personale di godimento sul bene in data odierna venduto, questo contratto s’intenderà risolto “ipso iure “. con l’obbligo della venditrice di restituzione, in favore dell’acquirente, delle intere somme versatele in conseguenza della presente vendita, maggiorate di Euro 50.000,00, a titolo di risarcimento del danno “medio tempore” subito dal Sig. D. Ma.. La venditrice dichiara di aver proceduto ad informare il signor Fl. Ca. del presente atto di vendita, nonché di averlo reso nuovamente edotto della necessità che egli rilasci l’immobile, da consegnarsi libero da persone c. da cose all’acquirente, nuovo proprietario”.
Nonostante l’invito inoltrato con raccomandata del 7.2.2003 (allegato 13 del fascicolo di parte convenuta) alla Ca., quest’ultima non consegnata alla data prevista del 12.2.2003 le chiavi dell’immobile.
D. Ma. si attivava per ottenere il rilascio dell’immobile, occupato sine titillo, promuovendo il giudizio presso il Tribunale di Napoli in cui Fl. Ca. e Fl. Po., costituendosi, chiedevano rigettarsi la domanda in virtù di un contratto di locazione stipulato con il dante causa dell’attore.
Ciò posto, l’odierna attrice con la prima domanda chiede dichiararsi la invalidità del contratto stante la nullità della clausola risolutiva espressa contenuta nell’art. 4 atteso che quest’ultima farebbe dipendere lo scioglimento automatico del vincolo contrattuale non dall’inadempimento di uno dei contraenti ma da quello di un terzo estraneo al rapporto contrattuale. Mancherebbe, dunque, il riferimento soggettivo per l’imputazione dell’inadempimento. Essendo tale clausola funzionalmente collegata all’intero contratto per avere condizionato la formazione del consenso dei contraenti che sulla base della stessa avevano regolamentato i rispettivi interessi, la nullità della stessa si estenderebbe all’intero contratto. L’assunto non è condivisibile.
Al contrario di quanto prospettato da parte dell’attrice, infatti, la clausola oggetto di causa non fa dipendere la possibilità di risoluzione del contratto dal comportamento di un terzo ma da un fatto imputabile alla venditrice, avendo quest’ultima dichiarato che l’immobile era occupato “sine titulo”. Dunque, la risoluzione di diritto è prevista per l’ipotesi in cui la Ca. abbia reso dichiarazioni mendaci in sede contrattuale ed il terzo occupi legittimamente l’immobile. La domanda di invalidità della clausola risolutiva espressa e, per estensione, dell’intero contratto è pertanto infondata.
Peraltro, ove poi le parti abbiano inteso fare riferimento ad un comportamento del terzo non imputabile alla venditrice ossia all’ipotesi che l’occupante contrastasse la richiesta di rilascio dell’immobile eccependo titoli infondati, non si tratterebbe di una clausola nulla ma di una clausola da riqualificare come clausola risolutiva propria, determinando la stessa l’effetto risolutivo del contratto in conseguenza dell’avverarsi di un evento estraneo alla volontà della venditrice e non quale sanzione del suo inadempimento
In via subordinata, parte attrice ha chiesto accertarsi se il contratto debba intendersi risolto a seguito della sua volontà, dichiarata con precedente atto stragiudiziale, di volersi avvalere della clausola in esame e, in caso affermativo, disporsi il trasferimento coattivo del diritto di proprietà dell’immobile oggetto della compravendita alla Ca., con contestuale restituzione a carico della stessa del prezzo di vendita riscosso.
Giova richiamare l’art. 1456 c.c. secondo cui “1 contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le
modalità stabilite. In questo caso la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende valersi della clausola risolutiva”.
Orbene, la clausola risolutiva espressa attribuisce al contraente il diritto potestativo di ottenere la risoluzione del contratto per l’inadempimento di controparte senza doverne provare l’importanza, risoluzione che non può essere pertanto pronunziata d’ufficio, ma solo se la parte nel cui interesse la clausola è stata inserita nel contratto dichiara inequivocabilmente di volersene avvalere” (eli. Cass. n. 167/2005).
Orbene, ritiene il giudicante che la condizione prevista nel contratto (opposizione al rilascio da parte di Fl.Ca. o di altri dell’esistenza di un diritto reale o personale di godimento sul bene oggetto della compravendita) è stata pattuita nell’interesse esclusivo dell’acquirente. Ciò si desume dalla stessa formulazione letterale e dalla ratio del contratto, atteso che è del compratore l’interesse ad avere la disponibilità dell’immobile compravenduto libero da cose e persone, dal fatto che sia stata accompagnata dalla previsione di una penale in favore del D., dalle dichiarazioni dei testi escussi.
Invero, la clausola in oggetto è prevista di seguito ad una serie di dichiarazioni rese dalla venditrice (sempre nell’art. 4) volte ad assicurare che gli occupanti non avevano nessun titolo giustificativo della loro permanenza nell’immobile; inoltre la stessa previsione di una penale di Euro 50.000,00 pattiziamente convenuta a favore dell’acquirente nell’ipotesi di risoluzione del contratto induce ad affermare che essa era concepita e prevista in favore dell’acquirente al fine di proteggerlo dalla inaspettata esistenza di diritti reali o personali di godimento conferiti agli occupanti dalla venditrice. I testi diparte convenuta hanno confermato l’interesse del D. ad avere l’immobile libero al momento della stipula dell’atto notarile e che la CA. rappresentava di aver bisogno di qualche mese in più e che la clausola fu inserita per volere dell’acquirente e nel suo interesse. Significativa è la deposizione del Notaio dott. Gi.Ia., il quale ha riferito che la parte venditrice si presentò il giorno della stipula senza le chiavi dell’immobile e che “si discusse di tale circostanza, tanto che fu formulato un apposito articolo per tutelare l’acquirente, atteso che l’immobile era allo stato occupato” e che l’articolo in questione era l’articolo 4. Ha poi aggiunto che l’art. 4 era stato elaborato a tutela esclusiva dell’acquirente.
I testi di parte attrice non hanno riferito circostanze idonee ad inficiare tali risultanze, non ricordando chi aveva voluto l’inserimento di detta clausola.
Peraltro, che la clausola risolutiva espressa fosse voluta dall’acquirente è una circostanza ammessa dalla stessa attrice (cfr. pag. 11 atto di citazione. 2° capitolo di prova).
Risulta, quindi, del tutto diversa la circostanza dedotta dall’attrice in sede di memoria ex art. 183 sesto comma primo termine c.p.c. secondo cui invece sarebbe stata la Ca. ad inserire nel contratto la clausola in questione per cautelarsi.
Del resto, se detta clausola fosse stata inserita dalla Ca. come tardivamente da quest’ultima affermato nella memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c,. non si comprenderebbe la ragione per cui la stessa attrice ne lamenti in tale sede la nullità. La domanda subordinata di parte attrice è, pertanto, infondata.
Va, inoltre, evidenziato che il giudizio promosso, prima dell’instaurazione della presente causa, da D. Ma. nei confronti di Fl. Ca. e Po. Fl. si è concluso con la sentenza emessa dal Tribunale di Napoli n. 1242/08 depositata il 7.2.08 che ha dichiarato illegittima ed abusiva l’occupazione dell’appartamento sito in Napoli alla via Ponti Rossi n. 115 p. II, int. 6 da parte dei convenuti e che
tale sentenza è stata confermata in sede di appello con la sentenza n. 3690/2013 depositata il 23.10.2013.
Tale circostanza evidenzia, quindi, che non si è comunque realizzata la condizione prevista nella clausola risolutiva espressa.
La terza domanda di parte attrice non va esaminata in quanto assorbita.
Stante il rigetto delle domande di parte attrice, è assorbita anche la domanda riconvenzionale spiegata dal convenuto per l’ipotesi di accoglimento delle stesse.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, tenendo conto dei valori medi della tabella 10 allegata al D.M. 10 marzo 2014 e che il valore della causa è di Euro 201.418,19 pari al prezzo di vendita dell’immobile oggetto della compravendita.
Ritiene invece il giudicante che non sussistano le condizioni per accogliere la richiesta di condanna di parte attrice al risarcimento del danno per lite temeraria ex art. 96 c.p.c..
Tale condanna infatti non può derivare solo dal fatto della prospettazione di tesi giuridiche riconosciute errate dal giudice, occorrendo che l’altra parte deduca o dimostri nell’indicato comportamento la ricorrenza del solo o colpa grave.
Ritiene il giudicante che il fatto che il presente giudizio sia stato instaurato dopo la riserva in decisione della causa del giudizio intentalo dal D. nei confronti dei Fl. e Po. non sia sufficiente ad avvalorare la sussistenza di un comportamento di malafede dell’odierna attrice, ben potendo giustificarsi con l’assunto, rivelatosi infondato giuridicamente, di avere il diritto di ottenere la risoluzione del contratto di compravendita senza dover attendere la decisione dell’acquirente a sua volta condizionato dall’esito del giudizio di rilascio nei confronti dei coniugi Fl.Po. (conclusosi definitivamente soltanto nel 2013).
P.T.M.
Il Tribunale di Napoli, sesta sezione civile, definitivamente pronunciando sulla causa 11. 340/2008. così provvede;
rigetta le domande di parte attrice;
condanna parte attrice al pagamento, in favore del convenuto, delle spese di lite che liquida in Euro 50,00 per esborsi ed in Euro 13.430,00 per compenso professionale, oltre rimborso spese generali nella misura del 15%, oltre Iva e Cpa come per legge.
Così deciso in Napoli il 29 marzo 2015. Depositata in Cancelleria il 25 giugno 2015.
[1] Trib. Napoli, sent. n. 9321/15 del 25.06.2015.
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