Impianti autonomi e oneri successivi al distacco: quando si può procedere e quando conviene.
Con la diffusione della rete di distribuzione del gas metano si sono moltiplicati negli ultimi anni i casi di distacco dei condomini dall’impianto centralizzato di riscaldamento.
Diventando una pratica assai frequente rispetto al passato, il distacco ha inevitabilmente finito con il porre diversi problemi sia pratici che legali ai quali negli ultimi tempi la normativa ha perlomeno tentato di dare una soluzione.
Ha solo qualche mese di vita, infatti, la normativa [1] secondo cui nel caso di ristrutturazione o di nuova installazione di impianti termici di potenza tecnica nominale del generatore maggiore o uguale a 100 Kw ed anche nel caso di distacco dall’impianto centralizzato di un solo condomino, deve essere eseguita una diagnosi energetica dell’edificio e dell’impianto che metta a confronto le diverse soluzioni impiantistiche compatibili e la loro efficacia sotto il profilo dei costi complessivi (cioè investimento, esercizio e manutenzione).
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Per procedere al distacco, quindi, è obbligatoria dal 1° ottobre 2015 una diagnosi energetica dell’edificio e dell’impianto i cui costi, evidentemente, ricadono sul condomino intenzionato ad effettuare il distacco.
Tale diagnosi energetica è finalizzata a rendere più agevole l’esercizio del diritto del condomino [2] di rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini.
Se, quindi, risulterà dimostrato che il distacco non aggrava notevolmente il funzionamento dell’impianto o le spese per gli altri condomini (è sufficiente che si verifichi una delle due condizioni per impedire il distacco) il distacco sarà consentito, ma il condomino distaccato sarà comunque tenuto, dal momento del distacco, a pagare:
– le spese di manutenzione straordinaria dell’impianto;
– le spese finalizzate alla sua conservazione e messa a norma (nulla più, perciò, quanto a consumi).
È chiaro, perciò, che anche la diagnosi energetica imposta a partire dal 1° ottobre 2015 ha lo scopo di rendere evidente, attraverso l’intervento di un tecnico, quanto il distacco possa incidere sui costi complessivi e, perciò, se esso possa determinare o meno disfunzioni nell’impianto o spese eccessive per gli altri condomini.
È importante precisare che, come aveva già stabilito la giurisprudenza [3] prima ancora della modifica della legge [4], se è provato, da parte del condomino che intende distaccarsi, che dal suo distacco non deriveranno né aggravi di spesa per gli altri condomini, né squilibri termici all’interno dell’edificio, allora il distacco non dovrà nemmeno essere autorizzato o approvato dagli altri condomini.
Riassumendo, infine, diremo che oggi il condomino che intende distaccarsi:
– deve preventivamente far eseguire a proprie spese una diagnosi energetica dell’impianto e dell’edificio;
– se dalla diagnosi (che comunque va eseguita) o da altra documentazione ed analisi tecnica risulterà che il distacco non comporterà un aggravio di spese per gli altri condomini o non altererà notevolmente il funzionamento dell’impianto, il condomino potrà, senza alcuna autorizzazione, distaccarsi e da quel momento sarà tenuto a pagare solo le spese di manutenzione straordinaria, di conservazione e di messa a norma dell’impianto centralizzato (ciò perché il distacco non equivale a rinuncia alla proprietà dell’impianto centralizzato).
[1] D.m. del 26 giugno 2015.
[2] Art. 1118, 4° comma, cod. civ.
[3] Cass. civ., sentenza n. 5974 del 25 marzo 2004.
[4] L. n. 220 del 2012.
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