Ora è vietata la capitalizzazione degli interessi non solo trimestrali, ma anche di quelli annuali: storica decisione della Suprema Corte.
Un biennio davvero duro per le banche quello tra il 2014 e il 2015. E – c’è da scommetterlo – gli anni che verranno non saranno più facili. Questo perché, dopo la storica sentenza del Tribunale di Milano [1] dello scorso marzo che ha dichiarato illegittimo l’anatocismo dopo la sostanziale abolizione ad opera della finanziaria del 2014 [2], senza che ci sia bisogno (così come in un primo tempo si era creduto) delle delibere attuative del CICR, pochi minuti fa un colpo ancora più duro è stato inferto dalla stessa Cassazione.
Con una sentenza appena pubblicata [3], la Suprema Corte ha decretato il definitivo “stop” alla capitalizzazione annuale degli interessi: non solo quella “trimestrale”, ma anche quella “annuale”, così come, dopo gli ultimi orientamenti giurisprudenziali, le banche avevano iniziato ad applicare per bypassare i divieti e le condanne dei giudici.
È irrilevante, secondo i giudici della Cassazione, l’arco temporale della pratica scorretta: mancano, infatti, norme e usi che possano legittimarla.
Insomma, ora non ci sono più scuse e non sembrano esserci ostacoli per l’avvio di azioni di massa di risarcimento contro gli istituti di credito onde recuperare il “maltolto” di questi ultimi anni. Chi ha ricevuto un finanziamento, un mutuo, un’apertura di credito o ha avuto semplicemente il conto in rosso si è visto letteralmente prosciugare il portafogli dalla voce “interessi” sul prestito, proprio perché, in contratto, ha firmato la clausoletta che ha consentito alla banca di calcolare, a fine anno, gli interessi non solo sul capitale prestato, ma anche sugli interessi degli anni precedenti.
Ebbene, ora il divieto di anatocismo fa un’altra vittima illustre: dopo la capitalizzazione trimestrale anche quella annuale deve ritenersi illegittima perché non conta l’arco temporale entro cui la banca applica una prassi illegittima che non trova riscontro in alcuna norma né uso.
Viene così smentito, definitivamente, quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui, ritenuta ormai pacifica l’illegittimità della capitalizzazione trimestrale, dovrebbe tuttavia reputarsi, almeno implicitamente, la validità della capitalizzazione annuale. Invece non è così. Secondo la Cassazione, non solo mancano regole apposite ma – si legge in sentenza – in tutti i cinquant’anni che hanno preceduto gli interventi legislativi in materia adottati negli anni novanta del secolo scorso non si rileva alcuna consuetudine alla capitalizzazione annuale degli interessi debitori né di necessario bilanciamento con quelli creditori. Insomma: trarre quella conseguenza da parte di una certa giurisprudenza è “assolutamente arbitrario”.
Alla banca non resta che ridurre spontaneamente gli interessi anatocistici e trovare una soluzione pacifica con i cittadini, prima che questi propongano le opposizioni a decreti ingiuntivi o alle altre richieste di pagamento. E questo perché, diversamente, i costi che questa nuova mole di contenzioso potrebbe produrre, finirebbero per essere riversati, ancora una volta, sulla collettività. Le banche, infatti, per recuperare le forti perdite, saranno spinte ad aumentare commissioni e i corrispettivi per i servizi resi.
Il divieto nella legge di stabilità del 2014
Ricordiamo che l’anatocismo dovrebbe essere già completamente vietato dopo il 1° gennaio 2014: la legge di stabilità dell’anno scorso [1], infatti, ha modificato il testo unico bancario, mettendo fine alla prassi agli interessi sugli interessi dei conti correnti. Ma se la legge aveva subordinato l’effettiva entrata in vigore del divieto alla regolamentazione del CICR (il comitato interministeriale per il credito e il risparmio), secondo il tribunale di Milano, invece [1], la riforma non necessita di attuazioni e si può considerare sin dall’anno scorso già in vigore.
Non conta per i giudici che anche Bankitalia sostenga che il testo unico bancario rimarrebbe sospeso fino all’intervento del Cicr delegato ad adottare una delibera ad hoc: il divieto di addebitare interessi anatocistici passivi sui conti correnti deve ritenersi già in vigore da un pezzo: non si può infatti attribuire a un organo del potere esecutivo (quale appunto è il CICR) il compito di attribuire significato a un atto legislativo come la modifica introdotta dalla legge di Stabilità 2014, pena una “palese violazione dei più elementari principi in materia di separazione dei poteri dello Stato”.
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