La difficile gestione degli adempimenti fiscali con l’autocompilazione: Caf, consulenti e aumento di costi per i contribuenti.
Stando a quanto riferito dall’Amministrazione finanziaria, nel giro di qualche anno tutti i contribuenti dovrebbero essere messi in grado di ricevere il proprio Modello 730 precompilato, eventualmente integrarlo e modificarlo a proprio piacimento e successivamente inviarlo all’Agenzia delle Entrate. E qui la precisazione è d’obbligo in quanto, in realtà, secondo quello che è il cervellotico sistema messo in piedi dal legislatore, il contribuente non riceverà direttamente la propria dichiarazione precompilata, ma sarà lui stesso, invertendo quello che dovrebbe essere il logico ordine dei rapporti tra cittadino e fisco, a doversi attivare per consultare la propria dichiarazione dei redditi attraverso un meccanismo che prevede la registrazione presso la piattaforma di servizi informatici dell’Agenzia delle Entrate, la richiesta di credenziali ed il loro successivo utilizzo. Con tutte le conseguenze del caso per quanto riguarda tutte quelle persone che non hanno una adeguata dimestichezza con i mezzi informatici.
Assodato quindi che la dichiarazione precompilata non viene affatto ricevuta dal contribuente, deve dirsi che l’esigenza di “autocompilazione” del modello tra qualche giorno inizierà ad essere molto sensibile: tutti coloro che si sono recati presso un Caf o presso il proprio consulente hanno iniziato a rendersi conto della prima vera grande novità del modello precompilato: la crescita elevata dei costi di assistenza. Crescita che è dovuta soprattutto all’incidenza dei costi conseguenti la necessità per CAF e professionisti di assicurarsi al fine di coprire il maggior rischio collegato alla responsabilità per le imposte.
Assodato che sul fronte della funzionalità della dichiarazione precompilata non sembra si possa (o si voglia) tornare indietro, rettificando le storture di un meccanismo che, in sostanza, scarica sui contribuenti costi e responsabilità, le uniche alternative praticabili consistono nell’insistere sulla strada della capacità di completezza del 730 precompilato e nella capacità di autocompilazione da parte dei contribuenti che intendono capirci qualcosa in particolare nell’ambito dei benefici fiscali.
In riferimento alla prima opzione, vale a dire rendere il precompilato “completo”, è ormai noto a tutti che per quest’anno sarà solo un’illusione visto che manca il primo dato importante ovvero la spesa per le prestazioni mediche deducibili e/o detraibili. In teoria il dato relativo a queste spese dovrebbe esserci l’anno prossimo, ma è lecito avere qualche dubbio in quanto siamo ormai arrivati a maggio 2015 e nessuno si è ancora preoccupato di spiegare in che modo è necessario provvedere alla raccolta delle informazioni “mediche” dell’anno 2015 e come le stesse devono essere inviate all’Agenzia delle Entrate. Se a questo si aggiunge che nella continua proliferazione di documenti di prassi l’amministrazione prevede comportamenti distinti per diverse prestazioni mediche [1], si comprende facilmente che il dato delle spese mediche non sarà mai completo, così come per tutta un’altra serie di informazioni, in primo luogo i mutui per l’acquisto dell’abitazione principale (vedi ad esempio il caso di coloro che devono compilare il rigo E7 in presenza di un mutuo rinegoziato o addirittura di un mutuo “misto”, che potrebbe interessare anche il rigo E10).
La seconda soluzione è quella dell’autocompilazione da parte dei contribuenti: ma in questo caso l’unica strada percorribile è quella di una radicale semplificazione degli adempimenti e delle fattispecie.
Affrontiamo uno specifico caso pratico: immaginiamo che un contribuente abbia sostenuto delle spese di manutenzione straordinaria, ristrutturazione edilizia, recupero o restauro conservativo del proprio immobile residenziale e, al contempo, abbia deciso di acquistare anche dei mobili usufruendo della specifica detrazione del 50%. Entrambe le detrazioni oggi sono fruibili in un periodo 10 anni durante il quale, in ogni dichiarazione dei redditi, verrà detratto dall’IRPEF dovuta il dieci per cento della somma complessiva ammissibile. Purtroppo il contribuente in parola viene a mancare nel corso del periodo decennale in cui operare le detrazioni ed in dichiarazione gli eredi dovranno gestire le residue rate di detrazione. Il presupposto di fondo, secondo logica, è che trattandosi di una modalità di attribuzione di un beneficio già acquisito, si dovrebbe solo comprendere come attribuire la detrazione completa in capo agli eredi. Ed invece che cosa accade?
Per quanto riguarda gli interventi di recupero edilizio, secondo quanto viene previsto dalla legge [2] nell’ipotesi di trasferimento mortis causa dell’unità abitativa oggetto di ristrutturazione il beneficio fiscale si trasmette, per intero, esclusivamente all’erede che conserva la detenzione materiale e diretta del bene. Resta fermo che qualora la detenzione dell’immobile venga esercitata congiuntamente da più eredi la detrazione potrà essere ripartita tra gli stessi in parti uguali. Ne deriva che:
– se l’immobile è locato, la detrazione agli eredi non spetta (ma al de cuius invece spettava), in quanto l’erede proprietario non ne può disporre a proprio piacimento;
– nel caso in cui vi siano più eredi e l’immobile sia libero (a disposizione), ogni erede avrà diritto pro quota alla detrazione;
– nel caso di più eredi, qualora uno solo abiti l’immobile, la detrazione spetta per intero solo a quest’ultimo, non avendone più, gli altri eredi, la disponibilità;
– nel caso in cui il coniuge superstite rinunci all’eredità e mantenga il solo diritto di abitazione, venendo meno la condizione di erede, non potrà fruire delle residue quote di detrazione. In tale caso, inoltre, in presenza di altri eredi (figli) neppure questi potranno beneficiare delle quote residue in quanto non avranno la detenzione materiale del bene [3].
L’Amministrazione finanziaria ha poi chiarito che se l’erede concede in comodato l’immobile, non potendone più disporne in modo diretto e immediato, non potrà più continuare a beneficiare della detrazione per le spese di ristrutturazione sostenute dal de cuius. Ancora [4], l’Agenzia ha sottolineato che la condizione di disponibilità dell’immobile deve essere verificata in ogni periodo d’imposta in cui l’erede intende fruire della detrazione: se tale condizione dovesse mancare, la detrazione non può essere riconosciuta. In poche parole se si vuole continuare ad usufruire della detrazione IRPEF prevista per gli interventi di manutenzione straordinaria, ristrutturazione edilizia, recupero e restauro conservativo degli immobili residenziali esistenti ed eventualmente ereditati non bisogna in nessun caso né locare, né concedere in comodato l’immobile, pena la decadenza dal diritto all’agevolazione…con tutte le conseguenze del caso in materia di IMU, TASI e TARI. Ovviamente, se negli anni successivi la condizione di disponibilità si ridetermina (ad esempio, in caso di cessazione del comodato o conclusione del contratto d’affitto), l’erede avrà diritto alla detrazione delle rate residue.
Fatto tutto questo sforzo per capire chi continua a detrarre, potrebbe essere naturale immaginare che anche per le rate residue riferite ai mobili il meccanismo sia il medesimo: la detrazione è fruibile da parte degli eredi. Assolutamente no [4]. La norma, infatti, non prevede eventuali ipotesi di trasmissione del beneficio fiscale nel caso in cui il beneficiario venga a mancare e quindi non è possibile trasmettere la detrazione agli eredi. Il solo lato positivo della vicenda è che almeno non si deve perdere tempo a capire chi continua a detrarre: sul fronte dei mobili ci guadagna esclusivamente il fisco.
La conclusione di questa analisi delle complicazioni derivanti dalla gestione farraginosa delle detrazione in sede di dichiarazione dei redditi precompilata è che l’autocompilazione da parte dei non addetti ai lavori è praticamente impossibile. I casi analoghi a quelli descritti, con previsioni normative in contrasto con la logica corrente sono numerosissimi. A questo proposito è sufficiente pensare ai mutui prima casa, dove la quota del coniuge a carico del contribuente è detraibile nel rigo E7, ma non nel rigo E10, o ancora ai cani guida: se si ha un familiare a carico non vedente, infatti, è possibile la detrazione per l’acquisto del cane guida, ma non quella forfettaria per le spese di gestione del medesimo cane, che stranamente il legislatore ha attribuito solo al non vedente in prima persona.
A questo punto non resta che confidare nel buon senso del legislatore che decida davvero di semplificare le cose: altrimenti, come da più parti è stato sottolineato, si continuerà a parlare di (inutile) “precomplicato”.
Note
[1] Si veda da ultimo anche la Circolare n. 17 del 2015 dell’Agenzia delle Entrate in cui per tutta una serie di prestazioni specialistiche (come la massofisioterapia) si precisa la necessità ai fini della deducibilità fiscale (o meno) della prescrizione medica a seconda che la medesima prestazione sia inquadrata come medica dal Ministero della salute
[2] Art. 2 della Legge n. 289/2002 co.5.
[3] Si veda in proposito la Circolare n. 24/E del 2004 e l’articolo 1810 del Codice civile
[4] Si veda in proposito la Circolare n. 17/E del 2015.
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