L’Amministrazione finanziaria, per ottenere dal giudice l’iscrizione d’ipoteca o essere autorizzata a procedere al sequestro conservativo sui beni del contribuente, deve dimostrare un comportamento del debitore volto a sottrarre beni al fisco.
Quando si dice “ipoteca” si pensa sempre a Equitalia, ossia all’Agente per la riscossione delle imposte che, come noto, utilizza questa misura cautelare (solo per debiti superiori a 20mila euro) come “stimolo” per ottenere il pagamento delle imposte dai contribuenti morosi.
Ma poco si sa dello stesso potere che la legge [1] attribuisce anche all’Agenzia delle Entrate. In particolare, l’amministrazione finanziaria può avvalersi di particolari forme di garanzia del proprio credito tributario come, appunto, l’iscrizione di ipoteca su beni immobili del debitore o il sequestro conservativo sui mobili. Detto in modo ancor più semplice, il contribuente non dovrà difendere la propria casa solo dagli assalti di Equitalia, ma anche da quelli dell’Agenzia delle Entrate.
Dunque, chi ha ricevuto una contestazione da parte del Fisco – come un avviso di accertamento, un processo verbale di constatazione (cosiddetto pvc), un atto di contestazione o irrogazione delle sanzioni – non dovrà necessariamente attendere la famosa cartella esattoriale per vedersi iscritta un’ipoteca, poiché tale misura potrebbe essere anticipata in una fase di gran lunga anteriore. Vediamo come.
A differenza dell’ipoteca iscritta da Equitalia – e che è rimessa alla sua stessa volontà e discrezionalità – l’ipoteca iscritta dall’Agenzia delle Entrate deve essere preventivamente autorizzata dalla Commissione Tributaria. Dunque, l’Ente impositore può proporre l’istanza alla CTP.
Di noma l’Agenzia delle Entrate può chiedere l’iscrizione dell’ipoteca solo in presenza di due requisiti:
– deve aver notificato al contribuente un atto impositivo di quelli sopra indicati;
– la pretesa tributaria deve essere attendibile e sostenibile (i tecnici del diritto chiamano questo presupposto con la perifrasi latina “ fumus boni iuris” ossia il fumo di un diritto fondato);
– ci deve essere un fondato pericolo che il creditore possa perdere la garanzia del proprio credito (i tecnici del diritto chiamano questo presupposto con la perifrasi latina “ periculum in mora” ossia il pericolo che, temporeggiando, il diritto del creditore possa rimanere pregiudicato in via definitiva).
Quindi l’Amministrazione dovrà sempre motivare, ai giudici, le ragioni per cui chiede l’autorizzazione a iscrivere l’ipoteca, facendo, per esempio, leva sulle scarse capacità patrimoniali del debitore o sul pericolo che questi possa alienare i beni a terzi.
La giurisprudenza [2] ritiene che l’Agenzia possa iscrivere ipoteca sulla casa del contribuente solo se abbia uno specifico interesse ossia quando non possa mettere in esecuzione la propria pretesa esattoriale (ossia delegando all’esecuzione forzata Equitalia con l’iscrizione a ruolo del tributo). È il caso, per esempio, di un credito non ancora definitivo o sul quale vi sia una contestazione o che non sia certo, liquido o esigibile.
Di recente, la Commissione Tributaria di Lecce ha fornito un importante chiarimento [3]. Per ottenere l’autorizzazione ad iscrivere ipoteca, l’Agenzia delle entrate deve dimostrare il fondato timore di perdere la garanzia del credito (quello che prima abbiamo chiamato “periculum in mora”). Esso però va valutato in modo abbastanza rigoroso, ossia dando prova di eventuali comportamenti del debitore che dimostrino la sua volontà di depauperare il proprio patrimonio al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte.
In altri termini per potersi ritenere integrato il requisito del “pericolo” non basta il dato oggettivo della notevole entità del credito erariale, ma bisogna anche verificare il comportamento del contribuente da cui possa evincersi la volontà dello stesso di sottrarsi all’esecuzione forzata attraverso la dismissione dei suoi beni [4].
Note
[1] Art. 22 D.Lgs. 472/97.
[2] CTP Reggio Emila, sent. n. 114 del 24.02.2014.
[3] CTP Lecce sent. n. 1080/2015 del 31.03.2015.
[4] Cass. sent. n. 6460/1996 e n. 2139/1998.
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