Alcune recenti sentenze della Corte di Cassazione in tema di locazione immobiliare
Validità contratto non registrato
Una precedente Sentenza del 2003 affermava che sono validi e vincolanti per le parti i contratti di locazione non registrati purché in forma scritta, la recente sentenza del gennaio 2014 smentisce e rinvia alle Sezioni Unite la decisione.
Locazione ad uso abitativo e la mancata registrazione del contratto: sulla validità la parola alle Sezioni Unite. (Cassazione sentenza 3 gennaio 2014 n. 37)
In tema di contratti di locazione non registrati, va rinviata alle Sezioni unite la questione relativa alla loro validità.
E’ da ritenersi quindi superata, anche se non sostituita la precedente posizione, (sentenza n. 16089/2003), in cui si riteneva che “la mancata registrazione del contratto di locazione non determinasse nullità, in quanto, nonostante l’indubbio risalto dato dalla L. n. 431 del 1998 ,al profilo fiscale relativo alla registrazione del contratto di locazione, la stessa non è stata tuttavia elevata a requisito di validità del contratto, atteso che si richiede quale requisito di validità del contratto di locazione solo la forma scritta, e non anche la registrazione, sicché un contratto di locazione concluso in forma scritta, ma non registrato, è valido e vincolante per le parti, e può essere fatto valere in giudizio“.
Obblighi del conduttore e restituzione immobile
LOCAZIONE : la restituzione dell’immobile e gli obblighi del conduttore (Cassazione sentenza 24 maggio 2013, n. 12977)
Il locatore può rifiutare la restituzione dell’immobile danneggiato. “In tema di locazione, allorché il conduttore abbia arrecato gravi danni all’immobile locato, o compiuto sullo stesso innovazioni non consentite, tali da rendere necessario per l’esecuzione delle opere di ripristino l’esborso di somme di notevole entità, in base all’economia del contratto e tenuto comunque conto delle condizioni delle parti, il locatore può legittimamente rifiutare di ricevere la restituzione del bene finché tali somme non siano state corrisposte dal conduttore, il quale, versando in mora, agli effetti dell’art. 1220 cod. civ., rimane tenuto altresì al pagamento del canone ex art. 1591 cod. civ., quand’anche abbia smesso di servirsi dell’immobile per l’uso convenuto”.
L’obbligo di restituzione dell’immobile locato, gravante sul conduttore a norma dell’art. 1590 cod. civ., deve ritenersi adempiuto mediante la restituzione delle chiavi dell’immobile o con l’incondizionata messa a disposizione del medesimo. Al riguardo, è opportuna, in alcuni casi, la redazione di un verbale di consegna.
La recente giurisprudenza della Cassazione ha stabilito che il conduttore non può essere considerato in mora nell’adempimento dell’obbligo di restituzione della cosa alla scadenza del contratto, con conseguente cessazione altresì dell’obbligo di corrispondere l’indennità di occupazione, se abbia fatto, ai sensi dell’art. 1220 cod. civ., un’offerta seria ed affidabile, ancorché non formale, della prestazione dovuta, liberando l’immobile locato (Cassazione 27.11.2012, n. 21004).
Se al momento della consegna dell’immobile presenta danni eccedenti il degrado d’uso, o modifiche o innovazioni mai consentite al conduttore ci si pone la domanda se, in tale ipotesi, il locatore possa rifiutare la consegna delle chiavi in attesa che il conduttore ripristini l’immobile nel medesimo stato in cui lo aveva ricevuto o risarcisca i danni subiti dal locatore.
Qualora, in violazione dell’art. 1590 cod.civ., al momento della riconsegna l’immobile locato presenti danni eccedenti il degrado dovuto a normale uso dello stesso, incombe al conduttore l’obbligo di risarcire tali danni, consistenti non solo nel costo delle opere necessarie per la rimessione in pristino, ma anche nel canone altrimenti dovuto per tutto il periodo necessario per l’esecuzione e il completamento di tali lavori, senza che, a quest’ultimo riguardo, il locatore sia tenuto a provare anche di aver ricevuto – da parte di terzi – richieste per la locazione, non soddisfatte a causa dei lavori (Cassazione 31.05.2010 n. 13222).
La forma della disdetta
Locazione: la forma con cui inviare la disdetta del contratto (Cassazione 29 maggio 2013, n. 13449)
La vicenda nasce da una controversia sulla convalida della licenza per finita locazione in cui l’ex proprietario di un immobile locato, in virtù di una clausola inserita nel contratto preliminare di compravendita del medesimo immobile, e di cui il conduttore ne aveva avuto conoscenza, era stato incaricato dal promissario acquirente, ricevendone espresso mandato, di disdettare il contratto di locazione in corso.
La sentenza rifacendosi a un orientamento consolidato della medesima Corte di Cassazione, “…la quale ha costantemente affermato, con riferimento alla disdetta, il principio della libertà di forme…” ha più volte ribadito come la disdetta sia un atto unilaterale e recettizio, che “…può essere comunicato in qualsiasi modo, purchè idoneo a portare a conoscenza del conduttore l’inequivoca volontà del locatore di non rinnovare il rapporto alla scadenza…” Il concetto ribadito dalla Suprema Corte è che “…la stessa comunicazione (disdetta) a mezzo lettera raccomandata, non è forma prescritta a pena di nullità (confr. Cassazione 30 maggio 2008, n. 14486; Cass. civ. 12 gennaio 2006, n. 409; Cass. civ. 16 giugno 1998, n. 5981; Cass. civ. 23 novembre 1994, n. 9916; Cass. civ. 3 luglio 1979, n. 3763)”.
Questo ultimo concetto deve comunque essere coordinato con una eventuale statuizione contrattuale tra le parti, che preveda la forma scritta convenzionale della disdetta, la quale potrebbe essere necessaria per la sua stessa validità.
La Cassazione, infatti, in una sua passata decisione (Cass. civ. Sez. III Sent., 30-05-2008, n. 14486) sul punto aveva ribadito“la forma scritta convenzionale” e tale ultima norma stabilisce precisamente che: “Se le parti hanno convenuto per iscritto di adottare una determinata forma per la futura conclusione di un contratto, si presume che la forma sia stata voluta per la validità di questo”.
Quanto detto vuol significare che, se le parti del tutto volontariamente – a prescindere quindi dal richiamo e o dall’applicazione di norme di legge – stabiliscono una forma particolare per la disdetta del loro contratto, detta forma potrebbe essere interpretata ai fini della validità dello stesso. Sul punto non sono mancate decisioni giurisprudenziali contrastanti che, anche se risalenti nel tempo, potrebbero comunque servir per far comprendere i diversi orientamenti giurisprudenziali. In conclusione, il suddetto principio di libertà delle forme della disdetta del contratto di locazione, di cui alla sentenza in rassegna va comunque interpretata nel rispetto di quanto contenuto nella sentenza n. 14486 del 30.05.2008, con la quale si fa salva una eventuale “forma scritta convenzionale”.
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Sfratto per uso proprio
LOCAZIONI :sfratto per “uso proprio”, inquilino deve essere risarcito se la casa rimane vuota (Cass.Civ.Sent. 19 dicembre 2013 n. 28469)
Deve risarcire i danni (o ripristinare il contratto precedente) il proprietario che dopo aver chiesto il rilascio dell’appartamento per il figlio lo conserva ancora libero a distanza di anni.
Né valgono come scusante i lunghi lavori di ristrutturazione, aggravati dalla presenza di vincoli della Sovrintendenza.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 28469/2013, rigettando il ricorso di un proprietario contro il precedente affittuario, un avvocato che utilizzava l’appartamento come studio e che dopo anni avendo accertato che l’appartamento non era mai stato occupato aveva adito le vie legali ottenendo ragione.