Le opere non si abbattono se il nuovo proprietario non sapeva degli abusi commessi dal vecchio: va tutelato il legittimo affidamento dell’acquirente perché se nel rogito notarile c’è la dichiarazione di conformità alla concessione.
Potrebbe capitare di acquistare casa e che, solo dopo il rogito, si venga a sapere che una parte della stessa è abusiva (per esempio un box auto, una cantina, un terrazzo, ecc.): se l’acquirente, però, era in buona fede perché il venditore, al momento della firma del contratto definitivo, ha dichiarato che le opere erano “conformi alla concessione edilizia” non si può procedere a nessuna automatica demolizione. Salvo che il Comune dimostri e motivi l’interesse pubblico alla demolizione.
È quanto emerge da una recente sentenza del Tar Campania [1].
Prevale la buona fede
Secondo il tribunale amministrativo, l’acquirente è tutelato dalla sua buona fede se, al momento della stipula del rogito notarile, non era in grado di sapere che l’immobile acquistato presentava difformità rispetto ai vincoli urbanistici; e dunque, a salvarlo è il fatto che le opere illegittime sono risalenti e che di tale irregolarità non si fa menzione davanti al notaio, ma anzi viene certificata la conformità alla concessione edilizia. Sul punto, però, vi è contrasto in giurisprudenza e non tutti i giudici sono dello stesso avviso.
Ciò non toglie che il Comune possa di nuovo esercitare il potere repressivo, specie se si considera che l’immobile si trova in area vincolata. Ma dovrà comunque motivare la successiva decisione sulla scorta dell’effettiva incidenza delle opere abusive sui valori paesaggistici tutelati e meritevoli di conservazione.
Note
[1] Tar Campania sent. n. 1349/2015.