Scaduto il termine per pagare l’acconto della Tasi nei Comuni che hanno deliberato a settembre, molti contribuenti, complice la giungla normativa che si è creata tra aliquote, detrazioni e scadenze diverse, possono aver commesso degli errori. Errori nel calcolo del tributo che finanzia i servizi comunali oppure nel compilare il modello di pagamento F24, dove si è indicato un codice tributo anziché un altro. Niente paura, ecco come si può rimediare.
Uno degli errori più facili che si possono commettere è quello di sbagliare il calcolo pagando di più o di meno, a seconda dei casi. Il tributo, è bene ricordarlo, si calcola prendendo a riferimento la rendita catastale, visibile sull’atto di proprietà o chiedendo una visura all’ufficio dell’Agenzia del Territorio della propria zona. Una volta recuperata, la rendita va rivalutata al 5% e al valore ottenuto si moltiplicano i coefficienti, diversi a seconda dell’immobile su cui si deve pagare la Tasi (ad esempio per la prima casa è 160). All’importo ottenuto si aggiungono le aliquote sulla prima e sulla seconda casa che ogni Comune ha deciso nella sua delibera, pubblicata sul sito del Dipartimento delle Finanze e accessibile gratuitamente a tutti i cittadini. Ma non solo le aliquote, anche le detrazioni sono decise localmente. Se l’aliquota di riferimento non è quella giusta o non si è considerata l’eventuale detrazione stabilita dal Comune, il calcolo che ne deriva è sbagliato.
Dato che ancora non sono state date indicazioni ufficiali in proposito, riportiamo le considerazioni dell’Agefis (l’associazione dei geometri fiscalisti): per chi ha pagato di più potrebbe essere prevista l’applicazione di quanto già stabilito per l’IMU, con la risoluzione del Ministero delle finanze del 2012, secondo cui se il contribuente ha effettuato un maggior versamento in sede di acconto, potrà recuperare l’importo in compensazione al momento del pagamento del saldo a dicembre. L’importante è che versi l’importo totale previsto per il 2014. Per chi invece ha pagato di meno, si potrebbe applicare il “perdono” previsto per la rata di giugno grazie al quale i cittadini in errore hanno evitato di pagare sanzioni e interessi per circa un mese dopo la scadenza ufficiale.
La legge in ogni caso offre - per chi ha pagato di meno o non ha pagato affatto entro la scadenza ufficiale – il cosiddetto ravvedimento operoso: l’omesso, parziale o ritardato versamento della nuova tassa sui servizi indivisibili, è punito con l’applicazione di una sanzione amministrativa pari al 30% dell’importo della Tasi. Tuttavia si può pagare una sanzione ridotta a seconda del momento in cui si paga. Si può fruire infatti del:
- “ravvedimento sprint”: si paga il tributo entro il quattordicesimo giorno successivo alla scadenza con una “mini” sanzione dello 0,2% per ogni giorno di ritardo, maggiorata degli interessi legali maturati fino alla data di pagamento.
- “ravvedimento breve”: se si proceda alla regolarizzazione trascorso il 16esimo giorno, ma non oltre il trentesimo dalla scadenza, la sanzione applicabile è pari al 3%
- “ravvedimento lungo”: in caso di ritardo superiore a 30 giorni, i contribuenti hanno la possibilità di beneficiare della sanzione ridotta del 3,75%, a patto che la regolarizzazione sia effettuata entro e non oltre il 30 giugno 2015.
In ogni caso sono dovuti sempre gli interessi legali in base ai giorni effettivi di ritardo, a partire dal giorno successivo alla scadenza fino alla data di effettivo versamento. Attualmente la misura stabilita per gli interessi legali è pari all’1%.
Sanzioni e interessi si devono pagare usando il modello F24, in cui va barrata la casella “ravv”. I codici tributo da usare sono: “3962” denominato “TASI - tributo per i servizi indivisibili - art. 1, c. 639, L. n. 147/2013 e succ. modif. – INTERESSI” e “3963” denominato “TASI - tributo per i servizi indivisibili - art. 1, c. 639, L. n. 147/2013 e succ. modif. – SANZIONI”. Tali codici vanno esposti nella “SEZIONE IMU E ALTRI TRIBUTI LOCALI” in corrispondenza delle somme indicate esclusivamente nella colonna “importi a debito versati”. Nello spazio “Anno di riferimento”, va indicato invece l’anno d’imposta cui si riferisce il pagamento, quindi il 2014 per l’acconto di ottobre.
Altra ipotesi di errore che può commettere il contribuente riguarda proprio la compilazione del modello F24. Ad esempio non è stata barrata la casella “acc” che si riferisce all’acconto o sono stati indicati codici tributo diversi o ancora un diverso codice fiscale. Che cosa fare? Niente paura: se l’importo versato è comunque corretto non ci saranno conseguenze, ma si deve sempre avvisare l’ufficio tributi del proprio Comune dell’errore commesso.