La legge di stabilità (legge 147/2013, articolo 1, comma 50) ha recentemente introdotto il divieto di usare il contante per le locazioni abitative e per qualsiasi importo, un divieto più severo di quello previsto dalla normativa antiriciclaggio, per cui l’obbligo di pagamento con mezzi tracciabili scatta solo da 1.000 euro in su.
La nuova norma, entrata in vigore il 1° gennaio 2014, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ha subito suscitato polemiche:
perché solo per gli affitti?
Se una locazione è registrata ovviamente non vi sarà con la norma nessun recupero fiscale, mentre se non è registrata altrettanto ovviamente le parti continueranno a effettuare e ricevere pagamenti in contante, indipendentemente dall’importo.
La domanda più imbarazzante per gli estensori della legge è ancora più precisa: perché solo gli affitti abitativi?
Da tale norma infatti sono state incomprensibilmente escluse le locazioni non abitative, e cioè gli uffici, i negozi, i laboratori, i capannoni ed i magazzini.
Il contribuente che conduce o da in locazione un appartamento viene evidentemente considerato diversamente da colui che conduce o da in locazione un locale ad uso negozio, e tale asserita diversità il Fisco l’ha già rimarcata consentendo l’opzione “cedolare secca” solo ai locatori di abitazioni.
Il 5 febbraio 2014 il Ministero del Tesoro offre una improvvisata “stampella” al Governo che ha varato la contestata norma inserita nella legge di stabilità, e cancella l’obbligo diffondendo una interpretazione che appare molto forzata, seppur provvidenziale.
Leggi : Chiarimenti interpretativi del Ministero del Tesoro
L’Uppi, Unione Piccoli Proprietari Immobiliari, a proposito della “circolare interpretativa” precisa:
la Circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze denominata “Chiarimenti interpretativi in merito alle modalità di pagamento dei canoni di locazione di unità abitative“, afferma che di fatto fino a Euro 999,99 è ammesso il pagamento in contanti, ma alla fondamentale condizione che sia fornita la prova documentale, comunque formata, purché chiara, inequivoca e idonea ad attestare la devoluzione di una determinata somma di denaro contante al pagamento del canone di locazione, anche ai fini della asseverazione dei patti contrattuali, necessaria all’ottenimento delle agevolazioni e detrazioni fiscali previste dalla legge a vantaggio delle parti contraenti.
Le sanzioni previste dal dlgs n. 231/2007 scatteranno solo al superamento della soglia dei 1.000 euro, come avviene per qualsiasi altra operazione.
Per importi inferiori potrebbe “forse” applicarsi una sanzione tributaria, anche se al momento non vi è alcuna previsione normativa in tal senso e la predetta Nota “Chiarimenti interpretativi ….” non ha in effetti chiarito che cosa accade se e quando non si fornisce “la prova documentale” comunque formata purchè chiara inequivoca e idonea ad attestare la devoluzione della somma in contanti al pagamento del canone di locazione.
Anche la circolare interpretativa deve essere correttamente “interpretata”, perchè a sua volta non è certo chiara.
La domanda madre resta:
nel caso di un’abitazione, se il canone inferiore a 1.000 € viene pagato in contanti, che pare essere un comportamento vietato per legge ma consentito dalla Nota del Ministero del Tesoro, che cosa si deve fare per “fornire la prova documentale” che quel pagamento in contanti inferiore aa 1.000 € è avvenuto per pagare l’affitto e non per altri motivi?
E se quel pagamento, inferiore a 1.000 €, fosse avvenuto per un altro motivo, (ad esempio un rimborso spese) si ricade in una norma peraltro prevista dalla legge solo per gli affitti abitativi?
Ancora una gran confusione di norme ed indicazione contradditorie, riservata chissà perché ai soli affitti abitativi.
Ci è permessa una considerazione: la confusione non fa certo bene al mercato del settore immobiliare, già fortemente penalizzato.