Più credito alle imprese, spinta su consumi
e investimenti, bassi interessi sui mutui: l'impatto del Piano BCE di
QE sull'economia reale, reazioni e richieste delle imprese.

Effetto espansivo sul
credito alle imprese e sui
mutui, sui loro investimenti, sulla crescita dei
consumi:
sono i principali effetti positivi per le imprese, del piano BCE di QE
(Quantitative Easing), l’operazione di maxiacquisto di titoli di Stato.
Dal mondo delle
PMI italiane arrivano in generale segnali di consenso per la misura e precise richieste, prima fra tutte quella di accompagnare il Piano
BCE con una
riduzione delle tasse per le imprese. Intanto
Mario Draghi,
ovvero il banchiere centrale europeo, insiste nel chiedere ai Governi
europei riforme strutturali che aiutino la crescita dell’economia.
Analizziamo reazioni e prospettive per le imprese e per l’economia dopo
la manovra di Francoforte.
Il piano BCE
Si tratta dell’operazione decisa il 22 gennaio, di acquisto di titoli
a partire dal prossimo mese di marzo e per 18 mesi (un anno e mezzo,
fino al settembre 2016), al ritmo di
60 miliardi di euro al mese,
per un totale di oltre mille miliardi. È quella che si chiama una
massiccia iniezione di liquidità all’economia, attraverso il sistema
bancario: la BCE non acquisterà solo
titoli di Stato, ma anche
obbligazioni sovranazionali europee,
titoli bancari garantiti e
ABS
(Asset Bank Securities, derivati sui prestiti delle banche alle
imprese). Francoforte ha anche abbassato di dieci punti base il
costo del denaro di queste
operazioni Tltro (i finanziamenti agevolati alle banche legati al
credito alle imprese),
che scade allo 0,05% (dallo 0,15%). Un ulteriore riduzione, dunque, in
un contesto di tassi già ai minimi, con l’obiettivo di far affluire
nelle casse delle banche liquidità da erogare all’economia reale, quindi
alle imprese e alle famiglie. Alcuni dettagli sul piano BCE utili a
calcolare in particolare l’impatto sul sistema bancario italiano, e di
riflesso sull’economia: in tutto (da marzo 2015 a settembre 2016),
l’operazione vale quasi 1200 miliardi, di cui si valuta che saranno
circa 850 gli acquisti di titoli di stato. La BCE compra sulla base
delle quote dei singoli paesi nel proprio azionariato. Le operazioni si
concentrano sui
titoli con scadenze dai due ai 30 anni, e con
rating
almeno “BBB” (l’Italia è al limite). Non si può acquistare più del 25%
di ogni emissione e più del 33% del debito di un singolo Paese.
L’analisi delle PMI
Rete Imprese Italia considera l’operazione di QE:
«Una forte spinta agli investimenti e ai consumi»,
necessaria a maggior ragione in un momento caratterizzato da processo
deflattivo e debolezza della domanda. Qualche perplessità sul
«compromesso raggiunto sulla ripartizione del rischio con le banche
centrali nazionali, per i possibili effetti che tale manovra potrà avere
particolarmente per la nostra economia».
Il riferimento è alla suddivisione del rischio prevista
dall’operazione, 80% in capo alle banche centrali nazionali e 20% alla
BCE. Ma comunque sia l’intervento, unito a tassi ai minimi e
aste TLTRO (acquisti di titoli bancari da parte della BCE, con l’ultima operazione mirati a sostenere i prestiti alle imprese):
«Potrà consentire alle banche di disporre di maggiore liquidità per concedere più credito alle imprese e sostenere la ripresa degli investimenti e dell’occupazione». Rete Imprese Italia auspica ora «un allentamento dei vincoli sui patrimoni bancari, per non ridurre l’effetto benefico della manovra della Bce».
Unimpresa, invece, chiede invece un
taglio delle tasse:
«Solo con una significativa riduzione della pressione
fiscale, l’intervento della Banca centrale europea appena annunciato, e
volto a spingere l’inflazione verso il 2%, potrà dispiegare tutti i suoi
frutti portando l’Italia fuori dalla crisi e finalmente incamminata in
un percorso di crescita economica. La sola immissione di nuovo denaro in
circolazione con il Quantitative Easing, non può bastare» spiega Paolo
Longobardi, presidente Unimpresa, il quale fa notare come lo stesso
Draghi abbia sollecitato i Governi nazionali a proseguire con le riforme. E aggiunge che in Italia la riforma più importante «è la diminuzione del peso delle tasse sia sulle famiglie sulle imprese».
Il centro studi dell’associazione imprenditoriale ha effettuato un’analisi che indica una
pressione fiscale
sopra il 43% per altri cinque anni fino al 2018. I calcoli precisi: nel
2014 tasse al 43,3% del PIL (stesso livello 2013), incremento fino al
43,4% nel 2015 e fino al 43,6% nel 2016. Poi, una lieve diminuzione al
43,3% nel 2017 e al 43,2% nel 2018.
«Cinque anni di pressione fiscale insostenibile provocata
da un aumento delle entrate tributarie, nel quinquennio, di oltre 45
miliardi di euro» sottolinea Unimpresa.
Confcommercio fa invece alcuni calcoli sulla possibile
riduzione del credito alle imprese dopo il piano BCE:
«Se solo il 15% della nuova liquidità attribuibile
all’Italia affluisse alle sue micro e piccole imprese, che stimiamo
abbiano bisogno in Italia di circa 3,5 miliardi di euro di credito ogni
trimestre in più di quanto effettivamente erogato dalle banche, le
prospettive di ripresa economica, anche attraverso il canale degli
investimenti produttivi, si rafforzerebbero notevolmente».
Il
Centro Studi Confindustria stima che l’operazione possa tradursi in un
aumento di PIL (prodotto interno lordo del paese) dell’1,8% in due anni, +0,8% nel 2015 e +1% nel 2016. Per le
imprese, in vista un
risparmio sugli interessi di 3,2 miliardi.
Impatto su export, consumi, mutui
Altra conseguenza dell’operazione BCE,
l’indebolimento dell’euro che, unitamente al
basso prezzo del petrolio, contribuisce a dare ulteriore spinta alle
esportazioni. L’
export
è stato il segmento che forse e più di ogni altro ha controbilanciato
gli effetti della crisi per le imprese, alle prese con una drastica
riduzione della domanda interna. Questo effetto trainante è dunque
destinato a proseguire e anzi a rinforzarsi. Possono trarne beneficio in
particolare le imprese che esportano e quelle che vogliono inserirsi in
nuovi
mercati internazionali. Per gli importatori di
materie prime, invece, che rischiano viceversa di risultare penalizzati, interviene favorevolmente il basso costo dell’energia. I maggiori
finanziamenti alle imprese possono incidere positivamente anche sul livello dei loro
investimenti fissi, una voce importante di PIL. Per le
famiglie, una delle conseguenze maggiormente rilevanti è probabilmente legata al fatto che si prevede un’ulteriore discesa dei
tassi sui mutui ipotecari.
(Fonte: BCE)