Una recente sentenza della Cassazione affonda una stoccata contro gli affitti in nero: la Guardia di Finanza, durante le verifiche fiscali, potrà richiedere informazioni agli inquilini stessi, e le loro dichiarazioni varranno come ausilio dell'accertamento e quindi avranno valore in tribunale.
Novità in materia di lotta agli affitti in nero. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 16223 del 16 luglio 2014, ha stabilito che le dichiarazioni degli inquilini, acquisite dalla Guardia di Finanza durante regolari controlli fiscali, rappresentano un indizio rilevante per la verifica del reddito di un padrone di casa. L'Agenzia delle Entrate potrà dunque agire nei confronti del proprietario, emettendo un atto di accertamento fiscale, e arrivati al processo, in tribunale la testimonianza dell'inquilino varrebbe, se non come fonte di prova, perlomeno a titolo di ausilio dell'accertamento stesso. E il giudice dovrà tenerne conto, così come per gli altri elementi quali le presunzioni, la documentazione acquisita e le eventuali movimentazioni finanziarie. Infatti, benché nell'ambito di processi tributari sia vietato produrre prove testimoniali (Art. 7 del d.lgs. 546/1992), ciò non vale nel caso in cui le dichiarazioni dei testimoni vengano inserite nel verbale di contestazione delle Fiamme Gialle.
La Guardia di Finanza, in sede di indagini, può inoltre raccogliere anche le dichiarazioni di terze persone per accertare che effettivamente il proprietario e non un inquilino abiti nell'immobile in oggetto, e anche in tal caso le affermazioni verranno inserite nel verbale di contestazione a titolo di pura informazione, comunque utilizzabili quali elementi indiziari che concorrono a formare il convincimento del giudice.
In sostanza d'ora in poi, senza lo sbarramento costituito dal divieto della prova testimoniale che permane a limitare i poteri del giudice tributario ma non gli organi di verifica, sarà più facile stanare il proprietario evasore che percepisce reddito da affitto senza dichiararlo.