La scelta del mutuo è molto importante. Adesso che i tassi cominciano a cambiare tendenza, vediamo che scelta fare e a chi conviene rottamare ed estinguere.
Come evidenziato dall’Economia del Corriere della Sera, il mutuo indicizzato va quindi scelto con prudenza e solo se si hanno le riserve per sostenere un incremento sensibile della rata. Chi cerca il mutuo dovrebbe sempre scegliere la durata minore sostenibile, ma oggi non necessariamente deve chiedere il minimo indispensabile. Ai valori attuali, infatti, si può anche chiedere qualcosa in più perché se si sta all’interno del rapporto 70% tra cifra richiesta e valore della casa i tassi variano di poco o nulla. E’ poi importante la scelta della banca: non bisogna fermarsi a confrontare solo tassi nominali e rate. Un primo passo è verificare il tasso effettivo e poi informarsi sugli altri costi che non compaiono nel tasso effettivo, perché non quantificabili con sicurezza
Contemporaneamente all’accensione del mutuo, ad esempio, la banca chiede di norma l’apertura di un conto corrente, ma i costi tra un prodotto e l’altro possono variare anche di centinaia di euro all’anno. Un altro aspetto da prendere in considerazione riguarda poi le polizze accessorie, in particolare quelle sulla vita, invalidità, rischio disoccupazione.
Le domande di surroga stanno diminuendo, ma rappresentano ancora un quinto del mercato. Ci sono ancora quattro tipologie di debitori spinti a effettuare il cambio in corsa:
- i ritardatari – sono i mutuatari che per pigrizia o poca informazione non hanno ancora effettuato il cambio. La convenienza della surroga è massima per chi ha in corso un mutuo fisso stipulato a tasso superiore al 3% o un variabile con spread superiore al 2%;
- chi vuole ridurre la durata – se si vuole cambiare il numero di rate per il rimborso del mutuo la surroga non è indispensabile perché ci si può accordare in tal senso con la propria banca senza dover fare un nuovo atto notarile (questo serve per consolidare l’ipoteca, mentre il contratto di mutuo è una scrittura privata); se la banca non accorda la modifica si può considerare il passaggio a un altro istituto;
- chi vuole allungare la durata – al contrario aumentando il numero di rate residue si può alleggerire in misura notevole il costo mensile, ma se la banca a cui ci si rivolge per surrogare ritiene che l’operazione sia fatta perché ci sono difficoltà economiche non concede il benestare;
- chi vuole passare da variabile a fisso – non è un’operazione conveniente in senso stretto, ma su durate brevi e medie costa poco e ha risvolti psicologici non trascurabili.
Quando si prende in considerazione l’ipotesi di estinguere un mutuo in anticipo, bisogna valutare innanzitutto se per chiudere il finanziamento bisogna impiegare tutti i propri risparmi o no. Se sì, bisogna anche valutare il fatto che se vi fosse un’improvvisa necessità un prestito personale costerebbe più del mutuo attuale. In questo caso un’opzione praticabile potrebbe essere quella di effettuare un’estinzione solo parziale del debito, che, come accade con la chiusura definitiva, non è gravata da penali purché il finanziamento sia stato avviato dopo il 2 febbraio 2007. Un secondo aspetto è il tasso del mutuo: se si tratta di un finanziamento che ha alle spalle un po’ di anni ed è a tasso fisso oltre il 2,5% o variabile con uno spread superiore al 2% l’estinzione, almeno parziale, appare consigliabile perché gli strumenti di investimento sicuri a dieci anni oggi rendono attorno all’1,5% reale: se ho in corso un mutuo al 3% è come dire, banalmente, che sto investendo soldi al 3%.
Se invece il mutuo ha tassi in linea con quelli praticati oggi, il discorso è più complesso. Nell’ipotesi di un mutuo che il 1° febbraio scorso avesse un debito residuo di 100mila euro, da restituire in dieci anni al tasso fisso del 2%, la rata mensile è di 920,13 euro, con un esborso complessivo (tenendo conto delle detrazioni Irpef) di 108.437 euro nel decennio. Se i 100mila euro si investissero, il Btp con scadenza febbraio 2028 ha cedole al 2% e il 1° febbraio comprato a mercato rendeva il 2,12% lordo. Al netto delle tasse in 10 anni si incassano 116.639 euro, ipotizzando imposte costanti e tenendo il titolo fino a scadenza. C’è quindi un piccolo vantaggio (7.800 euro nel decennio) che si somma a quello di avere una somma sempre disponibile. Bisogna però considerare il risvolto psicologico dato dal fatto di togliersi un debito.
fonte idealista