Aiutare i figli nell'acquisto di una casa è il desiderio di molti genitori. Senza il sostegno di mamma e papà, anzi, in questi ultimi anni di crisi economica, elevato tasso di precarietà e disoccupazione giovanile, il livello del mercato immobiliare residenziale sarebbe stato con ogni probabilità ridotto ancora di più ai minimi termini. Si tratta di un aiuto legittimo che, tuttavia, per non comportare problemi fiscali e civilistici – e per non pregiudicare una corretta gestione delle future questioni ereditarie – deve avvenire nel modo più trasparente possibile, con passaggi di denaro chiari e tracciabili. Succede invece che – per poca conoscenza della materia e magari proprio per paura di contravvenire alla legge – spesso si agisca in modo da mettere a rischio un'operazione che invece è del tutto lecita.
Sostanzialmente ci sono due strade percorribili per sostenere i figli nell'acquisto della casa – tema che è stato al centro di uno degli appuntamenti di “Comprar casa senza rischi”, incontri con la cittadinanza organizzati dal Consiglio notarile di Milano: o si cede ai figli una somma di denaro che poi verrà utilizzata per acquistare l'immobile, o si dispone direttamente dal proprio conto corrente il pagamento alla parte venditrice davanti al notaio.
La donazione di denaro con atto notarile
La prima ipotesi necessita di un doppio passaggio e di regola di due atti notarili. Il primo è la donazione del denaro, il secondo è la compravendita della casa, il cui prezzo sarà a questo punto pagato direttamente dai figli. Tra i vantaggi di questa soluzione – spiega un vademecum dei notai – c'è un elevato grado di chiarezza sui passaggi di denaro e la trasparenza nei rapporti familiari, specialmente se ci sono altri figli. Inoltre, dato che il passaggio di denaro avviene attraverso un atto registrato, è noto all'amministrazione finanziaria e quindi non sorge nessun tipo di problema davanti a eventuali verifiche fiscali sulla provenienza del denaro. Non emerge poi nessuna donazione dall'atto di compravendita, il che facilità l'eventuale successiva alienazione dell'immobile (vedi articolo in basso). Tra gli svantaggi c’è principalmente l’aumento dei costi, perché il notaio redige due atti. Inoltre la donazione di denaro va a erodere la franchigia di un milione di euro (limite su cui non si pagano imposte) di cui gode la tassazione sulla successione ereditaria.
Il pagamento dei genitori al venditore
La seconda ipotesi è invece più snella e meno costosa, perché si redige un solo atto e l’importo pagato non erode le franchigia per la successione. «Se l'atto è ben scritto – spiega il vademecum – è comunque garantita la chiarezza e la trasparenza dell'operazione», tuttavia «potrebbe accadere che la liberalità che emerga dall'atto di compravendita possa complicare la successiva rivendita della casa, sebbene tale rischio sarebbe privo di ragioni alla luce dei più recenti orientamenti dottrinali e giurisprudenziali». Potrebbe anche accadere «che l’atto di compravendita, ove ometta o comunque non sia chiaro nell'esplicitare che i genitori paghino in tutto o in parte il prezzo dovuto al venditore, non assicuri la necessaria chiarezza, sia nei rapporti famigliari, sia rispetto a eventuali controlli dell'Agenzia delle Entrate».
Il passaggio di denaro senza donazione
Una “variante” della prima ipotesi non presa esplicitamente in considerazione dal vademecum dei notai potrebbe però consistere anche in un passaggio di denaro – sempre “tracciabile” – da un conto corrente all'altro, senza che ci sia un atto di donazione davanti al notaio. Si tratta in realtà di una pratica molto diffusa, soprattutto nel caso i genitori coprano solo una parte dell'importo necessario all'acquisto, tipicamente (almeno) quello che non si riesce a finanziare con il mutuo. È una prassi che non va contro la legge, soprattutto se si tratta di un “importo non rilevante”. Un primo problema è però che in sostanza non esiste una soglia critica circa la somma donabile: la “rilevanza” dipende dal patrimonio di chi trasferisce i soldi, dal contesto, dall'area geografica e da altri criteri che solo il giudice potrà eventualmente stabilire in caso di contestazioni.
Il rischio redditometro
«La principale controindicazione di questi passaggi, oltre la mancata trasparenza per cui queste donazioni potrebbero essere sconosciute ad altri eredi – commentano dal Notariato – è che può più facilmente scattare un accertamento delle Entrate, a cui si dovrà documentare la lecita provenienza del trasferimento, cosa che può essere poco auspicabile per chi non ha mai avuto a che fare con l'amministrazione finanziaria». O comunque per chi preferisce non essere sottoposto a controlli fiscali. La spesa per una casa può infatti facilmente incappare nelle incongruenze vagliate dal meccanismo del cosiddetto “redditometro”: in sostanza quando si riscontrino differenze di più del 20% tra il reddito dichiarato dal contribuente e spese effettuate, cosa che accade facilmente nel caso dell'acquisto di una casa.
Mantenere il controllo sulla casa
Capita spesso che i genitori desiderino mantenere un qualche tipo di controllo sulla casa dei figli, per evitare che possano ad esempio rivenderla per ottenere liquidità. In questo caso il consiglio potrebbe essere quello di intestarsi un particolare diritto (per esempio l'usufrutto) o una quota di comproprietà. In questo caso vanno messi sulla bilancia i relativi costi in termini fiscali.
Le complicazioni in caso di successione
Tipicamente si decide di intestare l’immobile direttamente ai figli, per evitare di pagare l’Imu e le tasse d’acquisto sulla seconda casa e per prevenire il possibile inasprimento dell’imposta di successione (che oggi non si paga sotto il milione di euro). E magari per non dover ricorrere poi a un atto di donazione in futuro.
Le donazioni – si pensi anche al caso in cui l’immobile sia già in possesso dei genitori – possono infatti comportare due tipi di complicazioni. Da un lato altri eredi potrebbero rivendicare la parte di eredità a loro riservata dalla legge (la cosiddetta legittima): non è infatti possibile usare la donazione per sottrarre beni al proprio patrimonio disponibile. Dall’altro, per lo stesso motivo, il bene risulta difficilmente rivendibile. Questo perché al momento della preparazione dell’eventuale futuro rogito, il notaio, rilevando una donazione negli atti di provenienza, metterà in guardia il potenziale acquirente dai rischi di rivalsa. La circolazione di un bene donato incorre in questi problemi per 20 anni dalla donazione o per 10 dalla successione.