sabato 13 maggio 2017

Appartamento in affitto: si possono fare modifiche?

 

Appartamento in affitto: si possono fare modifiche?

Addizioni, innovazioni e miglioramenti dell’appartamento fatti dall’affittuario: bisogna chiedere il permesso al padrone di casa e come ci si regola con le spese?

Non poche volte, quando una persona prende un appartamento in affitto, si riserva di aggiustarlo e sistemarlo successivamente per quelle che sono le proprie esigenze, andando ad effettuare interventi, più o meno stabili, suscettibili di modificarne l’iniziale condizione. Ma fino a che punto l’inquilino che prende un appartamento in affitto può fare modifiche? Quando i costi sostenuti per tali lavori gli vengono restituiti? E se il padrone di casa dovesse imporgli, alla fine del contratto, di ripristinare l’immobile per come era inizialmente? Potrebbe farlo oppure no? Il codice civile contiene una risposta a tutte queste domande.

Prima di spiegare se, in caso di appartamento in affitto, si possono fare modifiche dobbiamo fare una precisazione importante. La legge non usa il termine «modifiche» tutte le volte in cui parla di lavori dell’inquilino all’interno della casa presa in locazione. Per cui, se vai a cercare la soluzione ai tuoi problemi sul codice civile, non troverai mai questa parola, bensì quelle di addizioni, innovazioni e miglioramenti. Sebbene, nel lessico comune, tali operazioni vengano spesso definite come «modifiche», per ognuna di esse è prevista una disciplina diversa. Procediamo quindi con ordine e vediamo cosa prevede la legge in caso di lavori nell’appartamento in affitto.

Le modifiche che comportano innovazioni

Forse il concetto che più si avvicina all’idea di «modifiche nell’appartamento in affitto» è quello di innovazioni. Si pensi alla realizzazione di un soppalco, di una parete in cartongesso, a una struttura ricavata nella parete dove nascondere una cassaforte o incassare un mobiletto. Si tratta cioè di tutte quelle opere che comportano qualcosa di nuovo all’interno dell’appartamento, secondo le utilità e gli scopi dell’inquilino.

Le innovazioni sono consentite a condizione che non alterino o modifichino la struttura e la destinazione dell’immobile. Secondo la Cassazione [1], l’obbligo previsto dal codice, in capo all’affittuario, di osservare la diligenza del buon padre di famiglia nell’utilizzazione della cosa locata esclude che il conduttore possa alterare lo stato della cosa, sia pure in parte, nel corso del rapporto.

La soluzione, dunque, è quella di inserire nel contratto di affitto una apposita clausola con cui il padrone di casa autorizza a monte l’inquilino ad apportare specifiche modifiche all’appartamento, indicandole nel dettaglio [2]. Qualora ciò non sia stato previsto, bene farà l’inquilino a chiedere l’autorizzazione scritta di volta in volta dimodoché, alla scadenza del contratto, non gli si possano chiedere i danni per gli interventi eseguiti.

Il contratto di affitto può anche prevedere un divieto di innovazioni o un obbligo del conduttore di ottenere una preventiva autorizzazione. Così, in tal caso, il padrone di casa può mandare via l’inquilino che abbatte una parete nonostante il divieto riportato nel contratto.

Se, però, il contratto non prevede appositi divieti, l’affittuario è libero di effettuare quelle modifiche all’appartamento – o meglio dette «innovazioni» – che non alterino o modifichino la struttura e la destinazione dell’immobile. Di quali si tratta? Potrebbe essere tale la realizzazione di un piccolo soppalco nello sgabuzzino per poter riporre meglio le valigie o la creazione di una piccola struttura amovibile in plexiglas sul balcone per riporre scope e prodotti di pulizia.

Salvo diversa previsione del contratto, la legge consente al padrone di casa di eseguire solo quelle innovazioni che non diminuiscano in misura apprezzabile la possibilità di godere del bene da parte del conduttore.

Le modifiche che comportano miglioramenti

Avviene spesso che il padrone di casa consegni l’appartamento in condizioni piuttosto semplici, privo a volte di quegli accorgimenti che rendono l’abitazione sicura e accogliente. Si pensi a una porta d’ingresso non blindata o alle finestre senza sistemi isolanti. I miglioramenti sono dunque tutte quelle opere che aumentano la qualità o il valore economico dell’immobile. In questi casi, come si deve muovere l’inquilino? È libero ad esempio di creare dei doppi infissi? E alla fine del contratto, può chiedere il rimborso dei soldi spesi?

In generale l’affittuario può apportare miglioramenti all’appartamento, purché non muti la destinazione d’uso dell’immobile.

Quanto ai soldi spesi, l’inquilino ha diritto a una indennità per i miglioramenti apportati all’appartamento salvo che il contratto preveda diversamente [3].

Anche in questo caso, per tagliare la testa al toro ed evitare futuri equivoci o contestazioni, l’inquilino potrà – anche se non è tenuto a farlo – chiedere il previo consenso al padrone di casa, in modo da accordarsi sul tipo di intervento da eseguire, sulla spesa da sostenere e sulla qualità del materiale da scegliere.

Se il locatore acconsente o approva espressamente i miglioramenti (preventivamente o successivamente, mediante ratifica della loro esecuzione), deve pagare al conduttore un’indennità pari alla minor somma tra l’importo della spesa e il valore della cosa al tempo della riconsegna. Inoltre non può imporgli di rimuovere le migliorie alla fine del contratto.

L’approvazione, come detto, deve essere esplicita e non si può presumere dal semplice fatto che, pur sapendo delle modifiche, il padrone di casa non abbia detto nulla a riguardo.

Il conduttore può richiedere tale indennità al momento della riconsegna dell’appartamento, poiché solo in tale occasione è possibile effettuare un’utile comparazione tra l’importo delle spese sostenute e l’incremento di valore conseguito dalla cosa locata [4].

Le modifiche che comportano addizioni

L’affittuario può eseguire addizioni nell’appartamento purché non ne muti la destinazione d’uso. Le addizioni sono tutte quelle opere che, pur unite o incorporate al bene, non si fondono con esso, conservando la loro autonomia ed individualità: si pensi al caso di un condizionatore esterno, un sistema di videosorveglianza o un allarme.

Se le addizioni sono facilmente separabili (ad esempio le tende da sole), alla scadenza dell’affitto il padrone di casa può decidere di trattenerle pagando al conduttore un’indennità pari alla minor somma tra l’importo della spesa e il valore delle addizioni al tempo della riconsegna. Se il padrone di casa non esercita tale diritto, l’inquilino può rimuovere tali addizioni alla fine della locazione, sempre che ciò non arrechi danno all’appartamento, oppure può lasciarle all’interno dello stesso.

Se invece le addizioni non sono separabili dall’immobile senza che questo ne subisca un pregiudizio (ad esempio il condizionatore) il padrone di casa ne diventa proprietario. In tal caso è dovuto un indennizzo all’affittuario solo a condizione che l’addizione abbia determinato un evidente miglioramento dell’appartamento.

note

[1] Cass. sent. n. 11345/2010, n. 3343/2001.

[2] Cass. sent. n. 3441/2002.

[3] Cass. sent. n. 6158/1998.

[4] Cass. sent. n. 11551/1998.

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