Con la sentenza del 30 giugno 2016 n. 13414, la Cassazione ha stabilito che in caso di comunione legale dei beni, per mantenere il beneficio prima casa, basta che uno dei due coniugi si trasferisca nel Comune nel quale si trova il nuovo immobile.
La commissione tributaria regionale sostiene che, nei casi di acquisto coniugale in regime di comunione dei beni, la sussistenza dei requisiti per l’agevolazione in oggetto deve essere singolarmente riscontrata in capo ad entrambi i coniugi.
Ma la parte ricorrente afferma che, nel caso di acquisto del bene per atto stipulato da entrambi i coniugi in regime di comunione legale, viene soddisfatto il requisito del trasferimento della residenza entro 18 mesi anche quando uno solo dei coniugi abbia trasferito la residenza nell’immobile acquistato e quest’ultimo sia stato destinato a residenza familiare.
Ad accogliere tale tesi la Suprema Corte, che ha sottolineato “ove l’immobile acquistato sia adibito a residenza familiare, non rileva la diversa residenza del coniuge di chi abbia acquistato in regime di comunione”. I coniugi non sono tenuti ad una comune residenza anagrafica, ma solo alla coabitazione.
Secondo i giudici, dunque, ne consegue “che una interpretazione della legge tributaria conforme ai principi del diritto di famiglia porta a considerare la ‘coabitazione’ con il coniuge come elemento adeguato a soddisfare il requisito della ‘residenza’ ai fini tributari. Ciò che conta, in definitiva, non è la residenza dei coniugi singolarmente considerati, quanto quella della famiglia, così come evincibile dall’art. 144 c.c., secondo cui i coniugi fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa”.