Chi acquista l’abitazione con il bonus prima casa ha un termine perentorio per trasferire la propria residenza nel nuovo immobile.
Hai acquistato casa in un Comune diverso da quello ove si trova la tua attuale residenza. Poiché si tratta della tua prima casa e l’abitazione non è di lusso, il commercialista ti ha detto che puoi usufruire del cosiddetto bonus prima casa, un’agevolazione fiscale che ti consentirà di ottenere un notevole sconto sulle tasse da pagare all’erario. Ma, per poterti avvantaggiare di questa possibilità concessa dalla legge a chi, come te, non è proprietario di un’altra abitazione – su tutto il territorio nazionale – acquistata con il medesimo bonus, devi prima trasferire la tua residenza nel nuovo Comune. Una cosa impossibile – gli spieghi – visto che la nuova casa appena comprata è ancora in fase di ristrutturazione e non è abitabile: se dovessero arrivare i vigili a verificare l’effettiva dimora non troverebbero nessuno. Nessun problema, ti conforta sempre il tuo commercialista: la residenza la puoi trasferire anche in un momento successivo. Entro quanto? E che succede se la ditta dei lavori non finisce, nei termini concordati, le opere per le quali è stata delegata? Questi problemi ti crucciano così tanto che fai una ricerca tra le precedenti sentenze della Cassazione per verificare cosa sia stato detto a riguardo. E la risposta la trovi proprio in una pronuncia di qualche giorno fa [1]: in essa è sintetizzato tutto il pensiero della Suprema Corte in merito al bonus prima casa ed entro quanto tempo trasferire la residenza. Per ciò mettiti comodo e leggi le istruzioni che dovrai seguire se non vuoi rischiare di perdere l’agevolazione fiscale e restituire allo Stato tutte le ulteriori imposte.
Il bonus prima casa: quanto risparmio?
Prima però di spiegare entro quanto trasferire la residenza nel nuovo Comune dove si trova l’abitazione nuova, ti ricordo che il cosiddetto bonus prima casa consiste in una riduzione dell’Iva (per le vendite da impresa, quindi soggette a Iva) o dell’imposta di registro (per le vendite da privato). L’agevolazione comporta poi l’applicazione fissa dell’imposta catastale e ipotecaria. Vediamo qui di seguito di quant’è lo sconto (ma, per una trattazione più approfondita, sarà bene che tu legga la nostra guida Agevolazione fiscale sulla prima casa).
Vendite non soggette a Iva
- imposta di registro proporzionale nella misura del 2% (invece del 9%);
- imposta ipotecaria fissa di 50 euro;
- imposta catastale fissa di 50 euro.
Vendite soggette a Iva
- Iva ridotta al 4% (invece del 10%; per gli immobili A/1, A/8 e A/9 l’Iva è al 22%);
- imposta di registro fissa di 200 euro;
- imposta ipotecaria fissa di 200 euro;
- imposta catastale fissa di 200 euro.
Bonus prima casa: per quali immobili?
Il bonus prima casa è innanzitutto possibile solo per le case che non sono di lusso ossia che non sono accatastate nelle categorie A/1, A/8 e A/9, e per quelle che non sono uffici ossia A/10.
In secondo luogo, il bonus prima casa può essere utilizzato solo se l’acquirente sposta la propria residenza nel Comune ove essa si trova. Tale spostamento, se non è già avvenuto prima del rogito, deve essere comunque completato entro i successivi 18 mesi.
In alternativa la casa può trovarsi nel Comune ove l’acquirente lavora o studia oppure ove ha sede il suo datore di lavoro (se si tratta di un acquirente trasferito all’estero per ragioni di lavoro) oppure in qualsiasi Comune italiano se si tratta di un acquirente cittadino italiano emigrato all’estero che non abbia altre case sul territorio italiano.
Entro quanto tempo trasferire la residenza nel nuovo Comune
Ritorniamo dunque al problema dal quale siamo partiti: entro quanto tempo dobbiamo trasferire la residenza nel nuovo Comune per usufruire del Bonus prima casa? Lo abbiamo appena detto: chi non lo ha già fatto al momento dell’atto di compravendita dell’abitazione può farlo entro 18 mesi. Il termine decorre dal rogito e non dal giorno di “fine lavori” qualora si sia acquistata una casa in corso di costruzione.
Questo significa che se sono stati delegati dei lavori di ristrutturazione nell’immobile appena comprato e la ditta non li completa nei tempi preventivati, bisognerà comunque trasferire la propria residenza in quello stesso Comune, a meno che non si voglia pagare allo Stato tutte le imposte sull’atto di acquisto che prima erano state scontate.
La Cassazione ha più volte affrontato il tema di comprendere se il termine dei 18 mesi entro cui trasferire la residenza decorra inesorabilmente dal giorno del contratto di acquisto o se, essendo l’immobile oggetto di acquisto per qualsiasi motivo indisponibile ad essere abitato (ad esempio: perché lo occupa un inquilino, regolare o abusivo; oppure perché vi siano lavori in corso o da eseguire; eccetera), il termine possa invece decorrere dal giorno in cui l’impedimento è cessato. La prima tesi è stata quella da sempre sposata dalla giurisprudenza: i 18 mesi si computano dalla data del rogito a meno che appunto ricorra una causa di forza maggiore, la quale, tuttavia, non ricorre nel caso del mancato completamento dei lavori di costruzione. Tale eventualità non è certo «inevitabile e imprevedibile», ma rientra nel normale rischio – preventivabile – quello secondo cui un inquilino, nonostante lo sfratto, non lascia l’appartamento o la ditta dei lavori ritardi la consegna.
Ci sono però sentenze di primo e secondo grado che hanno sposato un’interpretazione più favorevole al contribuente, stabilendo che il termine dei 18 mesi «decorre unicamente dal momento in cui l’immobile in corso di costruzione ed oggetto di compravendita è divenuto effettivamente idoneo all’utilizzo ed al soddisfacimento dell’esigenza abitativa» [2].