domenica 18 ottobre 2015

Vendita all’asta della casa pignorata: come bloccare l’esecuzione

 

Vendita asta della casa pignorata come bloccare esecuzione

Pignoramento ed esecuzione forzata sull’immobile del debitore: come sospendere o estinguere la procedura di vendita all’asta del bene.

Se la tua casa è stata ipotecata, pignorata e ora il tribunale sta tentando di venderla all’asta, ma nonostante i numerosi tentativi e ribassi del prezzo nessuno la vuole acquistare, hai più di una possibilità di tornare a vivere sonni tranquilli e riappropriarti del tuo immobile. Esistono infatti due strumenti, previsti dalla legge, in grado di sospendere o, addirittura, estinguere l’esecuzione forzata. Di questi, spesso non si parla e anche gli stessi avvocati appaiono a volte restii a utilizzarli: eppure, alla nostra redazione arrivano sempre più spesso segnalazioni di tribunali che hanno accolto le istanze del debitore il quale, in questo modo, riesce a bloccare la vendita forzata del proprio immobile.

Peraltro, con l’attuale crisi del mercato del mattone, l’immobile pignorato su cui grava l’ipoteca viene svalutato di oltre il 50-60% dell’effettivo valore e sostanzialmente svenduto a chi cerca di fare buoni affari con le aste in tribunale. Risultato: l’esecuzione forzata non soddisfa né il creditore (il quale, dopo molti anni, recupera solo parte del proprio credito), né tantomeno il debitore (che, oltre a perdere l’immobile, non si libera di tutto il debito e resta comunque soggetto a ulteriori aggressioni, fino ad estinzione della debenza).

L’espropriazione, infatti, ha l’obiettivo trasformare il bene in denaro per il soddisfacimento dei creditori e non quella d’infliggere una sanzione atipica al debitore inadempiente. Deve escludersi, pertanto, che il corrispettivo determinato possa risultare del tutto scollegato dal valore reale dell’immobile.

Insomma, la vendita degli immobili a prezzi stracciati non fa bene né al creditore, né al debitore, né – di conseguenza – all’economia nazionale (su cui, peraltro, grava il costo di tutta la burocrazia giudiziaria).

La sospensione dell’esecuzione forzata sulla casa

Per queste ragioni il codice di procedura civile prevede la possibilità che il giudice dell’esecuzione sospenda la vendita forzata della casa pignorata tutte le volte in cui ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto. Si tratta di un potere riservato al vaglio discrezionale del magistrato (ma che, ovviamente può essere sollecitato dagli avvocati delle parti) che comporta il differimento dell’asta pubblica “a data da destinarsi” (ossia a quando il mercato sarà più “maturo”). Sempre che, nelle more, non intervengano altri eventi modificativi del processo come, per esempio, il disinteresse del creditore, una trattativa tra le parti che porti a una transazione con sostanziale decurtazione del debito, ecc.

Così, per esempio, il Tribunale di Roma [1] ha statuito che vanno sospese le esecuzioni immobiliari quando si siano già tenute cinque aste senza aggiudicazione ed il prezzo del bene si sia già ridotto di circa un terzo rispetto al valore del bene stimato dal CTU. Nel caso di specie la sospensione è stata stabilita per un anno soltanto.

Il giudice capitolino ha ritenuto – testuali parole – “l’inutilità e l’ingiustizia di un nuovo esperimento d’asta a prezzo ulteriormente ridotto rispetto a quello dell’ultima infruttuosa”.

Nel caso di fallimento

Stessa previsione è contenuta nella legge fallimentare [2], nel caso in cui oggetto della vendita forzata sia un bene appartenente a un imprenditore fallito. È successo, di recente, presso il tribunale di Lanciano, nell’ambito di una procedura esecutiva conseguente a un fallimento. Il giudice delle esecuzioni [3], di fronte alla richiesta avanzata dall’avvocato del soggetto esecutato, letto il parere del curatore fallimentare, preso atto del notevole squilibrio tra il prezzo di base d’asta dell’immobile e quello di mercato (per come attestato dalla perizia del Consulente tecnico d’ufficio), ha sospeso la vendita del bene. Il debitore, in buona sostanza, benché ancora pendente la procedura fallimentare, può tornare tranquillamente in casa propria. Non poca cosa per chi, dopo un fallimento, viene spossessato di tutti i suoi beni e inizia una vita di tribolazioni, attesi i tempi biblici delle nostre procedure.

L’estinzione dell’esecuzione forzata sulla casa

Sicuramente, però, lo strumento più incisivo a tutela del debitore è quello (di recente approvazione [4]) che consente al giudice non semplicemente di sospendere l’esecuzione forzata, ma di chiuderla definitivamente. Con buona pace dei creditori. Ne abbiamo già parlato in “Pignoramento casa: se non si vende all’asta, l’esecuzione termina”. In pratica, tutte le volte che la casa, sottoposta a pignoramento immobiliare, non trova potenziali acquirenti e la base d’asta, a furia di ribassi, arriva a un prezzo che non è in grado di garantire un ragionevole soddisfacimento dei creditori il giudice decreta la fine anticipata del processo esecutivo. A differenza, quindi, della sospensione, qualora il creditore volesse agire nuovamente, dovrebbe ricominciare tutto da capo, ma soprattutto – per evitare un abuso del diritto – trovare nuovi beni da pignorare.

La legge non specifica dopo quanti ribassi possa avvenire l’estinzione del pignoramento, né a quanto debba arrivare il prezzo dell’immobile prima di poter sperare di sbarazzarsi dell’esecuzione. Tuttavia, stando alle interpretazioni di numerosi tribunali, le aste deserte devono essere certamente superiori a 4 o 5 e il prezzo deve essere sceso al di sotto del 30-40% del valore effettivo di mercato [1].

La valutazione del magistrato, di chiudere anticipatamente la procedura, non deve tenere conto solo del ribasso del prezzo e della differenza rispetto al valore di mercato del bene, ma anche dei costi necessari a proseguire il pignoramento, delle probabilità di vendere il bene e del presumibile valore di realizzo. È chiaro, dunque, che tanto più difficile è trovare potenziali interessati all’asta, tanto più facile sarà per il debitore ottenere dal tribunale tale provvedimento. Provvedimento che, anche in questo caso, può essere disposto dal giudice d’ufficio o anche su istanza di una delle parti del processo esecutivo.

Si tenga conto, tuttavia, che per come è stata formulata la norma, essa si applica solo nel caso di pignoramenti e vendite forzate e non nel caso di vendite conseguenti a fallimenti (per la quale ipotesi, come detto, opera solo la sospensione).

In verità, la norma in commento non è una novità del nostro sistema: già prima della riforma, numerosi tribunali erano orientati nel senso di interpretare le norme del codice di procedura civile, in tema di pignoramenti e vendite forzate, in senso favorevole al debitore, in modo da non comprimerne eccessivamente il diritto all’abitazione. Le aste deserte, infatti, sono state sempre il problema principale del recupero dei crediti di consistenti dimensioni (leggi l’articolo: “Come bloccare la vendita forzata della casa”).

Ed Equitalia?

Le regole anzidette si applicano anche ai casi in cui il creditore sia Equitalia così, come ovviamente, quando ad agire è un privato, come una banca, un fornitore ecc.

Di tanto ne è convinta la stessa Cassazione che, in passato, ha confermato la possibilità di applicazione delle regole sulla sospensione delle esecuzioni forzate anche nel caso di riscossione esattoriale [5].

Nel caso di Equitalia, peraltro, si ricorda che l’attuale normativa prevede la possibilità di ipoteca solo per debiti superiori a 20.000 euro mentre il pignoramento è possibile solo dopo aver raggiunto 120.000 euro e sempre a condizione che non si tratti della prima casa di residenza adibita a civile abitazione (nella quale ipotesi, invece, è possibile solo l’ipoteca come mezzo di coercizione del debitore).

Note

[1] Trib. Roma sent. 9.03.2013

[2] Art. 108 legge fall.: “Il giudice delegato, su istanza del fallito, del comitato dei creditori o di altri interessati, previo parere dello stesso comitato dei creditori, può sospendere, con decreto motivato, le operazioni di vendita, qualora ricorrano gravi e giustificati motivi ovvero, su istanza presentata dagli stessi soggetti entro dieci giorni dal deposito di cui al quarto comma dell’articolo 107, impedire il perfezionamento della vendita quando il prezzo offerto risulti notevolmente inferiore a quello giusto, tenuto conto delle condizioni di mercato”.

[3] Trib. Lanciano, ord. del 13.10.2015 dott. Massimo Canosa.

[4] Art. 164 bis DL n. 132 del 12.09.2014 conv. in legge n. 162 del 10.11.2014.

[5] Cass. sent. n. 692/2012 del 18.01.2012.

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