mercoledì 28 ottobre 2015

Basta chiedere la residenza per non decadere dai benefici prima casa

 

Decadenza benefici sull’acquisto della prima casa: è sufficiente aver inoltrato al Comune la richiesta di trasferimento della residenza.

Così ha stabilito la Commissione Tributaria Regionale di Brescia     (CTR Brescia, sent. n. 2485/67/15 dell’8.06.2015.)

Non decade dai benefici fiscali previsti per l’acquisto della prima casa il contribuente che– come richiesto dalla legge – abbia trasferito la propria residenza nel nuovo immobile entro 18 mesi dall’atto notarile; tuttavia, ciò che conta per non incorrere in sanzioni, non è il materiale trasferimento nell’abitazione, ma la data di presentazione al Comune dell’istanza di cambio residenza.

La norma non richiede il trasferimento fisico nel fabbricato acquistato entro 18 mesi dall’atto, ma dispone solo che, entro tale termine, venga presentata al Comune la domanda di trasferimento della residenza.

Se poi la procedura amministrativa di completamento della pratica prende le lunghe e l’ente fa scadere il termine dei 18 mesi, al contribuente non si può attribuire alcuna colpa.

Non rileva il completamento della procedura, ma l’avvio della stessa.

Di parere opposto pare essere stata la Suprema Corte, pochi mesi prima:   (Ordinanza Cassazione  n. 4662 del 27 febbraio 2014)

Come si può vedere infatti nell’articolo di Domoforum   “Agevolazioni “prima casa”: necessario il trasferimento”   : “E’ irrinunciabile il trasferimento – da parte del contribuente – nel comune in cui è situato l’immobile entro un anno (oggi, 18 mesi) dalla data del contratto di acquisto. (ndr: si noti, nel Comune in cui si trova l’abitazione …)”

In realtà, a ben vedere le due sentenze non si discostano molto. Infatti nel caso portato all’attenzione dei Giudici Capitolini, la mancanza di abitabilità era stata addotta come motivo per non avere potuto trasferire la residenza, con evidenti intenti elusivi.

Ricordiamo che per usufruire dei benefici fiscali all’atto dell’acquisto della cd “prima casa”  (imposta di registro al 2% o, se acquistato da impresa di costruzione, Iva al 4%; imposta ipotecaria e catastale pari a 100 €), è necessario che si verifichino le seguenti condizioni:

– l’immobile acquistato deve avere  destinazione abitativa e non deve essere di lusso;

– si può godere dell’agevolazione solo per una  abitazione; può goderne anche chi sia già in possesso di altra abitazione, purché precedentemente non acquistata con i benefici prima casa e purché essa non sia in piena proprietà e non sia situata nel medesimo Comune;

– l’acquirente deve avere la propria residenza anagrafica nel Comune in cui è situato l’immobile oppure deve impegnarsi al momento della stipula dell’atto, a trasferire la propria residenza entro 18 mesi dall’acquisto  nel Comune in cui è situato l’immobile, (si badi, non propriamente nell’immobile), a pena di decadenza dal beneficio.

Sembra il solito pasticcio Borbonico:  tuttavia una ragione, anche se non così facile da percepire, ad esempio per l’apparente stranezza dell’agevolazione “prima casa” senza uno specifico obbligo di porre la propria dimora abituale nell’immobile acquistato, ma nel Comune, c’è.

La legge istitutiva della agevolazione per l’acquisto cd “prima casa” intendeva favorire il primo accesso alla proprietà di un immobile abitativo e non la residenza in un immobile proprio (art. 1 della legge 22 aprile 1982, n. 168)

Nulla c’entra con le successive agevolazioni nelle imposte dirette ed indirette concesse per la dimora abituale.  In effetti le due cose sono distinte.

Si può godere delle agevolazioni “a regime” per la propria prima casa (IMU, Irpef ecc) anche se non si è acquistata con l’agevolazione cd prima casa (Successione, donazione, costruzione o addirittura acquisto come “seconda casa”) e viceversa si può aver acquistato con le agevolazioni “prima casa”  e non godere delle agevolazioni legate alla dimora abituale.

Molto interessante per chi voglia approfondire l’argomento è la lettura dell’articolo del Notaio Bellini su “I quaderni del Notariato” :