lunedì 18 novembre 2013

Cedolare secca al 15%, un sostegno alle politiche abitative

 

cedolare secca 15

Con il decreto legge 102/2013 sono state introdotte una serie di novità che vanno a sostenere le politiche abitative, tra queste l’art. 4 introduce la riduzione della tassazione sulle case in affitto, in particolare la cedolare secca, la cui aliquota passa dal 19% al 15%. È importante sottolineare che la riduzione ha effetto per l’intero anno 2013 e i contribuenti possono beneficiarne già in sede di acconto per il 2013, sia per i versamenti in corso che per quelli in rateazione, con scadenza ultima il 2 dicembre.

Come funziona la cedolare secca

La cedolare secca è un’imposta sugli affitti che sostituisce quelle ordinarie sulle locazioni (Irpef, addizionali sul reddito degli affitti, imposta di registro, imposta di bollo alla registrazione).

Chi può optare per il regime di cedolare secca? Persone fisiche titolari del diritto di proprietà o reale di godimento (usufrutto) su abitazioni in locazione.

A quali immobili si può applicare? La cedolare secca si applica su tutti gli immobili accatastati nelle classi dalla A1 alla A11, esclusi gli uffici (classe A10) e la cui locazione è con contratto concordato o a equo canone, come disciplinato dalla Legge 431/1998.

È stata, inoltre, introdotta, un’aliquota ridotta per gli affitti a canone concordato di abitazioni situate:

  • nei comuni ad alta densità abitativa (individuati dal Cipe) ;
  • nei comuni con carente disponibilità abitativa quali Bari, Bologna, Firenze, Catania, Milano, Napoli, Genova, Roma, Palermo, Venezia, Torino;
  • nei comuni confinanti con le province sopraindicate, in cui è carente la disponibilità abitativa;
  • nei capoluoghi di provincia.
Cosa prevede la disciplina

La Legge 431/1998 sancisce una limitazione alla libertà contrattuale delle parti (art. 1322 del C.C.) giustificata dal privilegio fiscale maggiore che le parti ricevono dallo Stato a fronte della determinazione del canone di affitto, definito dai comuni ad alta densità abitativa e in base alla localizzazione territoriale dell’immobile.

Il canone è fissato dai comuni in accordo con le associazioni territoriali degli inquilini e talora anche dalle associazioni rappresentanti i proprietari immobiliari.

Un’altra limitazione è relativa alla durata del contratto di affitto che in caso di regime a “canone concordato” dura meno rispetto ai contratti ordinari: è infatti, possibile affittare un immobile a canone concordato per i tre anni successivi con possibilità di tacito rinnovo per ulteriori due anni.

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