lunedì 2 novembre 2015

Quanto contante si può prelevare in banca

 

Tracciabilita tutti i limiti all uso del denaro contante

Quanto posso versare in contanti al giorno in banca e quanto posso prelevare senza segnalazione, anche con il bancomat?

Le norme sui limiti di trasferimento del denaro in contanti non si applicano al caso del correntista che versi o prelevi somme dal proprio conto corrente; questo proprio perché non si tratta di un vero e proprio “trasferimento” tra soggetti diversi: il denaro è – e resta – di proprietà dello stesso correntista anche all’atto del deposito in banca. Dunque, il cliente è libero tanto di versare, quanto di prelevare dal proprio conto corrente qualsiasi somma attraverso lo sportello o il bancomat, anche superando gli attuali limiti del contante. Limiti che, ad oggi, sono fissati in 999,99 euro (dopo i mille euro scatta l’obbligo di utilizzare strumenti tracciabili come l’assegno non trasferibile, la carta di credito, il bonifico bancario). La legge di Stabilità per il 2016 ha tuttavia elevato tale limite a 3.000 euro: pertanto, a partire da gennaio 2016, fino a 2.999,99 euro sarà possibile effettuare pagamenti in cash, mentre da 3mila in su bisognerà tornare agli strumenti tracciabili.

Tale divieto dell’utilizzo del contante non si applica solo ai pagamenti in senso stretto, ma a qualsiasi altro trasferimento di denaro tra soggetti diversi, quindi anche in caso di donazioni tra parenti (il padre che regala al figlio una consistente somma di denaro per comprare un pacchetto viaggi, il motorino, la prima auto, ecc.) o nei pagamenti con la pubblica amministrazione (si pensi al versamento dell’importo dovuto ad Equitalia a seguito della notifica di una cartella di pagamento).

Quanto si può prelevare dalla banca senza segnalazione

Per tornare ai versamenti e ai prelievi dal conto corrente, il titolare del rapporto che voglia effettuare un’operazione in contanti non ha limiti di importi anche oltre le suddette soglie, né può essere ostacolato dal funzionario di banca o dallo sportellista, che non potranno frapporre alcun tipo di divieto giuridico.

Pertanto, chi voglia prelevare, per esempio, 3.500 euro dal conto corrente non sarà costretto a effettuare 4 operazioni distinte in giorni diversi, ma potrebbe agire in un’unica soluzione.

Spesso, però, in questi casi, viene rappresentato al correntista che, qualora il prelievo superi il limite previsto dalla legge per i pagamenti in contanti, scatterà una “segnalazione” non meglio precisata. In verità, non è così. La normativa di contrasto al riciclaggio del denaro (che è cosa diversa da quella sulla tracciabilità dei pagamenti che, invece, ha finalità di lotta all’evasione) impone al dipendente di banca, in presenza di una consistente movimentazione di denaro contante che possa far sospettare la presenza di un’operazione illecita, di segnalarla ai vertici del proprio istituto di credito i quali, poi, in ultima istanza, dovranno valutare se effettuare la segnalazione all’Uif, Unità di informazione finanziaria. Anche la segnalazione a quest’ultimo organo non implica l’automaticità di alcun procedimento penale per il correntista dovendo prima passare per la verifica delle autorità competenti. Di certo il correntista non dovrà temere alcunché, anche in caso di cifre elevate, se vi è piena trasparenza della provenienza del denaro e dell’utilizzo dello stesso. Tanto per fare un esempio: se il pensionato che riceva dall’azienda il TFR per 20mila euro e poi prelevi in contanti il denaro per versarlo sul conto del figlio, unico erede, non avrà commesso alcun illecito e nessun ostacolo gli può essere frapposto.

I problemi potrebbero sorgere solo per gli imprenditori, ma esclusivamente da un punto di vista fiscale; questi ultimi, infatti, essendo tenuti per legge a una contabilità ordinata e dettagliata, potrebbero ricevere un accertamento fiscale in cui venga loro chiesta giustificazione dell’utilizzo delle somme e della loro provenienza onde verificare che non abbiano origine da redditi dichiarati. Si tratta, dunque, di una questione completamente diversa, che prescinde dalle norme sui pagamenti in contati: il fisco, infatti, è legittimato a chiedere chiarimenti anche per somme inferiori o superiori a 3mila euro, fermo restando che al contribuente è sempre data la possibilità di difendersi, dimostrando la lecita provenienza delle somme in contestazione.