mercoledì 13 maggio 2015

Banca: per i tassi usurari il direttore di filiale rischia il penale

 

Banca per i tassi usurari il direttore di filiale rischia il penale

Rinvio a giudizio e processo penale per il funzionario dell’istituto di credito che ha applicato gli interessi sul finanziamento oltre la soglia dell’usura.

Non è la prima volta che, a fare le spese del mutuo con interessi usurari, è il direttore della filiale. Era già capitato ad Arezzo (leggi: “Mutuo con interessi usurari: rinvio a giudizio del direttore”) ed anche a Trani, Pistoia, Mestre e Venezia. Ora, per una vicenda simile, anche la procura di Busto Arsizio decide per l’invio dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti del direttore della sede locale della banca. L’accusa è la stessa: applicazione al cliente di un tasso usurario. In particolare, nel caso di specie, era stato applicato su un mutuo chirografario un tasso di scoperto e mora del 19,50% (quando la soglia massima era del 14,94%) e uno del 12,70% (mentre il massimo era del 10,11%).

Viene così accolto l’esposto-querela presentato da un cittadino con richiesta di rinvio a giudizio tanto per i vertici dell’istituto bancario coinvolto nell’usura, quanto per il direttore di filiale competente.
Nel caso di specie, il perito nominato dal tribunale aveva rilevato il superamento del tasso soglia dell’usura previsto dal codice penale [1].

Cosa prevede il codice penale

Gli interessi si considerano usurari se oltrepassano i limiti stabiliti dalla legge. In particolare, costituiscono interessi usurari quelli superiori ai tassi medi praticati da banche e intermediari finanziari, rilevati trimestralmente dal Ministro del Tesoro [2], nell’ipotesi in cui risultino “sproporzionati” (espressione di natura elastica). Devono tuttavia sempre essere considerati usurari i tassi che superano del 50 % i saggi pubblicati.

Sono, altresì, usurari gli interessi, anche se inferiori a tali limiti, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle modalità concrete del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, o all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria [3].

Si tratta di un reato procedibile d’ufficio.

La pena prevista è la reclusione da due a dieci anni e la multa da euro 5.000 a euro 30.000.

Aggravanti: la pena è aumentata da un terzo alla metà:

– se il colpevole ha agito nell’esercizio di una attività professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare;

– se il colpevole ha richiesto in garanzia partecipazioni o quote societarie o aziendali o proprietà immobiliari;

– se il reato è commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno;

– se il reato è commesso in danno di chi svolge attività imprenditoriale, professionale o artigianale;

– se il reato è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale durante il periodo previsto di applicazione e fino a tre anni dal momento in cui è cessata l’esecuzione.

Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti è sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono il prezzo o il profitto del reato o delle somme di denaro, beni e utilità di cui il reo ha la disponibilità per un valore pari agli interessi usurari, salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni o al risarcimento dei danni.

Note

[1] Art. 81 e 644 cod. pen.

[2] L. 7 marzo 1996, n. 108

[3] Cass. sent. n. 28743 del 22.7.2010.