sabato 4 luglio 2015

Pignoramento: il debitore custode paga i danni

 

Il pignoramento presso terzi di Equitalia

Esecuzione forzata: quando il debitore è nominato custode dei beni paga di nuovo i beni al creditore pignorante.

Di norma, quando l’ufficiale giudiziario pignora i beni del debitore, nomina quest’ultimo custode degli stessi: in pratica, questo vuol dire che non li preleva, non li asporta e li lascia, invece, là dove si trovano (salvo poi il successivo intervento dell’IVG, Istituto Vendite Giudiziarie, che li prende per il tempo necessario all’asta). Tanto vale, ad esempio, per l’automobile, ma anche per beni mobili di facile trasporto come gioielli, quadri, televisione; stesso discorso per i beni aziendali come un computer, qualche sedia, ecc. Insomma, il debitore viene considerato il “garante” dei suoi stessi beni, per cui, anche dopo l’intervento dell’ufficiale giudiziario e il pignoramento – ed anzi, a maggior ragione, proprio per questo – è tenuto ad amministrarli e a custodirli con la massima diligenza e attenzione. Non li deve quindi abbandonare, disperdere, usare, ma neanche fare in modo che essi perdano il proprio valore commerciale come nel caso di lasciarli in una cantina umida o all’aperto.

Ma che succede se il debitore-custode viene meno a questo proprio obbligo e non conserva, con le dovute precauzioni, i beni pignorati? La risposta viene fornita da una recente sentenza del Tribunale di Cagliari [1].

Il debitore che in seguito a pignoramento viene nominato custode dei beni oggetto dell’esecuzione forzata è tenuto a conservare e amministrare i beni pignorati con la dovuta diligenza. Se non lo fa è costretto a risarcire il creditore con una somma pari al valore dei beni stessi.

La vicenda

Al debitore erano stati pignorati una cella frigorifera e un forno professionale, del valore di 18mila euro. Egli ne era stato nominato custode, ma ciò nonostante li aveva lasciati all’aperto per oltre un anno e, per ciò, si erano deteriorati, finendo in tal modo per essere del tutto inutilizzabili.

Note

[1] Trib. Cagliari, sent. n. 634 del 25.02.2015.