domenica 4 dicembre 2016

L’inquilino deve consentire al proprietario di mostrare la casa?

L’inquilino deve consentire al proprietario di mostrare la casa?

Quando il contratto di affitto sta per scadere, l’inquilino è tenuto a mostrare l’appartamento, su richiesta del proprietario, ad eventuali altri potenziali interessati alla locazione.

L’inquilino è tenuto ad aprire la porta al padrone di casa affinché, quando sta per scadere il contratto di affitto, possa far visionare l’appartamento ad eventuali terzi interessati all’affitto o all’acquisto? Un quesito che si pone più di un proprietario di immobile, specie quando – come spesso succede – i rapporti con l’inquilino non sono idilliaci. La questione non è regolata da alcuna legge, né dalle norme del codice civile. Bisogna quindi scovare negli archivi della giurisprudenza per vedere se il conduttore è tenuto a mostrare l’appartamento ad eventuali futuri inquilini o acquirenti, indicati dal padrone di casa.

Di sicuro, sappiamo che, con la stipula del contratto di affitto (o meglio detto, contratto di locazione), l’inquilino diventa detentore dell’appartamento e ha il diritto di escludere terzi dalle proprie quattro mura, le quali diventano il suo domicilio. L’invasione non autorizzata di tale domicilio costituisce reato al pari di quella commessa nei confronti del proprietario di un immobile. Il diverso contratto in base al quale si dispone della casa, infatti – se a titolo di proprietà o di affitto – non esclude che la stessa sia da considerarsi luogo di privata dimora e, quindi, protetta finanche dalla nostra Costituzione. Insomma, si tratta di un “luogo sacro”, inaccessibile a chiunque.

Ma che succede se il proprietario dell’immobile, in prossimità della scadenza del contratto di affitto, chiede all’inquilino (cosiddetto conduttore) di aprire la porta a potenziali interessati all’appartamento, onde farglielo vedere e poter, eventualmente, trovare un futuro cliente?

Per risolvere il problema, la prima cosa che si deve fare è leggere il contratto di affitto e vedere se, all’interno di esso, è stata prevista una clausola che stabilisce il dovere per il conduttore di consentire la visita a potenziali acquirenti o futuri inquilini su richiesta del locatore. Tale previsione taglierebbe la testa al toro e decreterebbe la responsabilità dell’inquilino che non ottemperi tale richiesta. Richiesta che, comunque, deve salvaguardare anche gli interessi dell’attuale inquilino, non andando a ledere la sua riservatezza – ad esempio – negli orari serali, del riposo o magari il sabato e la domenica, costringendo quest’ultimo a rimanere a casa piuttosto che partire per una gita.

Ma che succede se il contratto non prevede nulla? La soluzione è in una sentenza della Cassazione, anche se piuttosto datata.

L’inquilino deve mostrare l’appartamento ai potenziali affituari

Secondo la Suprema Corte [1], il locatore, nonostante nulla preveda in proposito il contratto, può far visitare la casa in affitto, con le modalità di cui agli usi localmente vigenti, al fine di potere stipulare altro contratto di locazione, allo scadere di quello in corso, oppure di vendere la casa affittata. Se il conduttore oppone ingiustificati rifiuti all’effettuazione di tali visite compie un inadempimento che può costituire causa di risoluzione del contratto. Insomma, l’inquilino che si oppone a quello che potremmo così chiamare «diritto di visita», può essere sfrattato (sebbene non con la procedura d’urgenza, che è prevista solo in caso di morosità o di scadenza del contratto).

Del resto, a prova di quanto sopra, ricordiamo che il proprietario-locatore conserva il più ampio obbligo di vigilanza sull’immobile affittato in quanto la detenzione del conduttore non lo esime dal dovere di controllare – eventualmente mediante visite periodiche – l’efficienza del fabbricato e provvedere ad eliminare quelle situazioni che ne possano compromettere le strutture [2].

[1] Cass. sent. n. 5147/1981.

[2] Cass. sent. n. 6791/1987: Ne consegue che permane a carico del proprietario la presunzione di responsabilità, ex art. 2053 c.c., per i danni cagionati dalla rovina dell’edificio (o di parte di esso), superabile soltanto se ricorrono gli estremi del caso fortuito o della forza maggiore, ovvero del fatto del terzo, a nulla rilevando l’accertamento della concreta possibilità che il proprietario abbia di interessarsi del proprio immobile, trattandosi di presunzione di responsabilità ricollegata alla mera qualità di proprietario del bene.