domenica 26 giugno 2016

Abuso edilizio: anche se passa tanto tempo nessuna sanatoria

 

Tettoia demolizione distanze minime e decoro architettonico

Da demolire, anche se costruito da tempo immemorabile il balcone senza licenza edilizia anche se l’abuso è stato tollerato per anni e l’amministrazione non si è mai attivata.

L’ordine di demolizione di un immobile abusivo non va mai in prescrizione: l’amministrazione può esercitare tale potere in qualsiasi momento, anche dopo numerosi anni dal compimento dell’opera. Il decorso del tempo, infatti, non comporta alcuna sanatoria. È quanto ricordato dal Tar Campania con una recente sentenza [1].

Al centro della contesa vi è un balcone costruito durante una ristrutturazione, ma senza permesso edilizio. Da tempo immemorabile, il manufatto era restato lì, in bella mostra a tutta al cittadinanza, ma nessuno aveva mai detto nulla, ancor meno l’amministrazione che aveva così dimostrato – a detta del ricorrente – di tollerare l’illecito. Ma non è così e l’autore dell’abuso edilizio non può mai dormire su sette cuscini neanche se è passata una generazione: la demolizione può essere chiesta in qualsiasi momento.

La prescrizione del reato di abuso edilizio

Quando si parla di prescrizione nell’ambito del reato di abuso edilizio è necessario separare il discorso della sanzione amministrativa consistente nella demolizione, dalla sanzione penale conseguente al crimine commesso. Solo quest’ultima si prescrive. La prima, invece, mai. In particolare, i reati edilizi si prescrivono in 4 o 5 anni a seconda che sia iniziata o meno, in tale lasso di tempo, l’azione penale. In particolare, la prescrizione scatta dopo

4 anni se, in tutto questo lasso tempo, nessuno si è mai accorto dell’abuso ed il tempo è decorso senza l’avvio di azioni penali;

5 anni se, invece, l’azione penale ha avuto avvio: intervengono infatti le cosiddette cause di sospensione e/o interruzione del corso della prescrizione.

L’ordine di demolizione

L’obbligo di ripristinare lo stato dei luoghi per come era prima dell’abuso non trova termini di prescrizione e può essere impartito dalle autorità in qualsiasi momento: in questi casi viene prima, infatti, l’interesse pubblico al rispetto dei vincoli urbanistici. Pertanto, il semplice decorso del tempo non può costituire una sanatoria se, a monte, manca il permesso di costruire. Né il proprietario dell’immobile può difendersi sostenendo che l’inerzia dell’amministrazione manifestata negli anni abbia generato in lui l’affidamento sulla tollerabilità delle opere poste in essere.

Il provvedimento finalizzato alla demolizione ha una sua autonomia rispetto a quanto avviene in sede di processo penale tanto è vero – sottolinea la Cassazione [2] – che neppure il sequestro penale dell’immobile è di ostacolo alla sua “distruzione”.

Spesso, l’ordine di demolizione arriva all’improvviso, anche a distanza di anni dal compimento dell’opera. A questo punto, il destinatario dell’ordinanza di demolizione (che potrebbe essere anche un soggetto diverso da quello che ha posto in essere l’abuso) si trincera dietro la cosiddetta teoria dell’affidamento. Il punto è questo: il decorso del tempo può, in qualche maniera, legittimare l’opera abusiva?

Secondo la tesi più accreditata della giurisprudenza, il decorso del tempo non può in alcun modo legittimare l’opera abusiva. Quando è stato commesso un fatto illecito con una costruzione in tutto o in parte abusiva, non è ravvisabile un “affidamento incolpevole”, né il titolare dell’abuso (o un suo avente causa) può dolersi del ritardo con cui l’Amministrazione ha emanato il dovuto ordine di demolizione. Ammettere “l’estinzione” dell’abuso per il decorso del tempo vorrebbe dire accettare una sanatoria di fatto.

Tale ritardo può dar luogo alle conseguenze sanzionatorie a carico delle autorità che non esercitano le loro doverose funzioni, ma non può essere invocato a proprio favore da chi riceve – a causa dell’omissione della pubblica autorità – il vantaggio di poter continuare a utilizzare un bene, di cui l’ordinamento dispone la demolizione [3].

Il potere-dovere dell’amministrazione

Con riferimento al potere-dovere dell’amministrazione di procedere alla demolizione dell’opera abusiva, il Comune, una volta che abbia avviato il procedimento sanzionatorio con l’emanazione dell’ingiunzione di demolizione, resta obbligato a portarlo a compimento adottando tutti i provvedimenti e gli atti materiali ulteriori, diretti a darvi piena attuazione [4].

Note

[1] Tar Campania, sent. n. 2154/2016.

[2] Cass. sent. n. 49331/2015. L’ordine di demolizione ha natura strettamente vincolata e non soggetta a termini di decadenza o di prescrizione (TAR Lazio, Roma, Sez. I, sent. 1° aprile 2015, n. 4943 e Sez. I- quater , sent. 19 marzo 2015, n. 43550), per cui non richiede l’avvio del procedimento previsto dalla legge 241/1990 che impone la partecipazione del cittadino. L’intervento collaborativo della parte, infatti, non potrebbe in alcun modo influire sul risultato del procedimento in quanto l’amministrazione, come dicevamo, esercita poteri vincolanti e non discrezionali (Cons. Stato, Sez. VI, sent. 4 marzo 2013, n. 1268). Trattandosi di atto vincolato, non è richiesta neanche una specifica motivazione ma è sufficiente che il provvedimento contenga, al proprio interno, il riferimento al carattere illecito dell’opera realizzata né richiede una espressa comparazione tra l’interesse pubblico alla rimozione dell’opera, che è in re ipsa , e quello privato alla relativa conservazione, e ciò anche se l’intervento repressivo avvenga a distanza di tempo dalla commissione dell’abuso (TAR Lazio, Roma, Sez. II- bis , sent. 16 gennaio 2015, n. 1647; Cons. Stato, Sez. VI, sent. 29 gennaio 2015, n. 406; TAR Campania, Napoli, Sez. VII, sent. 14 novembre 2014, n. 5899; TAR Campania, Napoli, Sez. VI, sent. 23 ottobre 2014, n. 5455; TAR Roma, Sez. II- ter , sent. 13 ottobre 2014, n. 10271; Cons. Stato, Sez. V, sent. 2 ottobre 2014, n. 4926; Cons. Stato, Sez. V, sent. 13 marzo 2014, n. 1230; Cons. Stato, Sez. V, sent. 30 giugno 2014, n. 3282; Cons. Stato, Sez. IV, sent. 28 aprile 2014, n. 2194; Cons. Stato, Sez. VI, sent. 28 gennaio 2014, n. 431; Cons. Stato, sent. 11 dicembre 2013, n. 5943; Cons. Stato, Sez. VI, sent. 11 novembre 2013, n. 5368; Cons. Stato, Sez. VI, sent. 21 ottobre 2013, n. 5088; Cons. Stato, Sez. VI, sent. 4 marzo 2013, n. 1268; Cons. Stato, Sez. VI, sent. 28 gennaio 2013, n. 498; Cons. Stato, Sez. IV, sent. 20 luglio 2011, n. 443; Cons. Stato, Sez. VI, sent. 11 maggio 2011, n. 2781; Cons. Stato, Sez. V, sent. 27 aprile 2011, n 2526).

L’ordine di demolizione non richiede neanche una comparazione tra l’interesse pubblico e quello privato coinvolto e sacrificato, e neppure una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione (TAR Piemonte, Sez. I, sent. 12 luglio 2013, n. 889; Cons. Stato, Sez. IV, sent. 16 aprile 2012, n. 2185 e Sez. V, sent. 17 settembre 2012, n. 4915).

. Tale tesi trova il proprio fondamento legislativo nel combinato disposto dell’art. 2, comma 1, e dell’art. 21- quater della legge 241/1990 per cui « i provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente» con la conseguenza che l’amministrazione ha il potere-dovere di portare a effettiva attuazione i propri provvedimenti emessi al termine del procedimento. Chi ne ha interesse può agire proponendo, nei confronti del comune, un’istanza per sollecitare l’esercizio dei poteri repressivi in materia edilizia, e, in caso di inerzia da parte dell’amministrazione, può ricorrere avverso il suo silenzio.

[3] Cons. Stato, sent. n. 431/2014 e n. 3183/2013; TAR Campania sent. n. 2390/2012.

[4] La richiesta con cui il responsabile del servizio tecnico comunale chiede la disponibilità economica per effettuare l’impegno di spesa necessaria ad anticipare i costi della demolizione, nonché la richiesta alla regione di poter accedere al fondo di rotazione stanziato per la demolizione di opere abusive, pur potendo essere considerati atti prodromici alla demolizione non giustificano l’inerzia del comune (Cons. Stato, Sez. VI, sent. 10 maggio 2013, n. 2565).