domenica 10 luglio 2016

Beni condominiali, quando vale la riserva di proprietà esclusiva?

 

Quando un bene condominiale deve considerarsi di proprietà esclusiva?

 

A quali condizioni un bene che a tutte le caratteristiche per essere considerato un bene condominiale dev'essere invece considerato di proprietà esclusiva?

Alla domanda, in sostanza, ha dato risposta la Suprema Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 12980 depositata in cancelleria il 22 giugno 2016.

L'ordinanza merita menzione in quanto ribadisce alcuni aspetti fondamentali nella valutazione della condominialità di un bene (in questo caso locali lavanderia) e specifica quali atti siano necessari per farla venire meno.

Entriamo nel merito: unico proprietario e successiva costituzione del condominio.

Nel caso di specie l'edificio era inizialmente di un unico proprietario – l'istituto case popolari (Iacp) – che successivamente aveva iniziato ad alienare le unità immobiliari in esso contenute.

Il primo condomino che era divenuto tale a seguito dell'alienazione di un appartamento faceva causa all'ente pubblico (nel frattempo divenuto Ater) per ottenere l'accertamento della condominialità di un locale lavatoio e di uno stenditoio.

L'Ater si opponeva affermando che di quei cespiti s'era riservata la proprietà esclusiva, sicché non poteva trovare applicazione l'art. 1117 c.c. che, per l'appunto, esclude la condominialità dei beni in esso elencati a fronte di un differente contenuto del titolo (atto d'acquisto o regolamento contrattuale ad esso allegato).

=> Condominio e cessione di parti di proprietà esclusiva o comune.

La sentenza di primo grado dava ragione all'ente che però soccombeva in appello: la sentenza di seconde cure accertava la natura condominiale dei locali oggetto di causa. Secondo i giudici, infatti, la riserva di proprietà esclusiva non aveva alcun valore non essendo contenuta nell'atto di vendita ma in una semplice dichiarazione unilaterale non sottoscritta dal compratore.

In conseguenza di ciò chiosavano i giudici, doveva riscontrarsi nei locali contesti quella relazione di accessorietà rispetto alle unità immobiliari che ne giustificavano la dichiarazione di condominialità. Da qui il ricorso in Cassazione dell'Ater

Condominialità: come valutarla?

È attorno a questo quesito, in sostanza, che s'è svolto il giudizio davanti alla Corte nomofilattica.

L'art. 1117 c.c. – insegnano dottrina e giurisprudenza – contiene un'elencazione meramente esemplificativa dei beni che devono essere considerati comuni in assenza di differente indicazione del titolo d'acquisto.

Sorvoliamo sul concetto di condominialità o presunzione di condominialità – sovente oggetto di contrasto in seno alla stessa Corte di Cassazione – e badiamo all'essenziale: la condominialità – è sempre la giurisprudenza a dirlo – non è garantita della semplice menzione del bene nell'art. 1117 c.c. (in assenza di titolo contrario).

=> Presunzione di condominialità: si chiede l'intervento delle Sezioni Unite ma per la Cassazione non ce n'è bisogno

Per capire se un bene (menzionato o meno nell'art. 1117 c.c.) sia condominiale è necessario svolgere una valutazione che riguardi la sua funzione.

Detta diversamente, la valutazione della condominialità si esaurisce nella risposta a questo quesito: il bene oggetto di valutazione è strumentale e funzionale all'uso delle unità immobiliari di proprietà esclusiva?

Se la risposta è positiva allora esso dovrà essere considerato in condominio (eventualmente anche parziale): viceversa lo si considererà di proprietà di coloro che la reclamano. Classico esempio è quello del sottotetto che è comune solamente se possiede determinate caratteristiche.

=> Di chi è il sottotetto? Se il contratto è chiaro non si può dire che è condominiale

Chiaramente, si ribadisce, le differenti indicazioni contenute negli atti d'acquisto possono ribaltare la situazione al di là di tutte queste valutazioni. Si badi: ciò che conta ai fini della condominialità è il primo atto di compravendita (quello che costituisce di fatto il condominio).

Contenuti differenti in altri atti d'acquisto senza il consenso di tutti gli interessati non hanno valore e possono essere accertati nulli in ogni tempo (salvi gli effetti dell'usucapione) dall'Autorità Giudiziaria.

Nel caso risolto dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza in esame non v'erano dubbi sul fatto che i locali stenditoio e lavatoio avessero una funzione strumentale al godimento delle unità immobiliari di proprietà esclusiva, tant'è che sul punto l'ordinanza s'è limitata a confermare le conclusioni cui era giunta la sentenza di secondo grado.

Oggetto della contestazione era il valore dell'atto unilaterale di riserva della proprietà di tali locali. Secondo l'Ater quest'atto era sufficiente ad integrare gli estremi del titolo cui si fa riferimento nell'art. 1117 c.c. al fine di escludere la (presunzione di) condominialità dei beni ivi elencati.

La Corte di Cassazione s'è detta concorde sulla premessa, affermando che “appare evidente che non può disconoscersi la facoltà dell'unico proprietario dell'immobile di destinare, nell'ambito dell'uso esclusivo dell'edificio, singole frazioni dello stesso a un fine particolare”.

Tuttavia, hanno chiosato sul punto gli ermellini, “in assenza di un esplicita manifestazione della volontà delle parti, all'atto meramente unilaterale dell'originario proprietario non potrebbe riconoscersi alcuna efficacia costitutiva o probatoria, potendosi al più rilevare l'esistenza di circostanze oggettive tali da escludere ragionevolmente la natura condominiale del bene, qualora i connotati strutturali o la collocazione dello stesso rendano evidente, al momento della compravendita, la destinazione nell'interesse esclusivo del proprietario originario o di un numero limitato di condomini (in tal senso, Cass., nn. 26766 del 2014; 3257 del 2004; 16292 del 2002; 11877 del 2002; 2670 del 2001; 5442 del 1999; 9221 del 1994; 9062 del 1994; 6103 del 1993; 3679 del 1987; 1806 dei 1984).” (Cass. ord. 22 giugno 2016 n. 12980).

In buona sostanza il proprietario dell'intero edificio che cede la prima unità immobiliare fa sì che da quell'atto ne discenda la costituzione del condominio, con la conseguenza che senza espressa riserva di proprietà ivi riscontrabile, tutti i beni indicati dall'art. 1117 c.c. e quelli non menzionati ma che hanno le medesime caratteristiche devono essere considerati beni condominiali.