domenica 10 gennaio 2016

Non decade dalle agevolazioni “prima casa” il coniuge che cede l'abitazione alla ex.

Non decade dal diritto alla fruizione dei benefici fiscali “prima casa” il contribuente che in forza di accordi di separazione cede al coniuge l'abitazione principale senza riacquistarne un'altra entro l'anno. In tale ipotesi il trasferimento infra quinquennale dell'immobile “agevolato”, non seguito da un altro acquisto di un'abitazione principale, non integra una “alienazione” rilevante ai fini della decadenza dai benefici “prima casa”.

Lo ha stabilito la Sezione tributaria della Corte di cassazione, con la sentenza n. 23225 del 13 novembre 2015 che, soffermatasi sui benefici in materia di agevolazioni “prima casa” di cui all'art. 19 della legge n. 74 del 1987, ha fissato un importante principio potenzialmente applicabile a tutte le ipotesi di accordi di separazione coniugale che comportano un trasferimento di proprietà dell'abitazione principale.

La vicenda sottoposta al vaglio dei Giudici di legittimità ha origine dalla notifica da parte dell'Agenzia delle entrate di un avviso di liquidazione ad un contribuente che aveva ceduto al coniuge, in forza di accordi di separazione omologati dal Tribunale, l'immobile adibito ad abitazione principale del proprio nucleo familiare acquistato un anno prima in regime di separazione. L'Ufficio finanziario contestava, in particolare, la decadenza dalle agevolazioni “prima casa” per non aver il contribuente riacquistato, entro l'anno dall'alienazione, un'altra abitazione principale. In buona sostanza, secondo la tesi sostenuta dall'Amministrazione finanziaria l'esenzione di cui all'art. 19 citato non sarebbe spettata per tutti gli atti che i coniugi stipulano in “occasione” di procedimenti di separazione o divorzio ma solo a quelli ad essi “relativi”, cioè “inerenti” agli stessi.

L'atto impositivo fu impugnato dal contribuente innanzi alla CTP di Modena che accoglieva il ricorso, di poi confermato anche dalla CTR emiliana con sentenza n. 64/20/09 avverso la quale l'Agenzia delle entrate aveva proposto appello. I giudici della Commissione Tributaria Regionale citata avevano ritenuto, in particolare, che l'art. 19 della legge n. 74/87 fosse tale da conferire un “diritto speciale” da estendersi a qualunque onere fiscale riguardante, anche indirettamente, tutti gli atti comunque connessi con il dato oggettivo della separazione coniugale.

L'Agenzia delle entrate ricorreva allora per Cassazione e con un unico motivo impugnava la sentenza della CTR emiliana per falsa ed erronea applicazione dell'art. 19 citato.

La Corte di Cassazione, nel richiamare la sentenza della Corte Costituzionale n. 154, del 10 maggio 1999 a seguito della quale il regime di esenzione di cui all'art. 19 della legge n. 74/87 fu esteso anche a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione coniugale, respingeva il ricorso dell'Ufficio delineando un importante principio in materia di agevolazioni “prima casa”.

In estrema sintesi, per i Giudici di legittimità il trasferimento infra quinquennale dell'abitazione principale, nei casi di separazione coniugale, non seguito dal riacquisto entro l'anno da un'altra abitazione da adibire al medesimo fine, non costituisce una “alienazione rilevante ai fini della decadenza dal c.d. beneficio “prima casa”.

Secondo la Cassazione, che ha richiamato in sentenza un recente orientamento della VI Sezione civile (ordinanza n. 3753 del 18 febbraio 2014), “l'attribuzione al coniuge della proprietà della casa coniugale in adempimento di una condizione inserita nell'atto di separazione consensuale, non costituisce una forma di “alienazione” dell'immobile rilevante ai fini della decadenza dai benefici fiscali “prima casa”; bensì una forma di utilizzazione dello stesso ai fini della migliore sistemazione dei rapporti tra i coniugi, sia pur al venir meno della loro convivenza (e proprio in vista della cessazione della convivenza stessa)”. Per i giudici di legittimità, nella fattispecie, la valutazione della permanenza della destinazione dell'immobile “agevolato” a casa familiare “appare assolutamente prevalente” rispetto al tipo negoziale e, dunque, essa resta tale anche con la sopravvenuta cessazione della convivenza tra i coniugi per effetto di separazione.

Tale indirizzo, ha osservato la Corte di Cassazione in sentenza, sarebbe stato di recente fatto proprio anche dalla stessa Amministrazione finanziaria. Infatti, nella circolare n. 2/E del 21 febbraio 2014 (in linea peraltro con la 27/E del 21 giugno 2012 e con la successiva 18/E del 29 maggio 2013), l'Agenzia delle entrate ha precisato che le “disposizioni di favore contenute nell'articolo 19 della legge n. 74/87 si riferiscono a tutti gli atti, documenti e provvedimenti che i coniugi pongono in essere nell'intento di regolare i rapporti giuridici ed economici ‘relativi' al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso” e che qualora in essi vengano posti in essere “degli atti di trasferimento immobiliare, continuano ad applicarsi, anche successivamente al 1° gennaio 2014, le agevolazioni di cui alla legge n. 74 del 1987 ”.