sabato 12 gennaio 2019

la cedolare secca sui negozi



La guida normativa di Solo Affitti per chi deve affittare un locale commerciale utilizzando la cedolare secca al 21% introdotta dalla Legge di Bilancio per il 2019

Introdotta la cedolare secca per gli affitti commerciali: da promessa a realtà.

Dopo tanto chiedere, parlare, scrivere, ecco che la Legge di stabilità 2019 ha introdotto realmente e concretamente la possibilità., per i proprietari privati, di applicare il regime fiscale della cedolare secca anche per i redditi di locazione derivante dall’affitto di immobili commerciali e non più solo per quelli abitativi, come già accadeva dal 2011. Ma le differenze tra come applicare la cedolare nel caso di affitti abitativi e quelli commerciali sono molte. Di fatto possiamo dire che nonostante la richiesta fosse stata avanzata da tempo, l’accoglienza di tale richiesta ha comunque sorpreso molti e nonostante tutto deluso altrettanti fautori dell’iniziativa.

Infatti, le richieste erano molto diverse da quanto approvato e immaginiamo ci saranno nel corso dell’anno possibili aggiustamenti, ma intanto ci impegniamo a capire bene il funzionamento e la convenienza dell’attuale misura.
Intanto andiamo a leggere, con esattezza, che cosa è scritto sulla Legge di Bilancio 2019 – legge 30 dicembre 2018 nr. 145 – pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale nr. 302 Serie Ufficiale del 31/12/2018, all’articolo 1 comma 59, articolo che ha introdotto il regime della cedolare secca per alcuni immobili commerciali a partire dal 01/01/2019.

Il testo:
59. Il canone di locazione relativo ai contratti stipulati nell’anno 2019, aventi ad oggetto unità immobiliari classificate nella categoria catastale C/1, di superficie fino a 600 metri quadrati, escluse le pertinenze, e le relative pertinenze locate congiuntamente, può, in alternativa rispetto al regime ordinario vigente per la tassazione del reddito fondiario ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, essere assoggettato al regime della cedolare secca, di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, con l’aliquota del 21 per cento. Tale regime non è applicabile ai contratti stipulati nell’anno 2019, qualora alla data del 15 ottobre 2018 risulti in corso un contratto non scaduto, tra i medesimi soggetti e per lo stesso immobile, interrotto anticipatamente rispetto alla scadenza naturale.

Per una volta possiamo dire che il testo è molto chiaro ed esplicativo.. ma da blogger vogliamo, per evidente “deformazione professionale” semplificare ulteriormente la misura e presentarla in 5 grandi domande/risposte.

1. Per quali contratti vale la nuova cedolare secca?

Come chiaramente espresso la novità è che ora la cedolare secca vale anche sui contratti ad uso diverso dall’abitativo, quindi i contratti regolati dalle legge 392/78, solitamente di durata di 6 anni + 6.
Ma, diversamente da quanto era successo quando nell’aprile del 2011 veniva introdotto per la prima volta il regime fiscale alternativo della cedolare secca sui contratti ad uso abitativo, in questo caso sarà possibile applicare l’opzione della cedolare secca SOLO per i contratti stipulati dal 2019 in poi. In più, per evitare la facile soluzione di chi andrebbe a chiudere anticipatamente il contratto in essere per stipulare uno nuovo, l’articolo specifica che non potranno essere assoggettati a cedolare secca i contratti stipulati nel 2019 tra soggetti che avevano un valido contratto in essere, prima del 15 ottobre 2018, chiuso prima non per naturale scadenza. Mentre è possibile per un contratto che ha una scadenza naturale, ad esempio al 31/01/2019, stipulare un nuovo contratto con decorrenza 1/2/2019 in cui il proprietario sceglie, se rispetta le altre condizioni, di optare per cedolare secca.

2. Su quali immobili si può applicare la nuova cedolare secca?

Abbiamo parlato in generale di contratti ad uso diverso dall’abitativo, in realtà parliamo di una specifica e ristretta categoria di immobili: i negozi, ovvero gli immobili accatastati come C/1. Ne rimangono esclusi quindi uffici, laboratori, grandi capannoni. L’unica specifica “positiva” è quella che in caso di pertinenze affittate insieme all’immobile principale, quindi il classico magazzino c/3 affittato insieme al negozio c/1, allora la cedolare secca coprirà l’intero reddito da locazione derivante dall’affitto di tutto lo spazio.
Ulteriore limitazione, invece, non tanto “positiva” è che il negozio deve avere una superficie massima di 600 mq, escluso pertinenze. Rimangono fuori dal provvedimento, pertanto, i negozi più grandi e gli spazi di ampie metrature.

3. Qual è l’aliquota prevista?

Rispettando la condizione di proprietario privato che affitta un negozio, entro i 600 mq, con un nuovo contratto nel 2019, si potrà optare, in alternativa al classico regime Irpef che continua a prevedere la deduzione del 5% sul reddito da dichiarare, la cedolare secca con aliquota fissa del 21%. Non c’è in questo caso nessuna distinzione, come quella prevista per i contratti abitativi, tra redditi derivanti da contratti concordati o meno, con relative aliquote del 10 o 21. Ma una sola aliquota, al 21%.

4. Come funziona la cedolare secca?

L’articolo qui non specifica molto, facendo leva di fatto sugli 8 anni di esperienza della cedolare secca che è (lo ribadiamo rendendoci conto che spesso si fa riferimento alla cedolare secca come se fosse un tipo di contratto) un regime fiscale alternativo al classico regime Irpef con cui continuano ad essere tassati i redditi personali, derivanti da lavoro autonomo o dipendente, pensione, ecc.. Quindi diversamente da quanto avviene con l’irpef, scegliendo la cedolare secca il reddito da locazione (ovvero il canone annuo ricevuto dall’inquilino solitamente mese per mese) viene isolato rispetto agli altri guadagni e su di esso si applica un’aliquota fissa del 21%.
Tale scelta andrà comunicata all’inquilino, rinunciando parallelamente all’aggiornamento Istat (e a qualsiasi altro tipo di aumento, compresi eventuali canoni scalettati spesso usati nei contratti commerciali), specificata in sede di registrazione del contratto (ricordiamo che applicando la cedolare secca si risparmiano anche le imposte di registrazione, le addizionali irpef), ribadita in sede di dichiarazione dei redditi, in cui si andranno anche a liquidare acconti e saldi della cedolare.

5. Quale convenienza?

Mai come in questo caso l’esempio è esplicativo:
Proprietario privato, con un reddito personale di 31 mila euro e un negozio di 250 mq in affitto con un canone mensile di 1.250 euro.
Situazione attuale: in fase di dichiarazione dei redditi il nostro proprietario oltre ai 31 mila guadagnati ha dichiarato anche i 14.250 euro (1.250 euro mensili x 12 mesi, ovvero 15 mila totali a cui ha tolto la deduzione del 5% dovuta); tassandoli con le varie aliquote previste sugli scaglioni Irpef, che vanno dal 23% al 38% nel nostro caso, possiamo supporre una media tra i tre scaglioni del 29,3%, quindi un’imposizione di 4.175 euro.
Dal 2019 il proprietario che affitta un nuovo negozio, sempre a 1.250 euro al mese, potrà in alternativa scegliere di applicare ai 15.000 guadagnati (in questo caso non ci sono deduzioni fiscali ma il reddito da locazione va indicato per itnero) la cedolare secca al 21%, pagando 3.150 euro.
Reddito netto: nel primo caso il reddito netto da locazione, togliendo la parte di tassazione, sarebbe di 10.825 euro, nel secondo caso il guadagno è di 11.850, con un risparmio fiscale o se vogliamo un maggiore incasso di oltre 1.000 euro.
Una cifra che come avevamo visto nel precedente articolo potrebbe risultare anche più alta per diverse realtà. Ma una possibilità che è stata concessa, al momento, solo a pochi privilegiati.