martedì 24 settembre 2019

Aumento prezzo del petrolio, le conseguenze sui mutui


Aumento prezzo petrolio e mutui / Gtres 

Autore: floriana liuni


Il prezzo del petrolio può influire sull’andamento dei tassi dei mutui? idealista/news ne ha parlato con alcuni esperti.

Quale rapporto tra prezzo della benzina e tassi dei mutui?

Una recente analisi di Facile.it sostiene che, a causa dell’improvvisa impennata del prezzo del petrolio, i consumatori italiani potrebbero trovarsi a sperimentare rincari non solo nel prezzo della benzina e di altri beni e servizi influenzati dal trasporto su gomma, ma anche in settori distanti come quello dei mutui.

“Qualora il prezzo del petrolio rimanesse alto per molto tempo, - dice la nota di Facile.it e Mutui.it, - ciò potrebbe determinare un aumento del costo di produzione e movimentazione delle merci. Considerato che nel nostro Paese l’85% dei trasporti commerciali avviene ancora su gomma, l’impatto sul potere d’acquisto e capacità di risparmio delle famiglie sarebbe notevole. Avere meno risorse da destinare alla rata mensile o all’acquisto di un immobile sono elementi che ovviamente incidono negativamente sulla domanda di mutui”.

Non solo; ma, sempre secondo il portale, “Sebbene nel breve periodo siano da escludere eventuali cambiamenti, se a seguito del caro petrolio si verificasse un aumento dell’inflazione ritenuto positivo dalla BCE, ciò potrebbe spingere l’Istituto ad alleggerire le politiche adottate negli ultimi anni e far salire più rapidamente i tassi di interesse, che influenzano inevitabilmente IRS ed Euribor e quindi anche gli indici applicati ai mutui concessi alle famiglie per l’acquisto della casa”.

I tassi dei mutui sono in calo nonostante gli aumenti del petrolio

Riflettendo su quanto sopra, si possono fare alcune considerazioni. La prima: appare improbabile che il prezzo del petrolio possa avere riverberi sui tassi di interesse Bce e su quelli dei mutui, e questo per varie ragioni.

Innanzitutto, la recente impennata del prezzo del petrolio è stata una “fiammata” momentanea, dovuta all’attacco ai danni degli impianti petroliferi sauditi, non una situazione stabile creatasi in maniera strutturale. Tanto è vero che il prezzo del petrolio è già tornato quasi sui livelli pre-attacco, ripiegando dai quasi 70 dollari al barile del Brent a poco più di 64 (prima dell’attacco si era intorno a quota 60) e dai quasi 64 dollari al barile del Wti a poco più di 58 (contro i 55 pre-attacco).

Inoltre, guardando i grafici dei prezzi del petrolio a un anno sia del Wti che del Brent si nota che nei dodici mesi trascorsi i livelli dell’oro nero si sono collocati anche più in alto dei prezzi post-attacco ai sauditi. Il Wti per esempio viaggiava oltre quota 75 dollari al barile, e oltre i 65 intorno a maggio, mentre il Brent superava di molto gli 80 un anno fa e sfiorava i 75 tre mesi fa circa. Ciononostante questo non ha impedito nei mesi passati ai tassi di interesse, e a quelli dei mutui in particolare, di mantenersi straordinariamente bassi e in continua discesa.

Grafico annuale del prezzo del Brent / Bloomberg Grafico annuale del prezzo del Brent / Bloomberg

“Sicuramente una correlazione tra il prezzo del petrolio e l'inflazione esiste ed è sempre esistita, - commenta Riccardo Bernardi, Chief Development Officer 24MAX. - E' dal 2015 che il prezzo del petrolio oscilla tra minimi intorno ai 40 e massimi intorno ai 70 dollari al barile (il massimo storico ha toccato i 150 dollari al barile). Malgrado questi andamenti i tassi sono scesi costantemente e siamo ai minimi di sempre e la tendenza non sembra essere quella di una risalita a breve”.

Grafico annuale del prezzo del Wti / Bloomberg Grafico annuale del prezzo del Wti / Bloomberg

"Mi sembra una forzatura legare una eventuale riduzione della richiesta di mutui all’aumento del prezzo del greggio, - aggiunge Antonio Ferrara, Ad di Monety. - Nel 2018 ad esempio è stato spesso oltre i 70 dollari al barile e nonostante tutto abbiamo avuto il best in termini di erogato degli ultimi 8 anni. Peraltro nel 2019 con tassi ai minimi storici, valori delle case invariati (nonostante il continuo incremento delle compravendite) e inflazione vicina allo zero non hanno influenzato la richiesta che viceversa si è ridotta del 10%".

“Ora resta da capire – aggiunge Bernardi, - quanto questa fiammata, già parzialmente riassorbita, sia un trend che durerà o una momentanea speculazione che spesso accade sui mercati finanziari. Attualmente tenderemmo ad escludere una correlazione con i tassi di interesse dei mutui anche se monitorare i mercati e cercare di anticipare eventuali tendenze resta sempre tra le nostre priorità”.

Aumento del petrolio e politiche Bce

La seconda considerazione da fare è che, quand’anche il prezzo del petrolio avesse davvero un peso nelle decisioni BCE di modificare i tassi di interesse, i loro riverberi su Irs ed Euribor impiegherebbero diverso tempo ad invertire una tendenza che per ora è stabilmente al ribasso e saldamente in territorio negativo. Una inversione del trend dell’Euribor a tre mesi, ad esempio, è prevista solo per il 2021: al massimo si potrebbe verificare un anticipo di tale inversione di qualche mese, e comunque il ritorno dell’Euribor in territorio positivo – con conseguente rilevante peso sui prezzi dei mutui – impiegherebbe molto tempo a verificarsi.

Il Sole 24 Ore Il Sole 24 Ore

“Le attuali misure espansive della BCE si basano su condizioni economiche più ampie rispetto al solo prezzo del petrolio, - spiega inoltre Maurizio Mazziero, responsabile del centro studi Mazziero Research: - rallentamento globale, guerre commerciali, ritardo nell'adozione di riforme strutturali procrescita da parte dei governi sono i principali elementi. Certamente il prezzo del petrolio può incidere nel tasso di inflazione, che andrà comunque raffrontato con la condizione del cambio euro/dollaro, ma non può da solo determinare le politiche delle banche centrali. Di conseguenza, le attuali decisioni di Draghi sono improntate a un calo dei tassi per lungo tempo; anche ragionando per assurdo, un'inflazione al 2% in una condizione di economia stagnante non sarebbe sufficiente a invertire il percorso della BCE, in sintonia peraltro con le altre banche centrali”.

Secondo Facile.it, comunque, è parimenti possibile anche lo scenario totalmente opposto. “Se la BCE dovesse ritenere che l’inflazione abbia creato un peggioramento delle condizioni generali ed un impatto negativo sulla crescita europea, - si legge infatti nello studio, - potrebbe decidere di allungare le politiche di stimolo monetario adottate oggi, mantenendo ancora più a lungo le condizioni estremamente vantaggiose sul fronte dei tassi. Un’opzione, quest’ultima, che farebbe felici sia coloro che hanno già sottoscritto un mutuo a tasso variabile, sia coloro che sono intenzionati a comprare casa e potrebbero contare su tassi molto favorevoli".