sabato 30 luglio 2016

Andamento prezzi immobili: -2,1% in sei mesi

26 lug 2016, pubblicato da Federica Tordi in: Comprare immobile Economia Immobili Mercato immobiliare Primo piano

Come già realizzato nell’osservatorio di sei mesi fa condotto dall’Ufficio Studi di Immobiliare.it, sebbene i prezzi degli immobili residenziali non abbiano ancora invertito il loro trend in calo, la stabilità è sempre più vicina e auspicabile. Nell’ultima analisi del portale, che ha preso come riferimento il primo semestre 2016, i prezzi richiesti per gli immobili residenziali in Italia sono scesi del 2,1%. Il dato fa ben sperare, come anticipato, anche alla luce del confronto con le rilevazioni del 2015 in cui la discesa annuale era stata del 5,1%, e del 2,9% negli ultimi sei mesi dell’anno.

Le differenze sul territorio

Il costo medio di un immobile, a giugno, è stato di 1.964 euro al metro quadro: se questo è il dato della media nazionale, permangono delle importanti differenze tra le tre macro-aree del Paese. A Nord l’Osservatorio di Immobiliare.it ha rilevato un costo medio per gli immobili residenziali pari a 1.969 euro al metro quadrato; a Sud la cifra scende a 1.652 euro e si impenna fino ai 2.381 euro del Centro Italia. Ma la collocazione geografica non è l’unica variante che implica un’oscillazione dei prezzi medi degli immobili, considerando anche le importanti differenze tra i piccoli e i grandi centri. Dove si contano più di 250mila abitanti il costo medio è stato di 2.610 euro al metro quadro, mentre nei centri più piccoli il prezzo scende a 1.721 euro di media. Se il divario è ampio in termini assoluti, si riduce notevolmente se si osservano le percentuali delle variazioni. In un anno sia a Nord sia a Sud i prezzi sono scesi del 2%, mentre nell’ultimo trimestre rispettivamente dello 0,7% e dello 0,6%. Al Centro si è registrato un calo del 2,5% in dodici mesi e dello 0,5% da marzo a giugno 2016. Minima anche la differenza del calo tra grandi e piccoli centri: se nelle città più ampie si è riscontrata una diminuzione dei prezzi dell’1,9%, nelle località minori si è registrato un -2,2%.

I capoluoghi di regione: Firenze il più caro

Come nella rilevazione precedente, Firenze si afferma come il capoluogo di regione più costoso d’Italia per chi intende acquistare un immobile: nella città servono mediamente 3.418 euro al metro quadro, lo 0,4% in meno rispetto all’anno scorso. Al secondo gradino del podio ritroviamo Roma dove i prezzi sono scesi del 2,4% in un anno facendo arrivare il costo medio al metro quadro a una cifra pari a 3.381 euro. Terza, superata di poco dalla Capitale, è Milano in cui “bastano” 3.255 euro al metro quadrato, solo lo 0,3% in meno rispetto allo scorso anno, sintomo di una stabilità che è praticamente dietro l’angolo. Guardando all’opposto della graduatoria dei prezzi, Catanzaro è sempre il capoluogo più economico e per acquistare una casa servono in media 1.162 euro. A seguire per la convenienza degli immobili troviamo Campobasso, città in cui alla luce di un calo annuale del 6,7% si spendono in media 1.292 euro al metro quadro. Scendono molto (-6,5% in dodici mesi) anche i prezzi di Perugia, il terzo capoluogo più conveniente in Italia, dove la media si è fermata a 1.311 euro/mq. Il capoluogo in cui gli immobili hanno perso più valore è Aosta dove, negli ultimi dodici mesi, i prezzi al metro quadro sono calati dell’8,2%. Al contrario Potenza registra addirittura evidenti segnali di ripresa con segno positivo e in un anno i prezzi degli immobili sono cresciuti dell’1,8% (1.693 euro/mq è la media) e in un trimestre, da marzo a giugno, si è arrivati addirittura a un +2,2%.

Come arredare una casa da affittare

 

La guida per arredare una casa da affittare spendendo il giusto e rendendola confortevole e funzionale per l’inquilino che la abiterà.

La scelta di un arredamento funzionale renderà l’appartamento in affitto adatto a diversi target come studenti, famiglie o singoli. Ovviamente in base alle dimensioni e alla tipologia di immobile si individuerà il giusto inquilino. In ogni caso è importante arredare la casa da affitare seguendo dei principi fondamentali. Ecco i consigli per  arredare il vostro appartamento da affittare.casa affittare

Semplicità

Nella scelta dell’arredamento dell’immobile da affittare, parola d’ordine è: semplicità. Meno cose ci saranno nei locali del vostro appartamento e meglio sarà. Dovete fornire l’essenziale, lasciando la possibilità di personalizzazione all’inquilino a cui affiderete la casa.

Non sarà sempre necessario acquistare mobili nuovi. I mobili usati, se scelti e abbinati nel modo giusto, renderanno ugualmente funzionale la casa.

Funzionalità

Il concetto di semplicità degli arredi si lega al concetto di funzionalità. Chi affitta una casa desidera che sia pratica e funzionale. Niente credenze mastodontiche della nonna o divani e poltrone in coordinato ereditati dalla zia.

Un semplice divano, un pouf, un tavolino e una piccola libreria saranno sufficienti a rendere pratica la zona giorno.

In cucina, via tutto quello che non serve: chi entrerà in casa si procurerà il necessario, come stoviglie, piccoli elettrodomestici e quant’altro.

In camera un letto con materasso, un armadio e i comodini sono l’indispensabile e il necessario. Via comò con specchiere, tappeti ed eventuali orpelli non necessari allo scopo.camera da letto

Il bagno dovrà disporre dell’essenziale: come porta salviette e specchio. Valore aggiunto: la lavatrice.

Anche la luce ha la sua importanza: non date nulla per scontato e senza esagerare ovviamente, fate in modo che l’appartamento sia ben illuminato con punti luce strategici e indispensabili.

Il giusto comfort

La maggior parte delle lamentele di inquilini in affitto riguardano la scarsa manutenzione dell’appartamento in cui vivono: per ovviare a questi problemi e soprattutto per mantenere buoni rapporti con il proprio affittuario, assicuratevi che non ci siano perdite dalle tubature, che gli infissi di porte e finestre siano in buono stato e che non ci siano problemi all’impianto elettrico e idrico della casa.

Affidandovi ad un’ agenzia immobiliare riuscite meglio nel vostro intento, grazie ad esperienza e professionalità.

Cedolare secca sui canoni di locazione anche se il conduttore è una società Cedolare secca valida anche se il conduttore è una società

 

Avv. Leonarda Colucci Avv. Leonarda Colucci
21/07/2016

Cedolare secca sui canoni di locazione anche se il conduttore è una società

La Commissione tributaria provinciale di Milano ha stabilito che l'amministrazione fiscale non può chiedere al contribuente (locatore e proprietario), per la tassazione dei canoni derivanti da un contratto di locazione per i quali ha optato per la cedolare secca, il versamento dell'imposta di registro perché il conduttore è una società.

In pratica l'elemento che rileva per l'applicazione della cedolare secca è il requisito previsto dalla legge secondo cui il locatore, proprietario dell'immobile o titolare di un diritto di godimento, deve essere una persona fisica che non esercita attività imprenditoriale.

In merito alla cosiddetta cedolare secca, imposta applicabile ai canoni di locazione, è bene precisare che la stessa è disciplinata dall'art.3 del Decreto legislativo n. 23/2011 che così dispone

“…il canone di locazione relativo ai contratti aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e le relative pertinenze locate congiuntamente all'abitazione, può essere assoggettato, in base alla decisione del locatore, ad un'imposta, operata nella forma della cedolare secca, sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione; la cedolare secca sostituisce anche le imposte di registro e di bollo sulla risoluzione e sulle proroghe del contratto di locazione…”.

Muovendo da tale presupposto la sentenza ha stabilito che se il locatore è una persona fisica può optare per la cedolare secca per la tassazione dei canoni di locazione, e non ha alcuna rilevanza il fatto che il conduttore sia una società.

Il fatto.

La proprietaria di un immobile concesso in locazione, dopo aver ricevuto un avviso di liquidazione da parte dell'Agenzia delle Entrate per l'omesso versamento dell'imposta di registro sul contratto di locazione, impugna tale avviso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano rilevando che il mancato versamento dell'imposta di registro era addebitabile al fatto di aver optato per il regime della cedolare secca.

A sostegno di tale assunto la ricorrente ha depositato copia della dichiarazione dei redditi per l'anno oggetto di verifica dalla quale si evince l'esercizio dell'opzione della cedolare secca, nonché copia di richiesta di esercizio di autotutela con la quale faceva presente alla direzione provinciale dell'Agenzia delle Entrate di aver optato per tale regime e che pertanto non era obbligata a versare l'imposta di registro.

(Per una dettagliata ricostruzione dei criteri per l'applicazione della cedolare secca vedasi: Quando conviene la cedolare secca sugli affitti)

L'Agenzia delle Entrate riportandosi ad una propria circolare n. 26/2011 ha precisato che, nel contratto di locazione per il quale la ricorrente è locatrice il conduttore risulta essere la società alfa, e pertanto la prima non ha diritto di optare per il regime facoltativo d'imposizione (cedolare secca) che, ribadisce, è riservata solo alle persone fisiche che non agiscano nell'esercizio dell'attività di impresa.

La ricorrente (proprietaria dell'immobile e locatrice nel contratto di locazione oggetto di tassazione), a sostengo delle sue ragioni ha puntualizzato, invece, che nel caso di specie nel contratto di locazione:

- Il locatore è una persona fisica che non agisce in regime d'impresa o di libera professione;

- Che l'oggetto del contratto di locazione è un'unità immobiliare abitativa destinata ad uso abitativo, ed anche se il conduttore è rappresentato da una società il contratto è ad uso abitativo, dimostrando quindi di essere in possesso dei requisiti previsti dalla legge che, di fatto, non preclude al locatore la possibilità avvalersi della cedolare secca quando il conduttore è una società.

=> Contratto di affitto non registrato e cedolare secca. Le recenti modifiche legislative

La Commissione tributaria ha accolto il ricorso della locatrice proprietaria dell'immobile ritenendo che, in quanto persona fisica, titolare del diritto di proprietà sull'immobile concesso in locazione aveva legittimamente optato per il sistema della cedolare secca per la tassazione dei canoni derivanti da tale contratto di locazione.

A tal riguardo, rileva la sentenza, la Direzione provinciale dell'Agenzia delle Entrate non poteva negare, in sede di esercizio di autotutela della contribuente, l'accoglimento delle richieste di quest'ultima sulla base di un semplice documento di prassi adottato dall'ufficio stesso che esprime esclusivamente un parere non vincolante tanto per il contribuente, quanto per gli stessi uffici.

=> Registrazione contratti di locazione: come e quando esercitare l'opzione per la cedolare secca

Tale circolare, infatti, ha cercato di interpretare il sesto comma dell'art. 3 del D.lgs.23/2011 contenente “Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale” che nega la possibilità di avvalersi della cedolare secca nelle locazioni ad uso abitativo effettuate nell'esercizio di un' attività di impresa, ritenendo che l'accesso a tale imposta da applicare ai canoni di locazione debba essere negata al locatore nel momento in cui il conduttore dell'immobile sia una società.

La Commissione tributaria, invece, ha osservato che non può essere accolta tale eccezione ricorrendo ad un'interpretazione distorta della legge che, come già detto, richiede espressamente che può usufruire della cedolare secca il locatore persona fisica titolare di un diritto di proprietà o di godimento sull'immobile concesso in locazione, non disponendo alcunché in merito al conduttore.

=> contratto di affitto non registrato e cedolare secca

=> Aumento canone di locazione in caso di cedolare secca: come fare?

=> Quali saranno le conseguenze dopo la sentenza "salva affitti in nero"? Ecco le reazioni delle associazioni

Scarica Commissione Tributaria Provinciale di Milano, XXV° sez., 17.4.2015, n. 3529

Fonte http://www.condominioweb.com/cedolare-secca-valida-anche-se-il-conduttore-e-una-societa.12880#ixzz4Fsdwhs2G
www.condominioweb.com

venerdì 29 luglio 2016

Mutuo prima casa e ristrutturazioni: zero imposte se garantito da CDP

 

Niente imposta di registro prima casa, imposta di bollo e altre imposte indirette se il mutuo è garantito dalla Cassa Depositi e Prestiti attraverso il plafond casa alle giovani coppie e alle famiglie numerose o con disabili per consentire l’acquisto della prima casa o i lavori di ristrutturazione ed efficientamento energetico. A chiarirlo è l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 61/E del 25 luglio 2016: gli sgravi fiscali previsti dall’articolo 5, comma 24, del decreto legge 269/2003, relativi ai contratti di finanziamento stipulati tra la Cassa depositi e prestiti e le banche intermediarie, si applicano anche ai mutui concessi da queste ultime ai beneficiari finali del prestito.

Plafond casa: come funziona

Il decreto legge n. 102/2013 detta una serie di disposizioni per favorire l’accesso al mutuo prima casa e ai finanziamenti perinterventi di ristrutturazione finalizzati ad accrescere l’efficienza energetica. La Cassa depositi e prestiti e l’ABI – Associazione Bancaria Italiana hanno sottoscritto il 20 novembre 2013 una convenzione per l’utilizzo di uno specifico plafond casa finalizzato alla concessione, da parte delle banche aderenti, di mutui ipotecari alle persone fisiche. Ciò vuol dire che i soggetti che hanno difficoltà ad accedere ai finanziamenti per l’acquisto della prima casa o le ristrutturazioni finalizzate al miglioramento dell’efficienza energetica possono ottenere un mutuo che viene garantito da tale fondo.

Chi può ottenere un mutuo garantito dalla Cassa Depositi e Prestiti

Non sono previsti requisiti particolari per presentare domanda di mutuo garantito dal plafond casa: chiunque può richiedere finanziamenti. I mutui sono però concessi in via prioritaria per l’acquisto della prima casa – preferibilmente di classe energetica A, B o C – e gli interventi di ristrutturazione e di accrescimento dell’efficienza energetica. Nell’erogazione dei finanziamenti è accordata priorità ai seguenti beneficiari:

  • le coppie giovani: ossia nuclei familiari costituiti da coniugi o da conviventi more uxorio – dunque anche famiglie di fatto – che abbiano costituito il nucleo da almeno due anni, in cui, alla data di presentazione della richiesta di mutuo, almeno uno dei componenti non abbia superato i 35 anni e l’altro non abbia superato i 40 anni di età
  • le famiglie di cui fa parte un soggetto disabile ai sensi della legge n. 104 del 5 febbraio 1992
  • le famiglie numerose, che abbiano tre o più figli

Come ha chiarito l’Agenzia delle Entrate i soggetti beneficiari in via prioritaria di un mutuo prima casa o ristrutturazioni per efficientamento energetico non sono tenuti al pagamento dell’imposta di registro prima casa, imposta di bollo e delle altre imposte indirette.

A quali condizioni viene concesso il mutuo garantito

Il plafond casa ammonta a 3 miliardi di euro. Ogni banca aderente alla convenzione può disporre mensilmente di 150 milioni di euro. L’importo finanziato non può superare:

  • 100.000 euro per gli interventi di ristrutturazione finalizzati all’accrescimento dell’efficienza energetica
  • 250.000 euro per l’acquisto di un immobile residenziale
  • 350.000 euro per l’acquisto di un immobile residenziale con interventi di efficientamento energetico

Le durate accordate possono essere di:

  • 10 anni per interventi di ristrutturazione e accrescimento dell’efficienza energetica
  • 20 e 30 anni per l’erogazione di mutui ipotecari destinati all’acquisto di abitazioni

Per quanto riguarda i tassi di interesse la convenzione tra ABI e Cassa depositi e prestiti stabilisce che l’utilizzo del plafond casa deve portare a un miglioramento delle condizioni finanziarie offerte ai beneficiari, ma i termini e le condizioni dei mutui ipotecari saranno negoziati dai contraenti.

Come presentare domanda di mutuo garantito dalla Cassa Depositi e Prestiti

La domanda di mutuo va presentata alle banche aderenti alla convenzione per l’utilizzo del plafond casa. In caso di accoglimento della richiesta l’esenzione dell’imposta di registro prima casa, dell’imposta di bollo e delle altre imposte indirette deve essere applicata sia al finanziamento principale intercorrente tra la Cassa Depositi e Prestiti e la banca intermediaria, sia al mutuo erogato dalla banca ai beneficiari finali, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate.
L’elenco delle banche aderenti alla convenzione è consultabile sul sito dell’Abi.

Lavori ristrutturazione casa comune, il bonus fiscale anche al convivente di fatto

 

In caso di interventi di recupero del patrimonio edilizio, anche il convivente non proprietario dell’immobile oggetto degli interventi che ne sostiene i costi può fruire del bonus fiscale. A renderlo noto la risoluzione n. 64/E dell’Agenzia delle Entrate.

Con la risoluzione n. 64/E, l’Agenzia delle Entrate ha dato il via libera alla detrazione delle spese per lavori di ristrutturazione sostenute dal convivente more uxorio. Nel dettaglio, in caso di interventi di recupero del patrimonio edilizio il convivente non proprietario dell’immobile oggetto degli interventi medesimi che ne sostiene i costi può fruire della stessa agevolazione spettante ai familiari conviventi, anche se non è titolare di un contratto di comodato.

Il documento di prassi spiega che, ai fini dello sconto fiscale, la disponibilità dell’immobile da parte del convivente risulta insita nella convivenza stessa, senza necessità che trovi fondamento in un titolo contrattuale.

L’Agenzia delle Entrate ricorda che lo sconto fiscale per il recupero del patrimonio edilizio (articolo 16-bis del Tuir) si applica alle spese sostenute dai contribuenti che possiedono o detengono un immobile sul quale sono effettuati gli interventi, o dai familiari con loro conviventi al momento dell’inizio dei lavori. La legge n. 76/2016, in tema di unioni civili, pur non equiparando la convivenza di fatto all’unione fondata sul matrimonio, ha attribuito valore giuridico a questa formazione sociale, rilevando un “legame concreto” tra il convivente e l’immobile destinato a dimora comune.

Le spese sostenute per interventi di recupero del patrimonio edilizio dal convivente more uxorio sono, pertanto, detraibili come quelle effettuate dai familiari conviventi.

giovedì 28 luglio 2016

Leasing immobiliare, si perde la casa dopo il mancato pagamento di sei rate

 

Leasing immobiliare, si perde la casa dopo il mancato pagamento di sei rate

 

 

Dopo la possibilità per le banche di rientrare in possesso dell'immobile nel caso di mancato pagamento di 18 rate del mutuo, un'ipotesi simile si profila anche nel caso del leasing immobiliare. Nel disegno di legge sulla Concorrenza, attualmente in commissione Industria del Senato, è stato inserito un nuovo emendamento che prevede, in caso di mancato pagamento di sei rate leasing, la restituzione dell'immobile alla banca o ad altro intermediario finanziaro, che potranno venderlo o riallocarlo.

"Costituisce grave inadempimento dell'utilizzatore - si legge nell'emendamento dei relatori al Ddl concorrenza - il mancato pagamento di almeno sei canoni mensili o due canoni trimestrali anche non consecutivi o un importo equivalente per i leasing immobiliari, ovvero quattro canoni mensili anche non consecutivi o un importo equivalente per gli altri contratti di locazione finanziaria".

"In caso di risoluzione del contratto per l'inadempimento dell'utilizzatore, il concedente procede alla vendita o ricollocazione del bene sulla base dei valori risultanti da pubbliche rilevazioni di mercato elaborate da soggetti specializzati" e "quando non è possibile far riferimento ai predetti valori, procede alla vendita sulla base di una stima effettuata da un perito scelto dalle parti di comune accordo nei venti giorni successivi alla risoluzione del contratto o, in caso di mancato accordo nel predetto termine, da un perito indipendente scelto dal concedente in una rosa di almeno tre operatori esperti, previamente comunicati all'utilizzatore, che può esprimere la sua preferenza vincolante ai fini della nomina entro dieci giorni dal ricevimento della predetta comunicazione".

Il perito, precisa il testo dell'emendamento, deve essere "indipendente quando non è legato al concedente da rapporti di natura personale o di lavoro tali da compromettere l'indipendenza di giudizio. Nella procedura di vendita o ricollocazione il concedente si attiene a criteri di celerità, trasparenza e pubblicità adottando modalità tali da consentire l'individuazione del migliore offerente possibile con obbligo di informazione dell'utilizzatore"

concordato fino alla capienza del contributo massimo complessivamente concedibile di euro 12.000,00.

martedì 26 luglio 2016

Lo staging di una casa vacanze, come arredare a poco prezzo un immobile per l'estate

Lo staging di una casa vacanze, come arredare a poco prezzo un immobile per l'estate (Foto)

In questa occasione le nostre collaboratrici dell'associazione italiana home stager ci mostrano in che modo arredare, a poco prezzo, una casa vacanze. Andiamo, dunque, alla scoperta dei consigli utili per scegliere l'arredamento e i colori più adatti.

Oggi, visto che siamo a fine luglio, le nostre stager Barbara e Manuela di BiMa Home Stagers, vi racconteranno come hanno preparato una casa vacanze, in tempo per questa stagione, con i lavori conclusi ad aprile. Dopo l’estate chiederemo loro come sono andate le prenotazioni, ma siamo fiduciosi ;)

La parola a BiMa: “Arredare una Casa Vacanza al mare è semplicemente fantastico…

Sarà perché è il nostro ambiente naturale, sarà perché è piacevole immaginare la famiglia che la vivrà e pensare a come farla stare meglio, coccolarla, renderle la vacanza semplicemente memorabile…

Così oggi vi racconteremo della nostra esperienza come Home Stagers di uno splendido appartamentino sulla costa Tirrenica, non lontano da Roma!

Pensioni: le ipotesi su quattordicesima, Ape, professioni usuranti e no tax area Pensioni: le ipotesi su quattordicesima, Ape, professioni usuranti e no tax area

L’appartamento è nuovo, costruito da poco in un comprensorio, ed è già molto ben strutturato di suo, ma è completamente da arredare….

I MUST:

  • Budget molto limitato: l’investimento per l’arredo e l’allestimento dovrà rientrare con gli affitti di una stagione
  • Colori: tanto bianco, turchese, sabbia
  • Mobilio neutro e accessori colorati
  • Un’ampia terrazza da arredare
  • Arredamento versatile per avvicinarsi alle esigenze dei clienti più vari  

La casa dispone di 2 camere, un bagno con doccia e un soggiorno ampio e regolare in cui ricavare una zona relax e un angolo con cucina e zona pranzo.

Le numerose vetrate, la luce del mare, la pineta che ci circonda ci regalano una splendida cornice in cui lavorare!

E allora pronti per partire!

Pensioni: le ipotesi su quattordicesima, Ape, professioni usuranti e no tax area Pensioni: le ipotesi su quattordicesima, Ape, professioni usuranti e no tax area Pensioni: le ipotesi su quattordicesima, Ape, professioni usuranti e no tax area Pensioni: le ipotesi su quattordicesima, Ape, professioni usuranti e no tax area

I pavimenti sono tutti rivestiti con maioliche colorate, sui toni del turchese, e caratterizzano fortemente la casa, per questo scegliamo di accostare dei mobili bianchi con uno stile semplice e lineare. Sta a noi poi giocare con gli accessori per rendere il tutto allegro e accogliente, creando subito l’atmosfera della casa al mare….

Per la camera matrimoniale scegliamo un letto a baldacchino, che vestiamo con i toni del sabbia e del blu, per regalare subito un’atmosfera di totale relax.

Pensioni: le ipotesi su quattordicesima, Ape, professioni usuranti e no tax area Pensioni: le ipotesi su quattordicesima, Ape, professioni usuranti e no tax area Pensioni: le ipotesi su quattordicesima, Ape, professioni usuranti e no tax area

Più allegra e giocosa la seconda stanza, pensata per lo più per una famiglia con bambini. Il letto è versatile, divano di giorno, letto a 1 o 2 piazze di notte, secondo le esigenze! Anche il bagno tra le due stanze prende vita in un attimo!

Pensioni: le ipotesi su quattordicesima, Ape, professioni usuranti e no tax area Pensioni: le ipotesi su quattordicesima, Ape, professioni usuranti e no tax area Pensioni: le ipotesi su quattordicesima, Ape, professioni usuranti e no tax area

La zona giorno invece deve essere pratica e ariosa: la cucina è ampia e ben attrezzata e le abbiamo affiancato una zona pranzo con un tavolo in ferro e legno, molto leggero per appesantire lo spazio. La zona relax invece è dotata di un comodo divano di fronte alla parete attrezzata.

Pensioni: le ipotesi su quattordicesima, Ape, professioni usuranti e no tax area Pensioni: le ipotesi su quattordicesima, Ape, professioni usuranti e no tax area

Il punto forte della casa però è il terrazzo, molto ampio e con una vista spettacolare sul comprensorio e la pineta che lo circonda…. Attrezzarlo bene diventa fondamentale per trasformarlo nel cuore pulsante della casa!

Pensioni: le ipotesi su quattordicesima, Ape, professioni usuranti e no tax area Pensioni: le ipotesi su quattordicesima, Ape, professioni usuranti e no tax area Pensioni: le ipotesi su quattordicesima, Ape, professioni usuranti e no tax area Pensioni: le ipotesi su quattordicesima, Ape, professioni usuranti e no tax area

Create le opportune zone d’ombra, organizziamo una zona pranzo (dotata anche di BBQ, perché sono gli accessori che fanno la differenza!!!), una zona per stendersi al sole e, ovviamente, una zona con tavolo e divani dove ci piace immaginare un bell’aperitivo al tramonto….”

mercoledì 20 luglio 2016

Mutui e jobs act: i nuovi contratti sono sufficienti per acquistare casa?

Mutui e jobs act: i nuovi contratti sono sufficienti per acquistare casa?

 

A distanza di un anno dall'entrata in vigore del jobs act, l'Osservatorio Super Money ha realizzato un'indagine per scoprire se i nuovi contratti hanno favorito realmente l'ingresso dei giovani lavoratori nel mercato creditizio.

SuperMoney ha interrogato Banca Sella, CheBanca!, Intesa Sanpaolo, Ubi Banca e UniCredit per capire le possibilità di accesso dei giovani under 35 assunti con un contratto indeterminato al mercato creditizio. Alle banche è stato chiesto di fornire una stima della liquidità concessa in relazione al valore dell'immobile (LTV; ovvero Loan to Value) e delle principali voci di spesa necessarie per l'accensione di un mutuo prima casa.

Come modello per l'analisi è stato preso un giovane lavoratore di età compresa tra i 25 e i 35 anni con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti e con un RAL (Reddito Annuo Lordo) di 25.000 euro. Il valore dell'immobile è di 200.000 euro.

Risultati della ricerca

  • Banca Sella: mutuo di 110.000 euro (LTV 55%) da restituire in 25 anni. Taeg 3,41% e rata mensile pari a 527,38 euro. Spese istruttorie pari a 250 euro.
  • CheBanca! (con garante): mutuo di 160.000 euro (LTV 80%) da restituire in 30 anni. Taeg 3,05% e rata mensile pari a 665,11 euro. Spese istruttorie pari a 960 euro.
  • CheBanca! (senza garante): mutuo di 120.000 euro (LTV 60%) da restuire in 30 anni. Taeg 2,69% e rata mensile pari a 476,64 euro. Spese istruttorie pari a 720 euro.
  • Intesa Sanpaolo: mutuo di 100.000 euro (LTV 50%) da restituire in 30 anni. Taeg 2,525 % e rata mensile pari a 387,37 euro. Spese istruttorie pari a 400 euro.
  • Ubi Banca: mutuo di 100.000 euro (LTV 50%) da restitire in 20 anni. Taeg 2,55% e rata mensile pari a 524,69 euro. Spese istruttorie pari a 959 euro.
  • UniCredit: mutuo di 100.000 euro (LTV 50%) da restituire in 20 anni. Taeg 2,70% e rata mensile pari a 530 euro. Spese istruttorie pari a 500 euro.

E quelli per i mutui a tasso variabile:

  • Banca Sella: mutuo di 110.000 euro (LTV 55%) da restituire in 25 anni.Taeg 1,61% e rata mensile pari a 432,22 euro. Spese istruttorie pari a 250 euro.
  • CheBanca! (con garante): mutuo di 160.000 euro (LTV 80%) da restituire in 30 anni. Taeg 1,86% e rata mensile pari a 570,81 euro. Spese istruttorie pari a 960 euro.
  • Intesa Sanpaolo: mutuo di 100.000 euro (LTV 50%) da restituire in 30 anni. Taeg 1,211% e rata mensile pari a 324,77 euro. Spese istruttorie pari a 400 euro.
  • Ubi Banca: mutuo di 100.000 euro (LTV 50%) da restituire in 20 anni. Taeg 1,52% e rata mensile pari a 477,17 euro. Spese istruttorie pari a 950 euro.
  • UniCredit: mutuo di 100.000 euro (LTV 50%) da restituire in 20 anni. Taeg 1,47% e rata mensile pari a 473 euro. Spese istruttorie pari a 500 euro.

L'analisi mette in evidenzia che, nonostante i buoni propositi del governo, le banche tendono ad erogare solamente il 50% del capitale disponibile per l'acquisto della casa. Per innalzare il loan to value spesso è necessario l'intervento di un garante o la stipula di una fideiussione.

martedì 19 luglio 2016

Abi: scendono ancora i tassi sui mutui, le richieste maggiori sono per il fisso

Abi: scendono ancora i tassi sui mutui, le richieste maggiori sono per il fisso

I bassissimi livelli dei tassi di interesse rappresentano oggi un forte incentivo per la domanda di credito e spingono il mercato dei mutui che, grazie anche alle migliori prospettive del mercato immobiliare, conferma i segnali di ripresa, con incremento su base annua del totale dei mutui dell’1,5%. A dirlo è l'Abi, secondo la quale il tasso medio sulle nuove erogazioni ha toccato il minimo storico di 2,25%.

​​A maggio 2016, i tassi di interesse sui prestiti per acquisto di abitazione si sono in Italia ulteriormente ridotti. Il tasso medio sulle nuove operazioni, che sintetizza l’andamento dei tassi fissi e variabili ed è influenzato anche dalla variazione della composizione fra le erogazioni in base alla tipologia di mutuo, è risultato pari al 2,25% toccando il nuovo minimo storico (2,29% il mese precedente; 5,72% a fine 2007).

Il livello storicamente basso dei tassi sta spingendo le famiglie a cogliere le opportunità presenti sul mercato e spostarsi verso il tasso fisso: a maggio 2016, la percentuale di nuovi mutui erogati a tasso fisso ha raggiunto infatti un livello pari al 61%. Due anni fa invece, erano i mutui a tasso variabile che predominavano (con una quota sul totale del 79%). 

Inoltre, secondo i dati più recenti del "Sondaggio congiunturale sul mercato delle abitazioni in Italia", relativo al primo trimestre 2016”, un’indagine condotta congiuntamente dalla Banca d'Italia, dall'Agenzia delle Entrate e da Tecnoborsa, la quota di acquisti finanziati con mutuo ipotecario è salita, nel primo trimestre del 2016, al 73,8% dal 68,5 dell’ultimo trimestre del 2015 (minimo storico di 55,0 nel secondo trimestre del 2013) Infine, il rapporto tra prestito e valore dell’immobile (Loan to Value) che dal 64,7 del quarto trimestre del 2015 è salito al 69,3% (minimo storico di 55,8 nel secondo trimestre del 2013).

domenica 17 luglio 2016

Cosa accade se l'inquilino danneggia l'immobile preso in locazione?

 

Ecco cosa succede quando l'inquilino danneggia l'immobile in locazione.

 

Quando i danni non paiono riconducibili al normale uso della cosa scatta il risarcimento del danno a carico dell'inquilino

Incombe al conduttore, ai sensi degli artt. 1590 e 1588 c.c., l'onere di dare piena prova liberatoria della non imputabilità a lui di ogni singolo danno riscontrato all'immobile locato al termine della locazione ed all'atto della riconsegna, restando esclusi solo i danni da normale deterioramento o consumo della cosa in costanza di rapporto.

Sulla base di tale principio di diritto il Tribunale di Ivrea, sentenza n. 378 del 6 maggio 2016, ha condannato l'inquilino al risarcimento dei danni derivanti dalla rottura della serratura del portoncino d'ingresso, della maniglia della porta finestra e della fune riavvolgibile, rilevando che i danni di questo genere “non paiono riconducibili al normale uso della cosa sicché, in assenza di prova liberatoria da parte della resistente, gli stessi vanno risarciti”.

Rigettata invece la richiesta di risarcimento dei danni connessi ai buchi nelle piastrelle, perché secondo il giudice essi rientrerebbero invece nel normale deterioramento della cosa in costanza di rapporto.

=> Danno da infiltrazione dal tetto comune e risarcimento dall'assicurazione

La sentenza in esame di occupa dunque di una controversia relativa alla chiusura di un contratto di locazione, soffermandosi sugli obblighi risarcitori che possono gravare sull'inquilino al termine del rapporto locatizio, nonché dell'onere probatorio gravante su quest'ultimo per evitare di pagare i danni.

Nella fattispecie in esame, in particolare, il proprietario dell'immobile ha presentato ricorso ex art. 447-bis c.p.c. contro il conduttore, nel frattempo resosi irreperibile e rimasto contumace per tutto il giudizio, lamentando il mancato pagamento di molte mensilità e delle spese condominiale, e chiedendo altresì il risarcimento dei danni riscontrati nell'immobile.

Il giudice piemontese ha accolto pienamente la richiesta di condanna al pagamento dei canoni e delle spese condominiali.

Quanto alle domande risarcitorie, il locatore aveva anzitutto il rimborso delle spese di acquisto di un forno nuovo; ma la domanda è stata rigettata per non aver il proprietario dimostrato né l'effettivo acquisto del forno, né che lo stesso fosse destinato all'immobile locato.

Invece, come anticipato, il Tribunale ha accolto la richiesta di risarcimento danno derivanti dalla rottura della serratura del portoncino d'ingresso, della maniglia della portafinestra e della fune riavvolgibile, tutti danni non riconducibili al normale deterioramento della cosa, dunque risarcibili dal conduttore.

Al contrario, rientrano tra i danni conseguenti al normale uso della cosa, dunque non sono risarcibili, quelli alle piastrelle documentati dal proprietario.

=> Chi paga le spese per la sostituzione della serratura della porta di casa?

Il principio ricavabile dal combinato disposto degli art. 1590 e 1588 c.c., coordinato con l'art. 1218 c.c. in materia di responsabilità contrattuale, stabilisce che l'inquilino risponde della perdita e del deterioramento della cosa locata, qualora non provi che il fatto si sia verificato per causa a lui non imputabile.

Si tratta di una vera e propria presunzione di colpa a carico del conduttore, dalla quale quest'ultimo può liberarsi solo fornendo la prova liberatoria.

In pratica, si presume il buono stato dell'immobile all'inizio della locazione, con conseguente possibilità di addebitare al conduttore tutti i danni riscontrati al termine del contratto, esclusi solo quelli connessi al normale deterioramento o consumo della cosa durante il rapporto di locazione.

Per liberarsi da ogni responsabilità il conduttore deve fornire la prova liberatoria, cioè dimostrare di aver adempiuto con la diligenza dovuta a tutti gli obblighi di custodia della cosa previsti a suo carico, e che la causa di eventuali danni non è a lui imputabile.

Una prova che può rivelarsi tutt'altro che agevole, se si considera che, tra l'altro, per espressa previsione contenuta in molti contratti, l'immobile concesso in locazione si considera, all'atto della consegna, “in condizioni ottimali” e “idoneo all'uso pattuito”.

Ciò facilita evidentemente il proprietario, che potrà lamentare qualunque danno sorto durante il contratto, dato che l'immobile era stato consegnato in perfette condizioni; nell'altro lato, complica la situazione del conduttore, che deve dimostrare non imputabilità a sé dei danni.

=> Il locatore non è tenuto a garantire la destinazione d'uso dell'immobile al conduttore

Nel caso preso in esame dal Tribunale di Ivrea, il conduttore si era reso irreperibile, è rimasto contumace per tutto il giudizio, senza dunque fornire alcuna prova liberatoria. Di conseguenza, il giudice ha condannato l'inquilino al risarcimento dei danni lamentati dal proprietario, con la sola esclusione dei danni non provati (l'acquisto del forno) e riconducibile al normale uso della cosa (i danni alle piastrelle).

In cosa consiste la prova liberatoria? Tenendo conto delle circostanze del caso concreto, in termini generali la prova liberatoria a carico del conduttore per andare esente da responsabilità potrà consistere anzitutto dimostrare che i danni rientrano in tutto o in parte tra quelli riconducibili al normale uso della cosa locata, dunque non risarcibili.

Per gli altri danni, il conduttore deve trovare il modo di dimostrare che essi non dipendono da sua colpa e sono invece riconducibili al caso fortuito o forza maggiore, escludendo qualsiasi nesso di causalità tra i danni e la condotta da lui tenuta nel corso del contratto.

Il caso fortuito o forza maggiore costituisco eventi che si collocano fuori dalla sfera di controllo dell'inquilino, dunque da lui assolutamente imprevedibili e inevitabili. Peraltro, per espressa previsione del comma 2 dell'art. 1588 c.c., l'inquilino risponde comunque dei danni cagionati dal fatto colposo di terzi che lo stesso abbia, anche temporaneamente, ammesso all'uso o godimento della cosa locata.

Fonte http://www.condominioweb.com/ecco-cosa-succede-quando-linquilino-danneggia-limmobile-in-locazione.12860#ixzz4Ef3S405S
www.condominioweb.com

venerdì 15 luglio 2016

Come faccio a scaricare le spese d’affitto?

 

sconti irpef per chi indica nella dichiarazione dei reffiti spese di affitto

affitti pagati mensilmente possono essere portati in detrazione come spese

Si può detrarre il canone d’affitto?

Dichiarazione dei redditi pre compilate, modificate, redatte, ormai presentate, a parte qualche ritardatari. Gli inquilini in affitto si saranno chiesti, nel momento in cui sono andati a conteggiare tutte le spese, se il canone d’affitto pagato regolarmente ogni mese potesse rientrare tra tale spese e quindi essere in qualche modo scaricate. Magari con una percentuale come nel caso delle spese mediche. Dobbiamo, purtroppo, avvisare subito gli inquilini che le spese d’affitto non sono detraibili, o almeno non in proporzione a quanto si paga. Ci sono detrazioni Irpef che dipendono da una serie di fattori. Abbiamo provato a riassumerli, facendo chiarezza.

Buongiorno,
avrei un quesito che neanche il mio commercialista sa risolvere e vorrei sapere se lei può delucidarmi su questo punto:
allora io ho partita iva e sono a lavorare fuori sede, una banca mi vuole dare in affitto l’appartamento, vorrei sapere dato che la banca è una persona giuridica, se posso fare un contratto per scaricare il canone al 100% come se fosse la spesa di un Residence, tipo voce della fattura 20 notti di soggiorno xxx euro ogni mese, è possibile?
La ringrazio anticipatamente.
Saluti
Paolo

Gentile Paolo
capiamo bene il suo ragionamento, ma dobbiamo dirle che se lei o la banca in ogni caso stipulate e registrate un contratto di affitto non potrà poi scaricare tale spesa nella sua dichiarazione dei redditi; di fatto per la locazione sono previste detrazioni per lavoratori fuori sede, con una cifra fissa proporzionata al reddito e non al canone che versa.

Per capire come funzionano tali detrazioni proviamo a riassumere

le 5 caratteristiche principali che devono avere i contratti e/o gli inquilini per averne diritto:

1. Essere titolari del contratto d’affitto: per poter richiedere la detrazione è necessario (indispensabile) che chi presenta la dichiarazione dei redditi sia il diretto intestatario del contratto. Quindi eventuali conviventi, che pure contribuiscono alla spesa, non richiamati come conduttori nel contratto non ne hanno diritto. Mentre, nel caso di due o più intestatari la detrazione va ripartita tra i soggetti titolari del contratto.

2. Il contratto d’affitto dev’essere regolarmente registrato e stipulato secondo gli articoli della Legge 431/98; quindi contratti a canone libero quanto contratti a canone concordato.

3. Avere la residenza nell’immobile oggetto del contratto d’affitto: questa è una condizione essenziale per tutte le detrazioni che vengono riconosciute nel caso in cui l’appartamento preso in affitto sia utilizzato realmente dall’inquilino come dimora stabile, concetto che per semplicità e sicurezza associamo a quello di residenza.

4. Rientrare nei limiti di reddito individuati dalle varie detrazioni: oltre i 30.987,41 euro di reddito complessivo (il limite scende a 15.493,71 in caso della detrazione per giovani) la detrazione non spetta.

5. Indicare tali spese nella propria dichiarazione dei redditi, quest’anno nel rigo E71-E72 del Modello 730/2016 della Sezione V del Quadro E; nel rigo E71, nella colonna 1 “Tipologia”, riportare il codice specifico della detrazione a cui si ha diritto; nella colonna 2 “Giorni” il numero complessivo dei giorni dell’anno per i quali è si ha diritto alla detrazione e nella colonna 3 “Percentuale” la percentuale di detrazione dovuta ( 100% se c’è un solo intestatario del contratto, 50% se sono in due, ecc.).

I codici da inserire nella colonna 1 “Tipologia” del rigo E71:
• codice 1 = Detrazione per gli inquilini di alloggi adibiti ad abitazione principale con qualsiasi contratto stipulato o rinnovato nel 2015;
• codice 2 = Detrazione per gli inquilini di alloggi adibiti ad abitazione principale con contratto di affitto concordato o convenzionale
• codice 3 = Detrazione per canoni di locazione pagati da giovani di età compresa tra i 20 e i 30 anni per abitazione principale (la detrazione spetta per 3 anni complessivi e l’abitazione deve essere differente dall’abitazione principale dei genitori);
• Codice 4 = Detrazione per le spese sostenute dagli inquilini di alloggi sociali adibiti a abitazione principale (prevista per i soli anni 2014, 2015 e 2016);
Il rigo E72 è dedicato ai lavoratori dipendenti e assimilati (ovvero anche Co.co.co., lavoratori a progetto, ecc..) che, in seguito al trasferimento per lavoro, hanno preso in affitto un immobile spostando qui la propria residenza. Il nuovo comune di residenza deve trovarsi ad almeno 100 chilometri di distanza dal precedente e, comunque, in un’altra regione. La detrazione spetta per i primi tre anni dal trasferimento della residenza. Se si perde la qualifica di lavoratore dipendente, il diritto alla detrazione viene meno a partire dall’anno d’imposta successivo.


Riportiamo anche le 3 principali caratteristiche di tali detrazioni:

1. Non sono cumulabili: anche se lo stesso contribuente avesse diritto a più detrazioni per condizioni personali e tipologie contrattuali, dovrebbe in ogni caso “scegliere” la detrazione, più conveniente. Inoltre, le stesse non sono cumulabili con i contributi integrativi dei canoni di locazione erogati a favore di conduttori bisognosi attraverso il fondo sociale per l’affitto gestito a livello locale.

2. Sono rapportate al periodo dell’anno in cui si stipula il contratto e si prende la residenza nello stesso; ovvero riportiamo, come indicato sopra, il numero di giorni dell’anno per cui vale la detrazione che verrà riconosciuta, quindi, proporzionalmente.

3. Generano credito: se il contribuente ha già versato l’Irpef o deve versare un’0iperf inferiore alla detrazione a cui ha diritto, tale cifra “incapiente” genera un credito che verrà attribuito al contribuente secondo le norme previste.


Ed infine, tutti gli importi.

Ecco quali sono le detrazioni, in base alle fasce di reddito, al contratto ed alle condizioni personali:

Detrazione prevista a favore di inquilini intestatari e residenti in un alloggio preso in affitto con contratto libero:
o 300 euro se il reddito complessivo non supera 15.493,71 euro;
o 150 euro se il reddito complessivo è compreso tra 15.493,72 e 30.987,41 euro;

Detrazione per inquilini titolari di contratto a canone concordato o convenzionato (stipulato sulla base degli accordi territoriali):
o 495,80 euro se il reddito complessivo non supera 15.493,71 euro;
o 247,90 euro se il reddito complessivo è compreso tra 15.493,72 e 30.987,41 euro;

Detrazione per giovani inquilini di età compresa fra i 20 e i 30 anni che hanno stipulato un contratto di locazione per l’unità immobiliare da destinare a propria abitazione principale:
o 991,60 euro se il reddito complessivo non supera 15.493,71 euro;

Detrazione per coloro che hanno stipulato contratti di locazione di alloggi sociali adibiti ad abitazione principale
o 900 euro se il reddito complessivo non supera 15.493,71 euro;
o 450 euro se il reddito complessivo è compreso tra 15.493,72 e 30.987,41 euro;

Detrazione per lavoratori dipendenti trasferiti per lavoro nel comune sede dell’attività o in un comune limitrofo
o 991,60 euro se il reddito complessivo non supera 15.493,71 euro;
o 495,80 euro se il reddito complessivo è compreso tra 15.493,72 e 30.987,41 euro.

Funzionano, invece, con la logica delle spese mediche e quindi rapportate al canone versato,

le detrazioni a favore degli affitti di terreni agricoli e della locazione per universitari fuori sede.

In questi casi le detrazioni sono così strutturate:
• le spese sostenute da coltivatori diretti e IAP (imprenditore agricolo professionale) per l’affitto di terreni agricoli vanno documentate nel rigo E82 e generano una detrazione del 19% delle spese sostenute, fino a un massimo di 80 euro per ettaro e di 1.200 euro annui;
• le spese sostenute, di solito dai genitori, per i canoni di affitto di studenti universitari fuori sede devono essere riportate nei righi da E8 a E12, utilizzando il codice 18 e danno diritto a una detrazione del 19% sulle spese sostenute, fino a un massimo di 2.633 euro.

Termoregolazione nei condomini, ecco cosa prevede il nuovo decreto

 

Termoregolazione nei condomini, ecco cosa prevede il nuovo decreto

 

Approda al Consiglio dei ministri il decreto legislativo di integrazione al Dlgs 102/2014, un provvedimento che va a modificare la normativa vigente sul risparmio energetico. Tra le novità più attese ci sono quelle relative alla termoregolazione e contabilizzazione del calore, la cui scadenza resta fissata al 31 dicembre 2016.

Come evidenziato da Confedilizia, in particolare, le nuove disposizioni prevedono la possibilità – in presenza di squilibri nella contabilizzazione dei consumi – di derogare ai criteri indicati nella norma tecnica Uni 10200, che l’attuale normativa impone quale unico riferimento. Vediamo, nel dettaglio, quanto previsto dal nuovo decreto.

Come sottolineato dal Sole 24 Ore, l’articolo 9 comma 5 è suddiviso in lettere dalla a) alla d). Le lettere a), b), c) riguardano gli interventi impiantistici in materia di contabilizzazione e termoregolazione in riferimento al riscaldamento, al raffreddamento e all’acqua calda sanitaria.

Alla lettera a) si precisa che l’installazione di un contatore di fornitura in corrispondenza del punto di fornitura del condominio è attività riservata agli esercenti l’attività di misura.

La lettera b) prevede l’obbligo per il condominio e gli edifici polifunzionali di installare sottocontatori per individuare l’effettivo consumo di ciascuna unità immobiliare. Nel caso in cui questo non sia possibile o vi sia inefficienza in termini di costi e sproporzione rispetto ai risparmi energetici potenziali, in base alla lettera c) è possibile installare le valvole termostatiche e i ripartitori su ciascun corpo scaldante.

In caso di mancata installazione di quanto previsto nelle lettere b) e c) la sanzione da 500 a 2.500 euro sarà irrogata al proprietario dell’unità immobiliare.

Modifiche importanti, poi, sono state apportate al criterio di ripartizione della spesa del riscaldamento di cui alla lettera d), per la cui violazione la sanzione da 500 a 2.500 euro resta confermata in capo al condominio.

Per la ripartizione viene sempre fatto obbligatorio riferimento all’applicazione della norma Uni 10200. Ma sul punto ci sono delle novità. Sono previste sempre due voci: la quota a consumo e la quota fissa. La quota a consumo dovrà sempre tenere in considerazione gli effettivi prelievi volontari di energia termica.

Nel caso in cui, però, l’applicazione della 10200 non sia possibile oppure vi siano, tramite apposita relazione tecnica asseverata, comprovate differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari superiori al 50 per cento è possibile suddividere l’importo complessivo attribuendo una quota di almeno il 70% agli effettivi prelievi volontari di energia termica. Gli importi rimanenti possono essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate.

Questi criteri di ripartizione sono facoltativi se alla data di entrata in vigore del nuovo Dlgs si sia già provveduto all’installazione dei dispositivi e alla relativa suddivisione delle spese. In ogni caso, per la prima stagione termica successiva all’installazione dei dispositivi, la suddivisione potrà essere fatta in base ai soli millesimi di proprietà.

Articolo visto su
In condominio contabilizzatori con correttivi (il sole 24 ore)

martedì 12 luglio 2016

Attestato di Prestazione Energetica (APE): cosa cambia

 

Attestato di Prestazione Energetica: cosa cambia

Il 29 Giugno sono entrate in vigore nuove regole inerenti l’APE (Attestato di Prestazione Energetica) grazie alle disposizioni nelle parti 4, 5, 6 della UNI/TS 11300 e della nuova versione della UNI 10349:2016.

L’APE è un documento che serve a descrivere le caratteristiche energetiche di un edificio e al momento dell’acquisto di un immobile è obbligatorio, al fine di informare sul consumo energetico e aumentare il valore degli edifici ad alto risparmio energetico.

Novità Ape 2016

Nello specifico vediamo quali sono le novità introdotte dalla UNI 10349:2016:

  • sono stati aggiornati i dati climatici, in base alla provincia, al fine di calcolare le prestazioni energetiche e termoigrometriche degli edifici. Specificando anche come sia possibile calcolare l’irradianza solare oraria, nella frazione diretta e diffusa e l’energia raggiante ricevuta da una superficie fissa inclinata ed orientata;
  • sono stati inseriti i dati climatici limite, che servono per il corretto funzionamento degli impianti, sia per il riscaldamento invernale che il raffrescamento estivo;
  • sono state evidenziate le differenze di temperature cumulate e altri indici sintetici.
  • Per quanto riguarda invece la specifica UNI/TS 11300 le revisioni hanno interessato le parti 4,5,6:
  • la parte 4 calcola il fabbisogno di energia per la climatizzazione invernale e la produzione di acqua calda, nel caso siano presenti sottosistemi di generazione che forniscono energia termica utile da energie rinnovabili, o metodi di generazione diversi dalla combustione a fiamma di combustibili fossili, trattata nella UNI/TS 11300-2;
  • nella parte 5 si fornisce il metodo di calcolo che permette di determinare in modo univoco e riproducibile il fabbisogno di energia primaria degli edifici, sulla base dell’energia consegnata ed esportata, oltre la quota di energia da fonti rinnovabili;
  • la parte 6 esplicita invece i dati e i metodi per la determinazione del fabbisogno di energia elettrica per il funzionamento degli impianti destinati al sollevamento e trasporto di persone, (ascensori, scale mobili, marciapiedi mobili). Questi metodi tengono in considerazione solo il fabbisogno di energia elettrica nei periodi di movimento e di sosta della fase operativa.
Chi redige l’Ape e quanto costa?

L’Attestato di Prestazione Energetica viene redatto da un certificatore energetico, un professionista accreditato ed abilitato alla progettazione di edifici ed impianti (architetto, ingegnere, geometra). Questo valuta le caratteristiche delle murature e degli infissi, la produzione di acqua calda, il raffrescamento e il riscaldamento degli ambienti. Il prezzo per redigere un APE è variabile, ma solitamente si attesta intorno ai 150-200 euro, a seconda dell’unità immobiliare.

lunedì 11 luglio 2016

Mutuo, cancellazione ipoteca si verifica con un click

 

 

Da oggi basta un click per conoscere l'avvenuta cancellazione dell'ipoteca su un immobile al termine del pagamento del mutuo. E' infatti attivo un nuovo servizio dell'Agenzia delle entrate che consentirà al mutuatario di verificare con un pin la chiusura della pratica. 

Attivo su tutto il territorio nazionale, ad eccezione delle Province Autonome di Trento e Bolzano e delle altre zone dove è attivo il sistema tavolare, il data base racchiude tutte le comunicazioni di estinzione dell'ipoteca trasmesse dalle banche.

Il titolare del mutuo potrà quindi verificare se la banca ha effettivamente inviato la comunicazione, se la pratica è in lavorazione, è andata a buon fine o se ci sono degli errori che rendano impossibile la cancellazione dell'ipoteca. Un altro passo nella rivoluzione informatica dell'Agenzia che consentirà di venire a conoscenza di informazioni prima reperibili solo consegnando l'apposito modulo presso i Servizi di pubblicità immobiliare delle direzioni provinciali.

domenica 10 luglio 2016

Beni condominiali, quando vale la riserva di proprietà esclusiva?

 

Quando un bene condominiale deve considerarsi di proprietà esclusiva?

 

A quali condizioni un bene che a tutte le caratteristiche per essere considerato un bene condominiale dev'essere invece considerato di proprietà esclusiva?

Alla domanda, in sostanza, ha dato risposta la Suprema Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 12980 depositata in cancelleria il 22 giugno 2016.

L'ordinanza merita menzione in quanto ribadisce alcuni aspetti fondamentali nella valutazione della condominialità di un bene (in questo caso locali lavanderia) e specifica quali atti siano necessari per farla venire meno.

Entriamo nel merito: unico proprietario e successiva costituzione del condominio.

Nel caso di specie l'edificio era inizialmente di un unico proprietario – l'istituto case popolari (Iacp) – che successivamente aveva iniziato ad alienare le unità immobiliari in esso contenute.

Il primo condomino che era divenuto tale a seguito dell'alienazione di un appartamento faceva causa all'ente pubblico (nel frattempo divenuto Ater) per ottenere l'accertamento della condominialità di un locale lavatoio e di uno stenditoio.

L'Ater si opponeva affermando che di quei cespiti s'era riservata la proprietà esclusiva, sicché non poteva trovare applicazione l'art. 1117 c.c. che, per l'appunto, esclude la condominialità dei beni in esso elencati a fronte di un differente contenuto del titolo (atto d'acquisto o regolamento contrattuale ad esso allegato).

=> Condominio e cessione di parti di proprietà esclusiva o comune.

La sentenza di primo grado dava ragione all'ente che però soccombeva in appello: la sentenza di seconde cure accertava la natura condominiale dei locali oggetto di causa. Secondo i giudici, infatti, la riserva di proprietà esclusiva non aveva alcun valore non essendo contenuta nell'atto di vendita ma in una semplice dichiarazione unilaterale non sottoscritta dal compratore.

In conseguenza di ciò chiosavano i giudici, doveva riscontrarsi nei locali contesti quella relazione di accessorietà rispetto alle unità immobiliari che ne giustificavano la dichiarazione di condominialità. Da qui il ricorso in Cassazione dell'Ater

Condominialità: come valutarla?

È attorno a questo quesito, in sostanza, che s'è svolto il giudizio davanti alla Corte nomofilattica.

L'art. 1117 c.c. – insegnano dottrina e giurisprudenza – contiene un'elencazione meramente esemplificativa dei beni che devono essere considerati comuni in assenza di differente indicazione del titolo d'acquisto.

Sorvoliamo sul concetto di condominialità o presunzione di condominialità – sovente oggetto di contrasto in seno alla stessa Corte di Cassazione – e badiamo all'essenziale: la condominialità – è sempre la giurisprudenza a dirlo – non è garantita della semplice menzione del bene nell'art. 1117 c.c. (in assenza di titolo contrario).

=> Presunzione di condominialità: si chiede l'intervento delle Sezioni Unite ma per la Cassazione non ce n'è bisogno

Per capire se un bene (menzionato o meno nell'art. 1117 c.c.) sia condominiale è necessario svolgere una valutazione che riguardi la sua funzione.

Detta diversamente, la valutazione della condominialità si esaurisce nella risposta a questo quesito: il bene oggetto di valutazione è strumentale e funzionale all'uso delle unità immobiliari di proprietà esclusiva?

Se la risposta è positiva allora esso dovrà essere considerato in condominio (eventualmente anche parziale): viceversa lo si considererà di proprietà di coloro che la reclamano. Classico esempio è quello del sottotetto che è comune solamente se possiede determinate caratteristiche.

=> Di chi è il sottotetto? Se il contratto è chiaro non si può dire che è condominiale

Chiaramente, si ribadisce, le differenti indicazioni contenute negli atti d'acquisto possono ribaltare la situazione al di là di tutte queste valutazioni. Si badi: ciò che conta ai fini della condominialità è il primo atto di compravendita (quello che costituisce di fatto il condominio).

Contenuti differenti in altri atti d'acquisto senza il consenso di tutti gli interessati non hanno valore e possono essere accertati nulli in ogni tempo (salvi gli effetti dell'usucapione) dall'Autorità Giudiziaria.

Nel caso risolto dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza in esame non v'erano dubbi sul fatto che i locali stenditoio e lavatoio avessero una funzione strumentale al godimento delle unità immobiliari di proprietà esclusiva, tant'è che sul punto l'ordinanza s'è limitata a confermare le conclusioni cui era giunta la sentenza di secondo grado.

Oggetto della contestazione era il valore dell'atto unilaterale di riserva della proprietà di tali locali. Secondo l'Ater quest'atto era sufficiente ad integrare gli estremi del titolo cui si fa riferimento nell'art. 1117 c.c. al fine di escludere la (presunzione di) condominialità dei beni ivi elencati.

La Corte di Cassazione s'è detta concorde sulla premessa, affermando che “appare evidente che non può disconoscersi la facoltà dell'unico proprietario dell'immobile di destinare, nell'ambito dell'uso esclusivo dell'edificio, singole frazioni dello stesso a un fine particolare”.

Tuttavia, hanno chiosato sul punto gli ermellini, “in assenza di un esplicita manifestazione della volontà delle parti, all'atto meramente unilaterale dell'originario proprietario non potrebbe riconoscersi alcuna efficacia costitutiva o probatoria, potendosi al più rilevare l'esistenza di circostanze oggettive tali da escludere ragionevolmente la natura condominiale del bene, qualora i connotati strutturali o la collocazione dello stesso rendano evidente, al momento della compravendita, la destinazione nell'interesse esclusivo del proprietario originario o di un numero limitato di condomini (in tal senso, Cass., nn. 26766 del 2014; 3257 del 2004; 16292 del 2002; 11877 del 2002; 2670 del 2001; 5442 del 1999; 9221 del 1994; 9062 del 1994; 6103 del 1993; 3679 del 1987; 1806 dei 1984).” (Cass. ord. 22 giugno 2016 n. 12980).

In buona sostanza il proprietario dell'intero edificio che cede la prima unità immobiliare fa sì che da quell'atto ne discenda la costituzione del condominio, con la conseguenza che senza espressa riserva di proprietà ivi riscontrabile, tutti i beni indicati dall'art. 1117 c.c. e quelli non menzionati ma che hanno le medesime caratteristiche devono essere considerati beni condominiali.

sabato 9 luglio 2016

Mutui, crescono le domande per acquisto e le surroghe

 

Il primo semestre 2016 ha registrato un consolidamento della crescita del numero di richieste, da parte delle famiglie italiane, di nuovi mutui e surroghe: +14,6% rispetto all’anno precedente. A fare il punto è il consueto Barometro Crif, che tuttavia mette in luce il primo segnale negativo dopo quasi tre anni: a giugno 2016 vi è stata una contrazione della domanda di mutuo del 4,6% rispetto al a giugno 2015. È la prima in 35 mesi di fila. Va detto, per smorzare i toni negativi, che questa differenza in negativo è spiegabile con il boom registrato a giugno dello scorso anno.

Spingono ad essere ottimisti, invece, i dati relativi all’importo medio richiesto: a giugno il valore medio richiesto è stato di 122.992 Euro, di poco superiore a quanto registrato nel corrispondente mese dello scorso anno. Considerando il primo semestre nel suo complesso, possiamo parlare di una generale stabilità: rispetto al primo semestre 2015 il dato medio (122.519 Euro) differisce solo dello 0,5%.

Nel primo semestre dell’anno le preferenze degli italiani si sono concentrate in mutui compresi tra 100.000 e 150.000 euro, (rientra in questa fascia il 29,4% del totale delle domande di mutuo);  il 78,1% del totale delle domande punta ad ottenere comunque meno di 150.000 euro.

A giugno, in particolare, la durata più comune del finanziamento è tra i 16 e i 20 anni (23,6% del totale), mentre il 20,7% dei mutuatari punta ad un mutuo che duri tra i 21 e i 25 anni e il 20,6% tra i 26 e i 30 anni. La fascia d’età in cui si concentra il maggior numero dei mutuatari è quella dei 35-44 anni (36,1), mentre i 25-34enni – quelli che più degli altri dovrebbero puntare a comprar casa sono solo il 24,7% del totale.

domenica 3 luglio 2016

Confedilizia: "Il mercato soffre ancora, è necessario un intervento deciso per invertire la rotta"

Confedilizia: "Il mercato soffre ancora, è necessario un intervento deciso per invertire la rotta"

I segnali positivi che provengono dal mercato, in termini di mutui e compravendite, non rassicurano l'organizzazione dei proprietari di casa. Confedilizia considera l'ultima rivelazione dell'Istat - che certifica un'ulteriore discesa dei prezzi delle case -  come la prova della sofferenza del mercato immobiliare, che oggi più che mai avrebbe bisogno di "interventi decisi per invertire la rotta".

"L’ultima rilevazione dell’Istat sui prezzi delle abitazioni - si legge nel comunicato diffuso da Confedilizia - evidenzia uno stato di crisi del mercato immobiliare che Parlamento e Governo non possono ignorare. Il quadro tracciato dall’Istituto di statistica, peraltro, è persino ottimistico rispetto alla realtà: in molte zone le diminuzioni dei prezzi sono ben superiori a quelle rilevate e sempre più di frequente si arriva anche all’azzeramento del valore del bene, come avviene quando gli immobili sono del tutto privi di mercato, invendibili (ma tassati)".

"Significativo è il passaggio del documento nel quale l’Istat rileva che «è dalla fine del 2011 che i prezzi delle abitazioni esistenti registrano variazioni negative». La sottolineatura non stupisce: la fine del 2011, infatti, è proprio il momento in cui l’Italia – con un’azione masochistica senza precedenti – ha deciso di triplicare la tassazione patrimoniale sugli immobili, determinando effetti negativi a catena: crollo delle compravendite, impoverimento diffuso, caduta dei consumi, chiusura di imprese, perdita di posti di lavoro, moltiplicazione dei negozi sfitti, aumento delle sofferenze bancarie".

È necessario porre rimedio a questo stato di cose e l’unico modo per farlo è ridurre l’imposizione fiscale sul settore immobiliare. Con l’ultima manovra di bilancio si è iniziato, con la prossima bisogna proseguire”.

sabato 2 luglio 2016

Gazebo per l’ombra all’auto: abusivo se con materiali pesanti

 

pergolato

 

Pergolato o gazebo che sia, ci vuole il permesso di costruire se la struttura, in legno e ferro, serve per dare ombra all’automobile e non è facilmente rimovibile.

Inutile sostenere che la finalità del gazebo è quella di fornire ombra all’auto: non è questo che fa venire meno la necessità del permesso di costruire se la struttura non è facilmente amovibile. Così scatta la sanzione tutte le volte che il pergolato è costruito con materiali come legno e ferro. A dirlo è una recente sentenza del Tar Emilia-Romagna [1].

Quando il pergolato richiede il permesso di costruire?

Tre sono sostanzialmente le condizioni affinché un gazebo possa essere considerato “edilizia libera” e, pertanto, sottratto agli obblighi di autorizzazione e concessione amministrativa:

  • esso deve avere una struttura ornamentale e di modeste dimensioni: è il caso, ad esempio, di una struttura che serve per dare minimo ricovero ad attrezzi o ad altri piccoli strumenti, che serve come appoggio per piante rampicanti, ecc.;
  • la sua struttura deve essere leggera, fatta con materiale di minimo peso;
  • deve essere facilmente amovibile e privo di fondamenta. Solo per le strutture rimovibili si esclude, infatti, l’aumento di volumi e dunque la necessità del titolo edilizio.

Pergolato o gazebo – comunque lo si voglia chiamare – se costruito con materiali pesanti e non facilmente amovibili, come ad esempio il ferro e il legno, richiede sempre il permesso di costruire. Un conto infatti è una struttura leggera che serve solo per creare un po’ d’ombra, un altro è una in legno e ferro non facilmente rimovibile realizzata per mettere l’auto ben al coperto e ripararla dalla pioggia o dal caldo del sole. In quest’ultimo caso si crea un incremento dei volumi, al pari di un piccolo box auto, ed è dunque necessario un vero e proprio titolo edilizio prima di realizzare l’opera.

Il tribunale amministrativo non ha dubbi: se il presunto “gazebo” ha travi in materiale pesante non può essere reputato un semplice arredo di spazi esterni. Non c’è bisogno di permesso di costruire quando la struttura funge da sostegno per piante rampicanti o per teli in modo da dare sollievo dal sole: se la sua dimensione è modesta, essa non crea nuova volumetria e il suo scopo può dirsi del tutto momentaneo. Invece, una struttura solida e robusta fa desumere la destinazione del pergolato a una permanenza prolungata nel tempo.

Note

[1] Tar Emilia-Romagna, sent. n. 612/2016.

leasing immobiliare conviene sul mutuoIl

 

penna stilografica - firmaIl leasing conviene rispetto alla stipula di un contratto di mutuo immobiliare per via della detraibilità dell’Iva assolta dalla società di leasing avente ad oggetto immobili ad uso abitativo così come chiarito dalla RM 119/2008 in cui un cliente richiedeva alla società di leasing di acquistare un immobile ad uso abitativo da adibire a seconda casa e per poi prenderlo in leasing (leggi locazione finanziaria).

La convenienza del leasing finanziario rispetto al mutuo trova la sua spiegazione nel fatto che il soggetto che contrae il leasing non versa l’imposta sostitutiva sul finanziamento nella misura del 2% sul’ammontare richiesto come somme e non verserà nemmeno le tasse Irpef derivanti dal reddito immobiliare derivante dalla proprietà dell’immobile in quanto non è titolare del diritto di proprietà ma solo possessore. Il fisco ha inteso chiarire che le società sono da considerare come imprese che hanno “per oggetto esclusivo o principale dell’attività esercitata la costruzione o la rivendita dei predetti fabbricati o delle predette porzioni” e pertanto al pari queste avranno la possibilità di poter detrarre l’Iva assolta per l’acquisto degli immobili che successivamente saranno dati in locazione finanziaria.

Questo perché la prevalenza della sostanza sulla forma ci porta a vedere che il contratto di leasing finanziario avente ad oggetto un immobile si sostanzia in un contratto di vendita che è preceduto da un finanziamento e questo si riconosce tanto al momento della concessione del leasing che è successivo solo all’acquisto dell’immobile abitativo da parte della società di leasing e poi perché viene data la possibilità al conduttore di acquisire l’immobile. Un altro elemento di convenienza risiede nelle spese del notaio per la stipula di un mutuo o nella concessione di un leasing finanziario in quanto nel leasing le spese sono sempre più contenute rispetto al mutuo.

Novità dal 2016: Leasing per acquistare casa

Potete leggere le novità e gli elementi per valutare la convenienza ad acquistare casa con il nuovo leasing immobiliare sulla prima casa che consente di accedere a sconti maggiori di quelli che si avrebbero nel caso di acquisto di casa con il mutuo.

In questo caso i fattori di convenienza sono senza dubbio i seguenti:

  • Detrazione interessi sul mutuo in misura maggiore
  • Deduzione del canone dall’Irpef (non previsto per il muto anche se potrebbero introdurlo a questo punto)
  • Deduzione del canone di riscatto
  • Imposta di registro 200 euro contro il 2% o 9% del valore catastale (molto importante)
  • Imposte ipotecarie e catastali in misura fissa
  • Imposta di registro nel caso di riscatto anticipato dll’1,5%